Fine vita: sollevata questione costituzionalità da Gip di Firenze

Fine vita – Sollevata una nuova eccezione di legittimità costituzionalità per l’aiuto al suicidio. Riguarda, spiega l’associazione Coscioni, l’articolo 580 del codice penale dove richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”, per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione. A rimettere la questione alla Consulta il gip di Firenze per l’inchiesta su Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli: nel 2022 aiutarono Massimiliano, malato di sclerosi multipla, a andare in Svizzera dove morì col suicidio assistito.

 

Massimiliano, 44enne di San Vincenzo (Livorno), morì l’8 dicembre di due anni fa in una clinica vicino a Zurigo, tre giorni dopo aver diffuso un appello, tramite l’associazione Coscioni, in cui spiegava di soffrire da 6 anni “di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato” e di voler “essere aiutato a morire senza soffrire in Italia, ma non posso, perchè non dipendo da trattamenti vitali”, una delle quattro condizioni fissate nella nota sentenza della Consulta 242/2019 sul caso di dj Fabo: per la Corte Costituzionale il suicidio assistito è legale quando la persona malata ha una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ad accompagnare in Svizzera il 44enne furono Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale e la giornalista Lalli. Entrambe dopo si autodenunciarono ai carabinieri di Firenze con Marco Cappato -, tesoriere dell’associazione Coscioni e legale rappresentante dell’Associazione Soccorso civile che aveva organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano -, “per aver aiutato a ottenere la morte volontaria una persona priva del requisito inteso in senso restrittivo del ‘trattamento di sostegno vitale'”.

La procura fiorentina, a ottobre scorso, ha chiesto l’archiviazione dell’accusa: l’aiuto fornito non era stato “penalmente rilevante”, non ritenendo invece che il caso rientrasse nelle condizioni previste dalla Consulta. In subordine la procura chiedeva fosse sollevata la questione di costituzionalità del requisito del sostegno vitale per violazione degli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione: “Discrimina irragionevolmente tra situazioni per il resto identiche”, e “discende da circostanze del tutto accidentali”, “senza che tale differenza rifletta un bisogno di protezione più accentuato”.

L’udienza per la richiesta di archiviazione si è tenuta il 23 novembre e pochi giorni fa, il 17 gennaio, la gip Agnese De Girolamo ha emesso la sua ordinanza. L’associazione Coscioni riferisce che la gip ha respinto la richiesta di archiviazione perchè “sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato”. Ma ha “dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale”, rimettendola alla Consulta, “per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 32 e 117 Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 8 e 14 della Convenzione Edu”.

“Siamo fiduciosi nel lavoro dei giudici della Consulta. Il trattamento di sostegno vitale, se interpretato in senso restrittivo, è un requisito discriminatorio in quanto non incide sulla capacità di prendere decisioni, sulla irreversibilità della malattia, sulle sofferenze intollerabili”. Così Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio legale di Marco Cappato, Felicetta Maltese, Chiara Lalli. “Dopo il caso Dj Fabo, concluso con la storica sentenza della Consulta 242 del 2019 che attualmente norma il tema – spiega -, la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi nuovamente sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale nella versione vigente a seguito della decisione del 2019, assunta sulla base delle specifiche condizioni di salute di Fabiano Antoniani, che era effettivamente dipendente dalla respirazione artificiale e dall’assistenza continuativa. Il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale non è previsto in nessuna norma straniera sul fine vita”. La Consulta è chiamata “a decidere dinanzi alla realtà” di persone che hanno “una condizione diversa da quella” di Antoniani, pur avendo “malattie irreversibili che producono sofferenze intollerabili e che nella completa capacità di autodeterminarsi scelgono” di morire. “Nell’inerzia del Parlamento la Consulta interverrà per la terza volta” sul ‘suicidio assistito’, afferma l’associazione Coscioni rilevando che per il requisito del sostegno vitale “tanti italiani come Massimiliano (Toscana), Elena (Veneto), Romano e Margherita Botto (Lombardia), Paola (Emilia Romagna)), Sibilla Barbieri (Lazio) sono stati costretti ad andare in Svizzera”.

L’associazione ricorda poi che i quattro requisiti fissati dalla Consulta, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Ssn che però “non garantisce tempi certi” per farlo. Per questo ha promosso una raccolta di firme per le proposte di legge regionali ‘Liberi subito’. Il primo a dibattere la pdl il Consiglio regionale veneto, “rinviandola però in commissione per non aver ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli. Anche gli uffici tecnici di Regione Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli e Lombardia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali”. Infine pure “in Sardegna, Basilicata e Lazio la proposta di legge è stata depositata” e “proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche e Calabria”.

Cappato si autodenuncia per la morte Massimiliano

Firenze, “Noi non ci fermiamo: siano le aule parlamentari o dei tribunali a decidere, sia lo Stato ad assumersi la responsabilità di una decisione”. Così Marco Cappato, autodenunciatosi ai carabinieri per aver finanziato e organizzato il viaggio in Svizzera di Massimiliano, il 44enne di San Vincenzo (Livorno) gravemente malato di sclerosi multipla che ha scelto la via del suicidio assistito.

Non sarà l’ultimo caso, annuncia l’ex eurodeputato radicale Marco Cappato, oggi tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: “Ci sono due persone, abbiamo già preso l’impegno di aiutarle”.

Cappato ha presentato la sua autodenuncia ai carabinieri di Firenze, insieme a Felicetta Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale, e alla giornalista Chiara Lalli. Entrambe, nei giorni scorsi, hanno accompagnato Massimiliano nella clinica svizzera vicina a Zurigo.

“Ieri mattina, poco prima di morire – ha detto Lalli -, Massimiliano mi ha abbracciata, e mi ha chiesto scusa perché non riusciva a stringere. Il giorno prima abbiamo giocato a burraco. Io non so nemmeno giocare, gli reggevo le carte”.

L’immagine di Massimiliano che Cappato, Lalli e Maltese hanno rappresentato ai giornalisti, nella conferenza stampa improvvisata fuori dalla stazione dei Carabinieri di Santa Maria Novella, è quella di un uomo non più capace di camminare e di alzarsi da solo, ma deciso a terminare la propria vita.

“Mi ha detto ‘non ne posso più'”, ha spiegato Lalli. Secondo Maltese, Massimiliano “era determinato, molto determinato: gli abbiamo anche detto che se voleva lo avremmo riportato a casa. Lui ha detto ‘vi ringrazio, ma non cambio idea’”.

Oltre a loro e al padre, in clinica con Massimiliano “c’erano le sorelle, gli sono state vicine tutto il tempo. In quei due giorni Massimiliano ha avuto calore, affetto, solidarietà, rispetto”.

L’intento degli attivisti è di spingere la politica a muoversi per una regolamentazione meno restrittiva del fine vita: “Appena sarà terminata la sessione di bilancio, chiederemo la calendarizazione della nostra proposta di legge”, annuncia Luana Zanella, presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. Ma cosa rischiano per il momento Cappato, Lalli e Maltese, in caso di rinvio a giudizio e condanna?

“L’aiuto fornito a Massimiliano configura i reati di cui all’articolo 580”, ossia “aiuto al suicidio”, per il quale “si rischiano da 5 a 12 anni di reclusione”, ha ricordato Filomena Gallo, legale di Cappato e segretaria dell’associazione Luca Coscioni.

“La Corte Costituzionale – ha spiegato ancora Gallo – ha stabilito che non è punito l’aiuto al suicidio solo quando il malato ha determinate condizioni, che Massimiliano non possedeva completamente”, poiché era “privo del trattamento di sostegno vitale”, come invece accade nei casi dei pazienti tenuti in vita dalle macchine. La cartella clinica dell’uomo, “che sarà fornita alla magistratura quando richiesto – ha affermato l’avvocata -, evidenzia costanza nelle cure, nell’assistenza, nella necessità di indagini diagnostiche”.

Funerali De Benedetto, Cappato: “Qui oggi per proseguire la battaglia di Walter”

Arezzo – presente anche la Ministra per le Politche Giovanili Fabiana Dadone, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

Si sono tenuti questa mattina nella chiesa di Sant’Anastasio a Olmo, frazione alle porte di Arezzo, i funerali di Walter De Benedetto, scomparso a 50 anni dopo una lunga lotta con l’artrite reumatoide, diventato simbolo della lotta per l’uso della cannabis a scopo terapeutico.

Tra i presenti alle esequie Marco Cappato con Matteo Mainardi in rappresentanza dell’Associazione Luca Coscioni e la ministra Fabiana Dadone, la quale non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Queste, invece, le parole di Cappato.

“Un dovere essere qui oggi, un modo di unirci al dolore della famiglia e degli amici ma anche un impegno per proseguire la sua battaglia personale contro una vera e propria persecuzione violenta di Stato, contro la violazione del suo diritto di curarsi con la cannabis terapeutica – ha affermato Cappato -. Quella di Walter è stata anche una battaglia politica per liberarci di leggi che aumentano la violenza e aiutano la criminalità. La memoria di Walter ci deve aiutare per andare avanti con un invito urgente. Parlamento si assuma la responsabilità di decidere, su una legge importante in discussione proprio in queste ore in cui la Camera si prepara a votare sulla proposta di legge ‘Magi-Licatini’, che tra le altre cose consentirebbe la coltivazione personale di quattro piantine”, evitando altri casi De Benedetto che finì sotto processo, venendo poi assolto, dall’accusa di aver coltivato a casa marijuana. Per il gup di Arezzo la produceva e utilizzava a scopo terapeutico per la sua malattia.

Walter De Benedetto, nel suo ultimo appello al Parlamento, lo scorso 17 marzo, aveva scritto: “Ci sentiamo scoraggiati perché sembra che il nostro Stato preferisca lasciare 6 milioni di consumatori nelle mani della criminalità organizzata anziché permettergli di coltivarsi in casa le proprie piantine’ e concludeva, come sempre, ricordando a tutti che ‘Il dolore non aspetta”.

Eutanasia: corte, scriminante cura farmaci e assistenza per Welby e Cappato

La motivazione dei giudici di Massa Carrara per l’assoluzione di Mina Welby e Marco Cappato

Per trattamento di sostegno vitale “deve intendersi qualsiasi trattamento sanitario interrompendo il quale si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida”. Così la corte d’assise di Massa Carrara ha motivato la sentenza con cui il 27 luglio ha assolto Marco Cappato e Mina Welby dall’accusa di istigazione e aiuto al suicidio di Davide Trentini. A rendere nota la motivazione l’associazione Luca Coscioni.

La difesa aveva sostenuto che Trentini era sottoposto a trattamento di sostegno vitale per le cure farmacologiche che doveva seguire e per l’assistenza specifica di cui aveva bisogno per sopravvivere. Il trattamento di sostegno vitale è uno dei requisiti indicati dalla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale con cui, ricordano i giudici di Massa, la Consulta – decidendo sul caso di dj Fabo, tenuto in vita da macchinari -, ” ha creato una nuova causa di giustificazione in presenza della quale l’agevolazione del suicidio non è punibile”.

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