Foto rubate a 179 donne, pubblicate su sito incontri

Firenze, foto rubate dai profili social di 179 donne e pubblicate su un sito di incontri. È quanto scoperto nell’ambito di un’inchiesta della procura di Firenze, che ha portato alla denuncia di tre uomini residenti nella provincia del capoluogo toscano.

I tre sono accusati di aver rubato le foto dalle pagine Facebook ed Instagram, sia pubbliche che private, delle vittime e di averle postate sul sito in questione, a volte con delle modifiche, creando falsi profili.

L’inchiesta, condotta dalla polizia postale, è stata chiusa di recente, con l’invio dell’avviso di conclusione indagini agli indagati da parte del Pm Ester Nocera.

Gli accertamenti sono partiti dalle denunce di alcune donne residenti in provincia di Firenze, che hanno riferito dell’avvenuta pubblicazione delle foto, senza il loro consenso, su un sito di incontri, e di esserne venute a conoscenza tramite il passaparola dopo un servizio televisivo della trasmissione ‘Le Iene’.

Le verifiche successive hanno permesso di individuare le 179 donne coinvolte, che hanno poi presentato denuncia. Nei confronti dei tre indagati, tutti sottoposti a perquisizione, è stato effettuato anche il sequestro di pc, tablet e cellulari.

Processo ‘Don Euro’: difesa chiede perizia psichiatrica

Chiesta una perizia per incapacità di intendere e di volere su don Euro, al secolo don Luca Morini, l’ex parroco della diocesi di Massa Carrara e Pontremoli, da oggi alla sbarra in un processo al tribunale di Massa. I giudici si sono riservati di decidere la prossima udienza del 17 luglio.

Su Morini, detto appunto ‘Don Euro’, oggi ridotto allo stato laicale, gravano accuse per le ipotesi di reato di estorsione, autoriciclaggio, detenzione e cessione di stupefacente e sostituzione di persona. Invece, non essendo state formulate querele di parte, non si procederà per truffa ai danni dei fedeli, accusa che riguardava l’impiego dei denari offerti dalle persone alla chiesa.

Quattro giovani escort, con cui Morini, fingendosi facoltoso magistrato, aveva intrattenuto rapporti, si sono costituite parte civile. Don Euro finì in uno scandalo (anche mediatico grazie ad un servizio televisivo della trasmissione Le Iene) che riguardò la frequentazione di giovani escort, utilizzo di stupefacente in lussuosi hotel, cene, viaggi, trattamenti estetici in costose spa, ampia disponibilità di contanti, fino a 8.000 euro, per le spese quotidiane, e un tenore di vita molto lontano da quello misurato e consono a un parroco.

Nella stessa vicenda, al parroco fu sequestrato un conto corrente di 700.000 euro e diamanti per 120.000 euro. E’ imputato anche di estorsione poiché, secondo l’accusa, avrebbe costretto vari soggetti a dargli denaro tra cui il vescovo Giovanni Santucci per evitare di far emergere un fantomatico dossier sugli scandali della diocesi (peraltro mai ritrovato dai carabinieri). E’ accusato anche di autoriciclaggio per aver comprato un immobile con 300mila euro e averlo poco dopo rivenduto a 250mila: secondo l’accusa fu una manovra per “ripulire un po’ di denaro di dubbia provenienza”.

Sono state sentite le prime testimonianze nella prima udienza del processo. Uno degli investigatori dei carabinieri, maresciallo Alessandro Schiffini, ha ricordato che don Euro “chiedeva somme di denaro alle famiglie per aiutare bambini gravemente malati che avevano bisogno di cure costose cure” e “sistematicamente a Pasqua e Natale mandava alcuni suoi fidati a ritirare donazioni in denaro di aziende e industriali, specie del marmo, che consegnavano assegni o contante che poi lui utilizzava per sé”.

Inoltre, risulterebbe, sempre secondo il teste, una cospicua somma di denaro donata dal Comune di Carrara per il rifacimento del campo da calcio di una parrocchia, mai fatto. “In 10 anni abbiamo documentato un flusso di denaro dal suo conto pari a circa 5 milioni di euro”, è stato detto.

Il maresciallo ha ricostruito anche i rapporti che Morini aveva con il vescovo Giovanni Santucci: “Dalle intercettazioni telefoniche – ha detto in aula – risulta che il prete, dopo essere stato messo in quiescenza dal vescovo per gli scandali tirati fuori dalla trasmissione Le Iene, avesse chiesto ‘un alloggio lontano dalla Curia, aiuti economici per pagare le bollette e un incarico di prestigio’ quando la storia si fosse sgonfiata. Le indagini portarono poi a scoprire che la diocesi di Massa Carrara comprò nell’ottobre 2015 un appartamento a Marina di Massa dove Morini andò a vivere, in particolare durante i mesi dello scandalo sollevato dalle Iene, e dove tutt’ora vive”.

Lo stesso investigatore dell’Arma ha riferito che pure “la colf di don Morini veniva pagata in nero direttamente dal vescovo monsignor Giovanni Santucci con 800 euro al mese” e che “la diocesi di Massa Carrara comprò un appartamento a Marina di Massa dove Morini andò a vivere; le utenze furono intestate alla Curia e la domestica veniva pagata dal vescovo. Ci sono intercettazioni telefoniche in cui i due si accordano proprio sulla cifra da corrispondere alla colf, ovvero gli 800 euro al mese, da dividere in 200 euro ogni settimana. Dalle indagini risulta che ogni settimana i 200 euro venivano inseriti in una busta che veniva consegnata dal vescovo al suo segretario personale, che poi la portava direttamente a casa di don Morini per pagare la colf. Durante una perquisizione è stata ritrovata una delle buste con dentro il denaro ancora da consegnare alla colf”.

Siena, morte Rossi: spunta nuovo testimone su ‘festini’

Ci sarebbe un nuovo testimone nell’inchiesta sui presunti festini cui avrebbero partecipato anche magistrati senesi che indagavano sulla morte di David Rossi, il capo della comunicazione di Mps precipitato da una finestra di Rocca Salimbeni nel 2013.

Il testimone si è presentato alle forze dell’ordine di Siena dicendo di essere a conoscenza di particolari sulle feste e che sarebbe pronto a parlare. Gli atti saranno trasmessi nei prossimi giorni alla procura di Genova. La procura di Genova aveva aperto un fascicolo per abuso d’ufficio a carico di ignoti dopo l’intervista rilasciata a Le Iene dall’ex sindaco senese Pierluigi Piccini che aveva detto di aver saputo di ‘festini’ ai quali avrebbero partecipato importanti personaggi della magistratura e della politica e che forse l’inchiesta sulla morte di Rossi era stata ‘affossata’ per questo. Dopo la trasmissione di Mediaset, i pm senesi avevano presentato querela per diffamazione per le dichiarazioni di Piccini, che è indagato.

A gennaio, il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e il sostituto Cristina Camaiori, che indagano per abuso d’ufficio a carico di ignoti, avevano interrogato come persona informata dei fatti l’escort che avrebbe partecipato agli incontri a sfondo sessuale. Il giovane aveva confermato di avere partecipato alle feste, ma non aveva riconosciuto con assoluta certezza i magistrati mostrati in foto dagli investigatori, al contrario di quanto invece fatto durante la trasmissione tv de Le Iene.

I pm genovesi lo scorso ottobre avevano perquisito la casa della Iena Antonino Monteleone che per primo aveva svelato l’esistenza dei festini cui avrebbero partecipato alcuni pm senesi. Nei giorni successivi era stato interrogato, sempre come persona dei fatti, il giornalista della trasmissione Quarto Grado Pierangelo Maurizio, che si è occupato anche lui del caso. Sempre nel capoluogo ligure è aperta l’inchiesta sulla lettera di minacce, accompagnata da un proiettile, indirizzata al pm senese Aldo Natalini che si era occupato della vicenda Mps. L’ipotesi di reato è tentata minaccia aggravata.

Capogruppo Pd Toscana ‘diventa’ su web l’operaio del servizio de ‘Le Iene’

Il Movimento 5 Stelle esprime solidarietà nei confronti di Marras, “vittima di una stupida fake news”. Ed è gia stata fatta segnalazione ai vertici nazionali per l’uso imporprio del simbolo.

“Quanto ci vuole per finire nella macchina del fango dei moralisti da tastiera? Giusto il tempo di fare una grafica con informazioni false – scrive il capogruppo del Pd Leonardo Marras-. Una delle tante pagine fake nate solo per aizzare il ‘popolo del web’ mi ha scambiato per l’operaio protagonista del servizio de Le Iene che dice di aver lavorato in nero per il padre del ministro Di Maio: hanno costruito un post prendendo un’immagine di febbraio 2018 e scrivendo falsità”.

Additato su facebook, forse per una fake news o forse per uno scherzo contro il ‘popolo del web’, di essere l’operaio protagonista del servizio de Le Iene che ha detto di aver lavorato in nero per il padre del ministro Di Maio, e ricoperto in breve tempo di offese.

Questo è quanto denuncia sul social network, il capogruppo Pd in Consiglio regionale della Toscana Leonardo Marras, pubblicando una serie di immagini del post artefatto che lo vede involontario protagonista e dei molti commenti offensivi ricevuti.

La pagina facebook ‘incriminata’, che riporta il logo ‘Noi con Boldrini’ e un’immagine di Marras e altri esponenti Pd con sopra il logo del Movimento 5 stelle e la scritta ‘Questo le Iene non lo hanno detto, l’operaio che ha accusato il padre di Di Maio era candidato nel Pd nel 2014’, è stata pubblicata due volte ieri sera intorno alle 19 e ha avuto quasi 10mila condivisioni.

Stamani il messaggio è stato modificato, lasciando l’immagine e con un nuovo testo che ora riporta: “Ho condiviso questo post, basato sul nulla, perché sono un coglione grillino”, messaggio che ora appare sopra il post nelle bacheche di chi lo ha condiviso.


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