🎧 Anticorpi monoclonali: tra due mesi i pazienti potranno essere curati a casa

Sui monoclonali ancora poche esperienze di utilizzo e di ricerca in Italia: Toscana e Liguria le regioni più virtuose. Intervista con prof. GIOVANNI DI PERRI, infettivologo, università di Torino

Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi 4-5 giorni, permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più grave. Sono concordi su questo gli infettivologi che questa mattina hanno fornito il quadro generale dell’uso dei monoclonali nelle diverse realtà regionali durante l’instant webinar organizzato da Motore Sanità dal titolo “ANTICORPI MONOCLONALI ANTI COVID” al fine di aprire un franco scambio di idee non basate sulla ricerca di visibilità ma sui dati scientifici disponibili sino ad ora e sulle prospettive future. Se in Liguria l’impiego degli anticorpi monoclonali sta procedendo a passo spedito grazie alla collaborazione tra ospedale e territorio, dalla Toscana la notizia è quella che entro luglio potrebbero essere messi a disposizione anticorpi monoclonali più potenti e potranno evitare ai pazienti Covid positivi di essere curati in ospedale.

Gli anticorpi monoclonali non sono stati ancora completamente studiati e non hanno ricevuto l’approvazione definitiva dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ma un parere scientifico positivo all’uso da parte degli enti regolatori dei vari paesi europei, in conseguenza degli studi sino ad ora presentati in pazienti con le caratteristiche definiti nella slide precedente. Sono stati oggetto di autorizzazione temporanea AIFA l’anticorpo monoclonale bamlanivimab e l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab, prodotti dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, nonché l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche.

Presso la Toscana Life Sciences Sviluppo di Siena sono stati sviluppati anticorpi monoclonali umani per il trattamento del Covid molto potenti e in grado di contrastare anche le varianti.
“Sta proseguendo la sperimentazione scientifica su monoclonali di seconda generazione quindi più potenti, somministrabili per via intramuscolo quindi al domicilio del paziente – ha spiegato Rino Rappuoli, Coordinatore scientifico Monoclonal Antibody Discovery (MAD) Lab, di Toscana Life Sciences. “Stiamo pensando di entrare nella fase clinica 2 e 3 e speriamo di potere mettere a disposizione queste terapie entro luglio”.
L’obiettivo dei ricercatori è quello di “avere dei monoclonali che siano disponibili a pazienti non solo ad altissimo rischio infettivo ma anche per quelli che vogliono guarire velocemente, e che siano a prezzi accessibili e usabili sul territorio”. È diventato molto importante non tanto avere un cocktail di monoclonali ma avere il monoclonale giusto e più sensibile alle varianti – ha proseguito Rappuoli -: il nostro anticorpo monoclonale risponde a questi requisiti. Proveremo ad utilizzarlo anche dove altri monoclonali hanno fallito, che sono i casi di pazienti gravi”.

“Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi 4-5 giorni permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più grave. In Liguria circa 200 persone sono state trattate così senza nessun decesso. Si tratta di una “cura efficace” contro il virus. Peccato che in Italia non sia ancora sfruttata al massimo in tutte le regioni. Occorre che si intraprendano ovunque protocolli di collaborazione tra ospedale e territorio per consentire il loro utilizzo nelle prime fasi dell’infezione”, ha detto Matteo Bassetti, Presidente SITA e Direttore UO Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico “San Martino”, Genova.

“Certamente l’elemento della tempestività è fondamentale come lo è il punto di raccordo e di coordinamento tra la medicina generale e l’ospedale: bisogna essere tempestivi – ha spiegato Pierluigi Russo, Dirigente Ufficio Registri di Monitoraggio AIFA -. I dati dei trattamenti che noi monitoriamo sono assolutamente insufficienti e decisamente troppo pochi e coprono meno dell’1% dei pazienti contagiati. Capisco gli aspetti legati alle limitazioni previste dalla CTS nell’uso di questi medicinali che sono stati autorizzati con “autorizzazione in emergenza”, ma il punto fondamentale è che questa percentuale mi sembra troppo poco per riferire questa numerosità esclusivamente ai limiti previsti dalla Cts. Il registro di monitoraggio evidenzia una crescita lenta dell’uso dei monoclonali rispetto alla velocità del Sars Cvo 2 e questo è un punto negativo sicuramente, ma la possibilità di avere dei prodotti che stanno in fase di valutazione e di ulteriore autorizzazione ci aiutano ad avere una consapevolezza più estesa rispetto ai prossimi passi”.

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Intervista con il sindaco di Portoferraio ANGELO ZINI. “Polemiche incomprensibili, le isole minori possono essere covid free in breve tempo”

Sì alle isole Covid free in Italia, così come in Grecia, e vaccini senza vincoli. E’ il pensiero espresso all’Adnkronos Salute da Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. “In un Paese come il nostro che vive sul turismo, creare delle isole Covid-free è un’idea molto intelligente. Lo stanno facendo i greci e credo che dovremmo farlo anche noi, finendola con questo concetto del ‘tanto peggio tanto meglio’, ovvero visto che la vaccinazione non ce l’ho io allora è giusto che non ce l’abbia neanche tu. Questo è un concetto profondamente sbagliato”, dice Bassetti.

“Non se ne abbiano a male quelli che dicono ‘perché l’isola sì e il mio borgo marinaro o di montagna no?’. Le isole – ricorda Bassetti – per vocazione naturale hanno fisiologicamente una difesa che è il mare che fa sì che se tu riesci a vaccinare tutti gli abitanti e controlli tutte le persone che entrano sull’isola o attraverso i tamponi o attraverso il fatto che siano vaccinate, puoi rendere un ambiente veramente sicuro. È chiaro che si può fare solo nelle isole molto piccole, sarebbe bello poterlo fare anche nelle grandi isole ma un conto è fare il vaccino anti covid a 30mila persone e un conto è fare 10 milioni di vaccini in Sicilia”.

Per quanto riguarda i controlli, per Bassetti “è ovvio che non si possa dire che su un’isola ci va solo chi è vaccinato perché sarebbe incostituzionale, ma attraverso dei protocolli fatti molto bene si potrebbe richiedere che chi arriva abbia fatto un tampone 48 ore prima e farne un altro appena sbarca. Certo, qualcuno può sfuggire ma con tutti i distanziamenti e la tracciabilità possono diventare luoghi a rischio molto basso. Perché il rischio zero non esiste e non esisterà nemmeno quando avremo l’80% degli italiani vaccinati. Ma un conto è che in un’isola in estate ci siano 20 casi  di Covide un conto è che ce ne siano 2.000”.

Per quanto riguarda le vaccinazioni, secondo Bassetti “ci stiamo trincerando dietro a un aspetto pesantemente ideologico e sbagliato, che è quello del rimanere sempre dietro all’Europa”.

“Tra l’altro, i vaccini arriveranno a costare – sostiene Bassetti – quello che già oggi costano nel mercato extraeuropeo, quindi la previsione è che nel 2022 pagheremo il vaccino di Pfizer 21 euro, esattamente quello che costa adesso sul mercato extra-Ue. Bisogna cercare di liberalizzare anche sui vaccini, dare la possibilità di comprarne di più dal mercato extraeuropeo e mettere in condizione una regione piuttosto che un’isola di comprarli attraverso lo Stato sul mercato extra-europeo”.

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