Prima assoluta di ‘Antigone’ di Sofocle a Prato

Questa sera la prima assoluta di Antigone di Sofocle presso il Teatro Fabbricone di Prato, alle ore 20.45, della durata di 65 minuti. Antigone andrà in scena da questa sera fino all’8 dicembre. Uno spettacolo di Massimo Civica e produzione di Teatro Metastasio di Prato, in collaborazione con Manifatture Digitali Cinema Prato – Fondazione Sistema Toscana.

Gli attori: Oscar De Summa (Creonte), Monica Demuru (Ismene, Tiresia, Euridice), Monica Piseddu (Antigone), Francesco Rotelli (Guardia, Emone) e Marcello Sambati (Corifeo).

Il rischio che si corre nel mettere in scena l’Antigone è quello di farsi influenzare da ciò che tutti sappiamo “per sentito dire”: il rischio cioè di prestare più ascolto alle interpretazioni critiche, politicamente e ideologicamente orientate, a cui è stata sottoposta quest’opera nel corso dei secoli, che al testo stesso di Sofocle.
Per “sentito dire”, tutti sappiamo che Antigone, dall’inizio alla fine della storia, è nel giusto, che è una sorta di santa laica che combatte per una nobile causa, mentre Creonte è un tiranno autoritario che commette e vuole solo il male.
Ma se così fosse, saremmo davanti ad un melodramma, non ad una tragedia greca. La tragedia mette sempre in scena invece una situazione limite, in cui non è più pacifico dove sia il torto e dove la ragione.

La nuova traduzione che è stata approntata del testo mette in luce il fatto che Sofocle accomuna Antigone e Creonte in una identica colpa: quella di avere la presunzione di essere eccezionali, di essere migliori di tutti gli altri, ovvero di essere, per intelligenza e qualità umana, “fuori dalla norma”.
Il loro destino tragico è stabilito dal loro carattere superbo e dalla loro incapacità di dare ascolto alle ragioni degli altri.

E il messaggio sconvolgente e attualissimo che l’Antigone fa risuonare oggi, grazie alla capacità che ha un classico di generare significati sempre contemporanei, è che è proprio il carattere che hanno le persone che svolgono un ruolo pubblico ad essere una questione di tremenda rilevanza politica ed interesse comunitario. Sofocle ci suggerisce che, al di là dell’essere “di destra o di sinistra”, è il carattere superbo dei leader politici che rischia di procurare danni al bene comune.

Orari feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30, lunedì riposo.
Durata 65 minuti senza intervallo.

BIGLIETTERIA ON-LINE: http://ticka.metastasio.it

BIGLIETTERIA TEATRO METASTASIO, via Cairoli 59, Prato: biglietteria@metastasio.it

Teatro: al Met “La Valle dell’Eden” diretto da Antonio Latella

Al Teatro Metastasio di Prato, dal 20 al 24 novembre Antonio Latella dirige “La Valle dell’Eden”, capolavoro della narrativa d’oltreoceano dello scrittore Premio Nobel nel 1962 John Steinbeck. Un’opera, divisa in deu parti, vuole riflettere sul destino della saga familiare che racconta una fase cruciale della storia americana, tra la fine della Guerra civile e gli ultimi anni della Prima guerra mondiale.

“La Valle dell’Eden”, dopo essere stata portata sullo schermo da Elia Kazan con la celebre interpretazione di James Dean, approda per la prima volta sul palcoscenico in uno spettacolo evento composto di due parti, prodotto da Emilia Romagna Teatro – Teatro Metastasio di Prato – Teatro Stabile dell’Umbria.

L’opera, scriveva lo stesso Steinbeck in una lettera al suo editore e curatore Pascal Covici, è “la più grande storia di tutte: la storia del bene e del male. E così inizierò il mio libro indirizzato ai miei ragazzi. Penso che forse sia l’unico libro che abbia mai scritto. Penso che ci sia un solo libro per ogni uomo». La storia poggia le sue basi nella Bibbia, sul racconto di Caino e Abele, come indicano i nomi dei fratelli protagonisti del romanzo, Charles Trask e Adam Trask, che a sua volta chiama i suoi due gemelli, Caleb e Aaron. Entrambi si sacrificano a Dio, eppure questi accetta solo gli sforzi di Abele. Caino uccide il fratello per gelosia, ricevendo in cambio la condanna a essere “fuggitivo e vagabondo”, verso Nord, “a Est di Eden”.

L’adattamento della drammaturga Linda Dalisi, costruito insieme ad Antonio Latella, si concentra sul percorso di vita di Adam Trask, figlio di un padre che lo costringe ad arruolarsi e andare in guerra, fratello in disputa nell’affrancamento dai legami familiari, poi marito desideroso del suo Eden, infine egli stesso padre di due figli. La storia, quindi, attraversa tre generazioni (nel passaggio di secolo tra ’800 e ’900) e si svolge per lo più nella valle del Salinas, in California, sullo sfondo dell’utopica corsa all’Ovest. Adam Trask oltrepassa i nodi cruciali dell’incontro con Cathy/Kate, dell’amicizia con il cuoco cinese Lee e Samuel Hamilton, scontrandosi e affondando nell’infinito il dilemma della lotta, interna all’essere umano, tra il bene e il male.

Il lavoro teatrale approda sul palco dopo circa due anni di un’intensa ricerca svolta da Antonio Latella e Linda Dalisie rivolta non tanto a trovare delle risposte, quanto alla formulazione di nuove domande. «Ma perché il Dio che tutto sa creò l’imperfezione al centro del suo Eden? Solo per essere chiamato? Ma che cos’è un nome? E perché un istante dopo che si viene al mondo, ancor prima che il lamento del nascituro possa divenire parola, abbiamo bisogno di un nome?

“La Valle dell’Eden” andrà in scena il 20 e 21 novembre (1ª parte – ore 20.45), 22 e 23 novembre (2ª parte -venerdì ore 20.45, sabato ore 19.30); 24 novembre maratona (1ª parte ore 16.30 e 2ª parte ore 20.45). Per info: https://www.metastasio.it/it

Inaugurazione stagione MET: Maria Paiato è Madre Courage

Dopo il debutto all’ultimo Napoli Teatro Festival lo scorso giugno, da domani a domenica 27 ottobre apre la stagione 2019/2020 del Teatro Metastasio di Prato la prima delle 16 nuove produzioni in cartellone, “Madre Courage e suoi figli” di Bertolt Brecht, uno spettacolo diretto da Paolo Coletta, che ne cura anche la drammaturgia musicale, con Maria Paiato nei panni della vivandiera Anna Fierling.

Recuperando ed elaborando i materiali riguardanti la composita partitura del testo a partire dall’edizione del 1941, comprese le fonti che hanno ispirato i temi principali e le nove canzoni previste, la regia rielabora una nuova versione di Madre Courage dalle forti componenti musicali, dove parola, corpo e musica si fondono per ritrarre un’umanità che somiglia così tanto al nostro presente. Si tratta di uno spettacolo visionario, in cui i celebri songs di Brecht e la musica di Paul Dessau sono trasformati in una travolgente sequenza di brani dallo stile eclettico – dal suono classico contemporaneo all’elettronica – con l’intento di non tradire la forza dirompente che quelle musiche ebbero in epoca espressionista.

Il testo brechtiano racchiude diverse contraddizioni, a partire dal fatto che Madre Courage si sforza di proteggere i suoi figli dalla guerra, grazie alla quale lei stessa vive e guadagna, ma li perde inesorabilmente uno dopo l’altro. La donna e il suo carro sono emblemi di questa distorsione esclusivamente umana, dove la paura della morte si sconfigge entrando in una economia di morte. L’identità femminile del personaggio si scardina da modelli e aspettative già date, dall’obbligo di una responsabilità materna infinita ed “eterna”, aprendosi alla possibilità di una figura forse anche sgradevole, sospesa sulla soglia tra bene e male.

È un’opera definitiva sulle guerre di tutti i tempi che rimanda all’idea dell’apocalisse, con Madre Courage che incarna la figura di una sopravvissuta fra i sopravvissuti, in un tempo distopico dove l’essere umano è capace di abituarsi addirittura alla sua stessa fine, in un mondo che già non c’è più, ma dove i riti sociali (il conflitto, il potere, il commercio) rimangono e si rinnovano.

In una nota del ’49, alla vigilia della storica messinscena di Berlino, Brecht precisa i punti essenziali di questo testo: “Che in una guerra non sono i piccoli che fanno i grossi affari. Che la guerra – che non è altro che un tipo di commercio ma con altri mezzi – trasforma tutte le virtù umane in una forza di morte anche in chi le possiede. Che nessun sacrificio è troppo grande per combatterla comunque”.

Al centro di tutta l’azione, Maria Paiato e, ad affiancarla, un cast di nove attori: Mauro Marino, Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Roberto Pappalardo, Anna Rita Vitolo, Tito Vittori, Mario Autore, Ludovica D’Auria, Francesco Del Gaudio.

Intorno allo spettacolo, giovedì 24 ottobre alle ore 16 nel ridotto del Metastasio è previsto il primo incontro di “Senza Rischio”, un ciclo di 4 introduzioni/approfondimenti su altrettanti lavori presenti in cartellone, condotti dal critico Gabriele Rizza e aperti al pubblico.

Inoltre, anche per questa stagione il Teatro Metastasio in collaborazione con l’Associazione Culturale Il Sicomoro onlus attiva gratuitamente il ‘Servizio Babysitting’ per 15 bambini dai 4 ai 10 durante le repliche della domenica pomeriggio di 9 spettacoli in programma. I possessori di biglietto o abbonamento per lo spettacolo avranno la possibilità affidare i propri bimbi a educatori professionisti che li faranno divertire con laboratori e attività ludiche, presso il Ridotto del Metastasio (Sala Montalvo Casini). Per tutti i bambini è prevista una merenda biologica.

‘Contemporanea Festival’ al Metastasio di Prato

Venti anni di ricerca, sperimentazioni e sfide attorno ai linguaggi e alle pratiche della scena, sono quelli che può vantare Contemporanea Festival che dal 20 al 29 settembre inaugurerà le attività della nuova stagione del Teatro Metastasio di Prato.

Vivere al tempo del crollo è il titolo delle ultime edizioni che suona come un monito e, al contempo, una lucida presa di coscienza dell’urgenza di riflettere sul presente attraverso il fondamentale contributo con il quale coreografi, registi, performer e artisti aggiungono prospettive al nostro sguardo, perché questo non si impigrisca cercando le scorciatoie delle semplificazioni invece che affrontare la complessità del nostro tempo.

Il direttore Edoardo Donatini fa notare che in questa nuova edizione l’attenzione è rivolta in modo prevalente al pensiero politico delle donne, al loro processo creativo che ci accompagna “nella lettura di un tempo e uno spazio a volte intraducibile perché composto da codici nuovi, lontani da stereotipi e condizionamenti culturali”. Alveare, vera fucina di talenti del festival, con l’obbiettivo di evidenziare il ‘processo creativo/l’opera in divenire’, quest’anno è affidato a 12 artiste: Silvia Costa, Sara Leghissa, Daria Deflorian, Elena Bucci, Francesca Macrì, Katia Giuliani, Elisa Pol, Chiara Bersani, Licia Lanera, Chiara Lagani, Ilaria Drago e Rita Frongia.

Gli spettacoli, le performance e le produzioni site specific in programma vedono impegnate 32 compagnie nazionali (con un focus sulla coreografia che ha tra i protagonisti Alessandro Sciaronni, Annamaria Ajmone, Silvia Gribaudi) e internazionali (con il teatro politico dei tedeschi Rimini Protokoll e degli spagnoli Agrupacion Senor Serrano, la ricerca dei francesi Joris Lacoste e Elise Simonet). La danza e le sue tante contaminazioni con altri linguaggi è decisamente uno degli ambiti più indagati dal festival, con la presenza della francese Phia Mènard, della portoghese Marlene Monteiro Freitas, dell’indiana Malinka Taneja, della belga Miet Warlop, la travolgente street dance della jamaicana Cecilia Bengolea e i ballerini d’aria della Compagnie Didier Théron.

Sono invece tre i laboratori formativi per professionisti e semplici appassionati, curati da Gabriella Salvaterra, Kinkaleri, Giorgia Nardin e Jacopo Miliani.

Vista la specifica storia di Contemporanea non è di minore importanza la presentazione del volume “La funzione culturale dei Festival” (ed.Cue Press) che raccoglie gli atti del seminario tenutosi nel 2018 dove alcuni direttori di festival hanno discusso insieme a studiosi, critici e operatori il ruolo dei progetti artistico-culturali che articolano e trasformano la nozione di «festival».

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2019/09/contemporanea2019.mp3?_=1

INFO: https://www.metastasio.it/it/eventi/contemporanea/contemporanea-2019

“La bisbetica domata” al Metastasio di Prato

Il regista Andrea Chiodi, su traduzione e adattamento di Angela Demattè, presenta al Teatro Metastasio, da giovedì 21 a domenica 24 febbraio “La bisbetica domata”, una delle prime commedie di Shakespeare, la più contorta forse, certo la più discussa, ritenuta scorretta, misogina, in contrasto con i valori della nostra società, piena di atrocità e di strani rapporti, dove l’amore non è amore ma interesse e la finzione è ingrediente principale (feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30).

La storia è quella di un gruppo di ricchi signori che, per far credere a un ubriacone di essere un gran signore e di aver vissuto in sogno la sua vita precedente, orchestra come una gelida farsa la vicenda della scontrosa Caterina, trasformata nella più docile delle spose da Petruccio, portata all’altare per la dote e poi ammaestrata secondo i suoi voleri.

Si tratta scenicamente di una struttura multipla, concepita per esaltare con il teatro nel teatro l’ambiguità di un racconto a più livelli, con un cast tutto al maschile come variazione sul tema elisabettiano del travestimento, tra cui spiccano Tindaro Granata nel ruolo di Caterina, Angelo Di Genio in quello del gaglioffo Petruccio, e ancora Ugo Fiore, Igor Horvat, Christian La Rosa, Walter Rizzuto, Rocco Schira e Massimiliano Zampetti.

La scena è una scatola vuota per una trama di luci e ombre dove corrono scale metalliche su ruote a disegnare spazi e movimenti che portando in primo piano il testo, i suoi ritmi tesi e i ‘doppi fondi’. La forza del testo di Shakespeare vive qui in uno spazio aperto che esalta l’equivoco di quel che è vero che si fa finzione e viceversa, e che utilizza il potere e la violenza della parola che impregna la microfisica della scrittura di ogni personaggio con giochi di parole, doppi sensi e volgarità raffinatamente travestite.

“Per mettere in scena questo autore – afferma Chiodi -, per capirne i pensieri, non si può che appoggiarsi alle parole del testo, farle diventare vita e azione in palcoscenico. E come sono queste parole? Le parole finali di Caterina sono terribili. L’ordine che propone insopportabile. Eppure suscitano un fascino ambiguo. Star davanti alla società umana, che è vita e dilemma, che può precipitare nel caos, può essere molto problematico. Il genio di Shakespeare ci fa sentire la tentazione di un ordine assoluto, definitivo. Il potere della parola coercitiva, anche se irragionevole. Petruccio, sempre con la parola, ci rende partecipi della sua soddisfazione. Ecco che Caterina cede, si sottomette. Impara a non compromettere più la parola con la vita, con le emozioni e i sentimenti. Impara ad usarla come arma, strumento di potere e coercizione. E così riporta l’ordine dentro una società che ha perso forza perché ha perso la sacralità della parola. Una donna, Caterina, che per avere un posto nella società si fa uomo, parla come un uomo di potere, con dolore si sottomette per diventare la regina della casa. È un’astuzia terribile e amara, piena di una finta rivalsa, la cui eco arriva fino ad oggi”.

Per la replica di domenica 24 febbraio sarà attivo il SERVIZIO BABYSITTING per bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni, offerto gratuitamente alle famiglie con biglietto o abbonamento per lo spettacolo. La prenotazione anticipata è obbligatoria entro martedì 19 febbraio.

Bisbetica
©Masiar Pasquali

INFO:

cometa@metastasio.it o 0574/27683 (dal lunedì al venerdì in orario 9.30/13.00)

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Nina’s Drag Queens al Fabbricone con “Queen Lear”

Da martedì 22 a domenica 27 gennaio al Teatro Fabbricone di Prato arriva Queen Lear, una tragicommedia musicale en travesti ispirata a Re Lear di Shakespeare, diretta e interpretata dalle Nina’s Drag Queens.

Nato da un’idea di Francesco Micheli, scritto dalla drammaturga inglese Claire Dowie e musicato dal compositore italiano Enrico Melozzi, lo spettacolo è coprodotto dal Teatro Metastasio di Prato insieme a Aparte Soc. Coop. e a Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano.

Attrici, danzatrici e imitatrici, partendo dal genere della rivista e dell’happening performativo le Nina’s Drag Queens manipolano il già esistente con ironia dissacrante e comicità grottesca, lavorano per associazione di idee, per costruzioni di immagini che dialogano con altre immagini, con il playback e il citazionismo, non rappresentando tanto il femminile, quanto la forma del femminile, l’immagine della donna prima che la donna, le sue piccole e grandi frenesie, gli eccessi, il sentimento nascosto.

Inserendosi nel percorso di rilettura e riscoperta dei classici teatrali che ha contraddistinto il loro lavoro negli ultimi anni (due stagione il Met ha ospitato il cabaret agrodolce DragPennyOpera, che rileggeva L’opera del Mendicante di John Gay), Queen Lear è uno spettacolo popolare e alto al tempo stesso, che prende forza dalle contaminazioni tra i generi facendo dialogare la musica classica con composizioni musicali originali, pop e elettroniche e trasformando i blank verse in poesie, rap, melologhi e canzoni, con la maschera postmoderna, eclettica e eccessiva della drag queen a declinare al contemporaneo il fool shakespeariano.

La tragedia shakespeariana viene calata nella realtà contemporanea, dove i castelli sono monolocali e le brughiere ospizi, dove la pazzia è demenza senile e le guerre si combattono a colpi di citazioni pop.

La storia è infatti quella di Lea Rossi, emigrata durante gli anni ’70 nel Regno Unito, dove ha aperto un negozio di giocattoli, la cui insegna recita “Lea R.”. Il tempo è passato e per l’anziana signora è giunto il momento di chiudere l’attività. Alle prese con il decadimento fisico e la senilità, si scontra con le tre figlie e la fedele amica Kent, che cercano di prendersi cura di lei. In questo mondo, come grandi squarci, si aprono le visioni epiche della vecchia “regina”.

Queen Lear raccoglie temi scomodi del nostro tempo – la vecchiaia, l’integrazione, la malattia e la morte – uniti al racconto di un dramma familiare che riflette quello di una società disgregata, nella quale i padri lasciano in eredità ai figli un futuro più incerto e cupo di quello che hanno ricevuto.

Intorno allo spettacolo, venerdì 25 gennaio a fine replica sul palco del Teatro Fabbricone, il critico ATTILIO SCARPELLINI contestualizza il lavoro delle Nina’s Drag Queens e approfondisce i temi dello spettacolo in un incontro del ciclo LO SPETTATORE ATTENTO.

A seguire, è previsto un DJ SET a cura delle Nina’s ad ingresso libero, con la partecipazione degli iscritti al Laboratorio intensivo di teatro en travesti MAMMA MIA!, previsto nei giorni delle repliche pratesi.

Nina's

INFO: Fabbricone (Via Targetti 10/12, 59100 Prato )

www.metastasio.it

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