🎧 Casa, Del Re: 5 mila alloggi sociali grazie a ‘società benefit’

Un piano per avere 5mila nuove case pubbliche entro 5 anni attraverso la costituzione di una società benefit interamente pubblica che recuperi le risorse necessarie attraverso strumenti di finanza a impatto sociale. E’ la proposta lanciata da Cecilia Del Re, candidata sindaco di Firenze Democratica alle prossime elezioni amministrative per risolvere il problema abitativo.

Convogliare verso gli investimenti immobiliari ad uso sociale risorse tratte dal mondo della finanza e vincolate a specifici progetti. Si fonda su questo assunto il  piano presentato oggi da Cecilia Del Re, candidata sindaca  di Firenze Democratica,  sviluppato in collaborazione con il professore di economia applicata dell’Università di Firenze, Nicolò Bellanca, insieme ai ricercatori riuniti nell’associazione MetroPolit, e prende a modello quanto accade nella città di Vienna dove metà della popolazione abita in case pubbliche.La società Benefit vedrebbe

Il progetto è imperniato intorno alla costruzione di una ‘società benefit’, con il Comune di Firenze come socio di maggioranza e alcuni soci di minoranza come la Cdp e l’European investment Bank, avrebbe la forma giuridica di una spa e potrebbe proporre al mercato Social impact bond in grado di razionalizzare la spesa e gli investimenti pubblici.

“Nella nostra Città metropolitana abbiamo bisogno di circa 1000 alloggi pubblici l’anno, dal costo medio di 100mila euro ciascuno. Questo significa lavorare per raccogliere e investire 500 milioni nei prossimi cinque anni. Per farlo è necessario costituire una società benefit interamente pubblica e partecipata dal Comune di Firenze che sappia intercettare finanziamenti pubblici e privati e generare un impatto positivo sulla nostra città. Una società dalla quale, lo dico con chiarezza, la politica dovrebbe stare fuori, per non trasformarla nell’ennesimo carrozzone o poltronificio” ha dichiarato Del Re.

I cittadini che investiranno nella società otterranno dal Comune l’esonero della quota municipale dell’Imu. “Per arrivare a mille alloggi l’anno – conclude Del Re – si dovrà puntare sia sul recupero del patrimonio esistente, penso alle potenziali abitazioni della Caserma Lupi di Toscana e agli 800 alloggi sfitti per mancanza di manutenzione. Ma si dovrà anche provvedere all’acquisto di nuove abitazioni e alla loro realizzazione ex novo”.

🎧Cosa succede dopo aver subito una violenza? Storie e testimonianza di sopravvissute

Cosa succede dopo aver subito una violenza? Storie e testimonianza di sopravvissute, di chi decide di volercela fare (come e con quali strumenti: per questo episodio di “Un 25 novembre al mese”, rubrica di approfondimento sul contrasto alla violenza di genere a cura di Chiara Brilli e Sandra Salvato, Viola Giacalone ha raccolto le storie di donne vittime di diversi tipi di violenza, per provare a rispondere alla domanda: cosa succede dopo aver subito una violenza? A chi ci si rivolge?

Audio: una sintesi dei contenuti della puntata nel servizio di Viola Giacalone. 

Guarda l’intera puntata qui

“Una cosa che mi sono spesso trovata a spiegare agli uomini che ho vicino e che si sono interessati all’argomento per provare ad essere dei buoni alleati, è che per noi purtroppo le violenze riportate dalla cronaca non sono questioni  “eclatanti” perché in un certo senso fanno parte della nostra quotidianità Se si ha la fortuna di avere una rete di amicizie o di affetti femminili, è normale ritrovarsi nella situazione di ascoltare storie simili, di dover dare consigli o supporto, è normale dover scegliere insieme come comportarsi.

Per questo ho deciso oggi di focalizzarmi su storie che mettano in evidenza quanto ciò che avviene dopo una violenza, non sia una faccenda riassumibile in un titolo di giornale. Sono storie con tempistiche spesso lunghe, non lineari. Sono storie di fatica quotidiana nel sopravvivere con un trauma che spesso è  celato al resto del mondo, che si ha difficoltà a spiegare. Si può essere survivor in tanti modi diversi. C’è chi impiega anni a capire o accettare di aver subito una violenza. C’è invece chi lo capisce subito, e impiega però anni a prendere la situazione in mano, a fare qualcosa che le permetta di andare avanti.  C’è chi rifiuta di identificarsi sia come vittima che come sopravvissuta, passando oltre e basta. 

Ho raccolto 7 testimonianze di amiche e conoscenti alle quali ho posto le stesse domande ed è interessante notare che ci sono delle costanti, nonostante ognuna di queste ragazze abbia vissuto un tipo di violenza diversa. Ci sono survivor di violenza fisica, survivor di violenza sessuale, violenza psicologica e stalking. Per alcune era un amico, per altre un compagno o un amante, per una era un familiare. 

Alla domanda, Cosa avete provato dopo la violenza?

Molte hanno nominato la parola “confusione”. Un senso di spaesamento, di distacco da sé stesse. Una sensazione di “sentirsi sporche”, legata anche, e questa è la cosa che mi è stata ripetuta da quasi tutte, da un senso sia di vergogna che di colpa. La vergogna è quella dell’essersi ritrovate in quella situazione e di non aver saputo reagire e di esserci rimaste. Il senso di colpa è simile, ma si realizza in modi ancora più pesanti, nel pensare ad esempio di essere state le prime responsabili della violenza. Una di queste donne, che ha riportato gravi lesioni dopo una violenza fisica, mi ha scritto:Ho scoperto dopo che in situazioni traumatiche come queste il nostro cervello fatica a ricostruire ciò che è successo, i ricordi si fanno confusi. Io ho quasi pensato di essere stata la prima ad alzare le mani” anche un’altra ragazza vittima di violenza sessuale, mi ha parlato rimozione temporanea del trauma.

Quando è che avete capito di aver subito una violenza? e che quella violenza non era normale? 

Molte tra loro mi hanno detto che se la stessa cosa fosse successa adesso, avrebbero capito più rapidamente di aver subito qualcosa di inaccettabile. Questo fa riflettere sul fatto che i tempi siano cambiati, almeno da un punto di vista della consapevolezza. Una di loro mi ha scritto: “all’ epoca mi sembrava  impensabile denunciare, un sacco di persone assistevano ad abusi e non facevano una piega, quindi per me era difficile identificarlo come violenza. Diciamo che mi sono salvata  perché è stato passato il senno, alla seconda volta che mi venivano messe le mani addosso ho detto basta, questo perché la violenza fisica è più facile da riconoscere. Ma tutto il resto che ho subìto, principalmente insulti continui e controllo di tutto da quello che mangiavo a come usavo il mio tempo non era per me chiaramente un abuso. Non avevo capito bene i miei diritti. devo dire che è intercorso ulteriore tempo da quando ho aperto quel cassetto e ho cominciato a dire a me stessa: ok è successo qualcosa di brutto, a quando ho capito che era un mio diritto dirlo a voce alta, l’ ho capito pochissimo tempo fa, da adulta”

Arriviamo quindi al terzo punto. A chi vi siete rivolte? 

Ognuna di queste donne, ha iniziato il proprio percorso parlandone a qualcuno che sapeva l’avrebbe creduta e non giudicata. Il senso di vergogna e il senso di colpa inibiscono la condivisione. La paura più grande è quella di non essere credute, soprattutto ho notato, nei casi in cui il molestatore faccia parte “del proprio gruppo di amici”.  Ho assistito a casi simili in cui il molestatore è stato protetto dagli altri, si era stabilita un’omertà a riguardo, ma anche casi in cui il molestatore è stato “isolato” dal gruppo. Una delle testimoni mi ha scritto: “devo dire che i miei tentativi di parlarne, per anni hanno avuto esiti orrendi. Ovvero l’ interlocutore minimizzava o mi faceva capire che non ci credeva, che secondo lui stavo esagerando. E questa è una cosa di cui io ho ancora paura, cioè posso dire esplicitamente che ho subito abusi in un contesto protetto e a delle donne. Ma in un gruppo misto non protetto avrei troppa paura di non essere creduta e so che mi farebbe molto male, non voglio vedere facce sospettose” 

Un’altra testimone mi ha scritto Ho ritirato la denuncia dopo qualche settimana per paura che il fatto diventasse pubblico, e di essere tormentata dal fantasma di un “processo” per anni. Lo sapevano solo 2-3 persone perché non mi sentivo di rendere la cosa pubblica, avevo paura di dirlo persino a mia madre per il terrore di reazioni violente, di essere giudicata, per non farli soffrire. Parlarne troppo in giro non mi ha aiutato perché diventavo oggetto di attenzioni non desiderate.”

Cosa vi ha aiutato?

Artemisia ha permesso a una survivor di stalking di capire che l’uomo in questione era pericoloso e che il disagio che sentiva era più che giustificato. A qualcuna ha aiutato il femminismo, il supporto delle altre nella battaglia contro le violenze. Aiutare, ma non risolvere. Certe cicatrici per molte non se ne vanno. L’unica soluzione è nelle mani di chi fa violenza in primis ed è: non farla. Invito tutte a non smettere di parlare, mai. 

Riporto qui alcune testimonianze a riguardo:  

“Iniziare un percorso di terapia mi ha aiutato ad affrontare la maniera in cui mi sono sentita dopo, la difficoltà che ho avuto a ripristinare lucidità e compattezza dopo la frammentazione, la confusione mentale che avevo provato nello stare in queste dinamiche, quelle di una relazione di affetto che si trasforma in una relazione di violenza. mi ha aiutato anche molto un libro: “Lo stile dell’abuso” perché mi ha permesso di dare dei nomi a quello che avevo subito”

“Cosa mi ha fatto stare meglio? Triste da dire ma nel primo periodo l’abuso di alcool e droghe. Sul lungo periodo solo il tempo e l’imparare ad amarmi.”

“Direi che non mi ha aiutato niente, perché non ho elaborato niente. Se ci penso, nonostante siano passati dieci anni mi prende sconforto, paura e rabbia comunque questa persona mi terrorizza. Forse l’ unica cosa che davvero mi ha aiutata è che è sparito dalla circolazione. Di base purtroppo mi ha aiutato la comparsa di un’ altra donna, mi dispiace perché è orrendo ma è stato ovvio che la nuova vittima fosse per me una liberazione.”

“La mia relazione con lui rimarrà per sempre un problema per me. Magari imparerò ad avere relazioni funzionali ma quello mi ha segnato per sempre. Quindi almeno per questo caso non c’è verso di “stare meglio.” 

“Una cosa che mi aiuta molto, la sola, è che vedo che ora accadrebbe con più difficoltà. Cioè a parità ovviamente di istruzione e contesto sociale mi sembra davvero che le cose siano cambiate che uno non la passerebbe così liscia e che se io fossi in quella situazione ora a quell’ età sarei aiutata”

🎧 Il 25 aprile in Toscana nelle piazze e nei luoghi della Resistenza

Il 25 aprile in Toscana tra feste, commemorazioni e passeggiate sui luoghi della Resistenza: manifestazioni, concerti, cerimonie ufficiali, letture di Scurati. La Toscana celebra il 25 aprile con iniziative istituzionali e mobilitazioni sul territorio non solo per ricordare ma per attualizzare i valori dell’antifascismo, oggi più che mai.

Audio: servizio di Viola Giacalone

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà in Toscana per il 25 aprile:  dopo la cerimonia a Roma, si trasferirà in elicottero in Toscana per essere a Civitella Valdichiana in provincia d’Arezzo, paese dove il 29 giugno 1944 avvenne l’eccidio nazista costato la vita a 244 civili.

A Firenze, dopo la i deposizione della corona d’alloro in onore dei caduti in piazza Unità italiana alle ore 10, partirà poi un corteo che raggiungerà Palazzo Vecchio dove avverrà la consueta cerimonia sull’arengario, alle 11, durante la quale prenderanno la parola il sindaco Dario Nardella, la presidente di Anpi Firenze Vania Bagni e tre studenti di scuole superiori fiorentine.  Attesa per la successiva lettura del monologo di  Antonio Scurati da parte dello scrittore e drammaturgo Stefano Massini

in Oltrarno la celebre mobilitazione promossa da Firenze antifascista: appuntamento  giovedì alle 15:30 in piazza Santo Spirito con interventi dal palco, poi alle 17 il corteo con partenza dal monumento al partigiano Potente e arrivo in piazza Tasso, per poi tornare in Santo Spirito e concludere la serata in musica con Ivanoska e Disturbo Residuo. 

Dalle 12 alle 17 in piazza Poggi a Firenze torna il pranzo popolare antifascista, con interventi, cori popolari e concertone e dj set. Alla Casa del Popolo di Settignano una giornata densa di memoria, musica e condivisione. Si parte alle 9.30 con Il cammino della liberazione, una camminata per portare un omaggio ad un luogo della resistenza, il Tabernacolo di Gello.  La Festa della Liberazione alla Casa del Popolo di Fiesole comincia come ogni anno con la tradizionale camminata per i luoghi fiesolani della Resistenza, alle 13 pranzo popolare e poi musica dalle 16.30. Nel piazzale della Casa del Popolo a Grassina si terrà “Grassina libera tutti” dalle 16, con concerti, proiezioni, mostre fotografiche e gonfiabili per i più piccoli.

 A Fornacette in provincia di Pisa alle 21 la Bandabardò & Cisco. Mentre a Livorno la 9* edizione della festa al Castellaccio nei luoghi partigiani del x° distaccamento Oberdan Chiesa.

Segnaliamo poi l’ Apertura speciale gratuita, a Uffizi, Palazzo Pitti e Giardino di Boboli Tutti gli spazi saranno accessibili nei consueti orari di visita; l’ultimo ingresso sarà consentito un’ora prima della chiusura.

🎧 Al via il crowdfunding di Unicoop Firenze per digitalizzare archivio ISRT

Parte il 25 aprile, e proseguirà fino al 25 giugno, la raccolta fondi, in collaborazione con la Fondazione Il Cuore si scioglie, per digitalizzare l’archivio dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, e realizzare un nuovo sito web. Molte le attività e gli eventi organizzati dalle sezioni soci Coop e dalle associazioni del territorio per raggiungere l’obiettivo di 20mila Euro con cui attuare il progetto.

Al via, il 25 aprile, il crowdfunding promosso da Unicoop Firenze, in collaborazione con la Fondazione Il Cuore si scioglie per contribuire alla digitalizzazione dell’archivio e alla realizzazione del nuovo sito dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea. L’iniziativa è stata presentata questa mattina, presso la sede di Unicoop Firenze, alla presenza Vannino Chiti e Matteo Mazzoni, presidente e direttore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea e di Claudio Vanni, responsabile relazioni esterne Unicoop Firenze. Presenti all’incontro anche i rappresentanti delle sezioni soci Coop coinvolte e i referenti della Rete Democratica Fiorentina che raccoglie forze dell’associazionismo sociale e civile, del volontariato, del Terzo settore, del movimento sindacale, del mondo della cultura, delle arti e della scienza.

Il crowdfunding punta a raccogliere 20mila Euro e nasce dalla necessità dell’Istituto della Resistenza di valorizzare il grande patrimonio storico e di memoria custodito nell’archivio: questo attualmente conta oltre 150 fondi prodotti da organismi politici e militari della Lotta di Liberazione, da organizzazioni e personalità dell’Antifascismo e della Resistenza e da enti e persone che incarnano momenti essenziali della storia del Novecento. I fondi raccolti con il crowdfunding permetteranno all’Istituto di attualizzare la propria banca dati in cui riunire tutti gli inventari per digitalizzarli e renderli disponibili alla consultazione pubblica, così da far conoscere il patrimonio alla cittadinanza e agevolare il lavoro di studenti, ricercatori e appassionati. L’archivio digitale permetterà a chiunque di fare ricerche a distanza, individuare i documenti presenti presso l’Istituto e farne richiesta anche via mail, in formato digitale. Insieme a questo, il progetto prevede la realizzazione di un nuovo sito web che permetta un facile accesso, non solo al patrimonio dell’archivio, ma anche a quello della Biblioteca e dell’Emeroteca e che presenti al pubblico le diverse iniziative, in particolare le mostre virtuali, preziosi strumenti di conoscenza della storia. 

Vannino Chiti, presidente Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea: «ll ruolo dell’Istituto in questo momento storico è di primo piano: nel suo futuro c’è l’ulteriore valorizzazione del suo prezioso archivio dove ogni giorno lavorano giovani studiosi, insieme all’impegno culturale e scientifico per una memoria storica condivisa della Resistenza, che ancora in Italia manca, e per mettere a fuoco e approfondire le grandi questioni dell’Età contemporanea. L’iniziativa che portiamo avanti insieme a Unicoop Firenze è un sostegno importante per tenere in vita questi valori e per mantenere vivo il contatto e lo scambio con cittadini, studiosi, docenti, alunni e con la comunità tutta. L’Istituto ha compiti importanti e vive del sostegno che in tanti possono dare: è fondamentale che tutti sentano questo luogo come il proprio, una casa dove tutti si trovano, perché la Resistenza sia una memoria che unisce e non divide, che aiuta a coltivare l’antifascismo come valore base che permea tutta la nostra Costituzione». Per il direttore dell’Istituto, Matteo Mazzoni, partecipare alla raccolta fondi è importante anche per “ritrovare un rapporto con il passato, conoscere ciò che le generazioni precedenti hanno affrontato e superato. Ci aiuterà a sentirci meno solo nel presente complicato che dobbiamo vivere”

Il crowdfunding proseguirà fino al 25 giugno e sarà possibile donare su Eppela e partecipando alle iniziative organizzate dalle sezioni soci Coop che sostengono l’iniziativa; dal 2 al 4 maggio, le sezioni soci, insieme alle associazioni del territorio, saranno presenti nei Coop.fi con dei presidi dove soci e clienti potranno avere informazioni e dettagli e potranno donare direttamente a sostegno del progetto. Nel periodo del crowdfunding l’istituto storico della Resistenza aprirà le porte della sua sede, in Via Carducci, a Firenze, ai cittadini con gli open day fissati per l’11, il 18 e il 20 maggio: è possibile prenotare l’ingresso con visita guidata prenotando su coopfi.info/eventi.

🎧In 8 anni persi 60 mila volontari, Cesvot: “scopriamo come cambiare per rinnovare il terzo settore.”

In 8 anni persi 60 mila volontari, Cesvot: “scopriamo come cambiare per rinnovare il terzo settore: “Leggere e interpretare il cambiamento del terzo settore: questo il tema del convegno organizzato da Cesvot e Regione Toscana che si è tenuto oggi presso l’Auditorium dell’Innovation Center di Fondazione CR Firenze. I volontari sono sempre meno in Toscana come in Italia, cosa è successo e quali prospettive per il volontariato? Cosa deve cambiare?

 

Audio: Luigi Paccosi, presidente Cesvot

“Quello che proponiamo oggi è un confronto molto necessario anche per Cesvot, che dovrà essere in grado di stare accanto al terzo settore anche in questa epoca di grandi cambiamenti. Gli ets hanno bisogno di rigenerare i loro principi ispiratori e quelli organizzativi; di rinnovare senso e motivazioni del loro agire per essere compresi
dai cittadini e dai potenziali nuovi volontari; di poter esercitare una collaborazione paritaria e virtuosa con l’ente pubblico, soprattutto nei nuovi percorsi previsti dall’amministrazione condivisa. Queste, e molte altre, le sfide che ci aspettano. È tempo che tutti insieme inneschiamo processi di trasformazione in difesa del terzo settore e dei volontari toscani”, spiega Luigi Paccosi, presidente Cesvot.

Dalle ultime rilevazioni effettuate dalla banca dati Cesvot è emerso che il numero complessivo degli ets è passato da 11.355 del 31/12/2022 a 11.556 al 31/12/2023, con un incremento percentuale pari a 1,77%. Nella nuova compagine del terzo settore toscano le Organizzazioni di volontariato (Odv) passano da 3.402 a 3.175 con una diminuzione percentuale di -6,67. Aumentano invece le Associazioni di promozione sociale (Aps) che passano da 5.537 a 5.728 con un incremento di 3,45%. A queste due tipologie si aggiungono 927 imprese sociali, 21 enti filantropici, 408 altri ets, 1.294 onlus e 3 società di mutuo soccorso. Dai dati emerge con chiarezza come la riduzione del numero di volontari sia un processo che comincia a verificarsi ben prima del Covid-19. Dal 2014 al
2022 in Toscana si stimano circa 60mila volontari in meno impegnati nel volontariato organizzato che equivale a una riduzione del 18%. (dati Istat, Indagine Multiscopo sulle Famiglie).

Il terzo settore è sempre più arena di soggetti organizzati che assicura un ruolo importante nel realizzare welfare e politiche pubbliche erogando servizi. Questo aspetto ha conseguenze nella rappresentazione degli enti di terzo settore più come “produttori” di beni e servizi che promotori di relazioni e reti sociali. Altro aspetto legato a
questa trasformazione è la crescente richiesta di professionalizzazione dei volontari che genera un forte processo di selezione in entrata, che può agire da disincentivo alla partecipazione.

Le vecchie classi dirigenti si stanno esaurendo, non solo sul piano anagrafico e demografico, ma anche rispetto alle rappresentazioni di cui si fanno portatrici; il processo di invecchiamento genera estesi timori rispetto alla tenuta organizzativa. Non c’è solo il tema del “ricambio generazionale”, ma più in generale, del “ricambio” in sé. Il rischio che si collega all’eccessiva aziendalizzazione è nella perdita di contatto con la comunità e nella riduzione della capacità di advocacy.

La passione per il volontariato rimane ma emergono nuovi bisogni a cui dare risposte per un cambiamento possibile. Fondamentale è pensare a nuove vie di sviluppo che riescano a sorpassare le insidie di una eccessiva burocratizzazione e aziendalizzazione che corre il rischio di prosciugare lo spirito partecipativo e il legame col territorio. Per questo è fondamentale ripartire dall’identità organizzativa delle associazioni anche per sostenere
un dialogo paritario con gli enti pubblici. Altro tema imprescindibile è nelle modalità di coinvolgimento e nei nuovi spazi di partecipazione per i volontari potenziali. Una modifica del “core business” organizzativo delle organizzazioni è utile anche per rinsaldare il potere di advocacy, la capacità di farsi carico dei problemi dei cittadini dando loro voce. Nuove modalità di espressione del volontariato stanno nell’animazione territoriale e nella costruzione di comunità accrescendo la capacità di tradurre nei territori la capacità di mobilitazione e ascolto sociale.

 

🎧 Violenza di genere, elaborate linee di indirizzo per rete soggetti di prevenzione e cura

Presentate le linee di indirizzo per la presa in carico delle donne e dei minorenni vittime di violenza di genere, uno strumento fondamentale elaborato in modo sinergico dai CAV insieme alle tante operatrici e operatori del settore e anche alle stesse donne vittime di violenza. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità degli inteventi, uniformare il metodo e trovare un linguaggio comune, condiviso, per superare i rischi di frammentazione e progettare risposte efficaci.

Le linee di indirizzo per la presa in carico delle donne e dei minorenni vittime di violenza di genere rappresentano l’esito di un percorso iniziato nel 2018 con il programma antiviolenza ‘La Rete di Nicoletta’ finanziato dalla Regione Toscana, settore delle Politiche di Genere. Serviranno a rendere omogenei gli interventi, a migliorare la qualità dei servizi dei molti attori coinvolti, dai centri antiviolenza agli assistenti sociali, dalla Società della Salute alle istituzioni, una rete di professionisti che da oggi potrà promuovere risposte congrue ed efficaci ai bisogni delle donne e dei loro figli minorenni coinvolti, un processo dove è fondamentale e necessario il riconoscimento della violenza e, dunque, la rilevazione sul piano fisico relazionale, emotivo e giudiziario di queste persone. Le linee sono state realizzate con la collaborazione della dott.ssa Marianna Giordano, attuale presidente CISMAI (il coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso dell’infanzia) e successivamente sperimentate con la collaborazione dell’Istituto degli innocenti e di tutti gli operatori e le operatrici del settore, anche del codice rosa e delle donne protagoniste di storia di violenza. Si articoleranno secondo FASI, a partire cioè dalla valutazione della prima richiesta di aiuto, a quella del rischio di recidiva e alla presa in carico, fino alla cura e alla riparazione, step cruciale, questo, nell’elaborazione dei danni causati dalle violenze e nel contrasto alla trasmissione intergenerazionale. Violenze che, sottolinea Elena Baragli, Presidente del centro Artemisia, nel 2023 ha portato oltre 1100 persone tra adulti e minorenni a chiedere aiuto, ben l’11,5% in più rispetto all’anno precedente. Proprio nel 2022, le donne che si sono rivolte a un CAV in Toscana sono state circa 4600, dati che arivano dal XV rapporto sulla violenza di genere in Toscana 2023 presentato dall’Osservatorio sociale regionale lo scorso novembre.

“Abbiamo sempre più bisogno di connessioni tra centri antiviolenza e istituzioni in modo che i percorsi presenti nel sistema socio-sanitario siano siano connessi strettamente agli strumenti di intervento, come sono i centri antiviolenza”, dice l’assessora regionale al welfare Sara Spinelli, “abbiamo bisogno di acquisire un linguaggio comune tra competenze diverse e una modalità di approccio comune – ha proseguito – perchè questo significa evitare che la violenza venga reiterata in mancanza di un approccio corretto e che si faccia di tutto perchè i percorsi siano chiari, lineari e consentano quindi alle donne e ai loro figli di uscire dal circuito della violenza sentendosi prese in cura”.

“Le parole chiave sono sinergia, omogeneità e integrazione – spiega la presidente del Centro Artemisia, Elena Baragli – perchè spesso nei percorsi di uscita dalla violenza si evidenziano tantissimi bisogni”. “Primo tema è riconoscerla come violenza di genere e, di conseguenza come violenza all’infanzia.” “Tenere insieme questi due aspetti – ha sottolineato – sembra banale, ma in realtà non lo è, perchè purtroppo gli interventi tendono ad essere spezzettati”.

“Queste linee di indirizzo finalmente danno una lettura anche integrata tra tutte le realtà che compongono l’area metropolitana fiorentina comprendente anche il Mugello”. Così il direttore della Società della Salute di Firenze, Marco Nerattini. “Questo ha dato la possibilità ad un gruppo di esperti di redigere le linee guida che sono state sperimentate con un esito molto favorevole da un punto di vista della sensibilità e della capacità di cogliere le situazioni di bisogno”. “Molto importante, perchè basta pensare che i fenomeni di violenza di genere, sulle donne sole o con minori, hanno avuto un trend che ha visto una crescita tra il 2022 e il 2023 di circa l’11% con un numero di casi solo sul territorio fiorentino di circa 1200, di cui più o meno 900 riconosciute come violenze di genere”.

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