Capo di gabinetto della Regione Toscana indagato per corruzione

Ci sarebbe anche il capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana, Ledo Gori, tra gli indagati nell’inchiesta della Dda di Firenze su presunti reati ambientali, nella quale sono indagati anche imprenditori considerati contigui alle cosche di ‘ndrangheta, e che oggi ha portato a sei arresti.

A Gori viene contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Per la procura, Gori si sarebbe reso disponibile a soddisfare le richieste del gruppo criminale, composto tra l’altro dai vertici dell’Associazione conciatori di Santa Croce sull’Arno, in cambio dell’impegno da parte degli imprenditori di chiedere esplicitamente al candidato e poi eletto presidente della Regione Eugenio Giani – estraneo alle indagini -, di confermarlo nel suo incarico come capo di gabinetto.

Tra i 19 indagati, sei risultano denunciati a piede libero e quattro di essi risultano esponenti politici toscani e dirigenti di enti pubblici: oltre a Gori, il dirigente della Direzione Ambiente ed Energia della Regione, Edo Bernini, il consigliere regionale Andrea Pieroni (Pd) e la sindaca di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda.

Con l’ipotesi di corruzione e abuso di ufficio sono indagati Gori, Bernini e Pieroni. Stessi reati per Deidda, presidente di Poteco, nei confronti della quale è contestata anche l’associazione a delinquere in concorso con un gruppo di imprenditori del settore conciario indagati nella stessa inchiesta.

Globalmente l’indagine, i cui primi accertamenti risalgono alla fine del 2018, si è evoluta su due direttrici principali, come ha spiegato il procuratore capo Giuseppe Creazzo alla guida della Dda. E’ stato accertato che il mercato del movimento terra (estorsioni e illecita concorrenza) veniva controllato in diverse province toscane, mediante attività estorsive e illecita concorrenza con violenza/minaccia, posto in essere da soggetti di vertice della storica impresa di settore Cantini Marino srl di Vicchio del Mugello (Firenze) per il tramite dell’impresario Graziano Cantini e del suo principale collaboratore Nicola Verdiglione, i quali – secondo gli inquirenti “direttamente collegati a soggetti organici” al clan Gallace (Domenico Vitale e Nicola Chiefari) – hanno “scientemente sfruttato la forza della consorteria mafiosa per imporsi sul mercato del movimento terra/fornitura inerti a discapito di aziende concorrenti, ‘infiltrandosi’ di fatto in importanti commesse pubbliche in Toscana”.

Queste condotte illecite, ha spiegato il procuratore Creazzo, sono state poste in essere a carico di diversi imprenditori/tecnici di settore in relazione alla fornitura di materiale per i lavori da eseguire in un importante cantiere relativo ad un appalto milionario nella zona di Castelfiorentino/Empoli, le opere di completamento della variante alla strada regionale 429 di Val d’Elsa, nel tratto Empoli-Castelfiorentino (lotti V – IV).

Allo stesso tempo sono stati riscontrati legami di comodo con la Pubblica Amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti investigativi.

Tra gli episodi contestati svetta l’estorsione posta in essere a carico di un impresario calabrese con il concorso dell’imprenditore crotonese Francesco Lerose, arrestato oggi anche nella parallela indagine antimafia della Procura Distrettuale di Firenze per reati in materia di smaltimento illecito di rifiuti ed altro, aggravati dall’agevolazione mafiosa (operazione “Keu”).

🎧 ‘Ndrangheta in Toscana, traffico illecito rifiuti mascherato da economia circolare nel conciario

Dichiarazioni raccolta da Chiara Brilli al procuratore capo Giuseppe Creazzo. 

‘Ndrangheta: ci sarebbero anche esponenti politici e dirigenti di enti pubblici in Toscana fra i 19 soggetti al momento indagati nell’indagine Keu della Dda di Firenze coi Carabinieri Forestali e altre specialità dell’Arma, inchiesta dedicata all’infiltrazione della ‘ndrangheta calabrese nella gestione dei reflui e dei fanghi industriali del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno.

L’inchiesta coinvolge elementi di vertice dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno i quali rappresentano il fulcro decisionale di tutto l’apparato sotto indagine. Contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, inquinamento e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari.

L’inchiesta si chiama Keu, nome dell’inerte derivante dal trattamento dei fanghi degli scarti della concia delle pelli, e ha portato a 6 misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari), 7 interdizioni dall’attività di impresa, due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti ed oltre 60 perquisizioni. Eseguito anche un sequestro per equivalente di oltre 20 milioni di euro e numerose perquisizioni ed ispezioni personali e domiciliari presso oltre 50 obiettivi nelle province di Firenze, Pisa, Arezzo, Crotone, Terni e Perugia.

concerie
Foto Controradio

Per gli inquirenti gli esponenti indagati al vertice dell’Associazione Conciatori sono riferimento di un sistema che agisce con le modalità “di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo vari consorzi” in un comparto industriale – la concia delle pelli – a particolare rischio ambientale per i rifiuti, “la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione” delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni, dell’ambiente, del suolo laddove tali scarichi industriali vengano smaltiti illecitamente o a seguito di procedure insufficienti”.

Creazzo
Foto Controradio

E’ stato inoltre verificato, spiegano Dda e Arma dei carabinieri, che “il peso economico del comparto, consente ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali con i vertici politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati”.

In particolare è emerso che i rifiuti derivanti dal trattamento dei fanghi della depurazione degli scarichi delle concerie trattati dal complesso industriale Aquarno, consistevano in ceneri che presentano concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati per recupero in attività edilizie di riempimento di rilevati o ripristini ambientali, ed invece erano inviati ad un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, così da essere impiegato in vari siti del territorio con concreto pericolo di contaminazione del suolo e delle falde.

Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque depurate operate dallo stesso depuratore Aquarno che riversa nel corpo recettore, il canale Usciana, acque non adeguatamente depurate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo un vero e proprio rifiuto. Di particolare rilievo la circostanza che il titolare dell’impianto di trattamento abusivo dei materiali riciclati, Francesco Lerose, fosse in stretto contatto con ambienti di spessore criminale della cosca Gallace, i quali avevano preso il controllo del subappalto del movimento terra per la realizzazione del V lotto della Strada regionale 429 Empolese.

Grazie a questi contatti e infiltrazioni risulterebbero stati smaltiti abusivamente nei rilevati della superstrada circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati. Questo episodio costituisce il collegamento investigativo tra l’indagine denominata “Keu” e l’indagine svolta dai carabinieri del Ros denominata “Calatruria”, poiché attraverso la ditta mugellana Cantini Marino, infiltrata da esponenti della cosca Gallace, è stato possibile ricostruire da parte del Ros il controllo del movimento terra nell’appalto del lotto V della Strada regionale 429 con condotte estorsive, e contemporaneamente è stato possibile ricostruire da parte dei carabinieri forestali e dei carabinieri del Nucleo Ecologico la collaborazione fornita da Francesco Lerose alla ditta Cantini con la fornitura di ingenti quantitativi di rifiuti contaminati smaltiti abusivamente quale sottofondo o rilevato per le opere realizzate nell’appalto pubblico.

Il generale Giancarlo Scafuri, viceomandante dei ROS

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‘Ndrangheta: Droga, estorsione, inquinamento ambientale, 3 indagini e 23 arresti

‘Ndrangheta. Firenze: tre indagini collegate tra loro in materia di inquinamento ambientale, narcotraffico internazionale, estorsione ed illecita concorrenza avrebbero portato a 23 arresti eseguiti in queste ore dai carabinieri della Toscana.

Dalle prime ore del mattino i Carabinieri della Toscana stanno eseguendo tre distinte ordinanze di custodia cautelare, su disposizione della Dda di Firenze, in relazione a tre indagini collegate tra loro in materia di inquinamento ambientale, narcotraffico internazionale, estorsione ed illecita concorrenza, tutti aggravati sia dall’agevolazione che dal metodo mafioso “in favore di potenti cosche di ‘ndrangheta”.

Le operazioni, si spiega dall’Arma, sono a loro volta connesse a un’ulteriore operazione in corso a cura della Dda di Catanzaro. Arrestate 23 persone in totale, oltre al sequestro preventivo di beni per circa 20 milioni di euro. Dettagli sull’operazione saranno forniti in una conferenza stampa convocata per le 11 al Palazzo di giustizia di Firenze e tenuta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo.

Intanto dall’alba anche 150 finanzieri del Comando Provinciale di Catanzaro e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, coordinati dalla Procura- Dda di Catanzaro, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare custodiale emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro nei confronti di esponenti di una organizzazione transnazionale dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riconducibile a una storica famiglia della criminalità organizzata calabrese, radicata nel versante ionico catanzarese.

Sono state eseguite le misure cautelari custodiali nei confronti di 20 persone, gravemente indiziate a vario titolo, di associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, commercio di sostanze stupefacenti e detenzione abusiva di arma da fuoco.

(notizia in aggiornamento)

Scontri Firenze, arrestato anche 25enne leader protesta

Il giovane, appartenente all’area anarco-antagonista, durante gli scontri parlava al megafono per incitare i manifestanti a proseguire nelle proteste.

C’è anche uno 25enne fiorentino considerato dagli investigatori uno dei leader della protesta, tra coloro che sono finiti ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sui disordini avvenuti alla manifestazione ‘anti-sistema’ del 30 ottobre scorso a Firenze.
Il giovane, appartenente all’area anarco-antagonista, durante gli scontri parlava al megafono per incitare i manifestanti a proseguire nelle proteste. Inoltre, avrebbe lanciato in prima persona due vasi contro le forze dell’ordine, colpendo e ferendo
in modo lieve un funzionario di polizia.

Come emerge dai filmati acquisiti dalla digos, il 25enne è stato anche tra i primi a raggiungere l’incrocio tra via Maso Finiguerra e via dell’Albero, dove, usando alcune biciclette, i manifestanti crearono una barricata dalla quale sono state lanciate contro i poliziotti bottiglie molotov, riempite con della benzina presa da alcuni scooter in sosta.

Secondo quanto affermato dal questore di Firenze, Filippo Santarelli, gli scontri del 30 ottobre scorso furono provocati da veri e propri “professionisti dei disordini”. Le indagini che hanno portato alle misure sono state condotte dalla digos e coordinate dal pm Fabio Di Vizio: “Le misure cautelari – ha commentato il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo – sono state ottenute a soli tre mesi dai fatti, grazie a indagini effettuate a tempo di record, quando i fatti sono gravi e suscitano allarme sociale la risposta deve essere immediata”.

Oltre alle sette persone arrestate questa mattina, altre quattro persone furono arrestate dalla polizia nel corso della manifestazione, tra cui un 19enne accusato del lancio di una molotov contro gli agenti.

Identificato a Firenze autore più grande cyberattacco finanziario in Italia

Identificato dalla Polizia Postale l’autore del “più grande cyberattacco finanziario in Italia, uno dei più grandi mai realizzati nel mondo nel settore delle cryptovalute”: si tratta di un fiorentino di 34 anni responsabile di un “buco” pari a 120 milioni di euro sulla piattaforma informatica hackerata “BITGRAIL”.

L’uomo identificato avrebbe truffato con questa modalità 230 mila risparmiatori e per questo sarebbe accusato  di frode informatica, auto riciclaggio e bancarotta fraudolenta. La polizia postale italiana pone così “una pietra miliare a livello mondiale nel settore delle indagini sulle cryptovalute, con un’indagine unica nel suo genere ad alto impatto tecnologico”.

L’uomo identificato è amministratore unico di una società italiana che gestisce una piattaforma di scambio di cryptovalute (exchange),ed è ritenuto responsabile oltre che della frode informatica di 120 milioni di euro, di bancarotta fraudolenta e di auto riciclaggio. Nei suoi confronti  gli investigatori della Polizia Postale di Firenze e della Sezione financial cybercrime del Servizio centrale della Polizia Postale, con l’ausilio del personale della Guardia di finanza della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Firenze, stanno eseguendo la misura cautelare del divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese, emessa dal giudice per le indagini preliminari Gianluca Mancuso.

“Per la prima volta in Italia e in Europa si sono documentate condotte fraudolente e distrattive in danno di investitori, poste in essere integralmente su piattaforme informatiche e l’impiego di monete virtuali” sottolinea la Polizia Postale, spiegando che l’attività si inquadra in una più ampia strategia finalizzata al contrasto alla criminalità economica ed in particolare degli illeciti arricchimenti attraverso l’utilizzo indebito di piattaforme online e di strumenti informatici sviluppata dalla Procura della Repubblica di Firenze, diretta da Giuseppe Creazzo, che ha affidato l’indagine ai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Gabriele Mazzotta e ai sostituti  Sandro Cutrignelli e Fabio Di Vizio.

L’uomo accusato di aver causato un ‘buco’ da 120 milioni di euro corrispondenti in criptovalute a 230.000 clienti nel mondo impegnati in operazioni coi cosiddetti bitcoin, nel febbraio 2018 denunciò il furto dell’ingente somma, da criptovaluta, denominata Nano Xrp, ma i suoi racconti contraddittori e contrastanti convinsero la procura di Firenze che sia lui sia suoi collaboratori fossero coinvolti nella ‘sparizione’ informatica del denaro.

E’ stato quindi scoperto che già dal giugno 2017 avvenivano illecite sottrazioni di criptovaluta dalla piattaforma gestita dal 34enne fiorentino, tali da procurare ad hackers – che devono ancora essere individuati, le indagini proseguono – un ingiusto profitto per 120 milioni di euro di valuta corrispondente. Inoltre gli investigatori della Gdf, con l’Uif della Banca d’Italia, hanno trovato che tre giorni prima della denuncia del maxi-furto di criptodenaro il 34enne aveva trasferito su un conto personale a Malta, tenuto presso la società digital currency exchanger The Rock Trading, 230 criptomonete bitcoin Btc pari a un valore di 1,7 mln di euro. Monete riconducibili ai clienti della piattaforma di scambio.Tale denaro il 34enne avrebbe in parte convertito in moneta legale per un valore corrispondente di 514.690 euro, in parte avrebbe provato a ‘svuotare’ il conto.

L’intervento della procura di Firenze ha fatto sequestrare non solo questo conto a Malta, ma tutti i conti dell’indagato, fino al controvalore di 120 milioni di euro, valore dell’esposizione debitoria. Il gip di Firenze Gianluca Mancuso ha disposto per il 34enne la misura del divieto dell’esercizio dell’attività di impresa, e di ricoprire incarichi direttivi nelle imprese. Per il gip ci sono gravi indizi di colpevolezza’ a carico dell’indagato il  quale, dotato di capacità tecniche non comuni, potrebbe reiterare i reati di frode informatica, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio di cui è accusato.

Livorno: sequestrate 3 tonnellate di cocaina su nave

Oltre 3 tonnellate di cocaina sequestrate dai carabinieri nel porto di Livorno su una nave con bandiera delle isole Marshall, proveniente dalla Colombia, e 3 persone arrestate in Francia con l’accusa di essere destinatarie del carico.

È il bilancio di un’operazione frutto di una indagine partita dalla magistratura di Marsiglia e che ha coinvolto la Dda di Firenze. Il sequestro di coca, spiega il procuratore della Dda fiorentina Giuseppe Creazzo, è per quantità il secondo più ingente in Italia: il valore della droga è di circa 400 milioni di euro.

Gli inquirenti francesi avevano segnalato alla Dda di Firenze che la nave sarebbe arrivata al porto di Livorno con un carico di stupefacenti.

Quando la nave ha attraccato, il 24 febbraio, è scattata la perquisizione dei carabinieri, che ha portato al sequestro della droga, nascosta in numerosi zaini, ciascuno dei quali conteneva circa 37-38 chili di stupefacente. Gli zaini, tutti svuotati della droga tranne uno, sono stati riempiti con altro materiale in modo che avessero lo stesso peso.

Successivamente la nave ha sostato al porto di Genova. In questa circostanza gli investigatori vi hanno piazzato delle microspie e non appena è entrata in acque territoriali francesi è iniziata l’attività di intercettazione.

Oggi la nave è giunta al porto di Marsiglia. All’arrivo si sono presentati tre uomini con un camion, che hanno prelevato gli zaini e li hanno portati in una villa. Per i tre è scattato l’arresto. La cocaina sequestrata, per un peso totale di 3 tonnellate, 3 quintali e 30 chilogrammi, è conservata in un caveau nel porto di Livorno.

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