🎧Una ferita ancora aperta: cerimonia per ricordare le vittime della strage di Piazza Dalmazia

Il 13 dicembre 2011, due uomini senegalesi, Samb Modou e Diop Mor, vennero uccisi a colpi di pistola da un attivista di CasaPound. A pochi giorni dalla conversione in legge del decreto sicurezza e immigrazione che rafforza le regole in materia di espulsione degli immigrati, a un anno dall’apertura di una nuova sede di Casapound a Firenze, oggi ci si è ritrovati in Piazza Dalmazia per dare un segnale di pace, e per riflettere su una ferita che non smette di sanguinare.

Audio: Oumar Gueye, portavoce della comunità senegalese, Sara Funaro, assessora all’immigrazione, Antonella Bundu, consigliera di Sinistra Progetto Comune.

Il 13 dicembre 2011 in piazza Dalmazia, Gianluca Casseri, membro attivo di CasaPound uccise a colpi di pistola i senegalesi Samb Modou e Diop Mor. L’assassino si suicidò, subito dopo aver cercato di uccidere altri due africani, che lavoravano in un altro mercato di Firenze.Il giorno dopo Firenze manifestò la propria rabbia e la propria solidarietà alla comunità senegalese, unendosi in un grande corteo.

In piazza oggi si sono riunite la comunità senegalese di Firenze, i cari delle vittime, e alcuni esponenti delle autorità fiorentine per dare un segnale di pace, ma soprattutto per non dimenticare tutte le vittime del razzismo e del fascismo in Italia, che sono ancora troppe, e che quando non perdono la vita subiscono l’oppressione in modi diversi.

La strage di piazza Dalmazia è una ferita che ancora sanguina, e che in molti stanno cercando di curare con gesti e azioni concrete, ma le recenti leggi del governo spaventano.  Le nuove legge in materia di immigrazione “rischiano di marginalizzare ancora di più queste persone” afferma Antonella Bundu “E oggi vorrei cogliere l’occasione di ricordare che solo un anno fa è stata aperta una nuova sede di Casa Pound a Firenze (..) il loro definirsi fascisti, non sono sole parole”. “Là dove mancano politiche volte all’integrazione, là dove c’è invisibilità, si creano situazioni di insicurezza” sostiene Sara Funaro, assessora al Welfare.

Firenze: 10 anni fa la strage di piazza Dalmazia

Per non dimenticare. E per costruire una nuova città, che si basi sull’accoglienza e la comprensione reciproca. A 10 anni dall’omicidio di Samb Modu  e Mor Diop, questa mattina in Piazza Dalmazia la cerimonia ufficiale con i gonfaloni della città di Firenze e della Regione Toscana per dire: mai più.

Dieci anni fa Firenze, in piazza Dalmazia,  in un’anonima mattina di dicembre, perdeva la sua verginità e si scopriva permeabile al razzismo. Quello violento. Quello che uccide. Quello che ha armato la mano del killer razzifascista Gianluca Casseri, poi suicidatosi, così raccontano le cronache, nel parcheggio sotterraneo del mercato di San Lorenzo, dopo aver tentato anche lì di uccidere altri ‘neri’, senza per fortuna riuscirci.

“C’è un prima e un dopo di quella  data” ha detto oggi intervenendo in piazza il consigliere regionale Andrea Vannucci (PD). Ci fu, c’è stato un prima e un dopo per tutti noi.

E il dopo immediato fu quella splendida manifestazione in cui Firenze si unì al dolore della comunità senegalese, partecipando al lutto.

Sono passati dieci anni e molto è stato fatto, come ha ricordato l’assessora al welfare Sara Funaro. Il lavoro nelle scuole, l’impegno per una città più accogliente. Ma tanto c’è da fare. Come dimostra l’altro omicidio razzista della storia recente  di questa città, quello di Idy Diene, qualche anno dopo la strage di Piazza Dalmazia.

Razzismo che uccide, e prima ancora, razzismo che odia, anche grazie ad una tolleranza verso linguaggi e gesti discriminatori, spesso violenti, che vengono banalizzati e lasciati passare, come qualcosa di folkloristico. Mentre sono il viatico che poi conduce, alla fine, nel tunnel dell’odio che sfocia in piazza Dalmazia.

In piazza oggi anche il console del Senegal Seynabou Badiane, il presidente della comunità senegalese, Mamadou Sal, l’imam Izzedin Ezir, il presidente della comunità ebraica, Enrico Fink.

Un modo per dire che la strage di piazza Dalmazia ha aperto una ferita che ancora sanguina, ma che in molti stanno cercando di curare. Innanzitutto attraverso la conoscenza reciproca e la capacità di capire le ragioni dell’altro.

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