🎧 Cosa c’entrano i Maneskin con la geopolitica?

” La vittoria agli Eurovision e l’ascesa dei Maneskin nelle classifiche mondiali sono  un segno tangibile della ripartenza italiana all’estero. E il prossimo anno il Paese ha un’occasione imperdibile” dice il  prof. Igor Pellicciari (Università di Urbino/Luiss), lo abbiamo intervistato

Quanto ‘pesa’ una vittoria canora nel rapporto tra i Paesi? E segnatamente, che significato ha la vittoria dei Maneskin all’ultimo Eurovision? Domande solo apparentemente oziose, che invece nascondono molta sostanza se è vero come è vero che il ‘soft power’ culturale (e dunque anche musicale, di stile etc) è una della leadership che gli Stati si contendono anche, ma non solo , per le ricadute economiche e geostrategiche che questo comporta.

Alla domanda ha provato a rispondere il professor Igor Pellicciari, docente di relazioni internazionali all’università di Urbino e alla Luiss.

“È innegabile che negli ultimi 30 anni, dalla vittoria di Toto Cotugno nel lontano 1990, gli italiani abbiano in larga parte ignorato l’esistenza stessa di una competizione canora per nazioni europee, completamente assente dai media nazionali. Oggi che si è guadagnata (per poco) i loro titoli di apertura, la vittoria del gruppo rock romano viene trattata come notizia da sezione spettacolo\musica, alla stregua di un Festival di Sanremo oltre-confine.Senza interrogarsi su eventuali messaggi e ricadute geo-politiche collegate in generale all’evento e in particolare all’edizione di quest’anno tenutasi a Rotterdam” afferma Pellicciari.

Che su Formiche.net , scrive “A differenza di quanto avviene da noi, è un appuntamento molto seguito nei paesi che vi partecipano, non solo per motivi musicali.È anche un’istituzione internazionale a tutto tondo, strumento non occasionale di politica estera, osservatorio privilegiato e fonte credibile di informazioni per analisti. Fin dalla sua nascita negli anni ‘50, in piena Guerra Fredda, venne creata con obiettivi di proselitismo dei valori di libertà e svago Occidentali contrapposti al grigiore dei paesi del Patto di Varsavia”.

“Poiché all’Esc i Paesi “antipatici” vengono sempre puniti (a Rotterdam il gruppo britannico del dopo Brexit è riuscito nell’impresa di restare a zero voti) la vittoria dei Maneskin è un’affermazione anche dell’Italia e certifica quanto abbiamo ricordato spesso su queste pagine. Non deve sorprendere che nell’attuale Dis-ordine mondiale, con capi di Governo a difesa dei propri campionati di calcio e guerre commerciali giocate sul protezionismo turistico, anche una vittoria canora europea sia agli occhi internazionali un importante segno di ripartenza del nostro Paese” conclude Pellicciari

 

🎧 Pellicciari: “La PaD ci svela il rischio di una democrazia svuotata”

Da mesi viviamo in un regime di democrazia bloccata, senza partecipazione. Quali sono i rischi della PaD (politica a distanza)? lo abbiamo chiesto al professor IGOR PELLICCIARI, docente di relazioni internazionali ad Urbino ed alla Luiss G.Carli

“In diversi contesti nazionali, parlamenti e governi hanno potuto continuare a “riunirsi” e deliberare (anche) attraverso l’innovazione dei regolamenti e l’ausilio (temporaneo) delle “piattaforme”. In tempi di restrizioni agli spostamenti, i cittadini hanno potuto votare a distanza: via posta o via web. Hanno trovato nello spazio online nuove opportunità di partecipazione. Più di quanto fosse già avvenuto in epoca pre-pandemica, sono così emerse forme inedite di mobilitazione immobile. Contaminazioni tra online e offline” dice il professor Pellicciari.

“La politica, tuttavia, non può esaurirsi nella dimensione individuale” aggiunge Pellicciari . “Alla lunga, nessuna piazza virtuale, per quanto sconfinata, contiene la stessa spinta politica di quella reale. Una piattaforma online non accoglie la spinta politica di un’agorà fisica, né le permette di esprimersi. Svariati Leader politici carismatici, al pari degli influencer star dei social, hanno perso smalto nel periodo del primo lockdown. Confinati nel cyberspazio, distanziati dal loro popolo, hanno perso la “connessione” con i loro follower”.

“Nelle relazioni internazionali, l’ingresso della PAD ha segnato più involuzione che evoluzione rispetto alle abitudini pre-pandemiche. Tra gli aspetti negativi delle liturgie istituzionali da remoto, vi è stata la debolezza di contenuti di eventi e summit on-line, accomunati da ridondanza e bassa efficacia decisionale” prosegue Pellicciari.

Che sottolinea “a  venire meno nella stagione 2020\21 è stata la portata politica degli eventi internazionali, per un intreccio di motivi sia organizzativi che simbolici. Summit a distanza hanno annullato occasioni di confronto, mediazione e negoziazione a latere degli eventi ufficiali, in genere sconosciute alle cronache ma decisive per l’aiuto che danno al continuo ricalibrarsi delle politiche estere a confronto La debolezza dell’evento internazionale in remoto non è stata tanto nell’assenza fisica dei leader, quanto delle delegazioni che in genere viaggiano al loro seguito, protagoniste assolute di un dietro le quinte denso di sostanza diplomatica, venuto oggi completamente a mancare”.

“Infine -conclude Pellicciari- ad aggravare il senso di inconsistenza della PAD in politica estera è stata la scoraggiante banalità delle raffigurazioni e coreografie ufficiali a corredo degli eventi, come quella del leader di Governo seduto compunto al tavolino davanti ad un televisore, simile ad un candidato ad un colloquio di lavoro o ad uno studente un po’ attempato collegato da casa. Se in un summit da remoto il collegamento web è disturbato, si tratta di un disguido tecnico; invece Ursula Von der Leyen che resta senza sedia ad Ankara è uno schiaffo alla Ue. Politico, proprio perché avvenuto in presenza”.

 

🎧 Geopolitica: chi sta vincendo la ‘guerra dei vaccini’?

Ne abbiamo parlato on il professor IGOR PELLICCIARI, docente di relazioni internazionali ad Urbino ed alla Luiss G.Carli

Case farmaceutiche che si combattono fette di mercato, vaccini ‘permessi’ ed altri ‘proibiti’, pacchetti vacanza con inoculazione annessa: intorno ai vaccini si stanno scatenando appetiti più diversi. E naturalmente, trattandosi di una questione molto sensibile dal punto di vista della salute ed avvertita come vitale, anche le diplomazie sono al lavoro per utilizzare i vaccini per allargare la propria influenza.

“La portata geo-politica di questa corsa è addirittura maggiore di quella già notevole che allo scoppio della pandemia riguardò la ricerca dei vari dispositivi medici di protezione dal virus, sui quali si registrò una nuova guerra degli aiuti con alcuni Stati-donatori a competere nell’assistere gli stessi beneficiari.Oggi sembra riproporsi un altro capitolo di questa vicenda, con al centro degli aiuti non più il materiale sanitario d’emergenza ma i vaccini, vero asset del momento£ dice il professor Igor Pellicciari. secondo cui esistono due modelli: il Vaccino occidentale (economico) e quello Orientale (politico).

il vaccino occidentale, sostiene Pellicciari è ‘privato, fatto da imprese, ha una finalità almeno in origine meramente commerciale, un controllo politico indiretto, è volto alla ripartenza del paese, e solo secondariamente ha un target internazionale, quello della cooperazione a livello strategico”. il vaccino orientale invece è “pubblico (statale), ha sin dall’origine una finalità geopolitica, un controllo politico diretto, un obiettivo nazionale volto alla creazione del consenso ed è volto alla creazione di alleanze attraverso la politica degli aiuti economico-sanitari per ampliare la propria influenza”.

“In questa terza fase pandemica la politica estera degli aiuti sanitari è dominata dai paesi del Vaccino Geopolitico Orientale che corrono quasi in solitaria una gara cui i paesi del “vaccino economico eccidentale” partecipano per ora con poca convinzione (si veda la campagna multilaterale Covax)” aggiunge il professore. “Donatori “politici” attivi nella prima fase pandemica, oggi sono assenti in parte perché presi dalla priorità “economica” della finalizzazione delle proprie campagne di immunizzazione e in parte perché non hanno un controllo diretto sulla produzione e distribuzione di vaccini che sono di natura privata e rispondono a logiche commerciali”.

“Per Bruxelles -sottolinea Pellicciari-  è un passo che implica due ordini di problemi. Nell’immediato, accettarlo con troppa convinzione significherebbe ammettere il fallimento non solo della strategia vaccinale multilaterale ma anche dell’intera impostazione privatistica scelta a monte per il vaccino economico occidentale. Ne risentirebbe la già consistente crisi di legittimità politica europea.Ancora più evidente sarebbe il cortocircuito del chiedere un vaccino di Stato alla Russia proprio mentre da alcuni anni questa è oggetto di un netto isolamento diplomatico da parte dell’Ue. Poiché non esiste il precedente di un beneficiario che mantiene sanzioni nei confronti di un suo donatore è prevedibile che le relazioni europee nei confronti di Mosca dovrebbero subire una revisione in senso distensivo ed espansivo.”

Vi è infine la posizione di Roma, divisa tra la necessità oggettiva di aprirsi ad altri vaccini, sostenuta peraltro da gran parte della pubblica opinione, e la difficoltà a fare uno strappo verso la Ue e muoversi bilateralmente, sia per la partita ancora aperta del Recovery Fund che per lo stesso carisma europeo e atlantista di Mario Draghi.

 

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