Duccio Dini: morì in inseguimento Firenze, iniziato processo appello

Iniziato a porte chiuse il processo d’appello per la morte di Duccio Dini: il 29enne fiorentino fu travolto e ucciso da un’auto

Si è aperto oggi davanti alla corte di assise di appello di Firenze il processo di secondo grado per la morte di Duccio Dini, il 29enne fiorentino che il 10 giugno 2018 fu travolto e ucciso da un’auto impegnata in un inseguimento tra cittadini mentre era fermo sul suo scooter davanti a un semaforo rosso.

A seguito del ricorso presentato dall’accusa contro l’assoluzione in primo grado di due dei sette imputati, i giudici hanno disposto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per riascoltare alcuni testimoni. Il processo di primo grado si era chiuso con cinque condanne, una a 25 anni e due mesi e quattro a 25 anni, e due assoluzioni.

Per tutti l’accusa era omicidio volontario sotto il profilo del dolo eventuale. A presentare ricorso in appello, oltre alla procura di Firenze per quanto riguarda i due imputati assolti, sono stati pure i difensori dei condannati e anche le parti civili ai fini del risarcimento.

I testimoni che saranno risentiti dai giudici di secondo grado sono tre carabinieri, tra cui i due intervenuti per primi sul luogo dell’incidente, due parenti degli imputati e Bajram Rufat, destinatario della spedizione punitiva. Al Palazzo di Giustizia questa mattina erano presenti anche i familiari di Duccio Dini, che però a causa delle restrizioni anti Covid non sono potuti entrare in aula dove erano presenti solo gli avvocati e gli imputati.

Presidente Corte d’Appello: “Ho chiesto intervento Csm su caso Breggia”

La presidente della Corte d’appello di Firenze, Margherita Cassano è intervenuta riguardo le critiche del Ministro dell’Interno Matteo Salvini sull’operato dei magistrati di Firenze. Cassano si è riferita, in particolare, al giudice Luciana Breggia che dopo aver dichiarato inammissibile il reclamo del Viminale contro la decisione di un giudice che aveva autorizzato un somalo richiedente asilo, a presentare domanda di iscrizione all’anagrafe al Comune di Scandicci, è stata invitata dallo stesso Salvini a candidarsi alle elezioni.

“Ritengo doveroso, quale presidente della Corte di Appello, intervenire in ordine al linciaggio morale cui è ingiustamente sottoposta la dottoressa Luciana Breggia, esposta per i gravi attacchi subiti a pericolo per la sua incolumità, attesa la risonanza mediatica e l’effetto moltiplicatore della galassia dei social” ha esordito Margherita Cassano.

“Comunico di aver richiesto l’intervento del Csm affinché valuti la sussistenza dei presupposti, a mio avviso ricorrenti, per l’apertura di una pratica a tutela, volta a riaffermare la piena legittimità dell’operato del magistrato e ristabilire il rispetto reciproco tra le istituzioni dello Stato”.

“Attacchi generici e ingiustificati non giovano alla comprensione delle problematiche giuridiche – ha aggiunto Cassano – e pregiudicano la serenità del giudice che nella sua attività quotidiana di interpretazione delle norme non deve essere soggetto a nessuna forma di pressione, interna o esterna, essendo la sua autonomia e indipendenza funzionali alla imparziale applicazione della legge, a sua volta finalizzata a garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi ad essa”.

“I magistrati – ha detto ancora la Presidente – non intendono sottrarsi a nessuna forma di confronto o di critica, purché fondata su circostanze di fatto veritiere”.

“Il Viminale – sottolinea ancora la presidente della corte d’Appello – poteva costituirsi in giudizio nella causa a Firenze del richiedente asilo per la sua iscrizione all’anagrafe. Una facoltà che non è stata esercitata comportando la decadenza. Il provvedimento di urgenza avente oggetto l’iscrizione di un cittadino all’anagrafe del Comune di Scandicci è stato adottato da un collegio composto da tre giudici e la dottoressa Luciana Breggia è stata l’estensore della motivazione che riflette il volere collegiale”.

“Il provvedimento dà atto che il potere di intervento del ministero dell’Interno è facoltativo” e “nel caso in esame il ministero non si è costituito nella prima fase della procedura svoltasi dinanzi a un diverso giudice. Ciò ne ha comportato la decadenza”.

“Il Ministero dell’Interno – ha concluso la Presidente – potrà per l’avvenire, ove lo ritenga, intervenire sia nelle procedure urgenti che in quelle ordinarie relative alla materia dello stato civile dell’anagrafe”.

“Nessun linciaggio, nessuna minaccia, nessun dossier: ho intenzione di usare tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento per sapere se è normale e opportuno che alcuni magistrati, pubblicamente schierati contro la politica del governo, abbiano giudicato in cause che coinvolgevano il Viminale. Mi spiace che venga chiamato in causa il Csm, che in queste settimane ha altro a cui pensare. Lavoro per la sicurezza di tutti gli italiani, magistrati compresi”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini, replicando alla presidente della Corte d’appello di Firenze.

Inail condannata a risarcire vedova operaio Solvay

La corte di appello di Firenze, sezione lavoro, ha condannato l’Inail a risarcire la vedova di un operaio della Solvay di Rosignano (Livorno), deceduto a seguito di un cancro al polmone provocato dall’esposizione all’amianto.

Il verdetto, di cui dà notizia l’Osservatorio nazionale amianto (Ona), ribalta la sentenza di primo grado pronunciata dal tribunale di Livorno. L’Inail dovrà “costituire la rendita” a favore della vedova dell’operaio della Solvay.

“Lo sportello Ona Rosignano – si legge in un comunicato – ha promosso a partire dal 2010 più di 200 azioni nei confronti dell’Inail, molte delle quali a buon fine già in sede amministrativa, altre in sede giudiziaria”. Il presidente dell’Ona, avvocato Ezio Bonanni, sarà a Livorno il 29 gennaio per un’assemblea pubblica.

“L’Ona – si precisa sempre nella nota – denuncia da tempo il picco di mortalità tre volte superiore alla media nazionale registrato nell’area di Livorno: 152 casi di mesotelioma, il tumore per eccellenza dell’amianto killer, su 156 mila abitanti in quindici anni, dal 1993 al 2008”. Livorno è la ventiseiesima città per numero di malati e di morti da amianto, “sei casi ogni 100 mila abitanti contro una media nazionale di due casi ogni 100 mila abitanti.

Unifi-Corte d’Appello, al via progetto: “La giustizia e le soluzioni complementari al processo”:

Giudici e giovani laureati fianco a fianco per analizzare e sperimentare azioni di risoluzione dei conflitti complementari al processo. Il progetto di ricerca promosso dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Firenze e dalla Corte d’Appello di Firenze, avviato in queste settimane, ha come obiettivo testare “sul campo” nuove modalità di gestione delle controversie legate alla mediazione. Un tema questo che oggi richiama sempre più l’attenzione dei professionisti del diritto.

Quattro giovani laureati dell’Università di Firenze saranno impegnati per un anno nello studio di casi specifici per valutare la possibilità di soluzioni conciliate dalle parti. Le borse di studio sono state erogate con il cofinanziamento della Fondazione CR Firenze. Il progetto è stato presentato oggi alla stampa da Margherita Cassano presidente della Corte d’Appello di Firenze, da Maurizio Barbarisi, presidente di sezione della Corte d’Appello di Firenze, da Patrizia Giunti direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Firenze, presente il rettore Luigi Dei.

«Questa iniziativa si colloca nell’ambito delle attività promosse da Scienze giuridiche come Dipartimento di eccellenza, selezionato dal Ministero dell’Università e della ricerca – ha detto Patrizia Giunti, direttore del Dipartimento -, in vista della formazione di giovani professionisti con competenze avanzate, intese sempre più come capacità di coniugare il sapere giuridico, chiamato ad affrontare problemi inevitabilmente peculiari e complessi, non solo con le specificità tecniche del caso, ma anche con la concretezza delle situazioni che vengono poste dalle parti, in ragione del fondamentale ruolo “sociale” rivestito dal giurista».

«Giudici, avvocati o manager si trovano oggi chiamati all’esercizio costante di quella capacità di muoversi “tra il caso e la norma” che viene definita prudenza – sottolinea Paola Lucarelli responsabile scientifica del progetto e del Laboratorio Un Altro Modo -. I borsisti dovranno imparare a valutare le caratteristiche degli interessi in conflitto per ricercare gli indici di negoziabilità e mediabilità del caso, orientarsi nella migliore scelta della gestione della lite, contribuire a un rapporto efficiente fra il processo e i percorsi complementari di risoluzione dei conflitti».

Nella foto allegata : da sinistra Silvia Zonnedda (Fondazione CR Firenze), Hanna Meini (borsista) , Serena Michelozzi (borsista), Maurizio Barbarisi (presidente di sezione della Corte d’Appello di Firenze), Margherita Cassano (presidente della Corte d’Appello di Firenze), Luigi Dei (rettore dell’Università di Firenze), Patrizia Giunti (direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche), Francesca Sartoris (borsista), Gabriele Ingannamorte (borsista)

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