Certificazione verde Covid-19: “Mi è arrivato il Green Pass”

Firenze, ieri sera ho ricevuto una e-mail dal Ministero della Salute, che nel soggetto annunciava: “La Certificazione verde Covid-19 è disponibile”.

“È disponibile la Certificazione verde Covid-19 di GI*T – si legge infatti nel testo della mail – Potrai acquisirla utilizzando il codice AUTHCODE XXXXXXXXXXXX al seguente link https://www.dgc.gov.it/spa/public/ oppure con l’App Immuni (https://www.immuni.italia.it/download.html). Inserisci il codice, la data di scadenza e il numero della Tessera Sanitaria dell’intestatario della certificazione. Se non hai la Tessera Sanitaria, perché non iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, inserisci il codice AUTHCODE con il tipo e numero del documento che hai comunicato al momento della prestazione sanitaria che ha dato origine alla Certificazione”.

Ma avendo già scaricato la App IO, che mi era servita per il bonus vacanze, la parte della mail che più mi interessa è questa: “La Certificazione è disponibile anche su App IO (https://io.italia.it/): se sei l’intestatario della Certificazione, riceverai la notifica in app da cui visualizzarla direttamente, senza fare alcuna richiesta ne inserire codici o altri dati. Ti basterà aver effettuato l’accesso all’App IO con la tua identità digitale SPID o CIE”.

Apro subito la App IO e rimango deluso perché la Certificazione verde non c’è, ma è ormai passata la mezzanotte e non ho voglia di provare a vedere se non sia arrivata sulle altre due piattaforme elencate nella mail, e quindi spengo il cellulare.

Ma una delle prime cose che faccio stamane è aprire di nuovo IO, e trovo il messaggio: “Ministero della Salute, Certificazione verde Covid-19”, clicco sul pulsante ‘Visualizza’, ed eccolo li il mio Green Pass, la App mi invita a salvarlo nell’album foto del mio cellulare, lo faccio ed ora è a mia disposizione senza dovere più aprire la App. Ora sono pronto, non so bene ancora per cosa, ma sono pronto!

Una cosa è certa, questa pandemia ha accelerato, per parte della popolazione, purtroppo non per tutta, la conoscenza e l’uso dei supporti e dei canali digitali, con la App IO infatti si può entrare in contatto direttamente con il Ministero della Salute, con l’ACI dove si può pagare il bollo e ottenere i certificati di proprietà dei veicoli, ma anche con l’Agenzia delle Entrate, il Ministero del Lavoro, il Ministero dell’Interno dove si può fare richiesta della cittadinanza ed il ministero dell’Economia dove si può attivare il famoso ‘Cashback’. Per tutti coloro che ancora siano restii ad usare le nuove tecnologie un consiglio: non lo siate, la tecnologia è qui per rimanere e nel saperla usare ci sono indubitabilmente dei vantaggi.

Buona Giornata e Buona Fortuna!

Gimmy Tranquillo

Alpha, Beta, Gamma… OMS rinomina varianti Coronavirus con lettere dell’alfabeto greco

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), spera di semplificare il modo in cui il pubblico parla del crescente numero di varianti del coronavirus, assegnando diverse lettere dell’alfabeto greco a ogni nuova mutazione del virus.

Il nuovo sistema studiato da OMS prende i nomi di nuove varianti di SARS-CoV-2, il virus che causa il COVID-19, e le allontana da quella che a volte può confondere la nomenclatura scientifica, e che pone forte enfasi sui paesi dove le varianti sono state scoperte per la prima volta.

Ad esempio, con il nuovo sistema, la variante B.1.1.7, identificata per la prima volta nel Regno Unito, sarà denominata Alpha, la variante B.1.351, avvistata per la prima volta in Sud Africa, si chiamerà Beta, mentre la variante trovata inizialmente in Brasile, nota come P.1, si chiamerà Gamma.

I nuovi nomi non sostituiranno ufficialmente i nomi scientifici già assegnati alle nuove varianti, ma l’OMS spera che apportando questo cambiamento, si potrà evitare di alimentare lo stigma verso le nazioni in cui sorgono nuove varianti.

Il problema è nato dal fatto che i nomi scientifici originalmente adottati erano difficili da pronunciare e ricordare “Di conseguenza, – ha affermato l’OMS in una dichiarazione – le persone ricorrono spesso a chiamare le varianti in base ai luoghi in cui vengono rilevate, fatto che è stigmatizzante e discriminatorio”.

Il pericolo della stigmatizzazione è un problema su cui l’OMS aveva messo in guardia sin dai primi giorni della pandemia, quando alcuni politici, in particolare l’ex presidente Donald Trump, si riferivano abitualmente al virus come “virus cinese” o “virus Wuhan”. Trump aveva affermato di aver usato i termini “per essere precisi” e aveva sostenuto che “non erano affatto razzisti”, anche se aveva continuato ad usarli anche dopo che l’OMS aveva messo in guardia contro un linguaggio che può “perpetuare stereotipi o ipotesi negative”.

L’uso di tale linguaggio si diffuse. In uno studio pubblicato a maggio, i ricercatori dell’Università della California, a San Francisco, hanno collegato direttamente il primo tweet di Trump su un “virus cinese” a un aumento esponenziale del linguaggio anti-asiatico su Twitter.

In India, la sensibilità alla stigmatizzazione ha portato il governo il mese scorso a chiedere alle società di social media di rimuovere qualsiasi riferimento alla “variante India” dalle loro piattaforme. Un funzionario del governo ha spiegato a Reuters che l’avviso era stato emesso per inviare un messaggio “forte e chiaro” per fermare la cattiva comunicazione determinata dalla definizione “variante indiana”.

“Nessun paese dovrebbe essere stigmatizzato per il rilevamento e la segnalazione di varianti” ha scritto su Twitter Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’OMS per la risposta al COVID-19.

Il nuovo sistema si applica a due diverse classificazioni di varianti: “varianti di preoccupazione”, considerate le più potenzialmente pericolose, e “varianti di interesse” di secondo livello.

Ci sono 24 lettere dell’alfabeto greco, OMS ne ha già assegnati 10: quattro a varianti di preoccupazione e sei a varianti di interesse.

Gimmy Tranquillo

Festa della Repubblica, niente parata, niente manifestazione, ma c’è il Doodle di Google

Firenze, “Mi ricordo che quando ero piccino per la Festa della Repubblica del 2 di giugno, andavo alle Cascine col mi babbo a vedere la parata con i carri armati – mi ha raccontato ieri un amico – e poi si andava a vedere i Canapone”.

Io la parata militare a Firenze per la Festa della Repubblica, non me la ricordo, e quest’anno poi non ci sarà neanche a Roma, ma mi ricordo che il 2 di giugno una volta era un’occasione per la sinistra di scendere in piazza e manifestare per ricordare che l’Italia è una Repubblica antifascista, immagini più recenti invece, purtroppo mi ricordano che negli ultimi anni è stata la destra a scendere in piazza per la Festa della Repubblica, e forse quindi quest’anno è meglio così: festeggiamo con il Doodle di Google!

Per chi volesse invece celebrare la Festa della Repubblica in maniera più ‘tradizionale’, ecco alcune delle iniziative che si terranno in Toscana.

Firenze, ore 10, piazza dell’Unità, il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo depone una corona di fiori, presenti altre cariche istituzionali. A seguire in Prefettura consegna delle onorificenze conferite dal Capo dello Stato a coloro che si sono distinti per aver acquisito benemerenze.

Ore 10:30, Piazza Signoria, Premio Firenze 2020, Consiglio comunale solenne per celebrare donne dalla Resistenza all’Assemblea Costituente’ e per celebrare le donne e gli uomini – medici, infermieri, tecnici sanitari e operatori vari – che ci hanno curato nella pandemia del Covid.

Ore 19:00, Museo di Orsanmichele, via dell’Arte della Lana Concerto dell’Orchestra da Camera Fiorentina, direttore e violino solista Marco Lorenzini, musiche di A. Vivaldi.

Pisa – ore 16:00, Domus Mazziniana, 2 giugno Festa della Repubblica: conferenza ed eventi alla Domus Mazziniana per il 75/o anniversario della Repubblica; alle 16 il professor Francesco Bonini tiene una lectio magistralis ‘2 giugno 1946: una storia europea’. Diretta streaming sui canali social della Domus Mazziniana (facebook e youtube) accessibili a partire dal sito della Domus: www.domusmazziniana.it

Sant’Anna di Stazzema (LU) ore 10:00, il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema celebra il 75/o anniversario della nascita della Repubblica Italiana, con un programma di attività di storia, memoria, cultura. Alessandra Nardini partecipa alle celebrazioni organizzate a Sant’Anna di Stazzema con l’intervento conclusivo, dopo quelli del sindaco di Stazzema e del presidente Associazione martiri di Sant’Anna. In serata donne dalla Resistenza all’Assemblea Costituente’

Gimmy Tranquillo

Negli USA i ladri rubano le marmitte delle automobili

Negli USA si registra ultimamente un enorme aumento dei furti di convertitori catalitici. I ladri scivolano sotto auto e camion e semplicemente segano le marmitte a migliaia, per rubare i convertitori.

Quello che spinge i ladri a rubare le marmitte dei veicoli, sono i metalli preziosi antinquinamento, che si trovano all’interno dei convertitori catalitici, che vengono venduti a riciclatori senza scrupoli, che li acquistano a prezzi minori di quelli praticati dai canali legittimi.

Una delle tante città in cui si registra un notevole incremento di questo tipo di furti è Milwaukee. Racconta Ben Wilson in un’intervista a NPR, la radio pubblica statunitense: “Mi sono svegliato una mattina e stavo per spostare l’Honda di mia moglie, ma quando ho messo in moto, il motore ha prodotto un suono incredibilmente forte”. Questo perché al posto convertitore catalitico, c’era un’interruzione di circa 45 centimetri nella marmitta .

Probabilmente ci saranno voluti solo circa un paio di minuti per qualcuno per scivolare sotto l’auto e segare il dispositivo. Wilson aggiunge di sentirsi fortunato di avere un’assicurazione che copre circa il 90% del costo di sostituzione che ammonta a circa 2.000 dollari, ma non per tutti è così, perché le assicurazioni che includono questo tipo di protezione sono negli USA, molto costose.

La ragione dell’incremento di furti di marmitte sta nel forte aumento del prezzo dei metalli preziosi che si trovano all’interno dei convertitori catalitici. Il valore del rodio, per esempio, è salito alle stelle a circa 28.000 dollari l’oncia, ed in ogni singolo catalizzatore ce n’è una quantità del valore di alcune centinaia di dollari.

Secondo la National Insurance Crime Bureau David, la pandemia di COVID-19 ha peggiorato la situazione, riducendo la produzione dei metalli preziosi che si usano nella costruzione di catalizzatori.

Naturalmente i catalizzatori vengono riciclati soprattutto legalmente, ed i riciclatori legittimi pagano da $ 50 a $ 200 per ottenere legittimamente un convertitore guasto od uno proveniente da un veicolo demolito.

Il problema dei furti, è diventato così serio che, per cercare di fermare il commercio illegale delle marmitte, quasi due dozzine di stati dell’Unione hanno approvato o stanno prendendo in considerazione, una legislazione specifica per scoraggiare i ladri dallo scivolare sotto le auto per segare i convertitori catalitici.

Di solito tutto quello che succede negli USA, inevitabilmente dopo qualche tempo arriva anche da noi in Italia, speriamo però che almeno per questa volta non sia così, e che non si debba arrivare a dover mettere degli allarmi antifurto anche alle marmitte delle nostre auto.

Gimmy Tranquillo

Cuba senza un Castro, ma non senza comunisti

La rivolta di Cuba, che portò una generazione di rivoluzionari al potere, avvenne più di sei decenni fa, quella generazione sfidò direttamente gli Stati Uniti ed in seguito causò degli eventi che quasi spinsero Washington e Mosca sull’orlo di una guerra nucleare, quella generazione è ora pronta per uscire dalla scena.

In una conferenza del partito iniziata venerdì scorso, Raúl Castro, di 89 anni, fratello del defunto leader rivoluzionario Fidel Castro, ha dichiarato che si dimetterà dalla carica di capo del Partito Comunista Cubano. Tre anni fa Raúl Castro, aveva già rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente di Cuba ed aveva consegnato le redini del governo al molto più giovane Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez.

©Controradio

Con le dimissioni di Raúl, all’Ottavo Congresso del Partito di Cuba, che inizia non a caso il 19 aprile, giorno del 60esimo anniversario della vittoria di Playa Girón, o Baia dei porci per gli americani, per prima volta, dalla rivoluzione comunista del 1959, non ci sarà un Castro a ricoprire uno dei ruoli chiave nel governo cubano.

Con l’uscita di scena della ‘generazione storica’, a cui molti cubani si riferiscono come la ‘vecchia guardia del paese’, anche eventi storici iconici come la fallita operazione guidata dalla CIA della Baia dei Porci, che cercava di rovesciare il regime comunista, probabilmente si attenueranno d’importanza.

©Controradio

Questo inevitabile cambio di guardia a Cuba arriva quando il paese sembra essere ad un nuovo importante bivio, il primo grande cambiamento per l’isola era avvenuto alla fine della Guerra Fredda, con la scomparsa dell’Unione Sovietica, quando il patrocinio e gli aiuti di Mosca si erano prosciugati, lasciando Cuba con gravi problemi economici. Durante la presidenza di Obama c’era stato un riavvicinamento tra L’Avana e Washington che faceva sperare per una ripresa economica, ma con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, le speranze erano svanite ed erano tornate le sanzioni statunitensi.

Le nuove sanzioni americane, insieme alla perdita del sostegno dal Venezuela e all’inflazione vertiginosa, avevano causato un ritorno a carenze alimentari che non si vedevano dal crollo dell’Unione Sovietica degli anni ’90.

Più recentemente, il governo comunista ha dovuto fronteggiare praticamente da solo la pandemia di coronavirus, riuscendo però ad avere buoni risultati arrivando a produrre autonomamente un vaccino, il Soberana-2, che attualmente, con 44.000 persone vaccinate all’interno della terza ed ultima fase di sperimentazione, è in avanzato stadio di realizzazione, e che una volta in uso farebbe di Cuba il più piccolo Paese a produrre un vaccino anti-Covid.

Grandi cambiamenti a Cuba c’erano già stati dopo che Raúl Castro aveva preso il posto di suo fratello nel 2008, Raúl aveva infatti lasciato espandere l’impresa privata, introducendo l’uso dei telefoni cellulari, consentendo l’accesso a Internet e cercando relazioni più rilassate con gli Stati Uniti.

©Controradio

Ma da allora, le riforme si erano per lo più bloccate, come ha detto Ted Henken, uno specialista di Cuba al Baruch College di New York, il governo dopo le prime riforme di Raúl, è “molto cauto perché sa che la libertà economica può portare alla libertà politica e alla perdita del controllo politico”.

Uno dei grossi problemi economici delle autorità cubane è quello di cosa fare delle inefficienti società statali e delle agenzie governative su cui la maggior parte della popolazione fa affidamento per il reddito: “Licenziare molte persone potrebbe portare a problemi sociali e politici”, ha detto all’Associated Press William LeoGrande, un esperto dell’Università americana di Cuba. LeoGrande sottolinea anche la crescente disuguaglianza in un sistema comunista che prometteva ai cubani esattamente l’opposto.

L’economia dell’isola si è contratta dell’11% lo scorso anno, nonostante che il presidente Díaz-Canel abbia ampliato l’impresa privata, consentendo ai cubani di gestire per la prima volta dai tempi della rivoluzione, quasi tutte le piccole imprese dalle loro case.

I problemi economici alimentano il malcontento politico, con proteste storiche a Cuba, che ora si diffondono tramite Internet, come la clamorosa protesta degli artisti e intellettuali cubani che si erano mobilitati per chiedere il riconoscimento degli spazi culturali indipendenti e la fine della censura ideologica nel paese. La protesta era stata iniziata dai rapper afro-cubani prima di allargarsi agli artisti tradizionali, ed era stata particolarmente sorprendente, in un paese dove negli ultimi decenni il regime comunista aveva lasciato pochissimo spazio per le manifestazioni di dissenso nei confronti del governo.

Ma, nonostante il disagio, non ci sono segni che la fine dell’era castrista, al momento avvicinerà ulteriormente Cuba alla fine del regime comunista, almeno così afferma Arturo Lopez-Levy, esperto di Cuba presso la Holy Names University in California che dice: “Questo non è solo un ‘family business’; ma è un governo più sofisticato e più resiliente di uno retto da un clan o da una famiglia”.

Gimmy Tranquillo

Lavoratori di Amazon USA votano contro il sindacato, ma non è finita

Bessemer, Alabama, i lavoratori di Amazon non si uniranno al sindacato, la stragrande maggioranza dei voti espressi dai magazzinieri dello stato del sud, sono stati infatti contrari all’adesione al sindacato ‘Retail, Wholesale and Department Store‘.

Per sindacato si tratta di una pungente sconfitta, nel conteggio finale infatti, tra i lavoratori di Amazon si sono avuti 1.798 voti contrari al sindacato e 738 voti a favore. Ciò significa che Amazon ha resistito alla più grande spinta sindacale tra i suoi lavoratori statunitensi, e ciò nonostante che la formazione del sindacato avesse ricevuto l’approvazione di celebrità, e politici, inclusa la solidarietà implicita del presidente degli Stati Uniti Biden.

Il sindacato sta però presentando una sfida legale contro le elezioni accusando di pratiche sleali Amazon, chiedendo un’audizione da parte del National Labor Relations Board: “per determinare se i risultati delle elezioni debbano essere annullati perché la condotta del datore di lavoro ha creato un’atmosfera di confusione, coercizione e/o paura di ritorsioni e quindi ha interferito con la libertà di scelta”.

Amazon ha naturalmente respinto le accuse, dichiarando: “Amazon non ha vinto, i nostri dipendenti hanno scelto di votare contro l’adesione a un sindacato”. Quasi 5.900 persone lavorano nella struttura di Bessemer di Amazon e più della metà ha votato alle elezioni.

La spinta sindacale a Bessemer è stata la più importante battaglia sindacale degli ultimi decenni. Con una forza lavoro in magazzino in continua espansione, Amazon è diventata il secondo datore di lavoro privato più grande degli Stati Uniti, con oltre 800.000 dipendenti.

I leader sindacali hanno affermato che il voto da solo ha suscitato centinaia di nuove richieste da parte di altri lavoratori di Amazon in tutto il paese. È stata la prima elezione sindacale in un magazzino di Amazon dal 2014, quando un piccolo gruppo di tecnici nel Delaware aveva votato contro il sindacato.

“Stiamo davvero vedendo come l’equilibrio è sempre orientato a favore dei datori di lavoro”, ha detto Rebecca Givan, professoressa di studi sul lavoro presso la Rutgers University. “Organizzare un sindacato in base al diritto del lavoro attuale è estremamente impegnativo: le probabilità sono sempre contro di te”.

In Alabama, Amazon ha scatenato una grossa operazione di respingimento, con lunghe “sessioni informative” obbligatorie e raffiche di messaggi anche sui socials ai suoi dipendenti. L’azienda ha ricoperto il magazzino con striscioni con il suo slogan “Fatelo senza quote”. L’azienda ha sostenuto che il sindacato era interessato solo a raccogliere i soldi guadagnati duramente dai lavoratori sotto forma di appunto ‘quote’ sociali, mentre Amazon paga già 15 dollari l’ora di stipendio iniziale, molto al di sopra, dice Amazon, del minimo locale, e fornisce generose cure sanitarie e altri benefici.

“Questo particolare sindacato non può darci nulla che Amazon non offre già”, ha detto LaVonette Stokes, un lavoratore di Bessemer che ha votato contro il sindacato. “Ci sono molte persone che non hanno mai problemi”.

All’inizio, la spinta del sindacato Bessemer sembrava cogliere di sorpresa Amazon, come gran parte del paese. Storicamente, i sindacati sono stati sempre difficili da formare negli stati del sud come l’Alabama. Ma alcuni lavoratori della Bessemer hanno contattato discretamente la ‘Retail, Wholesale and Department Store Union’ la scorsa estate, pochi mesi dopo l’apertura del magazzino, ed hanno descritto le estenuanti quote di produttività, dicendo di volere più voce in capitolo sul modo in cui le persone a Amazon lavorano, vengono disciplinate o vengono licenziate.

La pandemia ha messo in maggiore rilievo la posta in gioco per i lavoratori e molti lavoratori hanno sottolineato l’immensa ricchezza sia di Amazon, i cui profitti sono saliti alle stelle durante i blocchi, sia del CEO Jeff Bezos, una delle persone più ricche del mondo.

Il sindacato rispondendo alla richiesta dei lavoratori aveva mobilitato un sistema di supporto organizzativo, e in pochi mesi, più della metà del personale di Amazon, presso il magazzino di Bessemer, aveva firmato le carte che richiedevano un’organizzazione sindacale, spingendo così le autorità federali del lavoro a programmare il voto.

Diverse controversie sono poi scoppiate intorno alle elezioni di cui probabilmente si terrà conto nelle sfide legali in sospeso lanciate dal sindacato.

La spinta sindacale a Bessemer ha attirato l’attenzione di star dello sport, politici e celebrità. L’attore Danny Glover, un gruppo di House Democrats e il senatore Bernie Sanders, critico di Amazon di lunga data, sono andati a visitare i lavoratori prima delle elezioni. Gli organizzatori di Black Lives Matter avevano espresso la loro solidarietà, e solidarietà politica, addirittura bipartisan, era arrivata da parte del Presidente Biden ma anche dal senatore repubblicano Marco Rubio.

Ma la storia non finisce qui, nonostante la sconfitta, solo il fatto che si siano tenute delle elezioni per avere un sindacato negli USA, viene considerato un risultato positivo, risultato che potrebbe spingere Biden ed altri politici statunitensi a rivedere le leggi che danno grandi vantaggi ai datori di lavoro in occasioni come questa, inclusa la libertà di “bombardare i propri dipendenti con messaggi anti-sindacali”, ha detto il professore del lavoro Givan.

Exit mobile version