Consorzio Vino Chianti: “sperimentiamo viti resistenti ai funghi anche in Toscana”


Il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, si rivolge alla Regione Toscana e agli agricoltori riguardo a nuovi metodi per la produzione del vino: “Se non ci muoviamo ora rischiamo di restare al palo rispetto ad altre realtà vitivinicole italiane”.

“La Regione Toscana si faccia parte attiva assieme al mondo della ricerca ed al mondo Consortile regionale per dare vita, in tempi brevi, ad un progetto applicativo ed operativo sui vitigni resistenti a cui fare seguire una sperimentazione in campo della coltivazione e successiva vinificazione delle uve di cloni di Sangiovese ed altri vitigni tradizionali della toscana enologica” questo l’appello che il
 Consorzio Vino Chianti, senza timori per il nuovo frutto di una seria ricerca scientifica, attraverso il suo Presidente Giovanni Busi, ha deciso di rivolgere alle istituzioni e alle imprese agricole della Toscana.

Il motivo dell’appello? “Che siamo ancora fermi – spiega Busi – mentre altre realtà, soprattutto del Nord-Est stanno andando avanti e che se anche qui in Toscana non ci iniziamo a muovere rischiamo di restare indietro in un aspetto fondamentale della coltivazione della vite e quindi della produzione vinicola dei prossimi decenni: cioè un prodotto di qualità che risponde a standard ecologici elevatissimi per garantire così sia il produttore che il cliente finale”.

Il Presidente del Consorzio Vino Chianti si riferisce alle viti resistenti “PIWI” , un acronimo che sta a indicare le varietà di vite resistenti alle crittogame e capaci di battere le malattie fungine, che, al contempo, mantengono però tutte le caratteristiche di aroma profumo e gusto dei propri “genitori” merlot, chardonnay, cabernet-sauvignon e anche sangiovese. Viti che non hanno bisogno di difese chimiche e che soprattutto non hanno niente a che fare con gli OGM.

“Basti pensare – puntualizza Busi – che la resistenza totale o parziale a malattie crittogamiche come peronospora e oidio, permette una coltivazione più sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che da quello economico: con l’utilizzo dei vitigni resistenti si risparmia in prodotti fitosanitari: è stato calcolato che ne servono circa l’80% in meno per un risparmio di mille euro circa per anno/per ettaro. E ciò significa non solo non sprecare risorse ma anche tutelare il nostro ambiente. Anche se le viti resistenti sono ormai frutto di una ricerca datata, ed oggi il mondo della ricerca va verso il nuovo rappresentato dal cosiddetto “genome editing” o “cisgenesi”, è importante avviare fin da subito, con le autorizzazioni regionali del caso, un processo di prove tecniche in pieno campo approcciando l’argomento in modo laico e senza pregiudizi”.

“Quello che chiediamo – spiega Busi – è semplicemente che possano essere autorizzate, in via di sperimentazione, in Toscana. Questo processo è già avviato per la produzione di vini ad indicazione geografica nelle regioni del nord Italia con particolare riferimento a Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Province di Bolzano e Trento, dove la sperimentazione è avviata ormai da tempo e già esistono vigneti realizzati in pieno campo e già si sono fatte prove di vinificazione”.

“Ovviamente trattandosi di regioni del nord Italia – dice Busi – la ricerca si è concentrata su vitigni tipici di quei territori con  particolare riferimento a quelli per produzione di uve bianche. Ma riteniamo che anche da noi occorre partire”.

“Da qui l’invito alla Regione Toscana – commenta il Presidente del Consorzio Vino Chianti – a far partire la sperimentazione,  indistintamente per IGT, DOC e DOCG, piantando vigneti con questi nuovi cloni resistenti alle malattie con particolare riguardo alla peronospora ed oidio. Ovviamente dovranno essere fatte prove di vinificazione delle uve ottenute, sui cloni dei vitigni classici toscani, a partire dal sangiovese nelle sue varie declinazioni, – aggiunge Busi – per verificare se il vino che si otterrà da queste uve sarà in linea con qualità e caratteristiche, tradizione e tipicità delle produzioni enologiche toscane”.

“Non possiamo più attendere, sostenendo posizioni di retroguardia o mettendo la testa sotto la sabbia, il mondo va avanti e non possiamo  rimanere inerti o indifferenti, costringendo le aziende a muoversi autonomamente in una palude amministrativa.” Conclude Busi.

Vendemmia 2018, Consorzio Vino Chianti: “Soddisfatti della qualità, meno della quantità”

Vendemmia 2018, Consorzio Vino Chianti: “Pesa la presenza degli ungulati”

Un vino di buona qualità, grazie all’alternanza di pioggia e sole che ha accarezzato le vigne del Chianti questa estate e nelle ultime settimane, ma è la quantità, ridotta anche quest’anno a scalfire la soddisfazione dei viticoltori per la vendemmia 2018 che si sta concludendo in  questi giorni.

Stimiamo una riduzione media del 10-15%. Il Chianti produce mediamente in annate ordinarie tra gli 800 mila e gli 850 mila ettolitri di vino. Pensiamo che quest’anno la produzione sarà di poco inferiore agli 800 mila ettolitri, dice il Presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi -. Questa minor produzione si tradurrà in una possibile minor presenza sul mercato che andando persa, ridurrebbe la forza commerciale della denominazione che non si recupererebbe con facilità”.

La percentuale di uva in meno nelle vigne è dovuta in parte ai danni alle viti causati dalla siccità e dal perdurare dei danni delle gelate primaverili del 2017, nonché in maniera non secondaria da ricondursi all’annoso problema degli ungulati: “Attendiamo un intervento concreto ed operativo da parte della Regione – continua Busi – che ha dimostrato un’attenzione in più durante l’ultimo incontro che abbiamo avuto sul tema, speriamo che a piccoli passi si possa procedere verso interventi più decisi sugli ungulati in difesa del lavoro di tanti agricoltori. Il problema degli ungulati deve essere oggetto di impegno collettivo anche da parte dei cacciatori che non possono continuare a nascondersi dietro alibi ormai poco credibili per meri interessi di categoria.

Chianti in cinese si dice “Shiandi”

Firenze, il Chianti parla e scrive cinese, dopo una lunghissima trafila burocratica infatti, il marchio vino Chianti docg è stato registrato in caratteri cinesi e verrà utilizzato per le etichette esportate in Oriente.

La traslitterazione ha una fonetica molto simile all’originale, il nome Chianti si pronuncia si pronuncia quindi “Shiandi”.

Un risultato importante ottenuto dopo un lungo lavoro sul posto e dopo una difficile fase istruttoria legata alla particolare complessità amministrativa delle istituzioni cinesi.

Il marchio, nella sua traduzione, ha un significato molto positivo, soprattutto per le sensazioni che riesce a evocare: il primo carattere è utilizzato per indicare una attività a favore di terzi, il secondo è la pace e il terzo carattere è quello utilizzato per indicare le radici di un fiore.

“E’ un passo epocale per il marchio – commenta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi – che sancisce il radicamento nel mercato cinese. Grazie ad un inteso lavoro di promozione, il vino Chianti Docg è amato e da oggi sarà ancora più apprezzato in un paese che conta 1,3 miliardi di persone, con un mercato dalle potenzialità enormi. Con questa registrazione abbiamo realizzato uno step importante del nostro progetto a lungo termine di internazionalizzazione a favore delle imprese toscane. Le aziende associate interessate all’utilizzo sulle proprie etichette ne potranno fare richiesta direttamente al Consorzio Vino Chianti Docg”

Il mercato cinese si conferma un terreno favorevole per il vino. Secondo i dati Nomisma si parla di una crescita del 3,3% rispetto allo scorso anno dell’export del vino italiano. Per i rossi Dop della Toscana l’aumento è addirittura dell’11,3%.

Vino, Il Chianti lancia l’appello al Governo: rischio per la promozione del vino all’estero

Il Consorzio Vino Chianti ritorna sulla questione OCM: appello al Governo per i troppi ritardi e per il serio rischio della promozione del vino all’estero.

La situazione che le imprese hanno di fronte è quanto mai ancora indefinita a causa degli slittamenti nei tempi che si stanno registrando a livello ministeriale nella predisposizione degli atti amministrativi per chiarire le opportunità disponibili per aziende e Consorzi, alla luce del chiarimento emesso dalla Commissione europea, e per l’avvio alla presentazione dei progetti per la campagna 2018/2019 sui fondi Ocm (Organizzazione comune Mercato vitivinicolo) relativi alla promozione del vino all’estero.

“E’ a rischio l’intera promozione all’estero, stiamo accumulando troppi e gravi ritardi. I nostri concorrenti ringraziano”. Giovanni Busi, presidente Consorzio Vino Chianti, lancia un allarme oltre che un accorato appello al ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio.

“Ad oggi è stato semplicemente riproposto il decreto di attuazione dell’anno 2017, ma non sono partite le procedure necessarie per presentare i progetti e stiamo registrando gravi ritardi rispetto alla consueta tempistica – continua Busi – non abbiamo più tempo, rischiamo di compromettere seriamente l’attività promozionale autunnale che come sempre è diretta verso i paesi asiatici, come Cina e Giappone”. Mercati fondamentali e in grande crescita, come dimostrano gli ultimi eventi internazionali. A Canton, ad esempio, nel corso di Interwine, una delle più grandi fiere del settore che si è tenuta dal 18 al 20 maggio, il Consorzio ha ricevuto un importante premio: il Chianti è stato infatti riconosciuto come la denominazione più famosa in Cina secondo  l’autorevole portale WineITA, numero uno al mondo nella promozione dei vini italiani nel paese asiatico.

“Se non si farà nulla, non ci saranno più i tempi tecnici per far partire le attività promozionali, lasciando campo libero ai nostri concorrenti. Chiediamo anche al Ministero di darci un’interpretazione sull’attività promozionale  a lungo termine, oltre i 5 anni, nello stesso paese in base alle nuove indicazioni europee, sulle quali c’è ancora molta confusione – continua il presidente Busi – Tutto il lavoro fatto fino ad oggi, gli investimenti, i rapporti commerciali costruiti con il tempo sarebbero seriamente compromessi. E’ a rischio l’intero sistema del made in Italy all’estero”

Vino: WineIta, Chianti è denominazione più conosciuta in Cina

In Cina il Chianti è la denominazione più conosciuta: a dirlo il portale WineIta, specializzato nella promozione dei vini italiani in Cina.

Ne dà notizia il consorzio Vino Chianti che ha ricevuto un apposito riconoscimento da WineIta nel corso nell’ultima edizione di Interwine, tra le più grandi fiere del settore che si è tenuta dal 18 al 20 maggio a Canton.

Il consorzio, spiega una nota, era presente alla fiera con 56 aziende e oltre 60 etichette, in uno stand di più di 100 metri quadri: “Essere la denominazione italiana più importante e conosciuta della Cina è un grande risultato – spiega Giovanni Busi, presidente del consorzio del Chianti -. Un riconoscimento che ci dà un riscontro inequivocabile sul lavoro fin qui svolto: siamo sulla strada giusta, abbiamo messo le basi in un mercato dalle potenzialità enormi, che offre tantissime opportunità alle nostre imprese. E’ solo l’inizio e abbiamo impostato un lavoro di promozione ben più lungimirante che consoliderà la nostra posizione”.

Per Busi, “Interwine è stata un’occasione importante per rafforzare i rapporti commerciali e costruirne di nuovi, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia perché quello cinese è un mercato vasto e appetibile, che richiede un lavoro costante”.

Vino, boom del Chianti: eccellenza toscana sul mercato, si prepara al Vinitaly

Nel 2017 sono stati venduti circa 13 milioni di litri di vino, con un incasso record di quasi 70 milioni di euro (69.453.432 euro) raggiunto grazie al suo alto valore alla bottiglia di circa 4 euro; e se il trend del Chianti si confermerà anche per il 2018 il vino toscano è destinato a diventare anche il re delle vendite.

Il vino Chianti si prepara dunque al Vinitaly con nuComemeri record; la sua crescita è stata dell’8,5% nel 2017 e non ha rivali: prima fra tutte le denominazioni di origine protetta. Con 13.103.261 di litri è invece al secondo posto per le vendite nei supermercati, al primo posto di poco il Lambrusco (13.127.427). Sono i dati della ricerca sui consumi nella grande distribuzione, elaborata dall’istituto di ricerca Iri per Vinitaly, la fiera del vino dal 15 al 18 aprile a Verona.

Secondo i dati sulla grande distribuzione elaborati dal Consorzio Vino Chianti, da febbraio 2017 a febbraio 2018, la regione con più alti numeri di vendite è la Lombardia con quasi 4 milioni di bottiglie vendute, al secondo posto la Toscana con 3,3 milioni. Il Nord e il Centro si confermano le zone con più alti volumi. I formati più venduti sono le bottiglie da 0,75 l (48,9%).

“Siamo soddisfatti del trend in forte crescita del nostro vino nella grande distribuzione – dice Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti -. Questi numeri rilevano il consolidamento di anno in anno di quest’eccellenza toscana sul mercato. Continueremo a lavorare per incrociare nuova domanda e offerta. Il Consorzio ha il fondamentale compito di raccontare il prodotto del nostro territorio, far conoscere un brand che tiene alto il nome della Toscana nel mondo”.

“Per il secondo anno consuntivo – aggiunge Lorenzo Tersi, wine advisor per il Consorzio Vino Chianti – realizziamo crescite sia in volume e valore. Il Chianti consolida le posizioni al centro nord e cattura nuovi consumatori al sud.”

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