Museo Antropologico, il talk con l’artista nativa australiana Maree Clarke

Museo Antropologico – Il 3 aprile alle 17:30 l’artista, in residenza al MAD Murate Art District, dialogherà con le curatrici Valentina Gensini e Renata Summo O’Connell

A tu per tu con gli oggetti che parlano della sua Terra, nella sala dell’Oceania del Museo Antropologico di Firenze. Succede a Firenze il 3 aprile alle 17:30, quando l’artista australiana Maree Clarke, premiata nel 2023 da ACCA Australian Contemporary Centre for Atrs come miglior artista nativa e attualmente in residenza al MAD Murate Art District, dialogherà con le curatrici Valentina Gensini e Renata Summo O’Connell.

Organizzato nell’ambito del Progetto RIVA e del Progetto Fuori Sede, per il centenario dell’Università degli Studi di Firenze, il talk si terrà nella sala dell’Oceania del Museo Antropologico di Firenze.

Il più antico museo antropologico in Europa accoglie un’artista indigena all’interno della sala che custodisce il patrimonio afferente al suo popolo, in un delicato incontro che vedrà la proiezione di un’opera video straordinaria, che intende restituire ai reperti il respiro della Natura.

Maree Clarke è nata nel 1961, Wamba Wamba/Latji Latji/Wadi Wadi Country, Swan Hill, Victoria. Maree Clarke è una figura fondamentale nel recupero e nella promozione delle pratiche artistiche aborigene del sud-est australiano. Il suo continuo desiderio di affermare e riconnettersi con il proprio patrimonio culturale l’ha vista rivitalizzare i tradizionali mantelli di pelle di opossum e i disegni contemporanei delle collane usando canne di fiume, denti di canguro e aculei di echidna. Le sue installazioni multimediali tra cui fotografia, scultura e video esplorano ulteriormente le tradizionali cerimonie e rituali dei suoi antenati, in alcuni casi quasi completamente perduti. Infatti, ha una passione per la rinascita e la condivisione di elementi della cultura aborigena che sono stati persi – o che giacciono dormienti – come conseguenza della colonizzazione. Clarke registra meticolosamente i materiali che raccoglie per ogni opera in modo che le generazioni future possano studiarli e apprezzarli. Insegna anche le pratiche che ha appreso dalla sua famiglia e dai gruppi del mob, cioè del suo gruppo familiare esteso, per cui tuttora è un riferimento fondamentale. Con più di tre decenni di produzione artistica alle spalle, il lavoro di Maree consiste in una pratica multidisciplinare che include fotografia, incisione, scultura, gioielleria, video, vetro e altri media. Maree è nota per il suo approccio aperto e collaborativo alla pratica culturale. Lavora costantemente nella collaborazione intergenerazionale per far rivivere la conoscenza culturale ancestrale dormiente e utilizza la tecnologia per portare un nuovo pubblico alle arti aborigene dell’Oceania contemporanea.

🎧Delle mostre di arte contemporanea all’università di Firenze per il progetto “Fuori sede”

Come parte del programma per il centenario dell’Ateneo, da un accordo tra UNIFI e il comune di Firenze,  nasce il progetto “Fuori Sede” che vedrà la realizzazione di installazioni d’arte permanenti nei plessi dell’università destinate alla comunità studentesca e cittadina quanto ai turisti. La direzione artistica sarà affidata a Valentina Gensini di Muse-Murate Art District, si inizia con una mostra dell’artista nativa australiana Maree Clarke.

Audio: rettrice di UNIFI Alessandra Petrucci e Titta Meucci, assessora all’università

Allestimenti permanenti di opere scultoree, installazioni, video, interventi di design all’interno di alcuni plessi dell’Università e un programma pubblico di iniziative destinato a studenti, famiglie, cittadinanza e turisti. è quanto prevede l’accordo di collaborazione siglato oggi dall’assessora all’Università Titta Meucci e dalla rettrice dell’Università di Firenze Alessandra Petrucci per il progetto “Fuori Sede. L’arte contemporanea va all’Università”, proposto da UNIFI come evento principale all’interno del programma dedicato al Centenario di Ateneo e condiviso con l’Amministrazione comunale. A dare il via al progetto, sotto la direzione artistica di Valentina Gensini, sarà la mostra co-prodotta da Muse-Mad Murate Art District dedicata all’opera dell’artista nativa australiana Maree Clarke, che nei suoi lavori affronta temi quali diversità e multiculturalità.

L’idea è quella di favorire il coinvolgimento attivo degli studenti della cittadinanza e dei turisti attraverso una serie di attività correlate, come itinerari artistici, visite guidate e talk con gli artisti. Muse, realtà che si occupa della tutela e della promozione del patrimonio storico-artistico del comune di Firenze, curerà la realizzazione degli interventi e delle attività in collaborazione con l’Università di Firenze.

Maree Clarke ha esposto sia a livello nazionale che internazionale e nel 2021 è stata oggetto di una grande mostra di indagine, Maree Clarke –Ancestral Memories, alla National Gallery of Victoria. Altre mostre recenti includono Tarnanthi, Art Gallery of South Australia, Adelaide – 2021, The National Museum of Contemporary Art, Sydney – 2021, Reversible Destiny, Tokyo Photographic Museum, Tokyo – 2021 e il King Wood Mallesons Contemporary Art Prize, per il quale ha ricevuto il Victorian Artist Award. Nel 2020 è stata insignita della Linewide Commission per il progetto Metro Tunnel (attuale) ed è la destinataria dell’Australia Council Aboriginal and Torres Strait Islander Arts Fellowship 2020. Nel 2023, Maree ha ricevuto la prestigiosa Yalingwa Fellowship, un premio di $ 60.000 per un artista senior delle First Nations che attualmente vive e lavora in Victoria che abbia dato un contributo eccezionale alla pratica creativa nella comunità artistica dei First Peoples e si trovi in un momento significativo della sua carriera. Nel 2023 Maree Clarke è stata nominata Australian of the Year.

🎧 Il carcere duro delle Murate come una “Agorà” con l’istallazione sonora dell’artista fiorentino SADI

Presentato oggi il progetto vincitore del bando MAD residenze d’artista nell’ottobre 2023: si tratta dell’installazione sonora site-specific e permanente del sound artist SADI, dal titolo Agorà, pensata per gli spazi del Carcere duro delle Murate e che si propone di far risuonare pensieri e orientamenti di chi ha vissuto la detenzione in regime di isolamento tra gli anni Venti e gli anni Settanta del Novecento nello storico penitenziario.

Risemantizzare gli spazi con una coscienza e una qualità importanti. Ci riesce perfettamente l’opera site-specific per lo storico penitenziario Le Murate, Agorà, del sound artist, percussionista e polistrumentista fiorentino SADI, progetto di installazione sonora – da domani permanente – che ha convinto la commissione del bando MAD residenze d’artista. In soli 4 mesi, SADI, con il supporto delle curatrici Veronica Caciolli e Valentina Gensini, è riuscito a comporre uno spartito di possibili pensieri, ideologie, lamentazioni e soliloqui, di frustrazioni e sentimenti di sfida che animarono, nel silenzio, questa parte dello storico penitenziario dove venivano confinati i nemici dello Stato, gli antifascisti, i diversi per etnia ed orientamento sessuale. Voci di tanti, anche di nomi noti, come Gaetano Salvemini (storico e politico, 1873-1957), Hans Purrmann (pittore, 1880-1966), Aldo Capitini (filosofo e politico, 1899-1968), Carlo Levi (scrittore e pittore, 1902-1975), Alessandro Sinigaglia (partigiano, 1902-1944), che oggi tornano sotto forma di suono, una composizione che ha differenti registri e note fuori scala, dagli acuti che richiamano le istanze mai sopite, ai toni baritonali, drammatici di quelle condizioni. Il carcere duro è dunque restituito alla città slacciato dalla sua funzione, e si ripresenta come una piazza dove libertà, azione e parola ne fanno un luogo ideale e democratico, sociale, di confronto e alterità. 

L’installazione, che ha una durata massima di 15 minuti e può essere fruita da piccoli gruppi di visitatori dietro prenotazione, è in collaborazione con BHMF Black History Month Florence ed è stata sviluppata attraverso una ricerca sulle memorie orali, ottenute in particolare grazie alla collaborazione di Valeria Muledda (artista), Corrado Marcetti (già direttore della Fondazione Michelucci di Firenze) e su fonti scritte, ricevute dall’Archivio di Stato di Firenze, l’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, Villa Romana, le ricercatrici Pamela Giorgi e Elena Gonnelli, e l’archivio raccolto da MAD negli ultimi dieci anni.  

“Il carcere duro è sempre stato per me un posto di grande ispirazione per la sua storia – ha dichiarato SADI -. Attratto dal vilipendio sociale che gravava nel contesto socio-politico italiano in cui le libertà di espressione, di pensiero, di identità di genere e origine sono state ammutite, escluse e detenute nel penitenziario delle Murate di Firenze, è stato necessario identificare il tema su cui concentrarsi per poi attivarmi in ricerche storiche e archivistiche. Una residenza che mi ha introdotto a riflessioni profonde da cui creare qualcosa che valorizzasse trasformazione, bellezza e cultura. Grazie alle tante collaborazioni con ricercatori, artisti e archivisti, tutto è arrivato come se da quelle porte aperte arrivasse un’anima pronta per essere liberata. Questo lavoro è dedicato ai tanti nomi che hanno vissuto in quelle mura e che spero oggi possano invitare studenti e persone interessate a scoprirne le storie. Una commemorazione nel ricordo, per sfamare la libertà di tutti nell’oggi”.

“Agorà –  spiega Veronica Caciolli, curatrice dell’installazione – è l’esito di un intenso periodo di ricerca che ha coinvolto memorie orali e archivi, persone e istituzioni, restituendo un patrimonio culturale e ideologico che gli abusi di potere non sono riusciti a sedare e che siamo fieri di riportare alla luce”.

“Un affascinante connubio tra arte, storia e memoria – ha detto l’assessora all’Università e alla ricerca del Comune di Firenze Titta Meucci – che prende vita al MAD ed esplora le storie di antifascisti, afrodiscendenti e minoranze perseguitate, offrendo uno sguardo profondo sul passato e andando avanti nel lavoro di trasposizione dell’ex carcere delle Murate in uno spazio di riflessione e democrazia, capace di restituire alle generazioni presenti un patrimonio culturale che merita di essere portato alla luce. Una nuova conferma di come la creatività possa contribuire a trasformare il significato di luoghi della nostra storia”. 

Il progetto proseguirà con un’azione performativa il 27 marzo alle 18 presso il Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze.

 

🎧”Libertà Clandestine” una nuova mostra al MAD Murate Art District

Libertà clandestine una nuova mostra al MAD Murate Art District   – la personale dell’artista italo-argentina Mariana Ferratto  realizzata con il contributo di Fondazione CR Firenze, troverà spazio negli ambienti di MAD Murate Art District dal 19 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024. Libertà clandestine è un progetto che affronta e racconta gli spazi di libertà e creatività clandestina che i prigionieri politici argentini riuscirono a conquistare durante la dittatura argentina del 1976-83.

Audio: Valentina Gensini, curatrice della mostra

La mostra, curata da Valentina Gensini e organizzata da MUS.E, espone opere inedite che ruotano intorno a due nuovi progetti dell’artista: memoria de la materia, vincitore dell’Italian Council 2022, ambito premio per il sostegno alla ricerca internazionale di artisti, curatori e critici, e Affiorare, sviluppato durante la residenza che l’artista ha svolto presso Murate Art District a partire da gennaio 2023.

Durante la dittatura in Argentina, molti istituti penitenziari sottoposero i prigionieri politici ad un regime di isolamento e inattività come metodo di distruzione fisica e psicologica. In segno di resistenza, si formarono piccoli gruppi che portarono avanti delle attività alle spalle delle guardie carcerarie. Le opere in mostra raccontano questa esperienza, del potere della creatività come spinta alla sopravvivenza.

“Le opere ricostruiscono atti di resilienza in modo delicato e intenso: gesti
silenziosi, azioni artistiche, manufatti ricostruiscono la tenacia di un gruppo di giovani uomini e donne che hanno condiviso la prigionia e poi la diaspora conseguente all’esilio, e che si trovano ora idealmente ricongiunti nel racconto delle invenzioni e dei diversivi escogitati per mantenere viva la creatività, la memoria, la relazione e gli affetti anche in una condizione di privazione e mortificazione, praticando arte, solidarietà, apprendimento continuo e mutuale” spiega Valentina Gensini, direttore artistico di MAD e curatrice della mostra

I vari ambienti di MAD propongono storie di resilienza e di amicizia, pratiche di sopravvivenza intellettiva, di custodia della memoria, di coltivazione dell’affetto per i cari lontani, e per le nuove amicizie vicine. Divisi tra la sala Anna Banti e le celle al primo piano, saranno proposti i video della serie Tutorials. Questo lavoro costituisce un’indagine attorno ai manufatti che i detenuti realizzavano in carcere come atto di ribellione all’alienazione della loro personalità. Per opporsi a questo sistema i prigionieri iniziarono a realizzare oggetti artistici e di artigianato con strumenti di recupero come osso finemente lavorato, chiodi, fili colorati estratti dalla trama di asciugamani o pezzi di lenzuola.

I manufatti venivano lavorati nell’ assoluta segretezza, in piena notte, e portati fuori dalla prigione clandestinamente per poter essere regalati alle persone care. La loro realizzazione poteva richiedere settimane di lavoro e, viste le continue ispezioni, non vi era certezza dell’arrivo a destinazione. Le diverse attività artistiche passavano da una cella all’altra e da una prigione all’altra attraverso i trasferimenti. Nel passaggio di mano in mano si raffinavano, sperimentando vere e proprie tecniche artistiche innovative. Tramite una serie di interviste agli ex detenuti, l’artista ha creato dei video in formato tutorial che
raccontano e spiegano le diverse tecniche adottate e perfezionate nel tempo.
Davanti ad ogni video una postazione attrezzata permetterà ai visitatori di mettere in pratica il tutorial che hanno davanti, trasformando di fatto la mostra in un laboratorio permanente.

Nella sala Anna Banti saranno inoltre esposte tavole disegnate o realizzate a collage dal titolo “Archivio dell’artigianato clandestino” che analizzano i vari manufatti dei detenuti e riportano frammenti delle interviste. In una parete saranno esposti 28 disegni di gesti delle mani, uno per ogni lettera dell’alfabeto, l’Abbecedario del linguaggio carcerario, attraverso cui si poteva comunicare a distanza, in silenzio, se si aveva a disposizione un campo visivo sufficiente. Di fronte, una struttura composta dalla sovrapposizione di elementi d’arredo trovati all’interno di MAD Murate Art District: questo “palco” improvvisato sarà teatro di una performance durante l’inaugurazione della mostra. I performer – selezionati tramite call con il coinvolgimento anche di Accademia di Belle Arti Firenze – reciteranno, utilizzando il linguaggio dei segni carcerario, un frammento di una poesia scritta dai detenuti durante il periodo di reclusione; l’azione avviene su un’architettura
instabile, che ricorda le strutture improvvisate che i prigionieri costruivano dentro le celle per poter raggiungere le piccole finestre posizionate in alto e, attraverso questo linguaggio,
comunicare con gli altri. Un video della performance realizzata dall’artista sarà disponibile nei per tutta la durata della mostra.
Infine, negli spazi del carcere duro sarà presentata l’installazione audio Affiorare: un’ottantina di piccoli fiori realizzati dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze durante i workshop tenuti durante la prima residenza dell’artista al MAD accoglierà i visitatori in questo luogo di dolore. Tre grandi fiori di argilla realizzati dall’artista diffonderanno le storie delle prigioniere politiche raccontando storie di resistenza, momenti di collaborazione e amicizia nel contesto del carcere argentino. Gli audio testimoniano le conversazioni e i passaggi di informazioni attraverso le viti delle cuccette o i tubi delle fognature ma anche i corsi di teatro tenuti lontano dagli sguardi delle sentinelle, o la “trasmissione radio” tenuta a turno dalle detenute attraverso le tubature per
condividere conoscenze, abilità, memorie: per ritrovare un senso collettivo ad una esistenza difficile e alienante.

 

🎧 Firenze RiVista alle Murate con il ‘Passaggio’

Firenze RiVista, dal 17 al 19 settembre torna l’unico festival nazionale che unisce riviste e case editrici indipendenti. Una tre giorni di scambi, incontri e discussioni sul tema del ‘passaggio’ nel complesso delle Murate, ad ingresso libero e per la prima volta con gli stand all’aperto. AUDIO Andrea Caciagli, direttore artistico Firenze RiVista, Valentina Gensini direttrice artistica MAD Murate Art

Dopo l’annullamento dell’edizione 2020, Firenze RiVista, festival delle riviste e dell’editoria indipendente, torna a riempire il centro fiorentino con una tre giorni di scambi, incontri e discussioni. Il tema di quest’anno è “Passaggio”: la trasformazione della vita sociale e culturale dopo la pandemia, la necessità di cambiare le nostre abitudini per la nostra sopravvivenza e quella del pianeta, le migrazioni, la trasmissione dei saperi nell’epoca dell’accelerazione tecnologica, il cambiamento climatico e l’eredità dell’uomo sulla Terra. Dal 17 al 19 settembre, come sempre negli spazi del Complesso Monumentale delle Murate, a ingresso libero, Firenze RiVista riempirà le due piazze, piazza delle Murate e piazza della Madonna della Neve, con stand di riviste e case editrici: una vera e propria ‘piccola fiera delle pubblicazioni indipendenti’, che da sei anni porta avanti l’obiettivo di far conoscere al pubblico il lavoro culturale che tende a rimanere sommerso, affogato dalla grande distribuzione di massa. Chi si muoverà – nel rispetto delle norme covid – tra gli stand allestiti a Firenze RiVista potrà così imparare a conoscere meglio la già nota minimum fax, storica casa editrice indipendente romana, ma anche apprezzare il lavoro della neonata Moscabianca, o ancora scoprire la fantascienza di Zona 42, per citare due delle case editrici che hanno scelto quest’anno di partecipare al festival per la prima volta. E le riviste? Sono moltissime quest’anno le partecipanti, tra prime volte e attesi rinnovi: dal fiorentinissimo “In fuga dalla bocciofila”, sito di narrazioni e cinema, alla rivista milanese “Tropismi”, passando dalle pregiate pubblicazioni di “Ctrl” e della sua Trilogia normalissima. Firenze RiVista rinnoverà anche quest’anno la collaborazione con il Premio Italo Calvino, il Festival del Giornalismo Culturale, l’Accademia della Crusca, l’Università degli Studi di Firenze, che porteranno ospiti e discussioni.

“Firenze – dichiara l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi – ha visto crescere moltissimo in questi anni rassegne ed eventi legati alla lettura e questo Festival sarà sicuramente un pezzo della candidatura della città a Capitale del libro 2023”.

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“L’editoria è un sistema complesso – affermano gli organizzatori Silvia Costantino e Andrea Caciagli – in cui interagiscono tra loro moltissime figure, professionisti o semplici amanti della scrittura. Ci piace mostrare come funziona questo enorme e bellissimo cantiere dal vivo, proponendo ogni anno un programma variegato e mettendo a contatto tra loro chi con le parole ci vive: i lettori, gli editori, i creatori di riviste”. “Un festival in cui abbiamo sempre creduto e che ribadisce la centralità di Firenze per l’editoria delle riviste – aggiunge Valentina Gensini, direttrice artistica Mad Murate Art District – . Viviamo un delicato momento di passaggio legato alla pandemia e un’edizione di questo genere promuoverà riflessioni interessanti su questo tema”.

🎧 MAD: “If the wind blows in Florence…”, di Mariko Hori

Firenze, presentata la mostra di opere inedite prodotta da MAD Murate Art District, in programma dal 30 giugno al 4 settembre 2021, dal titolo “If the wind blows in in Florence…”

La mostra al MAD di Mariko Hori, curata da Renata Summo-O’Connell e realizzata in partnership con l’Accademia di Belle Arti di Firenze, è il frutto di una residenza di un mese realizzata in collaborazione con Villa Romana e Numeroventi, che ha visto l’artista lavorare alacremente all’interno delle celle dell’ex carcere fiorentino.

L’indagine artistica di Mariko Hori (giapponese di nascita e olandese di adozione) sul rapporto tra linguaggio e storia, è partita da un antico proverbio giapponese che propone una sorta di profezia sociale secondo cui i bottai si arricchirebbero quando il vento soffia. Il proverbio suggerisce che nel corso della storia, inclusa la nostra storia presente, si creino delle reazioni a catena tra eventi inattesi, sottolineando il ruolo dell’umanità in tali accadimenti. Nell’antica società giapponese, tale reazione a catena di cause e effetti portava un vantaggio utilitaristico: il profitto per la categoria dei bottai.

Ma perché il vento farebbe arricchire i produttori di botti? Quando il vento soffia, la polvere va negli occhi della gente. Se la polvere va negli occhi, alcuni potrebbero diventare ciechi. La tradizionale occupazione per un cieco nell’antico Giappone era il musico e il cantastorie ambulante suonando lo shamisen, uno strumento musicale a tre corde. Quindi più ciechi comprerebbero più shamisen. La pelle usata per creare questo strumento è spesso di gatto. Quindi se il numero di ciechi dovesse aumentare, verrebbero uccisi più gatti per ottenerne la pelle. E a catena, se i gatti venissero uccisi ci sarebbero più topi. E se i topi aumentassero, la popolazione dovrebbe tenere il proprio riso al sicuro, ben chiuso in barili di legno. Quindi molte persone dovrebbero ordinare molti barili. Ed è per questo che i produttori di barili si arricchirebbero grazie al “soffio di vento”.

Nella visione dell’artista questo proverbio ha illuminato il collegamento tra la potenza della natura e la socialità umana, il modo in cui l’umanità interpreta l’influenza della natura sulla vita della collettività, alterata e condizionata dall’elemento naturale, imprevedibile e imponderabile. L’esperienza della recente pandemia, con il suo carattere di catastrofe globale, invita a una nuova apertura e rispetto per l’equilibrio della natura, così come alla realizzazione di un profondo punto di contatto tra gli esseri umani e tutte le creature viventi.

Per calare questa riflessione nella dimensione fiorentina Mariko Hori ha chiesto la collaborazione dei cittadini e dei giovani artisti di Firenze che hanno risposto ad un appello lanciato via Instagram che recitava “If the wind blows in Florence…” ovvero “Cosa accadrebbe se il vento soffiasse a Firenze?”. Sono stati in tanti a rispondere a questa domanda, e grazie alle loro risposte Mariko Hori ha potuto articolare, nelle sale e nelle celle al primo piano del MAD, immagini, suoni e parole, che il pubblico potrà udire e leggere, trascritte, e che invitano a partecipare a questa riflessione collettiva che l’artista propone, sala dopo sala, creando e ricreando atmosfere e esperienze sensoriali con una particolare attenzione agli spazi tra gli spazi, il tempo tra i tempi, una costante nel lavoro artistico dell’artista.

“La mostra di Mariko Hori nasce da un lungo dialogo tra l’artista e Firenze – ha spiegato Valentina Gensini, direttore artistico di Murate Art District -. Mariko ha coinvolto cittadini e studenti dell’Accademia di Belle Arti in un dialogo creativo che ha contribuito alla generazione dell’opera nel corso della residenza. L’opera, suddivisa in quattro ambienti molto poetici, si arricchisce dunque della partecipazione della comunità al lavoro immaginativo dell’artista, che ci insegna a contemplare la natura nel rispetto dei suoi principi e nelle sue imperscrutabili conseguenze, motivo per cui l’invito dell’artista è rivolto al rispetto per l’ambiente e ad una capacità di ascolto nuova nei confronti dell’elemento naturale”.

“L’installazione “If the wind blows in Florence…” di Mariko Hori sviluppata interamente durante il periodo di residenza dell’artista al MAD -, spiega Renata Summo-O’Connell, curatrice della mostra – è partita da un antico proverbio giapponese ma si ispira alla vita, le culture e linguaggi della Firenze di oggi, in quella che è indubbiamente una nuova era dopo la pandemia. Mariko, nel lavoro ora esposto in quattro sale del MAD, ha coinvolto il pubblico, secondo la sua visione di arte inclusiva. Al centro di tutto, la sfida al rapporto tra natura e esseri umani, proponendo Firenze come punto di incontro tra comunità e culture, tra arte e vita”.

“Ho cercato di riesaminare questo proverbio in un contesto attuale parlandone con i cittadini di Firenze – ha spiegato Mariko Hori – rapportandolo alla nostra situazione contemporanea, cercando di comprendere anche cosa porti per il futuro questo inatteso eccezionale evento che è il Covid 19. Considero la pandemia una sorta di forte vento che soffia portando, tutto sommato, anche alcuni effetti benefici, come per esempio il dilatarsi del tempo e di alcune attività umane. Credo che tutto possa presentare almeno un aspetto positivo e che si possa trovare un aspetto benefico in qualsiasi evento”.

In podcast l’intervista a Valentina Gensini, direttore artistico di Murate Art District, all’artista Mariko Hori e a Renata Summo-O’Connell, curatrice della mostra, a cura di Gimmy Tranquillo.

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