A Prato dal 16/9 al 25/9 torna Contemporanea Festival

A Prato dal 16 al 25 settembre torna per la sua 20esima edizione il Contemporanea Festival: le 18 compagnie e i 31 spettacoli con artisti non solo nazionali ma anche internazionali inaugureranno le attività della nuova stagione del Teatro Metastasio.

La vocazione di Contemporanea Festival, diretta da Edoardo Donatini, è quella di raccontare le urgenze dell’oggi, proiettandosi verso il domani avvalendosi del contributo della scena della sua capacità di trasformare la trasversalità dei linguaggi e della ricerca in una metodologia compositiva, con un’adesione alla contemporaneità che guarda alle trasformazioni dei contesti e rispecchia il progressivo affrancamento dai modelli di riferimento.

La pandemia ha modificato la nostra percezione del corpo, fino a polverizzarla nella comunicazione globale: proprio per questo motivo il corpo, e più precisamente la sua assenza di peso, è il tema di questa edizione, il centro della riflessione delle performance delle numerose compagnie nazionali e internazionali coinvolte.

Nel programma, per prime spiccano due collaborazioni produttive: quella con l’italocanadese Daniele Bartolini che con Stil Novo prosegue un percorso iniziato a La Biennale di Venezia e propone un’esperienza interattiva per uno spettatore alla volta per indagare la trasformazione del mondo occidentale attraverso il Katajjaq, un rituale
dell’Artico canadese cantato da due donne Inuit, (dal 16 al 18 e dal 22 al 24 settembre); e quella con il regista e drammaturgo argentino Fernando Rubio e il suo progetto Io non muoio più, che riflette attorno alla violenza di genere con una performance installata al centro di Piazza della Carceri a Prato, dopo essersi nutrito della partecipazione diretta della cittadinanza, chiamata da mesi a lasciare la propria testimonianza anonima rispetto a
episodi di violenza (in collaborazione con Centro Antiviolenza La Nara, oltre a CGIL, Circoli Arci, Centro salute donna e Biblioteca Lazzerini) (dal 23 al 25 settembre).

Tra le presenze straniere, risaltano quelle della coreografa e regista franco-austriaca Gisèle Vienne che trae da L’Etang, uno dei primi lavori dello scrittore Robert Walser, una partitura vocale a dieci voci recitata da due attrici per indagare le convenzioni del teatro e della famiglia ricostruendo la storia di un ragazzino che inscena il suicidio (16 e 17 settembre); della coreografa svizzera Yasmine Hugonnet che con Seven Winters fa esplorare a sette ballerini l’interazione tra il simile e il diverso e invita a una poetica di reciprocità tra simili, ma anche con il vuoto, l’invisibile e la ‘pelle dello spazio’ (22 settembre); del collettivo spagnolo El Conde De Torrefiel con La plaza, uno spettacolo pensato come un’agorà urbana che racconta il presente facendo leva sulla memoria collettiva del passato (24 settembre).

Arrivano poi anche la performance del coreografo-performer bulgaro Ivo Dimchev, artista queer, con Selfie concert: il pubblico scatta selfie insieme a lui mentre canta (18 settembre), e un lavoro della coreografa belga Mette Ingvartsen che con The dancing public farà in modo che il pubblico venga circondato e a sua volta avvolga l’azione performativa (25 settembre).

C’è poi un progetto speciale al Museo Pecci tutto dedicato alla coreografia nazionale e internazionale, dove la performance Lingua di Chiara Ameglio esalta il legame implicito fra corpi coinvolti di pubblico e interpreti, avvolti da una “lingua” che li unisce (17 settembre); con Seismic Dancer Doris Uhlich, in collaborazione con il DJ Boris Kopeinig, esplora i limiti della produzione di energia e sperimenta il corpo come epicentro dell’azione e del
cambiamento (17 settembre); con L’ombelico dei limbi Stefania Tansini riflette sulla follia intesa come ambigua e non univoca relazione tra le cose (18 settembre), con l’assolo Rideau Anna Massoni dispiega una serie di frammenti e schemi pensati come una rete che unisce spazio, luce e musica (18 settembre), con la sua creazione Some other place, Sara Sguotti conduce un viaggio dentro la densità della materia in un altrove percettivo e
immaginativo mettendo in relazione performer, spazio e immaginazione (18 settembre).

L’attenzione verso la coreografia italiana trova poi spazio anche con la compagnia Opera Bianco di Vincenzo Schino e Marta Bichisao, che chiamano in causa la figura del clown e le sue molte sfaccettature con Jump! (23 settembre); e con il nuovo progetto di Nicola Galli, Il mondo altrove, che si ispira alla nozione di giardino di Gilles Clément e agli studi etnografici di Claude Lévi-Strauss per trattare del paesaggio e del rapporto tra uomo e natura (24 settembre).

La performance Sparks di Francesca Grilli farà leggere ai bambini il futuro sul palmo delle mani degli adulti come gesto di speranza e rottura con il passato (17 e 18 settembre); Confessioni di sei personaggi del duo Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani ispirato ai Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, con due attrici che raccontano storie della loro vita mescolate alle vite di quei sei personaggi per riflettere sulla forza dell’immaginazione e sulle sue regole (22 settembre); uno spettacolo di teatro di figura del Teatro Elettrodomestico, Rattenspiel, che riprende un testo di Andrea Bendini, drammaturgo incompreso, regista alcolizzato e crudele burattinaio, per ambientare una recita di ratti per ratti in un mondo punk e post-apocalittico in cui gli uomini e i loro traballanti ideali sono solo un vago ricordo, (dal 22 al 24 settembre); un lavoro di Rita Frongia attorno alla figura ribelle di Lilith, prima compagna di Adamo che rifiuta la sottomissione sessuale e viene trasformata per volontà divina in un demone notturno e assetato di sangue che divora i neonati (dal 23 al 25 settembre).

Infine sono previste la presentazione dell’ultimo numero de La Falena, rivista prodotta, sostenuta e distribuita dal Teatro Metastasio di Prato (25 settembre); la presentazione del volume İQué se levante el telón! che raccoglie e traduce 12 testi teatrali contemporanei di autori cubani e italiani e due saggi critici di Osvaldo Cano e Rodolfo Sacchettini (17 settembre); un incontro pubblico nell’ambito del progetto Stil Novo con Daniele Bartolini, Cynthia Pitsiulak e Charlotte Qamaniq della band Silla (18 settembre); e una Residenza per curatori per determinare che cosa s’intenda esattamente oggi per curatore o curatela nelle attività delle arti sceniche e performative contemporanee (23 e 24 settembre).

Per tutta la durata del festival sarà attivo il Contemporanea Bistrot presso il Giardino Buonamici, a cura di Atipico. Contemporanea Festival è un progetto del Teatro Metastasio di Prato organizzato con il contributo di Regione Toscana, Comune di Prato e Provincia di Prato e con il sostegno di Estra, Prohelvetia, Acción Cultural Española, Nuovi Mecenati, Embassy of Denmark.

Simona Gentili ha intervistato Massimiliano Civica, direttore del Teatro Metastasio, e Matteo Biffoni, sindaco di Prato.

🎧 Metastasio Prato: al via la stagione 22/23 nel segno del Teatro popolare d’arte

25 gli spettacoli in cartellone, che saranno distribuiti nelle quattro sale del Met – Metastasio, Fabbricone, Magnolfi, Fabbrichino –. Al centro del progetto scenico  la drammaturgia contemporanea,

Spettacoli senza “soglia d’ingresso” aperti e godibili da tutti. Un teatro che idealmente mira a proporre spettacoli che emozionino e divertano sia chi di teatro ne sa molto, sia chi lo frequenta di rado, nella convinzione che la cultura e l’arte, quando provano ad essere veramente tali, siano in grado di parlare a tutti, non lasciando indietro nessuno. E’ la nuova stagione del teatro Metastasio di Prato che parte il 29 settembre con la direzione Massimiliano Civica, impegnato a proporre una stagione pensata e costruita sul concetto di  teatro popolare d’arte.

25 gli spettacoli in cartellone, che saranno distribuiti nelle quattro sale del Met – Metastasio, Fabbricone, Magnolfi, Fabbrichino –. Al centro del progetto scenico  la drammaturgia contemporanea, affiancata da 4 spettacoli di autori classici (De Filippo, Cechov e Rostand) e il ritorno nella stagione del Metastasio di grandi artisti internazionali (Milo Rau con Grief & Beauty, Amir Reza Koohestani con In Transit, Jakop Ahlbom con Lebensraum e Neville Tranter con Babylon): gli spettatori incontreranno le opere di artisti che sono solitamente visibili solo nelle grandi città europee o nelle metropoli italiane (gli spettacoli Lebensraum e Babylon quest’anno, in Italia, faranno solo le date di Prato).

“Abbiamo bisogno di un giorno di festa. Direi che ce lo meritiamo. Perché da qualche tempo stiamo vivendo “al risparmio”: una quotidianità difficile ci sta addosso, ci pesa e ci porta a risparmiare non solo sui soldi, ma anche sulle emozioni. Ce le chiudiamo dentro, non le facciamo uscire e le mettiamo da parte per il futuro. Ci diciamo che non è il momento adatto per “spenderle”: economizziamo la nostra anima” ha dichiarato il neodirettore artistico Massimiliano Civica.

“La festa è un tempo e uno spazio altro rispetto alla vita di tutti i giorni: in un giorno di festa è giusto e legittimo “spendere” tutto quello che abbiamo dentro, “spenderci” nella gioia, nel divertimento e nell’intensità. L’eccezionalità della festa è l’occasione per incontrarci e scambiarci le nostre emozioni, in regime di grazia. A festa finita, come è bene che sia, torneremo alla realtà e alla vita di tutti i giorni, ma arricchiti dalla scoperta che, quando “spendiamo” le nostre emozioni, ne riceviamo in contraccambio in misura doppia. Per la nostra nuova stagione abbiamo preparato dei giorni di festa per i nostri artisti e i nostri spettatori”.

NELL’AUDIO Massimo Bressan, presidente Fiondazione Teatro Metastasio, Cristina Scaletti, presidente Fondazione Toscana Spettacolo

Metastasio: la nuova stagione per un Teatro pubblico

La stagione 2018/2019 presenta 9 spettacoli al Metastasio, 7 al Fabbricone, 5 al Fabbrichino, mentre al Magnolfi verrà ripetuta la fortunata esperienza delle Piacevoli Conversazioni con 3 artisti e lo spettacolo del progetto Davanti al Pubblico. Complessivamente 22 spettacoli, di cui 13  nuove produzioni.

“Si tratta di una scelta coerente con il progetto triennale 2018/2020 dal titolo Per un teatro umano, preparato insieme a Massimiliano Civica, che si propone di fare del Metastasio il centro dei nuovi artisti, che possiamo considerare ormai maestri della scena italiana contemporanea, e di porre il nostro teatro in relazione con i più importanti teatri e festival internazionali e italiani”, ha affermato il direttore della Fondazione Franco D’Ippolito durante la presentazione di oggi al Museo Pretorio.

Tutte le info sul prossimo cartellone su www.metastasio.it

Di seguito l’intervento del consulente artistico Massimiliano Civica:

Il teatro è uno strumento di conoscenza dell’uomo attraverso l’uomo: è un libro sapienziale di storie e di racconti che, attraverso l’attore, si fanno corpo e voce davanti al pubblico. “Mettiti nei miei panni” chiede agli spettatori l’attore che sta recitando in scena, e quando ci mettiamo nei panni di qualcun altro e iniziamo a domandarci che faremmo al posto suo, ecco che nasce in noi una comprensione partecipe, empatica ed intrisa di perdono delle sue vicende, delle sue scelte, dei suoi dolori. Nessuno è razzista, egoista o cinico quando riesce a mettersi nei panni dei suoi simili. A teatro ci riconosciamo uomini, con tutti i nostri difetti, gesti di generosità e paure, e impariamo a comprenderci meglio, a perdonarci e provare compassione. Il Teatro è una delle forme più alte di umanesimo.
Questo è il teatro che alcuni di noi conoscono, che ci ha emozionati e divertiti. Lo conosciamo proprio perché l’abbiamo visto: abbiamo visto gli spettacoli di Danio Manfredini, Deflorian-Tagliarini, Anagoor, Roberto Latini, Oscar De Summa, Scimone/Sframeli, Babilonia Teatro, Claudio Morganti, Antonio Latella, Daniele Timpano e, fortunatamente, tanti altri ancora, vecchi e più giovani.
Ma nella percezione della media delle persone il teatro è solo noia. Direi, anzi, che è percepito, specialmente tra i più giovani, come il posto dove ci si annoia di più. Un luogo che sa di vecchio, pieno di tende e velluti, dove attori truccati troppo e male recitano in una maniera roboante ed enfatica storie che non ci riguardano minimamente. E solo quegli attori sul palco sembrano divertirsi e trovare divertenti le loro battute o credere che l’emozione che mostrano, gonfia e ‘strasottolineata’, possa emozionare gli spettatori. Andare a teatro per la maggioranza delle persone è fare un tuffo nell’800, vedere come agivano e parlavano i nonni dei nostri nonni, ascoltare storie tortuose di gente che si preoccupava di idee, principi e problemi oggi incomprensibili fino al ridicolo.
Personalmente non mi sento di smentire o criticare questa visione che la gente comune ha del teatro come qualcosa di ‘mortale’. Per esperienza comune è proprio quello che, la maggior parte delle volte, gli viene propinato. Anche gli spettatori più fedeli dei grandi teatri, gli abbonati (quelli che vanno a teatro per un sentito e genuino ‘obbligo’ culturale e sociale), richiesti di una risposta franca, probabilmente direbbero che la maggior parte delle volte, a teatro, si annoiano.

Di chi la colpa di questo stato delle cose? Anche di noi teatranti e direttori di teatro, della nostra inerzia e pigrizia mentale, del nostro tirare a campare, del ‘non voler problemi’ che ci porta ad accettare e lasciare le cose così come sono. Se il ‘popolo’ si accontenta, se gli va bene così, se è sempre andato bene così, perché rischiare e andare in cerca di guai? È difficile resistere alla tentazione di ormeggiarsi nel porto sicuro della mediocrità.
Con Franco D’Ippolito – che non ringrazierò mai abbastanza per avermi coinvolto nell’avventura pericolosa e splendida che sta portando avanti col MET – condividiamo la stessa idea su cosa debba essere un Teatro Pubblico. Perché lo Stato finanzia un teatro con soldi pubblici, con i soldi di noi tutti? Quale compito ci assegna insieme a quei soldi? Noi crediamo che lo Stato ci assegni il compito di scegliere gli spettacoli migliori, più coraggiosi, più culturalmente e umanamente avvincenti per i nostri spettatori. Lo Stato, attraverso gli spettacoli, ci chiede di far crescere umanamente, emotivamente e culturalmente i nostri spettatori, di contribuire a renderli cittadini migliori, più aperti e consapevoli, più compassionevoli, altruisti e felici.

Chi ricopre una funzione pubblica ha il dovere di essere migliore di quello che è, come uomo, nella sua vita. Chi governa – una regione, una città o un teatro – ha il dovere di essere migliore e più lungimirante dei cittadini che governa o dei suoi spettatori: ha il dovere di lottare per quei Valori che, al di là delle nostre meschinità e dei nostri opportunismi, sappiamo intimamente essere giusti. La responsabilità di ricevere soldi pubblici comporta il dovere di scegliere il meglio, e non ciò che conviene, di scegliere quello che è giusto, e non quello che non crea problemi. Chi dirige un teatro pubblico ha il dovere, in vista di un ‘superiore’ bene comune, di schierarsi e sostenere il teatro migliore, più ‘parlante’ ai nostri bisogni e paure di uomini di oggi; di supportare con coraggio anche il teatro più ‘difficile’, se per difficile non si intenda astrusa fumosità ma l’affrontare questioni complesse e vitali. Spettacoli complessi, mai noiosi.

Dunque il nostro dovere pubblico e il nostro dovere verso il pubblico è quello, secondo le nostre capacità ed intelligenze, di sostenere e rendere visibile gli artisti più coraggiosi e validi che ci sono oggi in Italia. Tenteremo di farlo non attraverso una rivoluzione (perché le rivoluzioni quasi mai sono durature) ma attraverso una riforma: gradualmente, passo passo, riformeremo il nostro pubblico e noi stessi, provando, attraverso il teatro, a diventare cittadini e uomini migliori.

Le interviste di Chiara Brilli a F. D’Ippolito, M. Civica e M. Bressan

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/05/180530_SPECIALE-METASTASIO.mp3?_=3

La farsa moderna “Belve” debutta con Civica in prima assoluta al Metastasio

Da martedì 17 a domenica 22 aprile al Teatro Metastasio debutta in prima assoluta il nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, “Belve”, una farsa in un atto, con 10 personaggi per sei attori, prodotta dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, su testo di Armando Pirozzi.

Il sodalizio Civica e Pirozzi trova dunque nuova concretezza in questo spettacolo che – spiega Pierozzi – “racconta l’evolversi al limite del delirio di una cena tra due coppie diverse tra loro ma intimamente legate. In un clima di crescente tensione e violenza, tra frutti di mare, strane macchinazioni e improbabili convitati, la storia ribalta di continuo il folle gioco del dominio e del potere che ogni personaggio cerca di stabilire sull’altro, ma in realtà, alla resa dei conti, tende sempre a rivelarsi molto diversa da ciò che ci si aspetta. La farsa è, credo, – continua Pirozzi – l’unico vero genere teatrale, quello che rifiuta, più di tutti gli altri, ogni possibilità di trasformazione o ibridazione. Ha delle regole di ferro, che in pratica non sono mai cambiate, da Plauto a Billy Wilder. Il suo tema nascosto è sempre il denaro e il potere che ne deriva. Ed è forse proprio per questo che la farsa è sempre prossima all’incubo, alla follia e al thriller, anche se allegramente trasformati in un gioco paradossale, decisamente fuori di testa e più divertente possibile”

Massimiliano Civica è stato recentemente nominato consulente artistico alla direzione del Teatro Metastasio, e vincitore, con Armando Pirozzi, per la miglior regia e la miglior drammaturgia, all’ultima edizione dei premi Ubu con il poetico e intimo Un quaderno per l’inverno.

Il regista è sul concetto di farsa che insiste: “Credo negli attori e in un teatro che metta al centro gli attori. Per questo sono sempre stato affascinato dalla farsa, genere teatrale che storicamente ha costituito il “tempo dell’apprendistato” e il banco di prova dei grandi attori.

Verso la farsa mi ha spinto dunque il desiderio di inserirmi in una tradizione vitale, per compiere un confronto che fosse anche un apprendistato artistico: si tratta di una farsa moderna in grado di confrontarsi con la realtà.

Un primo confronto-apprendistato con la farsa – continua Civica – è sul piano della drammaturgia: ho chiesto ad Armando Pirozzi di tentare di scrivere una farsa moderna (impresa non facile, visto che in Italia, a differenza che in Francia, manca quasi totalmente la tradizione di una farsa in lingua, che non sia cioè scritta in dialetto e interpretata da attori dialettali).

Vogliamo immettere nelle regole compositive e nella griglia strutturale del genere il girotondo degli ingressi e delle uscite dei protagonisti, la trama fantasiosa ad un passo dal fiabesco, i colpi di scena e l’immancabile agnizione finale, temi e personaggi che siano vivi e “parlanti” per gli spettatori di oggi.

Il secondo, inscindibilmente legato al primo confronto-apprendistato con la farsa, – spiega ancora – è sul piano dell’arte dell’attore: la farsa richiede una tecnica recitativa basata su ritmi di dizione, tempi comici, atteggiamenti fisici, scatti mimici, capacità di “intonarsi” sulle reazioni del pubblico che solo un attore-artista è in grado di padroneggiare. Per questo abbiamo scelto un gruppo di attori che potessero, insieme a noi, riscoprire e reinventare un bagaglio di tecniche adatte a questo genere.

La farsa si occupa inoltre della lotta per il potere, che oggi come ieri è legata al possesso del denaro, ed è crudelmente classista. Il lieto fine d’obbligo avviene sempre grazie al meccanismo dell’agnizione: alla fine la fanciulla povera può sposare il figlio del ricco borghese che ama perché si scopre che lei è in realtà la figlia del principe, e quindi non ci sono più barriere di censo ad impedire il matrimonio. Con questa soluzione “da favola” dei contrasti, l’agnizione nella farsa (come il deus ex machina nel teatro greco) segnala allo spettatore lo scacco tra la realtà della sua condizione e la natura finzionale delle vicende dei personaggi sulla scena.

Proprio nel momento in cui sulla scena tutto si risolve per il meglio ed esplode la festa, lo spettatore diventa cosciente che queste cose avvengono solo in sogno o a teatro. Lo spettatore sa di non essere in realtà il figlio di un principe e che ci sarà sempre, tra lui e coloro che “hanno”, una barriera insuperabile.

Nella nostra stessa società di oggi, liquida, aperta, trasversale, non serpeggia la sensazione che l’unica differenza di classe rimasta sia quella dei soldi, e che il mito dell’uomo di successo che si è fatto da sé rappresenta l’eccezione alla legge dell’impermeabilità tra la classe sociale di chi, da generazioni, detiene i soldi e quella di chi non li ha mai avuti?

L’ultimo fatto che mi ha spinto poi verso la farsa – conclude Civica – è il gusto per una sfida pericolosa. A differenza di tutti gli altri generi teatrali, la farsa fornisce una prova del nove immediata della sua riuscita: la risata del pubblico. Non ci sono scuse con la farsa, o il pubblico ride, e ride tanto, oppure si è fallito: la risata è d’obbligo. L’unica cosa che un po’ mi tranquillizza nel camminare sulla corda di questo “o la va o la spacca” è quella di avere la fortuna e il privilegio di lavorare su un testo di Armando Pirozzi e con un gruppo di incredibili attori: Alberto Astorri, Salvatore Caruso, Alessandra De Santis, Monica Demuru, Vincenzo Nemolato, Aldo Ottobrino.

I costumi dello spettacolo sono di Daniela Salernitano (vincitrice del David di Donatello per i costumi del film Ammore e malavita), le luci di Roberto Innocenti.

Piccolo Teatro Mauro Bolognini: gli Dei atterrano in una classe di ginnasio

 

 

Lo spettacolo, firmato Massimiliano Civica e dal gruppo pisano I Sacchi di Sabbia, approda, dopo una lunga serie di fortunate repliche, anche a Pistoia, al Piccolo Teatro Mauro Bolognini sabato 7 aprile alle ore 21, a conclusione della stagione di prosa 2017/2018: si tratta di un esilarante mix di riflessione e divertimento, che vede in scena Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano e Giulia Solano.

Lo spettacolo, proposto anche con due matinées, riservate agli studenti di “A scuola di Teatro”, il progetto di formazione e orientamento al teatro, curato dall’Associazione Teatrale Pistoiese, ha visto anche quest’anno  una grande partecipazione degli istituti di Pistoia e provincia, registrando oltre 4000 presenze.

Gli scontri ‘familiari’ tra Zeus e Era, le continue lagnanze per le malefatte di Eros, i pettegolezzi tra Dioniso, Ermes ed Apollo resistono alla sfida del tempo? Sembra proprio di sì, a giudicare dal successo dei Dialoghi degli dei: “il divertentissimo spettacolo – spiega Maria Grazia Gregori (Delteatro.it) – racconta con gradevole ironia e scatenata improntitudine di quanto avviene lassù sulle cime dell’Olimpo fra quelli che dovrebbero essere gli esempi di virtù e saggezza per i mortali. L’idea è quella di ambientare la storia ai giorni nostri e così gli spettatori sono sistemati di fronte a una scena minima, due banchi e una cattedra, dove i due allievi Carbone e Parrotto vivono il loro dramma di scolari poco ricettivi o furbi. A separarli dalla cattedra dove sta seduta la loro insegnate ci stanno, in costumi che citano la Grecia Zeus ed Era, i veri responsabili delle loro tribolazioni.”

E’ infatti in questo allestimento che atterrano gli Dei, in una classe di ginnasio, diventando oggetto concreto delle spietate interrogazioni di un’austera insegnante che  tormenta i suoi allievi. Seduti ai loro banchi di scuola e con i calzoni corti, i due maturi studenti, interrogati su tresche e malefatte degli immortali, sperimentano sulla propria pelle le ingiustizie della scuola, preludio alle future ingiustizie della vita….

La fortuna di Luciano, scrittore e retore greco, di origine siriane, nato a Samosata nel 125 d.C., è legata soprattutto alla serie dei cosiddetti Dialoghi degli dei: un divertissement squisitamente letterario, in cui l’autore, attingendo dal patrimonio del mito, offre una rappresentazione originale, ironica, sorprendentemente quotidiana della cosmogonia classica. Gli scontri ‘familiari’ continuando, quindi, a farci sorridere, ergendosi anzi a topos di molti meccanismi che animeranno poi la commedia moderna.

Due Premi Ubu, I Sacchi di Sabbia (di cui l’ ha coprodotto il divertente “I 4 moschettieri in America”) e Massimiliano Civica, si interrogano dunque sul senso profondo della parola “intrattenimento”, alla divertita ricerca di forme desuete per “passare il tempo”.

 

Prato:Un nuovo consulente per il Teatro Metastasio – Franco D’ Ippolito e Massimiliano Civica

Il Direttore del Teatro Metastasio di Prato racconta della nuova nomina come consulente artistico del regista teatrale Massimiliano Civica.

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