‘L’arte come memoria’, ne parlano Di Segni e Schmidt

Al convegno ‘L’arte come memoria: sommersi e salvati nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi’ sono intervenuti Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ed Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi.

“Il messaggio più importante oggi è capire che la Shoah non è solo identità ebraica e ascolto di una tragedia del popolo ebraico, ma fa parte delle identità di tutti gli italiani”, e tale costruzione di identità “passa attraverso studio, conoscenza e riflessione sulle proprie responsabilità”.

La spoliazione delle opere d’arte operata dai nazisti nei confronti di cittadini ebrei, secondo Di Segni, “fa parte di un disegno di sterminio ben preciso, che si esplicita anche sulla dimensione del possesso, per il valore che potevano avere le collezioni”, ma anche come “parte di una sistematica distruzione di identità, nella misura in cui l’arte fa parte di una ricchezza interiore interna delle persone che la possedevano o la realizzavano”.

Anche Eike Schmidt è voluto intervenire con un discorso sulle opere d’arte sottratte agli ebrei quasi 80 anni fa: “A Firenze ci sono decine di opere che mancano all’appello solo dai musei statali fiorentini”, ma altre sono state sottratte anche da famiglie e sinagoghe, perché trafugate negli anni della Seconda guerra mondiale e della Shoah, non solo il ‘Vaso di Fiori’.

“Ci sono ancora tante opere che non sono state identificate; poi ce ne sono altre che sono state identificate ma non ancora restituite”. Schmidt ha sottolineato che “come istituzione museale possiamo soprattutto catalogare quello che manca”, mentre “i governi dovrebbero istituire delle commissioni che si impegnino attivamente, come tra l’altro in Italia avviene già grazie al nucleo di tutela dei carabinieri: è questo ultimo modello che speriamo altri governi seguiranno”.

Schmidt ha concluso con un avvertimento: “Il messaggio principale è quello di sempre: di non pensare che questa sia una cosa che è successa ai tempi dei nonni e dei bisnonni, ma che ha una grande attualità perché c’è sempre il rischio che torni, purtroppo. E’ veramente fondamentale abbracciare pienamente i diritti umani, perché soltanto con questi e con i valori della cultura possiamo assicurare che non si ripetano tragedie come questa”.

Leggi razziali: ‘mea culpa’ atenei, rettore Pisa “Mai più obbedire”

“E’ troppo facile chiedere scusa. Noi oggi dobbiamo avere la forza di non obbedire mai, di non obnubilare mai la mente per cedere a nuove inique ragioni, di Stato, di corporazione, di carriera, di quieto vivere, di indulgenza reciproca”. Lo ha detto il rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, a nome del mondo accademico italiano alla cerimonia delle scuse promossa oggi a Pisa a 80 anni dall’entrata in vigore delle leggi razziali che espulsero migliaia di ebrei dagli atenei italiani.

Alla cerimonia hanno assistito decine di rettori del mondo accademico italiano, le autorità civili e i rappresentanti della comunità ebraica. Il Comune di Pisa è giunto in ritardo e il posto riservato al sindaco Michele Conti è stato a lungo vuoto: è stato occupato solo quando la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, stava concludendo il suo intervento dal vicesindaco Raffaella Bonsangue che ha poi abbandonato il cortile de La Sapienza subito dopo la fine della cerimonia.

“La moralità degli studenti e dei docenti che allora subirono l”ingiustizia – ha aggiunto Mancarella – ci guidi nel ricordo, nella riparazione, nella ricostruzione delle virtù civiche oggi necessarie alla resistenza contro tutte le discriminazioni, anche quelle del nostro tempo perché intravedo nubi preoccupanti in Italia e in Europa, ma direi in tutto il mondo. Noi non dobbiamo obbedire mai più a ciechi intendimenti che calpestino la ragione e annullino la dignità dell’uomo”. Infine, il rettore dell’Ateneo pisano, rivolgendosi ai rappresentanti delle comunità ebraiche italiane presenti alla cerimonia, ha concluso: “Spettava quindi a noi risarcire? Non so dirlo. C’è una cosa di cui ho certezza: noi siamo quelli venuti dopo coloro che, accecati, fecero del male alle vostre madri e ai vostri padri, ed è per questo che sentivamo di dovervi questo riconoscimento”.

80 anni fa leggi razziali, Rossi e Barni: “Ascolto e dialogo con le comunità di immigrati”

Un forum, un luogo di incontro e di ascolto, dove istituzioni e comunità di stranieri che vivono in Toscana possano parlarsi. Il presidente della Regione Enrico Rossi lancia l’idea non casualmente da San Rossore, nel confronto partecipato sulle diversità come valore e sulla formazione come garanzia di rispetto delle diversità organizzato nel pomeriggio nella tenuta in provincia di Pisa. Ad animare l’evento una cinquantina di giovani rappresentanti delle seconde generazioni di immigrati venuti a cercare in Toscana la speranza di un futuro migliore.

San Rossore è il luogo dove il 5 settembre 1938 furono firmate le leggi razziali e antisemite italiane, che codificavano in norma una tesi – anzi, un’invenzione – sostenuta da numerosi cattedratici italiani dell’epoca che al regime avevano prestato giuramento di fedeltà. Ma è anche la tenuta dove dieci anni fa, nel 2008 nel corso del meeting estivo internazionale organizzato per diversi anni dalla Regione Toscana, altri scienziati – Rita Levi Montalcini, Enrico Alleva e molti altri –  hanno firmato il Manifesto degli scienziati antirazzisti: dieci punti del tutto  opposti, a partire dall’affermazione che le razze non esistono.

Oggi da San Rossore è stato rilanciato il manifesto delle nuove generazioni italiane, scritto nel 2016 e che sogna una scuola capace di gestire la multiculturalità, di valorizzare la conservazione della cultura del paese di origine ma anche di rafforzare il legame con la cultura italiana e il sostegno di pari diritti civili e politici per tutti. Un progetto di Italia plurale, come sintetizza in modo semplice Simohamed, uno dei giovani che hanno partecipato all’incontro, presidente del Conngi, il coordinamento nazionale delle giovani generazioni: “perché l’Italia – rivendica – appartiene a chiunque la viva con rispetto, nel segno dei valori della Costituzione”.

“Qui a San Rossore – ricorda Rossi – si è svolto un momento infame della nostra storia e dalla condivisione di quello che è stato occorre partire per consolidare una comunità”. Ieri il razzismo e l’esclusione che si fondava su una legge, oggi le chiusure, i rigurgiti di odio razziale, la ricerca ancora una volta di capri espiatori e chiusure. Niente si ripete mai allo stesso modo, sottolinea Rossi, ma occorre stare attenti. “Ottanta anni non sono stati sufficienti per educare e costruire una cultura diversa” stigmatizza la presidente del’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, a San Rossore ad accogliere le seconde generazioni di immigrati.

“Bisogna costruire una cultura contro il razzismo, quello di ieri e quello di oggi” sottolinea la vice presidente della Toscana, Monica Barni. “L’obiettivo è un futuro di dignità per tutti” ribadisce Rossi, che ricorda il suo sì allo ius soli e al riconoscimento dei diritti politici agli stranieri che vivono in Italia. “Sono cose – precisa – che non stanno nei poteri della Regione, ma in una Toscana che è già multietnica e multiculturale possiamo studiare insieme i modi in cui istituzioni e comunità possano confrontarsi sui problemi e provare insieme a risolverli: un luogo stabile di incontro, ascolto e consultazione per parlare della scuola, dell’accesso ai diritti, di sanità e tutela del lavoro”.

“C’è bisogno di ascolto e di dialogo – conclude Barni – Vogliamo parlare di come essere cittadini, partecipare, essere parte di una comunità. Con questo progetto facciamo un passo in avanti”.

Di Segni (Ucei) su saluto romano a funerale: in 80 anni cosa si è imparato? 

“Il saluto romano al funerale del docente universitario di Sassari deve spingerci a riflettere e a chiederci che cosa abbiamo imparato in questi 80 anni?”. Lo ha detto Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane, oggi a San Rossore (Pisa) durante l’iniziativa per ricordare gli 80 anni dai “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”, nel luogo dove Vittorio Emanuele III li firmò.

Di Segni si riferiva alle polemiche suscitate da un video divenuto virale che mostra un gruppo di persone rendere omaggio al feretro con il saluto romano ripetuto tre volte sul sagrato della chiesa. “Ciò che è accaduto è scioccante e dimostra che dobbiamo finalmente riempire il vuoto delle responsabilità e spiegare a tutti e soprattutto ai più giovani i risultati di provvedimenti infami come la persecuzione degli ebrei e il fascismo”. Questo ha aggiunto Di Segni, parlando a Pisa dove oggi partecipa, con il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, alle iniziative per gli 80 anni dalla firma, avvenuta il 5 settembre 1938, delle leggi razziali nella tenuta di San Rossore.

Saluti romani al funerale di un professore dell’Università di Sassari. Immagine dal video Facebook

Sull’episodio di Sassari è intervenuto anche il rettore dell’Università pisana, Paolo Mancarella: “Il mondo accademico non è rappresentato da quelle persone. L’accademia italiana tutta chiederà scusa per la sua complicità nell’applicazione delle leggi razziali ma dobbiamo tutti prendere con chiarezza le distanze da certi personaggi che non rappresentano il mondo accademico”.

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