Al Teatro della Pergola Vinicio Marchioni porta in scena “I soliti ignoti”

Al Teatro della Pergola, dal 25 febbraio al 1° marzo, Vinicio Marchioni dirige e interpreta con Massimo De Santis “I soliti ignoti”, prima versione teatrale del mitico film di Mario Monicelli. Le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati arrivano in scena, rituffandoci nell’Italia povera, ma vitale del secondo dopoguerra.

“La povertà del dopoguerra è una piaga che resiste ancora oggi, sebbene in altre forme, in tante zone d’Italia – afferma Marchioni – voglio restituire al teatro l’urgenza sentita dai personaggi di superare la miseria che li affligge, insieme alla vitalità indistruttibile e alla magia di un’Italia passata, verso la quale proviamo nostalgia e tenerezza”.

Uscito nel 1958, I soliti ignoti è diventato, con il tempo, un classico imperdibile della cinematografia italiana e non solo. L’adattamento teatrale di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli è fedele alla sceneggiatura originale, senza rinunciare a trovate di scrittura e di regia, per rendere moderna quell’epoca lontana. Uno spettacolo divertente ed emozionante.

La produzione è Gli Ipocriti – Melina Balsamo. Le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Milena Mancini, le luci di Giuseppe D’Alterio, le musiche di Pino Marino.

I soliti ignoti è un vero e proprio film cult, caposaldo della commedia all’italiana, capolavoro di tempi e regia di Mario Monicelli, che mise insieme Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò, Claudia Cardinale (ancora giovanissima e sconosciuta), con Tiberio Murgia, Memmo Carotenuto, Carlo Pisacane, Carla Gravina. Tutti sulla sceneggiatura firmata da Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli e dallo stesso Monicelli. Il film, oggi nella lista delle 100 pellicole italiane da salvare, conquistò due Nastri d’argento, arrivando fino alla candidatura per l’Oscar al miglior film straniero.

“Ci sono dei film che segnano l­a nostra vita e I soliti Ignoti, per me, è uno di questi – scrive Vinicio Marchioni, – come uomo, mi sono divertito e commosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di ladri scalcinati. Come attore, mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman. Come regista, ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli rende un argomento drammatico in modo leggero. Così, l’idea di curare l’adattamento teatrale del film mi ha immediatamente conquistato. Spero che gli spettatori, –  continua, – possano uscire dal teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei personaggi indimenticabili.”

Vinicio Marchioni è il Tiberio Braschi che fu di Marcello Mastroianni. Massimo De Santis è il Giuseppe Baiocchi, detto “Peppe er Pantera”, che fu di Vittorio Gassman. Augusto Fornari è il Cosimo Proietti di Memmo Carotenuto, Salvatore Caruso è il Pierluigi Capannelle di Carlo Pisacane, Vito Facciolla è il Michele Nicosia, detto “Ferribotte” di Tiberio Murgia, Antonio Grosso è il Mario Angeletti di Renato Salvatori, Ivano Schiavi è il Dante Cruciani di Totò, Marilena Annibali interpretata il doppio ruolo di Carmelina Nicosia, che fu di Claudia Cardinale, e di Nicoletta, che fu di Carla Gravina.

“Il mio personaggio è uno squattrinato, come tutti i personaggi che si ritrovano nella commedia – racconta Massimo De Santis – è un pugile un po’ suonato, che ci prova in tutte le maniere, ma che non riesce a farne una buona. Lui si atteggia però a grande pugile e a grande tombeur de femmes, mentre quotidianamente si trova a lottare per un pezzo di pane e finisce coinvolto in questa avventura collettiva. Anzi, – precisa, – è questo personaggio a prendere il sopravvento: è lui stesso a mandare avanti la banda, cercando anche di non far deprimere gli altri di fronte ai vari fallimenti, fino a quello che sarà poi il fallimento finale. Lo spettacolo è corale – conclude De Santis, – ma spetta a “Peppe er Pantera” fare da collante a tutta questa banda di disperati, sulla falsariga del grande film di Monicelli.”

I soliti ignoti è una storia bell­a e necessaria, che ci par­la del presente, immergendoci nel passato.

“Il testo è utile per riflettere e capire da dove arriviamo noi, come identità di italiani,-  spiega Vinicio Marchioni – vedere come eravamo per capire, invece, verso dove ci stiamo orientando. Una delle chiavi del successo di questo spettacolo è data proprio dal riconoscimento di questa storia: il pubblico si rivede nel racconto, sorride dei difetti che tutti noi italiani abbiamo. Tutto è accompagnato dall’ironia – prosegue – si ride tanto, in questo spettacolo, ed è per me un’esperienza molto bella, perché mi cimento per la prima volta sia come attore, sia come regista, in una commedia vera. Il fatto di rivedersi in certi difetti rappresentati in scena, ridendone senza giudicarli, penso che sia una delle necessità più grandi che abbiamo oggi – conclude Marchioni – recuperare un po’ di ironia e leggerezza: questo è l’obiettivo.”

Giovedì 27 febbraio, alle ore 18, Vinicio Marchioni, Massimo De Santis e la Compagnia, incontrano il pubblico. Coordina Matteo Brighenti. L’ingresso è libero, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Informazioni:

Spettacoli: ore 20:45; domenica ore 15:45.

Via della Pergola 30, Firenze

055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com.

La farsa moderna “Belve” debutta con Civica in prima assoluta al Metastasio

Da martedì 17 a domenica 22 aprile al Teatro Metastasio debutta in prima assoluta il nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, “Belve”, una farsa in un atto, con 10 personaggi per sei attori, prodotta dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, su testo di Armando Pirozzi.

Il sodalizio Civica e Pirozzi trova dunque nuova concretezza in questo spettacolo che – spiega Pierozzi – “racconta l’evolversi al limite del delirio di una cena tra due coppie diverse tra loro ma intimamente legate. In un clima di crescente tensione e violenza, tra frutti di mare, strane macchinazioni e improbabili convitati, la storia ribalta di continuo il folle gioco del dominio e del potere che ogni personaggio cerca di stabilire sull’altro, ma in realtà, alla resa dei conti, tende sempre a rivelarsi molto diversa da ciò che ci si aspetta. La farsa è, credo, – continua Pirozzi – l’unico vero genere teatrale, quello che rifiuta, più di tutti gli altri, ogni possibilità di trasformazione o ibridazione. Ha delle regole di ferro, che in pratica non sono mai cambiate, da Plauto a Billy Wilder. Il suo tema nascosto è sempre il denaro e il potere che ne deriva. Ed è forse proprio per questo che la farsa è sempre prossima all’incubo, alla follia e al thriller, anche se allegramente trasformati in un gioco paradossale, decisamente fuori di testa e più divertente possibile”

Massimiliano Civica è stato recentemente nominato consulente artistico alla direzione del Teatro Metastasio, e vincitore, con Armando Pirozzi, per la miglior regia e la miglior drammaturgia, all’ultima edizione dei premi Ubu con il poetico e intimo Un quaderno per l’inverno.

Il regista è sul concetto di farsa che insiste: “Credo negli attori e in un teatro che metta al centro gli attori. Per questo sono sempre stato affascinato dalla farsa, genere teatrale che storicamente ha costituito il “tempo dell’apprendistato” e il banco di prova dei grandi attori.

Verso la farsa mi ha spinto dunque il desiderio di inserirmi in una tradizione vitale, per compiere un confronto che fosse anche un apprendistato artistico: si tratta di una farsa moderna in grado di confrontarsi con la realtà.

Un primo confronto-apprendistato con la farsa – continua Civica – è sul piano della drammaturgia: ho chiesto ad Armando Pirozzi di tentare di scrivere una farsa moderna (impresa non facile, visto che in Italia, a differenza che in Francia, manca quasi totalmente la tradizione di una farsa in lingua, che non sia cioè scritta in dialetto e interpretata da attori dialettali).

Vogliamo immettere nelle regole compositive e nella griglia strutturale del genere il girotondo degli ingressi e delle uscite dei protagonisti, la trama fantasiosa ad un passo dal fiabesco, i colpi di scena e l’immancabile agnizione finale, temi e personaggi che siano vivi e “parlanti” per gli spettatori di oggi.

Il secondo, inscindibilmente legato al primo confronto-apprendistato con la farsa, – spiega ancora – è sul piano dell’arte dell’attore: la farsa richiede una tecnica recitativa basata su ritmi di dizione, tempi comici, atteggiamenti fisici, scatti mimici, capacità di “intonarsi” sulle reazioni del pubblico che solo un attore-artista è in grado di padroneggiare. Per questo abbiamo scelto un gruppo di attori che potessero, insieme a noi, riscoprire e reinventare un bagaglio di tecniche adatte a questo genere.

La farsa si occupa inoltre della lotta per il potere, che oggi come ieri è legata al possesso del denaro, ed è crudelmente classista. Il lieto fine d’obbligo avviene sempre grazie al meccanismo dell’agnizione: alla fine la fanciulla povera può sposare il figlio del ricco borghese che ama perché si scopre che lei è in realtà la figlia del principe, e quindi non ci sono più barriere di censo ad impedire il matrimonio. Con questa soluzione “da favola” dei contrasti, l’agnizione nella farsa (come il deus ex machina nel teatro greco) segnala allo spettatore lo scacco tra la realtà della sua condizione e la natura finzionale delle vicende dei personaggi sulla scena.

Proprio nel momento in cui sulla scena tutto si risolve per il meglio ed esplode la festa, lo spettatore diventa cosciente che queste cose avvengono solo in sogno o a teatro. Lo spettatore sa di non essere in realtà il figlio di un principe e che ci sarà sempre, tra lui e coloro che “hanno”, una barriera insuperabile.

Nella nostra stessa società di oggi, liquida, aperta, trasversale, non serpeggia la sensazione che l’unica differenza di classe rimasta sia quella dei soldi, e che il mito dell’uomo di successo che si è fatto da sé rappresenta l’eccezione alla legge dell’impermeabilità tra la classe sociale di chi, da generazioni, detiene i soldi e quella di chi non li ha mai avuti?

L’ultimo fatto che mi ha spinto poi verso la farsa – conclude Civica – è il gusto per una sfida pericolosa. A differenza di tutti gli altri generi teatrali, la farsa fornisce una prova del nove immediata della sua riuscita: la risata del pubblico. Non ci sono scuse con la farsa, o il pubblico ride, e ride tanto, oppure si è fallito: la risata è d’obbligo. L’unica cosa che un po’ mi tranquillizza nel camminare sulla corda di questo “o la va o la spacca” è quella di avere la fortuna e il privilegio di lavorare su un testo di Armando Pirozzi e con un gruppo di incredibili attori: Alberto Astorri, Salvatore Caruso, Alessandra De Santis, Monica Demuru, Vincenzo Nemolato, Aldo Ottobrino.

I costumi dello spettacolo sono di Daniela Salernitano (vincitrice del David di Donatello per i costumi del film Ammore e malavita), le luci di Roberto Innocenti.

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