Confcommercio, super green pass: “Ben venga. Ma con troppe regole rischio caos”

Oggi, lunedì 10 gennaio 2022, entrano in vigore nuove restrizioni anti covid-19. In particolare riguardano l’adozione del Super Green Pass per accedere ai luoghi pubblici. La Confcommercio Toscana mette in luce la difficoltà di negozianti e clienti di gestire tutte le nuove regole imposte dal Governo.

Bene l’introduzione del Green pass rafforzato anche per il caffè al bar se serve per spingere la campagna di vaccinazione ed evitare nuove restrizioni, ma sarebbe necessaria da parte del Governo una semplificazione delle regole. Visto che a rimetterci, altrimenti, sono sempre i negozianti. A loro, infatti, spetta l’onere del controllo. E’ questa la posizione espressa da Confcommercio Toscana nel giorno del debutto delle nuove misure sul super Green pass.

“Se il super Green pass obbligatorio anche per bere il caffè al bancone serve a dare un impulso decisivo alla campagna vaccinale, ad aumentare i livelli di sicurezza e a non chiudere più le nostre attività, non può che trovarci favorevoli – commenta Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana e di Fipe-Confcommercio Toscana -. O meglio: è un male necessario per uscire dall’impasse in cui da troppo tempo la pandemia ha costretto le nostre aziende.”

“Il problema, però – aggiunge Cursano – è che il Governo con gli ultimi decreti sta facendo troppi distinguo sul possesso di Green pass semplice o rafforzato, sui luoghi in cui sono obbligatori oppure no, sull’età dell’obbligo vaccinale, e, quel che è peggio, ancora una volta scarica sui negozianti l’onere dei controlli. Troppe regole equivalgono a nessuna regola, sono ingestibili. Una semplificazione sarebbe auspicabile”.

Confcommercio Toscana teme 200 mln perdita a Natale

Firenze, “Il nostro ufficio studi teme una perdita di almeno 200 milioni di euro di consumi in Toscana, 3 miliardi a livello nazionale” per il prossimo Natale. Così in una nota il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni.

“Sono molti – spiega comunque Confcommercio Toscana – i fattori di incertezza che pesano sui consumi di Natale. Mai come quest’anno sarà difficile fare previsioni sull’andamento delle vendite”.

“Inflazione e aumento dei prezzi – aggiunge -, carenza di materie prime e difficoltà di approvvigionamento di alcuni prodotti, poi le possibili nuove restrizioni anti Covid e i timori legati al futuro dell’occupazione: sono tutti elementi che incidono profondamente nella propensione agli acquisti delle famiglie toscane, anche dal punto di vista psicologico oltre che materiale”.

“La stagione – osserva ancora Marinoni – era partita bene, con buone prospettive di ripresa per le aziende e di crescita per i consumi, ora però i dati sull’inflazione, peggiori di quanto potessimo pensare, ci mettono in allarme”.

Il timore di Confcommercio Toscana è che ne escano compromesse le vendite di dicembre, solitamente le più brillanti dell’intero anno: “Nel terzo trimestre avevamo visto una ripresa decisa dei consumi, benché nelle famiglie toscane permanga la tendenza al risparmio. Ma è chiaro che di fronte al pericolo di un ridimensionamento del reddito disponibile reale, la propensione ai consumi è destinata a scendere. A soffrirne di più saranno i settori che sono già usciti con le ossa rotte dalla crisi scatenata dalla pandemia, come la moda, il turismo e in generale quanto è legato alla mobilità”.

Già il Natale 2020 era stato al ribasso: “In pieno secondo lockdown, le nostre stime indicavano una spesa pro capite per i regali di 162 euro, due euro sotto la media nazionale e addirittura 13 euro in meno rispetto al Natale 2019, quando ogni toscano aveva speso circa 175 euro per fare doni”.

Ora “le novità di questi giorni, unite al fatto che parte del budget per i regali è già stato speso in occasione dei ribassi del Black Friday, potrebbero rimettere in discussione la nostra analisi”.

🎧 E.Bi.T.Tosc., Voucher fino a 300 euro per cassintegrati

Firenze, Su iniziativa dell’Ente Bilaterale del Terziario Toscano E.Bi.T.Tosc., l’organismo paritetico costituito in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro da Confcommercio Toscana e dalle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori Filcams CGIL, Fisascat CISL e UilTuCS, nasce “Il buono che meriti”, un voucher fino a 300 euro per i dipendenti di commercio e servizi in cassa integrazione tra 2020 e 2021.

Il Voucher potrà essere speso in un circuito di negozi convenzionati, questo è il contributo di solidarietà che l’Ente Bilaterale del Terziario Toscano E.Bi.T.Tosc. ha deciso di finanziare con un fondo speciale di un milione di euro destinato al sostegno dell’occupazione, in un momento tra i più difficili per l’economia.

In podcast l’intervista al presidente di E.Bi.T.Tosc. Marco Conficconi e al coordinatore di E.Bi.T.Tosc. Federico Pieragnoli, a cura di Gimmy Tranquillo.

L’operazione, dal titolo “Il Buono che meriti. Diamo valore al tuo lavoro”, è stata presentata oggi (martedì 9 novembre 2021) in conferenza stampa a Firenze nella sede di Confcommercio Toscana, l’associazione datoriale che, in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ha costituito l’Ente insieme alle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori Filcams CGIL, Fisascat CISL e UilTuCS.

A spiegare i dettagli dell’iniziativa è stato il presidente in carica dell’Ente Marco Conficconi (segretario regionale Uiltucs Uil) con il coordinatore Federico Pieragnoli (direttore Confcommercio Pisa e Livorno) e i consiglieri Catiuscia Fei (vicedirettrice Confcommercio Arezzo), Alessandro Gualtieri (segretario Fisascat Cisl Toscana) e Fabio Fantini (Filcams Cgil Toscana).

“Salvare l’occupazione è stata una delle priorità in questi quasi due anni durissimi legati alla pandemia”, ha sottolineato il presidente di E.Bi.T.Tosc. Marco Conficconi, “in questa direzione sono stati decisivi gli interventi statali di sostegno alle imprese e ai lavoratori. Il nostro, adesso, vuole essere un piccolo contributo aggiuntivo che, lo sappiamo bene, non può recuperare quanto perduto, ma almeno è un segnale concreto e tangibile di vicinanza da parte di un ente che, da statuto, ha nelle sue finalità lo sviluppo del settore terziario, distribuzione e servizi”.

“I voucher che consegneremo ai dipendenti interessati da ammortizzatori sociali hanno un importo variabile dai 50 ai 300 euro massimi, a seconda del tempo di sospensione dal lavoro”, ha spiegato il coordinatore di E.Bi.T.Tosc. Federico Pieragnoli, “potranno richiederli ovviamente solo i dipendenti da aziende iscritte all’Ente, rivolgendosi alle articolazioni e agli sportelli territoriali presenti in ogni provincia toscana. I buoni saranno assegnati fino ad esaurimento dei fondi disponibili, ovvero un milione di euro”.

L’operazione “Il Buono che meriti” prevede un doppio beneficio per il commercio toscano, come ha evidenziato la consigliera di E.Bi.T.Tosc. Catiuscia Fei, “da un lato per i lavoratori che sono stati in CIG, che potranno contare su questo una tantum, dall’altro per i negozi del circuito dove potranno essere spesi i voucher. L’idea di fondo è rimettere in circolo le risorse che provengono dal lavoro, restituendo un po’ di slancio anche ai consumi, soprattutto in previsione delle festività natalizie”.

“La risorsa più preziosa per le imprese sono i lavoratori, la loro energia, le loro competenze. È questa consapevolezza che ha guidato l’Ebi.T.Tosc. a finanziare l’iniziativa, che riconosce il valore del lavoro e i sacrifici che tutti – datori di lavoro e dipendenti – hanno dovuto fare in questi mesi“, hanno aggiunto i consiglieri Alessandro Gualtieri (segretario Fisascat Cisl Toscana) e Fabio Fantini (Filcams Cgil Toscana).

L’elenco dei negozi aderenti al circuito è in continuo aggiornamento: per farne parte basta contattare la sede territoriale Confcommercio più vicina. L’adesione è completamente gratuita e il nome del negozio sarà inserito in una lista suddivisa per provincia e per categoria merceologica, in modo da rendere più semplice la selezione ai possessori di voucher. L’esercente non dovrà fare altro che scansionare il voucher, presentato dal cliente in formato digitale o cartaceo, tramite l’App “Buoni Spesa”, disponibile per sistemi iOS e Android. Entro il mese successivo all’acquisto, E.Bi.T.Tosc. bonificherà all’impresa il valore dei buoni accettati.

Ogni negozio disponibile ad accettare i voucher come forma di pagamento sarà riconoscibile grazie alla presenza del simbolo scelto per “Il Buono che meriti”: due mani che si stringono di fronte ad una busta della spesa. Perché anche i consumi possono diventare solidali.

Come ottenere i voucher. Basta rivolgersi alle Articolazioni Territoriali e agli Sportelli Territoriali di E.Bi.T.Tosc della propria provincia (l’elenco è presente sul sito http://www.ebittosc.it). I voucher saranno assegnati fino ad esaurimento delle risorse disponibili. Il plafond totale messo a disposizione da E.Bi.T.Tosc. per l’operazione “Il Buono che meriti” è pari a 1.000.000 di euro.

 

Green pass, Confcommercio Toscana: oggi meno clienti nei ristoranti

Firenze, la prima mezza giornata di Green pass obbligatorio, per consumare all’interno dei pubblici esercizi, ha avuto un impatto negativo su bar e ristoranti in Toscana, con un minore afflusso di clienti sia italiani che stranieri, e disdette di tavoli già prenotati.

“Le persone non hanno recepito adeguatamente il messaggio – osserva Aldo Cursano, presidente di Fipe-Confcommercio Toscana commentando la giornata di esordio del Green pass -, c’è stata grande confusione nella clientela e abbiamo avuto molte difficoltà. È un problema per noi chiedere il documento di identità, sembra farci dubitare della correttezza di clienti che conosciamo da anni”.

Secondo Franco Brogi, presidente di Fiepet-Confesercenti Toscana, fra bar e ristoranti c’è fin qui “un doppio binario: i bar si stanno salvando, col consumo al bancone, e la bella stagione fuori; ma per i ristoranti oggi a pranzo è andata molto male, abbiamo avuto anche resistenze da parte dei clienti, molti dei quali non vogliono esibire il Green pass. Per i ristoranti è una ulteriore mazzata, visto che non tutti hanno tavoli all’aperto”.

Raffaele Madeo, portavoce di Tni Italia, lamenta un 30% di disdette sul totale delle prenotazioni nei ristoranti, a fronte però di un comportamento corretto dei clienti che hanno mostrato spontaneamente il Green pass. “Questo dimostra – sostiene Madeo – che gli italiani hanno senso civico, per cui l’obbligo di verifica che grava sui ristoratori non ha ragione di esistere”

Catena umana settore terziario “Servono interventi immediati per salvare le aziende”

Il presidio delle imprese: una catena umana dal ristorante La Maremma, dove pochi mesi fa si è suicidato un’imprenditore, fino al Duomo organizzata da Confcommercio Toscana e Confesercenti Toscana in dieci città toscane

Oltre 400 persone a rappresentare ristoranti, bar, agenzie di viaggio, palestre, piscine, scuole di danza, agenzie di viaggio e commercianti, con sede fissa e ambulanti, in una catena umana che va dalla zona di piazza Santa Croce fino a piazza Duomo, davanti alla sede della Regione Toscana.

E’ quanto organizzato oggi da Confcommercio Toscana e Confesercenti Toscana per chiedere un cambio di passo nella gestione dell’emergenza e la possibilità di riaprire le attività.

catena umana esercenti
Foto Controradio

A Firenze, in particolare, la catena umana esercenti è partita dal ristorante ‘La Maremma’ di via Verdi, dove nell’agosto scorso il proprietario si è tolto la vita. Presente alla manifestazione di oggi anche la vedova del ristoratore 44enne.

Gli imprenditori e le imprenditrici del terziario presenti alla manifestazione, uniti da un nastro tricolore da piazza Santa Croce fino a piazza Duomo, hanno anche mostrato alcuni manifesti con scritto ‘riapriamo’, ‘il lavoro è un diritto’, ‘salviamo le imprese’, ‘avere un futuro è un nostro diritto’, ‘lavoriamo in sicurezza’.

L’iniziativa è andata in scena in tutti i capoluoghi toscani più la città di Viareggio. A Pisa circa 200 operatori e operatrici del commercio e del mondo del terziario hanno manifestato stamani sotto la Torre pendente a Pisa aderendo all’iniziativa regionale di Confcommercio e Confesercenti per chiedere di “superare le chiusure e tornare a lavorare in sicurezza”.

catena umana esercenti

Le associazioni di categoria chiedono infatti “ristori immediati parametrati sulla perdita di fatturato, riapertura immediata di tutte le attività chiuse, moratoria fiscale per gli anni 2020 e 2021, proroga della cassa integrazione al prossimo 31 dicembre” è una serie di altre misure di sostegno.

A Firenze la manifestazione, statica, composta e silenziosa, ha visto una “catena umana” lunga poco meno di un chilometro snodarsi nel cuore della città, da via Verdi fino a piazza del Duomo. A comporla oltre 400 imprenditori, professionisti e dipendenti delle imprese del terziario di tutta la provincia, che – uniti simbolicamente da un nastro tricolore, ma distanziati l’un l’altro come vogliono le normative di sicurezza antiCovid – hanno voluto manifestare pubblicamente la propria sofferenza e le difficoltà in cui vivono ormai da un anno, potendo lavorare solo a scarto ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi) o addirittura per nulla (il mondo dello sport, dello spettacolo, degli eventi e dell’intrattenimento).

“Se il Governo continua, dopo un anno, a non garantire il diritto al lavoro in nome della salute, avrà sulle spalle la responsabilità civile, morale e sociale della distruzione economica del nostro Paese”, dicono con fermezza i presidenti della Confcommercio di Firenze Aldo Cursano e di Confesercenti Claudio Bianchi, che hanno coordinato la manifestazione fiorentina insieme ai loro direttori Franco Marinoni e Alberto Marini.

I dirigenti di Confcommercio e Confesercenti hanno quindi camminato insieme lungo le strade lungo le quali si snodava la “catena umana”: piazza Salvemini, Borgo degli Albizi, via del Proconsolo, fino ad arrivare in piazza Duomo 10, di fronte alla Presidenza della Regione Toscana, dove erano attesi dall’assessore alla attività produttive Leonardo Marras, che ha espresso la solidarietà del governo regionale alle ragioni della protesta. Infine, si sono recati in Prefettura per consegnare nelle mani del Prefetto Alessandra Guidi il documento unitario contenente dieci richieste degli imprenditori del terziario, con la preghiera che il massimo esponente locale dello Stato se ne faccia portavoce presso il governo nazionale.

“Dieci richieste ma che possono riassumersi in due principali: poter tornare tutti al lavoro, pur con le regole e limitazioni imposte dalla necessità di arginare la pandemia, e – laddove questo non fosse possibile – avere ristori dignitosi e sufficienti per tirare avanti continuando a garantire l’occupazione”, dicono i presidenti Cursano e Bianchi.

“L’emergenza pandemica non è più solo sanitaria, ma è diventata anche economica, in maniera sempre più drammatica con il passare dei mesi”, si legge nella premessa del documento unitario di Confcommercio e Confesercenti, “abbiamo accettato con grande senso di responsabilità tutte le misure di sicurezza che venivano imposte alle nostre attività dal Governo, investendo tempo e denaro. Ma la pandemia non si è arrestata e pare purtroppo ancora lontano il momento in cui potremo dirci completamente fuori dal pericolo. Il piano vaccinale va avanti ancora troppo lentamente e le nostre imprese continuano ad arrancare attingendo ai risparmi personali (i pochi rimasti) dei titolari, ai fidi bancari (che vengono erogati sempre meno) e ai pochi ristori arrivati dal Governo e dalla Regione Toscana”.

Da qui la fortissima preoccupazione “per il futuro delle nostre imprese ma anche per quello dell’occupazione, soprattutto alla luce dell’eventuale sblocco al divieto dei licenziamenti”. Poi, gli interrogativi che restano ancora aperti. Su tutti, uno: “non comprendiamo perché, di tutti i settori economici esistenti, solo il nostro sia stato colpito così duramente dalle restrizioni e dalle chiusure. Mentre interi comparti del terziario sono stati completamente bloccati (si vedano le palestre, i cinema, i teatri, le discoteche, il settore degli eventi) o possono lavorare solo a singhiozzo e a regime ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi o i negozi di moda), imprese di altri settori sono rimaste ferme solo per poco più di 15 giorni. Come se il pericolo di assembramenti e contagi riguardasse esclusivamente le aziende ed i lavoratori del terziario”.

“Lo Stato – prosegue il documento – non può scaricare sulle nostre spalle tutto il peso di una situazione drammatica, come se la diffusione del contagio dipendesse dalla nostra attività. Se così fosse, la pandemia sarebbe già conclusa da tempo, invece i contagi continuano anche quando le nostre aziende sono chiuse. Le nostre attività si svolgono in luoghi controllati e controllabili. Se è necessario il vaccino, chiediamo di essere vaccinati. Se si devono rivedere i protocolli, siamo pronti a rivederli. Ma questo deve servire a ridarci la dignità del lavoro”

Il documento consegnato in prefettura a Firenze, il medesimo che nello stesso momento è stato consegnato ai prefetti di tutte le altre città toscane coinvolte nella mobilitazione, si conclude dunque con le dieci richieste:

  1. ristori immediati parametrati sulla perdita di fatturato;
  2. riapertura immediata in sicurezza di tutte le attività chiuse;
  3. moratoria fiscale per gli anni 2020-2021;
  4. proroga della cassa integrazione e della moratoria dei mutui e finanziamenti fino al 31 dicembre 2021;
  5. rimodulazione delle locazioni commerciali e blocco degli sfratti;
  6. taglio del cuneo fiscale che grava sulle imprese;
  7. creazione di un piano “ripartenza” per il terziario;
  8. vaccinazione immediata di imprenditori e addetti del terziario;
  9. pagamento immediato di tutti i bonus ristori e indennizzi sospesi;
  10. passaporto sanitario europeo per spostamenti Ue.

 

‘Imprese Zombie’, perché secondo Draghi bisognerebbe eliminarle

“Proteggere tutti i lavoratori ma non tutte le imprese”, ha detto il premier Mario Draghi in Aula al Senato, riferendosi a quelle imprese che vengono comunemente chiamate ‘Imprese Zombie’.

In realtà la definizione di Aziende/Imprese Zombie, viene dal Giappone ai tempi dello scoppio della bolla speculativa a partire dagli anni Novanta, ma è tornata agli onori della cronaca dal dicembre scorso, da quando cioè il Gruppo dei 30, organizzazione di accademici e del Gotha della finanza internazionale, pubblicò un documento a firma di Mario Draghi insieme a Raghuram Rajan, nel quale viene proposto di classificare nel 2021 le imprese in cinque distinte classi, all’ultima di queste classi una di queste classi appartengono le cosiddette ‘Zombie firms’ o ‘Walking dead’, cioè le imprese insolventi ovvero le non economicamente sostenibili.

Queste imprese non sono né vive né morte, ma esistono in una specie limbo, attaccate a linee di credito concesse da banche disperate e, sarebbero tecnicamente fallite, se non fossero tenute in piedi per volontà dello Stato o, più spesso, delle stesse banche creditrici che, in caso di fallimento delle stesse, dovrebbero mettere a bilancio la perdita del capitale prestato e non più recuperabile, con ovvi effetti negativi sul loro stato patrimoniale.

La tesi della negatività di queste imprese sul sistema economico e della necessità della loro eliminazione sembra essere al momento anche da un punto di vista mediatico, quella prevalente, anche perché a suffragarla ci sono documenti come l’Economic Policy Paper n°21, Confronting the Zombies: Policies for Productivity Revival, pubblicato dall’Ocse lo scorso dicembre.

Correndo il rischio di una eccessiva semplificazione, si potrebbe riassumere quanto spiegato nel documento dicendo che le aziende moribonde sono dannose per almeno due ragioni principali.
Prima di tutto perché provocano un rallentamento della produttività e, conseguentemente della crescita economica, in quanto, operando in perdita, creano distorsioni del mercato, causando quello che in inglese viene definito “credit misallocation”, cioè lo sperpero di capitali che potrebbero essere invece impiegati più produttivamente, se allocati ad aziende sane.
Ed inoltre, fanno aumentare il costo del denaro, con il risultato che imprese più meritevoli devono spendere di più per finanziarsi.

Da quanto finora detto, e soprattutto da quanto scritto nel documento del Gruppo dei 30 co-firmato da Draghi lo scorso dicembre, in cui si spiegava che “non tutte le imprese in crisi dovrebbero ricevere supporto pubblico” e le risorse “non dovrebbero essere sprecate per aziende destinate al fallimento” bensì mirate a favorire la “distruzione creatrice”, la scelta del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri sarà quella di intervenire per determinare o il cambiamento nel modello di business delle Imprese Zombie oppure di lasciare che chiudano.

“Sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”, ha detto Draghi in uno dei passaggi delle sue comunicazioni in aula al Senato in occasione della richiesta di fiducia.

Oggi in Toscana, secondo l’ultima indagine semestrale condotta da Format Research per Confcommercio Toscana, che registra un crollo dei ricavi con un -60% per turismo e pubblici esercizi, solo nel terziario sono 7.500 le ‘Imprese Zombie’, che sopravvivono solo grazie ai ristori, e che sono ad un passo dalla fine.

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