Perchè l’America di Biden investe 52 miliardi di dollari nella ricerca sui semiconduttori?

La carenza di semiconduttori è ormai nota in tutto il globo. Dalla Cina all’America, a causa delle interruzioni della catena di approvvigionamento aggravate dalla pandemia globale, questa tecnologia sembra essersi volatilizzata dal mercato.

Per far fronte a questo vuoto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dato il via a diverse politiche di investimento. Tra queste troviamo l’annuncio fatto pochi giorni fa per un investimento di 20 miliardi di dollari in favore di IBM, azienda impegnata nella ricerca e nello sviluppo di semiconduttori e di altre tecnologie avanzate.

La Casa Bianca afferma che gli annunci fanno parte di “un boom manifatturiero” alimentato dal Chips and Science Act. Si tratta di una legge che il presidente Biden ha firmato in agosto e che include più di 52 miliardi di dollari in sussidi federali. Al momento non è chiaro come verranno stanziati questi soldi, ma un gruppo di alto livello si riunirà in questi giorni alla Casa Bianca per trovare il modo per far uscire i fondi dalla porta.

I semiconduttori sono materiali che possono assumere una resistività superiore a quella dei conduttori e inferiore a quella degli isolanti. La loro resistività dipende in modo diretto dalla temperatura. Questa tecnologia viene utilizzata per la produzione di tutti i tipi di chip che equipaggiano i dispositivi elettronici. Dalle CPU e ai GPU, che sono in dotazione negli smartphone, a PC, tablet, console di gaming, smart speaker, ecc.. In pratica, i semiconduttori sono necessari per far funzionare quasi tutto ciò che ha un componente elettronico, dalle automobili alle armi.

JOE BIDEN PRESIDENTE USA

Perché quindi gli Stati Uniti vogliono investire nel libero mercato?

Certamente l’assenza di questi semiconduttori è un problema per le produzioni industriali. Un esempio è stata l’impennata dei prezzi delle auto riportata lo scorso anno, come ha sottolineato in un’intervista il democratico Ronnie Chatterji. A questo va aggiunto che il più grande produttore globale di questi prodotti è la Cina.

Secondo la Casa Bianca, gli Stati Uniti producono solo il 10-12% della fornitura mondiale di semiconduttori e nessuno dei chip avanzati, mentre l’Asia orientale rappresenta il 75% della produzione globale.

La Casa Bianca vuole invertire la tendenza e l’amministrazione Biden cerca disperatamente di risolvere la carenza di chip a livello nazionale, anche per contrastare la crescente potenza della Cina. Infatti le preoccupazioni per le ambizioni economiche, tecnologiche e militari del colosso asiatico hanno alimentato l’interesse biparti-san a investire nella produzione di semiconduttori in America.

Questo però segna un punto di svolta nella mentalità americana. Le sovvenzioni statali nella produzione di materiale industriale trovano forte opposizione sia tra i repubblicani che fra alcuni democratici, i quali si oppongo fortemente all’interferenza statale nei liberi mercati. A ciò si aggiungono anche le forti preoccupazioni per gli sprechi della spesa.

Chatterji, responsabile della Chips and Science Act, è consapevole delle insidie associate alla politica industriale. Ha detto che la trasparenza, la governance per evitare i conflitti di interesse e la “misurazione rigorosa dei risultati” sono fondamentali. Ma si è detto fiducioso che l’amministrazione possa raggiungere i suoi obiettivi se tutte le parti interessate lavoreranno insieme: governi, aziende private e lavoratori.

We have to keep our eye on the ball of setting a foundation for all of industry to survive, including small- and medium-sized enterprises,” ha detto. “That’s the way we avoid that critique about picking winners that’s plagued industrial policy in the past.
(trad. “Dobbiamo tenere d’occhio l’obiettivo di creare le basi per la sopravvivenza di tutta l’industria, comprese le piccole e medie imprese. In questo modo eviteremo la critica di scegliere i vincitori che ha afflitto la politica industriale in passato”).

Sinofobia o influenza nel mercato? In entrambi i casi sembra che il colosso asiatico possa fare un sorriso.

Lavoratori di Amazon USA votano contro il sindacato, ma non è finita

Bessemer, Alabama, i lavoratori di Amazon non si uniranno al sindacato, la stragrande maggioranza dei voti espressi dai magazzinieri dello stato del sud, sono stati infatti contrari all’adesione al sindacato ‘Retail, Wholesale and Department Store‘.

Per sindacato si tratta di una pungente sconfitta, nel conteggio finale infatti, tra i lavoratori di Amazon si sono avuti 1.798 voti contrari al sindacato e 738 voti a favore. Ciò significa che Amazon ha resistito alla più grande spinta sindacale tra i suoi lavoratori statunitensi, e ciò nonostante che la formazione del sindacato avesse ricevuto l’approvazione di celebrità, e politici, inclusa la solidarietà implicita del presidente degli Stati Uniti Biden.

Il sindacato sta però presentando una sfida legale contro le elezioni accusando di pratiche sleali Amazon, chiedendo un’audizione da parte del National Labor Relations Board: “per determinare se i risultati delle elezioni debbano essere annullati perché la condotta del datore di lavoro ha creato un’atmosfera di confusione, coercizione e/o paura di ritorsioni e quindi ha interferito con la libertà di scelta”.

Amazon ha naturalmente respinto le accuse, dichiarando: “Amazon non ha vinto, i nostri dipendenti hanno scelto di votare contro l’adesione a un sindacato”. Quasi 5.900 persone lavorano nella struttura di Bessemer di Amazon e più della metà ha votato alle elezioni.

La spinta sindacale a Bessemer è stata la più importante battaglia sindacale degli ultimi decenni. Con una forza lavoro in magazzino in continua espansione, Amazon è diventata il secondo datore di lavoro privato più grande degli Stati Uniti, con oltre 800.000 dipendenti.

I leader sindacali hanno affermato che il voto da solo ha suscitato centinaia di nuove richieste da parte di altri lavoratori di Amazon in tutto il paese. È stata la prima elezione sindacale in un magazzino di Amazon dal 2014, quando un piccolo gruppo di tecnici nel Delaware aveva votato contro il sindacato.

“Stiamo davvero vedendo come l’equilibrio è sempre orientato a favore dei datori di lavoro”, ha detto Rebecca Givan, professoressa di studi sul lavoro presso la Rutgers University. “Organizzare un sindacato in base al diritto del lavoro attuale è estremamente impegnativo: le probabilità sono sempre contro di te”.

In Alabama, Amazon ha scatenato una grossa operazione di respingimento, con lunghe “sessioni informative” obbligatorie e raffiche di messaggi anche sui socials ai suoi dipendenti. L’azienda ha ricoperto il magazzino con striscioni con il suo slogan “Fatelo senza quote”. L’azienda ha sostenuto che il sindacato era interessato solo a raccogliere i soldi guadagnati duramente dai lavoratori sotto forma di appunto ‘quote’ sociali, mentre Amazon paga già 15 dollari l’ora di stipendio iniziale, molto al di sopra, dice Amazon, del minimo locale, e fornisce generose cure sanitarie e altri benefici.

“Questo particolare sindacato non può darci nulla che Amazon non offre già”, ha detto LaVonette Stokes, un lavoratore di Bessemer che ha votato contro il sindacato. “Ci sono molte persone che non hanno mai problemi”.

All’inizio, la spinta del sindacato Bessemer sembrava cogliere di sorpresa Amazon, come gran parte del paese. Storicamente, i sindacati sono stati sempre difficili da formare negli stati del sud come l’Alabama. Ma alcuni lavoratori della Bessemer hanno contattato discretamente la ‘Retail, Wholesale and Department Store Union’ la scorsa estate, pochi mesi dopo l’apertura del magazzino, ed hanno descritto le estenuanti quote di produttività, dicendo di volere più voce in capitolo sul modo in cui le persone a Amazon lavorano, vengono disciplinate o vengono licenziate.

La pandemia ha messo in maggiore rilievo la posta in gioco per i lavoratori e molti lavoratori hanno sottolineato l’immensa ricchezza sia di Amazon, i cui profitti sono saliti alle stelle durante i blocchi, sia del CEO Jeff Bezos, una delle persone più ricche del mondo.

Il sindacato rispondendo alla richiesta dei lavoratori aveva mobilitato un sistema di supporto organizzativo, e in pochi mesi, più della metà del personale di Amazon, presso il magazzino di Bessemer, aveva firmato le carte che richiedevano un’organizzazione sindacale, spingendo così le autorità federali del lavoro a programmare il voto.

Diverse controversie sono poi scoppiate intorno alle elezioni di cui probabilmente si terrà conto nelle sfide legali in sospeso lanciate dal sindacato.

La spinta sindacale a Bessemer ha attirato l’attenzione di star dello sport, politici e celebrità. L’attore Danny Glover, un gruppo di House Democrats e il senatore Bernie Sanders, critico di Amazon di lunga data, sono andati a visitare i lavoratori prima delle elezioni. Gli organizzatori di Black Lives Matter avevano espresso la loro solidarietà, e solidarietà politica, addirittura bipartisan, era arrivata da parte del Presidente Biden ma anche dal senatore repubblicano Marco Rubio.

Ma la storia non finisce qui, nonostante la sconfitta, solo il fatto che si siano tenute delle elezioni per avere un sindacato negli USA, viene considerato un risultato positivo, risultato che potrebbe spingere Biden ed altri politici statunitensi a rivedere le leggi che danno grandi vantaggi ai datori di lavoro in occasioni come questa, inclusa la libertà di “bombardare i propri dipendenti con messaggi anti-sindacali”, ha detto il professore del lavoro Givan.

Exit mobile version