L’ex camorrista Cerullo: “Scampia è anche in Toscana”

Lo scrittore: “Non siete immuni dalla mafia alimentata dalla droga. Serve un patto nuovo per salvare i nostri ragazzi, a partire dal potere sanitario della parola”.

“Sul lungo Bisenzio a Prato ho visto scene che mi hanno ricordato la mia Scampia di un tempo con i giovani che si bucavano alla luce del sole, davanti a tutti e tutti che facevano finta di non vedere. E’ questa indifferenza che apre la porta alla droga e quindi alla criminalità organizzata ed è per questo che anche la vostra Toscana non può dirsi immune da tali infiltrazioni camorristiche e mafiose” così Davide Cerullo, autore di “Diario di un buono a nulla – Scampia, dove la parola diventa riscatto” spiega il senso del suo libro come strumento di denuncia e anche di riscatto.

Un lavoro presentato ieri sera a Firenze assieme al giornalista, già caporedatottore di Ansa Toscana ed editorialista del Corriere Fiorentino, Stefano Fabbri. La presentazione è stata organizzata dalla cooperativa EDA Servizi e promossa dal Consorzio Co&So.

“La Toscana – spiega Cerullo – è una terra fertile per i criminali proprio perché attraverso la droga rende i giovani degli utili idioti nelle mani della mafia. Infatti, purtroppo chi ne fa uso oggi è una persona normalissima, irriconoscibile rispetto alle altre, non dà nell’occhio e così ci lascia pensare che il problema non esista. Invece il problema c’è ma non vogliamo vederlo o non vogliamo combatterlo veramente perché ci stiamo girando tranquillamente dall’altra parte. Eppure oggi, tra una genuflessione e l’altra, c’è chi si passa le bustine anche in chiesa. O c’è chi, nell’indifferenza di presidi e bidelli, fa entrare la droga dalle finestre dei bagni delle scuole. E se poi chiedi a un preside o a una bidella o a un’ insegnante ti rispondono che sì, lo sanno ma non sanno come fermare questo fenomeno. Invece ci sarebbe da guardarlo in faccia il problema droga – aggiunge Cerullo – e affrontarlo a viso aperto non facendo finta che non esista. Come? Prima di tutto discutendone apertamente con i ragazzi, le loro famiglie, le scuole, le istituzioni senza lasciare da solo nessuno”.

Una battaglia in cui quindi la parola diventa, appunto, strumento di cura e salvezza. “Come è accaduto a me nel carcere di Poggioreale – conclude Cerullo – dove mi sono aggrappato a un albero di parole che era il Vangelo e ramo dopo ramo, parola dopo parola, mi sono rialzato. Per questo non posso non credere nella forza sanitaria della parola”.

E’ scomparso Mario Lovergine

Il ricordo di STEFANO FABBRI

Mario Lovergine è stato Ceramista, scenografo, illustratore, designer.
Dal 1969 al 1972 soggiorna a New York dove si occupa di graphic design, illustrazione e comunicazione. Tra Londra, Monaco e Parigi, sviluppa interesse per i linguaggi figurativi.
Dal 1984 lavora e sperimenta nel campo della grafica e della multimedialità con l’immagine elettronica.
Progetta comunicazione con sistemi interattivi.
Sviluppa come ricerca artistica un linguaggio ideografico ispirato alla scrittura orientale, riscoprendo il valore manuale del “fare”.
Oggi compone libri d’artista.
Espone sia come graphic designer sia come artista in Italia e all’estero.
Insegna composizione e progettazione della comunicazione all’ISIA di Firenze.

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