Coronavirus: dal 20 al 50% pazienti soffre di diabete

Lo studio è pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology), “pur in assenza di chiare evidenze scientifiche”. Anche l’obesità e il sovrappeso rappresentano importanti fattori di rischio per i pazienti con Covid-19

Nel mondo, dal 20% al 50% dei pazienti con Covid-19 sono persone con diabete, molti dei quali con una concomitante cardiopatia ischemica. Lo sottolineano la Società italiana di diabetologia (Sid) e l’Associazione medici diabetologi (Amd), rendendo noto che un panel di esperti internazionali ha messo a punto dei suggerimenti di trattamento per le persone con diabete e Covid-19. Lo studio è pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology), “pur in assenza di chiare evidenze scientifiche”.

Anche l’obesità e il sovrappeso rappresentano importanti fattori di rischio per i pazienti con Covid-19 riducono il volume polmonare, alterano la meccanica respiratoria e l’ossigenazione in corso di ventilazione meccanica, soprattutto in posizione supina.

“L’inizio della fase 2 e della maggiore circolazione di persone rappresenta sicuramente un momento in cui l’attenzione delle persone con diabete deve essere ancora maggiore e le regole di distanza sociale e protezione individuale devono essere rispettate ancora maggiormente – commenta Francesco Purrello, presidente Sid -. Grande attenzione inoltre deve essere posta anche al controllo del proprio controllo metabolico, consultando il proprio diabetologo, anche attraverso i sistemi di visite a distanza che molti centri di diabetologia stanno già applicando in tutta Italia”. E’ “molto importante – sottolinea Paolo Di Bartolo, presidente Amd – disporre di raccomandazioni internazionali: ci consentono infatti di confrontare quanto appreso da noi sul campo nel nostro Paese con le esperienze di altri colleghi”. Ecco i principali punti emersi dall’analisi pubblicata su Lancet: – Prevenzione parola d’ordine: La terapia antipertensiva con sartani o ACE-inibitori e quella anti-colesterolo con statine non solo non va sospesa, ma va assolutamente proseguita.

Qual è la migliore terapia anti-diabete nei ricoverati e negli altri: nei pazienti ricoverati per Covid-19 è necessario stare in guardia circa l’eventuale comparsa di diabete di nuova insorgenza (il virus può attaccare anche le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina), monitorando con attenzione glicemia, elettroliti, chetoni.

I pazienti con diabete di nuova insorgenza e quelli già diabetici, se affetti da COVID-19 in forma moderato-grave, richiedono in genere il passaggio a terapia insulinica per via endovenosa ad alte dosi. Potrebbe essere prudente sospendere la metformina e gli inibitori di SGLT2, ma solo in caso di infezione grave da SARS CoV-2, – Cosa fare ‘dopo’: Il SARS-CoV-2 può indurre alterazioni metaboliche di lunga durata; i pazienti sopravvissuti all’infezione dovrebbero dunque essere avviati a un monitoraggio cardio-metabolico molto stretto nei mesi a venire. Gli interventi di chirurgica metabolica andrebbero inoltre rimandati.

Coronavirus: Lancet,test sierologici vanno ripetuti nel tempo 

Perchè siano utili, i test sierologici devono garantire sensibilità e specificità, non riconoscere coronavirus diversi dal Sars-Cov2 e vanno ripetuti nel tempo, perché non si sa quanto a lungo gli anticorpi potranno garantire l’immunità.

Sono i paletti, indicati sulla rivista Lancet, dagli epidemiologi della Johns Hopkins University. Come scrivono Amy Winter e Sonia Hedge, i tamponi da soli non sono sufficienti come unico metodo diagnostico di sorveglianza, perchè non permettono di individuare le infezioni passate. I test sierologici invece possono stimare il numero totale di infezioni valutando il numero di individui che hanno avuto una risposta immunitaria, indipendentemente se l’infezione è in corso o accaduta nel recente passato (i dati attuali suggeriscono che gli anticorpi persistono per almeno 4 settimane).
I dati sierologici possono essere usati in quattro modi, secondo le ricercatrici: stimare le variabili epidemiologiche, come il tasso di attacco o di mortalità, necessarie a capire quanti contagi sono avvenuti in una comunità e il loro peso; impegnare in modo strategico gli operatori sanitari immuni per ridurre l’esposizione al virus nelle persone a rischio; valutare l’effetto degli interventi non farmacologici sulla popolazione e infine per individuare le persone che hanno avuto una forte risposta immunologica al virus, i cui anticorpi isolati potrebbero essere usati per trattare i pazienti con la terapia al plasma.
Tuttavia rimangono diversi problemi sui test sierologici da tenere in conto, come valutare la loro sensibilità e specificità, verificare che non siano sensibili ad altri virus e possano dare dei risultati falsi positivi, capire il movimento degli anticorpi nel tempo per distinguere le soglie di immunità, perchè ancora non si sa quanto dura e assicurarsi che abbiano un buon rapporto qualità-prezzo. I tamponi saranno vitali per identificare le infezioni in fase acuta, concludono, ma man mano che il Covid-19 continua a diffondersi e i casi si accumulano, i test sierologici aiuteranno a capire il ‘passato’ della pandemia e prevederne il futuro.
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