Alla Pergola “Dieci storie proprio così”, una provocazione contro la mafia

Venerdì 16 e sabato 17 febbraio, alle ore 20.45, va in scena al Teatro della Pergola Dieci storie proprio così / Terzo atto, una ‘ragionata’ provocazione contro quella rete mafiosa che vorrebbe sconfitta la coscienza collettiva, la capacità di capire e reagire. Ogni sera, dopo lo spettacolo, è previsto un dibattito.

Il progetto, proposso dalla fondazione Teatro della Toscana, vede il sostegno di Fondazione con il Sud, SIAE, Eni spa, Poste Italiane.

È lo svelamento dei complessi legami che si intrecciano tra economia “legale” ed economia “criminale”, legami che uccidono il libero mercato e minacciano gravemente il nostro futuro.

Ogni sera, dopo lo spettacolo, è previsto un dibattito. Venerdì con Giulia Minoli ed Emilia Lacroce, sabato con il Procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, il Sindaco di Firenze Dario Nardella e Don Andrea Bigalli, Referente regionale di Libera.

Emanuela Giordano e Giulia Minoli sono partite nel 2012 scavando nella memoria, per ricordare chi ha combattuto le mafie. Questo inizio costituisce l’ossatura imprescindibile della loro esperienza. Da allora hanno viaggiato in tutta Italia, approfondendo il tema della lotta alla criminalità organizzata grazie all’aiuto di alcune università italiane e ai tanti testimoni che hanno raccontato le loro storie.

Per questa ragione hanno deciso di concentrarsi sul presente, su ciò che accade ora e su quello che ognuno di noi può realmente fare, assumendoci la responsabilità di un cambiamento faticoso, difficile ma irrinunciabile. Si è affrontato il tema della scelta.

La criminalità organizzata si sta appropriando della nostra economia e noi non ce ne siamo accorti? È una forma di distrazione di massa o siamo complici? Cambia la logica del merito, del diritto, cambiano le regole del profitto e del mercato e siamo incapaci di reagire, ammutoliti e stanchi. Dieci storie proprio così traccia il profilo di personaggi collusi, grazie alla loro complicità le mafie hanno potuto infiltrarsi in tutti i settori dell’economia e non solo di quella.

Ma non è con il disincanto che possiamo combatterli. Non è l’assenza di impegno a salvarci. Per fortuna c’è chi si oppone, rischia, denuncia, indica alternative fattibili a questo degrado. C’è chi sceglie. Dieci storie proprio così vuole raccontare un’Italia poco conosciuta: il sindaco che combatte le logiche mafiose che intossicano la sua città, il commercialista che contrasta il rapporto tra aziende e denaro sporco, il giornalista, il collaboratore di giustizia, il testimone. Si intende far conoscere le strategie di impegno di un gruppo di liceali, la sfida di alcuni imprenditori, un’Italia viva di aziende, università, comunità che propongono un modo diverso di concepire le risorse economiche, gli spazi comuni, la nostra stessa esistenza. Possiamo farlo anche noi. Stare insieme, in teatro, può aiutarci a imparare.

LE STORIE

Bruno Caccia: procuratore della repubblica di Torino, ucciso dalla ‘ndrangheta nel giugno del 1983. La controversa storia dell’unico omicidio di ‘ndrangheta nel nord Italia lascia trasparire in filigrana la fitta rete di relazioni che negli anni Ottanta connetteva alcuni membri della criminalità organizzata calabrese a esponenti delle istituzioni e della magistratura piemontese.

Cortocircuito: è un’associazione culturale antimafia di Reggio Emilia, formata da studenti universitari. Nasce nel 2009 come giornalino studentesco indipendente e web-tv per le scuole. Attraverso delle video-inchieste e dei reportage ha messo in luce la penetrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nel territorio.

Giovanni Tizian: è un giornalista calabrese, emigrato in Emilia Romagna dopo l’omicidio del padre, un funzionario di banca che non si era piegato alla ‘ndrangheta. Laureato in criminologia presso l’Università di Bologna, ha iniziato a scrivere con la ‘Gazzetta di Modena’ nel 2006 conducendo inchieste sulle infiltrazioni mafiose nel territorio. Dal 2011 vive sotto scorta.

Gaetano Saffioti: imprenditore edile calabrese. Per anni subisce le violenze della ‘ndrangheta, fino a quando decide di denunciare per riconquistare la propria libertà, diventando testimone di giustizia. La sua denuncia ha contribuito all’arresto di molti boss della Piana di Gioia Tauro. Oggi vive sotto scorta, ma continua a lavorare in Calabria.

Gabriella Augusta Maria Leone: Sindaco di Leinì, comune in provincia di Torino. La storia di un rinnovato impegno politico e sociale in un comune precedentemente sciolto per infiltrazioni mafiose.

Maria Stefanelli: la prima donna collaboratrice di giustizia contro la ‘ndrangheta al nord appartenente a famiglie mafiose. Vive con la figlia sotto protezione dello Stato ed è testimone al maxiprocesso Minotauro, che indaga le infiltrazioni delle cosche calabresi in Piemonte.

Sanitaensamble: orchestra giovanile attiva nel Rione Sanità di Napoli – un quartiere spesso associato a storie di degrado e marginalità – che offre a bambini, adolescenti e giovani una formazione musicale di alto profilo.

Federica Angeli: giornalista di La Repubblica che vive ad Ostia, il municipio di Roma sciolto nel 2015 per infiltrazioni mafiose. Per le sue coraggiose indagini e denunce oggi vive sotto scorta.

Tor più bella: Associazione di rigenerazione urbana e sociale al servizio della comunità di Tor Bella Monaca, quartiere di Roma tristemente noto per la forte presenza di criminalità organizzata.

Cooperativa sociale della paranza: nata nel 2006 da un gruppo di ragazzi e ragazze del Rione Sanità di Napoli, ha contribuito alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del quartiere. Negli anni hanno progettato e sviluppato percorsi formativi e processi di inserimento lavorativo, di scambio e di networking fra persone, enti ed associazioni.

Perego strade: un esempio di come la ‘ndrangheta entra in azienda, con le sue modalità di insediamento in un’industria sana, al fine di svuotare dall’interno tutto il capitale economico e sociale presente.

Elena Ferraro: giovane imprenditrice trapanese. Rifiuta di pagare il pizzo al cugino del superlatitante Matteo Messina Denaro e denuncia le richieste di estorsione subite. Con la sua testimonianza ha contribuito all’arresto di diversi esponenti mafiosi.

Fiume in piena: un movimento popolare che raccoglie cittadini, studenti, associazioni, rappresentanze sociali e territoriali provenienti dal triangolo della Terra dei Fuochi, in prima linea nella lotta per la salvaguardia dell’ambiente contro gli abusi della criminalità organizzata.

La fattoria di Masaniello Ristorante – Pizzeria Etica: nasce nel quartiere Pilastro di Bologna e coinvolge lavoratori svantaggiati e una rete di associazioni e cooperative del territorio con cui mette in campo attività educative, formative e culturali. Per la sua cucina utilizza prodotti realizzati da cooperative sociali che lavorano su terreni confiscati alle mafie, presidi Slow Food, aziende antiracket o che operano in carcere.

Comunità monitoranti: sostenute dal progetto Common di Gruppo Abele e Libera, sono un esperimento di coinvolgimento delle comunità territoriali, affinché diventino soggetto attivo nel monitorare le attività delle amministrazioni cittadine, prevenendo il malaffare e la corruzione.

L’edicola di Borgo Stretto: un bene confiscato alla mafia nel centro di Pisa, riaperto grazie ad un progetto di riutilizzo sociale dell’azienda da parte di Libera Pisa e della Cooperativa sociale Axis.

Nicoletta Polifroni: 26 anni, calabrese, ha studiato legge a Bologna. Nel 1996 suo padre, un imprenditore edile, è stato ucciso dalla ‘ndrangheta perché si rifiutava di pagare il pizzo.

IL PROGETTO

Il palcoscenico della legalità è un progetto sperimentale di collaborazione tra teatri, istituti penitenziari minorili, scuole, università e società civile. Sono coinvolte le maggiori Istituzioni teatrali d’Italia, le associazioni impegnate nell’antimafia e quelle che lavorano per il riutilizzo sociale dei beni confiscati. Il progetto nasce nella sua prima forma di spettacolo, Dieci storie proprio così, dall’incontro con decine di familiari di vittime innocenti di mafia, camorra, criminalità e con i responsabili di cooperative e associazioni che sulle terre confiscate alla mafia hanno costruito speranze, lavoro, accoglienza, idee. Lo spettacolo, in seguito a questo primo traguardo, è diventato strumento di riflessione sul come strutturare un rapporto continuativo e di scambio benefico tra istituzioni pubbliche e private perché insieme si apprenda un nuovo alfabeto civile. Da allora nelle scuole sono stati attivati laboratori propedeutici alla visione dello spettacolo (più di 40.000 gli studenti coinvolti). Il linguaggio e le tecniche teatrali sono diventati strumento per imparare il lavoro di squadra, ma soprattutto per ragionare sulla nostra responsabilità individuale e collettiva riguardo a logiche e culture mafiose.

Attualmente l’attività formativa è in corso in Toscana e nelle scuole di altre nove regioni italiane.

Parallelamente si è sviluppato il progetto di formazione sui mestieri del teatro negli Istituti Penitenziari Minorili di Airola (BN) e Malaspina (PA), da cui sono nati gli spettacoli Aspettando il tempo che passa nel carcere di Airola, Fiesta al Malaspina di Palermo e il brano rap Puortame là fore interpretato da Lucariello e Raiz. Nel 2017 è stato realizzato un film documentario, coprodotto da Jmovie e Rai Cinema, che percorre le tappe del progetto. La rete di associazioni che oggi sostiene le varie fasi di questo esperimento nasce dalla volontà di Giulia Minoli, con The Co2 Crisis Opportunity Onlus, di creare un legame virtuoso di progettualità e collaborazione.

Per informazioni: diecistorie@gmail.com

Fondazione Teatro della Toscana, progetto alternanza scuola lavoro

?Firenze, presentato uno dei percorsi del progetto alternanza scuola lavoro della Fondazione Teatro della Toscana, che riguarda la traduzione dal greco antico e la messa in scena de ‘Le Troiane’ di Euripide.

In questo percorso della Fondazione Teatro si cimenteranno circa 65 studenti provenienti da cinque licei classici dell’area metropolitana fiorentina (Dante, Niccolò Machiavelli, Michelangiolo e Marsilio Ficino) e il liceo scientifico Arturo Checchi di Fucecchio. La traduzione elaborata dagli studenti sarà il copione del nuovo spettacolo del Maestro Gabriele Lavia.

Sono più di 2.300 gli studenti delle scuole secondarie di 2° grado coinvolti per la stagione 2017.2018 nei vari percorsi di alternanza scuola-lavoro dalla Fondazione Teatro della Toscana.

Di questi oltre 250, provenienti da 15 istituti superiori   dell’area   metropolitana fiorentina, partecipano al progetto l mestieri dello spettacolo, ideato dal Centro Studi della Fondazione in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana.

Gimmy Tranquillo ha intervistato il Maestro Gabriele Lavia ed alcuni dei ragazzi che partecipano al progetto:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/01/180119_ALTERNANZA-SCUOLA-LAVORO_LAVIA-RAGAZZI.mp3?_=1

Il progetto è  stato  sviluppato  all’interno del protocollo  d’intesa  siglato  nel marzo  2017 tra  la Fondazione e l’Ufficio  Scolastico Regionale finalizzato alla creazione di un sistema integrato  teso a facilitare  l’inserimento degli studenti  in percorsi di alternanza ed in particolare  per il progetto l mestieri dello spettacolo, per sviluppare nei ragazzi la conoscenza dei luoghi di produzione culturali, come il teatro, attraverso il loro inserimento diretto e concreto nella realtà lavorativa.

Dopo una fase preliminare di formazione ed orientamento sul luogo teatrale e il contesto operativo comune a tutti gli studenti, segue il lavoro sul campo nei seguenti settori: comunicazione e promozione, centro studi, traduzione, museo e visite guidate, palcoscenico, laboratorio di scene e costumi, accoglienza sala. Il modulo introduttivo, iniziato dicembre scorso, prevede lezioni frontali, laboratori, visite guidate, visione di spettacoli e incontri con gli artisti; il modulo operativo si concentra invece sull’approfondimento, l’affiancamento e la realizzazione di progetti in  aree circoscritte  della ‘macchina’ teatrale.  Al termine del progetto, a maggio 2017, tutti gli studenti coinvolti daranno vita ad una giornata conclusiva di restituzione dell’esperienza presso il Teatro della Pergola

Inoltre, la Fondazione collabora ai progetti di alternanza scuola-lavoro promossi da Gallerie degli Uffizi, Musei del Bargello e Polo Museale della Toscana, che uniscono l’educazione al patrimonio artistico e paesaggistico con lo sviluppo delle capacità creative ed espressive degli studenti.  In particolare per la stagione 2017.2018 la Fondazione si occupa della realizzazione dei moduli di formazione relativi alla capacità di comunicazione in pubblico per i circa 2.000 studenti dei percorsi Ambasciatori dell’Arte, Ambasciatori del Verde, Professionalità culturali, e di quelli relativi alla realizzazione scenica per  i circa  100  studenti  dei  percorsi  Panchina delle  Fiabe e  Le  statue raccontano.

Istituti Superiori partecipanti al progetto di alternanza scuola lavoro l mestieri dello spettacolo: IPSSEOA Bernardo Buontalenti, IPSSEOA Aurelio Saffi, ITI Marco Polo, ISIS Piero Calamandrei, ISIS Piero Gobetti Alessandro Volta, Liceo Artistico Leon Battista Alberti, Liceo Ginnasio Dante, Liceo Classico Michelangiolo, Liceo Classico Niccolò Machiavelli, Liceo Scientifico Guido Castelnuovo, Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Liceo Scientifico Antonio Gramsci Liceo Scientifico Niccolò Rodolico, Istituto Superiore XXV aprile (Pontedera), Liceo Classico Marsilio Ficino (Figline Valdarno) ISIS Arturo Checchi (Fucecchio).

Lavia al Teatro Era, in prima nazionale ne’ Il Padre

La fondazione Teatro della Toscana presenta, in prima nazionale al Teatro Era di Pontedera sabato 13 e domenica 14 gennaio e alla Pergola di Firenze da martedì 16 a domenica 21 gennaio, ‘Il Padre’, diretto e interpretato da Gabriele Lavia.

Dopo Brecht e Pirandello, Gabriele Lavia si confronta per la terza volta nella sua carriera con Il padre di Strindberg. Sul palco al fianco di Lavia, Federica Di Martino. La casa, la famiglia, la resa dei conti, motivi simbolici per il drammaturgo svedese, vengono qui portati a un confronto ultimativo, che si impone con la lucidità dell’allucinazione.

“L’azione di quest’opera – afferma Gabriele Lavia – è tutta interiore e stretta nella morsa tragica dell’unità di tempo, luogo e azione nella quale deve essere compiuto il ‘delitto perfetto’: l’omicidio psichico. Il nostro spettacolo precipita l’azione dentro una vertigine di velluto rosso sangue dove il quieto salotto familiare comincia ad ‘affondare’ nel naufragio di ogni certezza. È il naufragio del mondo e della storia. Ma forse la vita non è altro che un naufragio”.

Il Capitano di cavalleria Adolf viene a scontrarsi con la moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. La consorte non esita a instillare nell’animo dell’uomo un dubbio atroce: la sua stessa paternità. Il lungo calvario mentale di Adolf lo sprofonda in un’angoscia devastante, fino a farlo precipitare, prosegue Lavia, “nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità”.

“Scritto con un’ascia, non con la penna”. Così August Strindberg definisce Il padre composto in una manciata di mesi nel 1887 che della tragedia, nel senso più autentico del termine, rivendica tutti i paradigmi, mettendo a nudo i nodi irrisolti di un rapporto coniugale inaridito in regole che hanno reso moglie e marito estranei l’una all’altro, rivali, nemici.

“L’intreccio del Padre – spiega Gabriele Lavia – è semplicissimo. Un marito sospetta che la moglie lo abbia tradito e che la figlia sia figlia di un altro. Marito, moglie, figlia e…l’altro. Un intreccio, diciamolo pure, banale, che nelle mani di Strindberg diventa un ‘abisso’. O, meglio, il precipitare nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità e l’avvento della condizione di ‘incertezza dell’essere’ dell’uomo che, dunque, deve fare i conti con la cultura, la storia e addirittura, poiché Strindberg scrive una tragedia classica, con il mito”.

Gabriele Lavia interpreta il marito, il Capitano di cavalleria Adolf, Federica Di Martino è la moglie Laura. Il cast si compone poi di Giusi Merli (La Balia), Gianni De Lellis (Il Pastore), Michele Demaria (Il Dottor Östermark), Anna Chiara Colombo (Berta, la figlia), e dei giovani attori diplomati alla Scuola ‘Orazio Costa’ del Teatro della Toscana, Ghennadi Gidari (Nöjd), Luca Pedron (L’Attendente). Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le musiche di Giordano Corapi, le luci di Michelangelo Vitullo.

“Siamo alla fine dell’Ottocento e, quindi, ci si muove – prosegue Lavia – in un ambito nel quale, ancora, non è possibile scientificamente provare con certezza la ‘paternità certa’ di un uomo. Solo la madre è certa. Il padre non è certo. Così il Capitano. Il Padre, cioè l’uomo del comando, privato di ogni certezza è condannato a soccombere di fronte alla donna che è più forte, perché ha la ‘certezza dell’essere’. La certezza dell’essere contro l’incertezza del non essere. E se l’essere uomo diventa ‘non essere’, diventa proprio come Amleto, follia”.

La vicenda personale alla quale più o meno precisamente può venir ricondotta l’opera, è in sostanza il matrimonio di Strindberg con Siri von Essen, da lui conosciuta quando è la baronessa Wrangel. Divorziatasi dal marito, Siri sposa Strindberg nel 1877 e gli dà quattro figli, dei quali tre hanno molta parte nella vita di lui. Ma il matrimonio attira e respinge insieme lo scrittore, e con tale veemenza, che egli dopo la prima avrà altre due mogli, ma resterà sempre inquieto e infelice. Il periodo in cui scrive Il padre è quello che precede il divorzio da Siri, sancito nel 1891, ma è pure il momento di sue intense e abbastanza sistematiche letture di psicologia, storia, politica, scienze naturali, e in cui si occupa anche di pittura, fotografia e ipnotismo.

Conclude Gabriele Lavia: “È proprio nel precipitare nella follia che il Capitano Adolf riesce ad affondare il suo ‘caso banale’ di sospetto di ‘corna’ nell’abisso della storia dell’uomo, fino al mito di Ercole (salvatore del mondo) e di Onfale (la grande de-virilizzatrice) che si scambiano i vestiti. Cosicché l’uomo diventa donna e la donna diventa uomo. Onfale con l’inganno s’impossessò della clava di Ercole e della sua pelle di leone, simboli della virilità e della forza. Ed Ercole, ingannato, indossò le vesti della bellissima Onfale, simboli della fragilità e dell’obbedienza. Il nostro Capitano, privato del potere economico e interdetto, impazzito e stretto nel vestito dei ‘pazzi’ (la camicia di forza), indosserà simbolicamente lo scialle profumato della moglie in una vertiginosa proiezione del mito”.

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