Università di Pisa: finanziamento di 1.5 mln da Ue

E’ stato aggiudicato un finanziamento di 1.5 mln di euro per la ricerca di Paola Binda, Università di Pisa, sui rapporti tra cervello, personalità e metabolismo. Il rettore Paolo Mancarella afferma che l’Erc Starting grant di Binda “va ad aggiungersi agli altri sette” ” per un finanziamento complessivo di oltre 10 milioni di euro”.

Un finanziamento di 1,5 milioni di euro è stato aggiudicato dalla ricercatrice di fisiologia dell’Università di Pisa Paola Binda, nell’ambito del programma Erc-Starting Grant per uno studio sui rapporti tra cervello (in particolare le aree visive), personalità e metabolismo.

Binda è una dei 42 scienziati italiani, spiega una nota, che hanno ricevuto questo riconoscimento dall’European research Council, che in totale ha assegnato finanziamenti a 403 giovani ricercatori europei (a fronte di 3170 domande), per un totale di 603 milioni di euro.

Il progetto di Binda, dal titolo ‘Pupiltraits’ e della durata di cinque anni, è dedicato allo studio della fisiologia umana e dedicato ad affrontare il perché non vediamo tutti allo stesso modo. Guardando, ad esempio, la famosa immagine di Rubin, alcuni vedono dei vasi, altri due facce, e la percezione può variare di momento in momento. La ricerca farà uso delle neuroimmagini e di test percettivi che comprendono la misura del diametro pupillare, combinati con semplici interventi metabolici.

“Crediamo”, dice Paola Binda “che queste variazioni riflettano differenze più profonde: del nostro stato di salute, in particolare del metabolismo, di come e cosa mangiamo, e delle nostre caratteristiche di personalità”.

“L’Erc è il più prestigioso finanziamento europeo per la ricerca, in cui l’unico criterio di selezione è l’eccellenza scientifica”, commenta il rettore Paolo Mancarella “È per questo che mi congratulo particolarmente con Paola Binda. Il suo Erc Starting grant va ad aggiungersi agli altri sette ottenuti negli ultimi anni dalla nostra università, per un finanziamento complessivo di oltre 10 milioni di euro”.

Pisa: il diametro della pupilla aiuta a comprendere l’autismo

La pupilla ci dirà che personalità abbiamo. Lo indica uno studio delle università di Pisa e Firenze e della Fondazione Stella Maris, che permette di prevedere un disturbo dello spettro autistico.

La ricerca guidata da Paola Binda, ricercatrice dell’ateneo pisano, e condotta insieme a Marco Turi della Fondazione Stella Maris Mediterraneo e a David Burr, docente dell’ateneo fiorentino, è stata pubblicata sulla rivista internazionale eLife e apre una prospettiva inedita in ambito diagnostico: la dilatazione della pupilla potrebbe diventare un fattore di previsione di un disturbo dello spettro autistico.

Lo studio ha dimostrato che il diametro delle pupille tradisce il contenuto della nostra percezione: quello che vediamo e come lo vediamo. La conseguenza, potenzialmente rivoluzionaria, è che affiancando i test di personalità con un parametro obiettivo, che si misura in millimetri, il diametro pupillare potrebbe fornire indicazioni sulla nostra personalità.

Prossimo passo della ricerca sarà infatti quello di trovare un “marcatore” efficace e precoce dei disturbi dello spettro autistico, che possa essere di aiuto ai clinici. “C’è crescente interesse nello studio della pupilla – sottolinea Binda – da quando noi, insieme ad altri laboratori, abbiamo dimostrato che il diametro pupillare riflette fedelmente cambiamenti del nostro stato di interesse, attivazione o attenzione. Naturalmente, la pupilla si costringe alla luce e si dilata al buio. Tuttavia, piccole fluttuazioni del diametro accompagnano spostamenti dell’attenzione”.

Secondo Marco Turi, “il comportamento delle pupille dei nostri pazienti ci può aprire una finestra sulla loro attenzione e percezione, perché ogni individuo ha una diversa tendenza a focalizzare la propria attenzione su oggetti diversi”. “Queste tendenze – aggiunge Turi – si accompagnano in modo sistematico ai tratti di personalità, in particolare lungo lo spettro autistico che abbraccia sia la popolazione con sviluppo cosiddetto tipico, sia i pazienti con un disturbo diagnosticato”.

Il prossimo passo, conclude Burr, “sarà misurare il comportamento delle pupille durante il test nella popolazione clinica, che dovrebbe mostrare fluttuazioni di pupilla ancora più grandi rispetto ai partecipanti di questo studio: l’obiettivo è ambizioso, ma potrebbe avere un grande impatto e aiutare i clinici nel trovare un marcatore efficace e precoce dei disturbi dello spettro autistico”.

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