Dopo le polemiche, i controlli e le multe, la proprietà dell’ex Convitto della Calza a Firenze cerca un dialogo con il Comune. Doveva essere solo una Spa ed invece ha iniziato a funzionare senza permessi come albergo e ristorante. Con un Cin falso.
Una storia che è fin troppo facile definire non italiana, ma italianissima. Una società, la Domus Rex, acquisisce dalla Curia l’ex Convitto della Calza. Siamo a Firenze, Porta Romana, appena dentro le mura dell’area Unesco. Cinque anni fa sottolinea che non ci sarà attività alberghiera o di ristorazione, ma solo benessere e massaggi, ovvero una Spa. Poi l’apertura, senza i permessi necessari, con attività ricettiva e ristorazione. E l’esposizione di un Cin, il Codice identificativo obbligatorio per chi fa ricezione, preso però da un altro albergo della stessa proprietà. Polemiche, giornalate, controlli (tardivi), multe. E ora la proprietà vittimisticamente chiede un incontro al Comune, perché parlandosi si risolve sempre tutto. Un confronto per capire “perché tanta aggressività”, perché tutti questi controlli dei Vigili e che poi, siamo pur sempre in Italia, le norme vanno interpretate e che vanno evitati equivoci interpretativi. D’altronde tra una foresteria e un albergo il confine può essere labile. E poi, la velata minaccia. Nella lettera scritta dalla proprietà – Riccardo Acquari, Domus Rex, Calza Srl – al Comune per chiedere un confronto, si fa un diretto ed esplicito riferimento al fatto che in quella struttura, l’ex Convitto della Calza, lavorano 35 persone. I sindacati sono già sul piede di guerra. C’è in generale sconcerto. Una struttura apre nella irregolarità, la storia del Cin ne è la riprova, e ora dice “mettiamoci d’accordo perché qui lavorano tante persone”. Una storia che è fin troppo facile definire non italiana, ma italianissima.



