Arpat: diminuiti servizi e personale, sindacati denunciano

Arpat sull’orlo del collasso: controlli su acque, emissioni in atmosfera e rifiuti calati dal 12 al 30%, personale diminuito del 17% (e con Quota 100 si perderanno altre professionalità senza sostituirle). La denuncia di Rsu e sindacati che proclamano lo Stato di agitazione: “Tutti si mobilitino per tutelare un soggetto fondamentale per garantire il diritto alla salute ed un futuro sostenibile ai cittadini toscani”

La RSU di ARPAT insieme a CGIL, CISL e UIL di categoria e con l’appoggio anche della RSA della dirigenza, ha dichiarato lo stato di agitazione di tutto il personale di comparto di ARPAT.
Nel corso degli ultimi anni più volte i sindacati hanno denunciato pubblicamente il progressivo deteriorarsi della situazione di ARPAT ed il pericolo che questo stato delle cose costituisce per l’ambiente della Toscana, per la salute dei suoi cittadini e anche per lo sviluppo economico che, per essere sostenibile, deve fondarsi sulla conoscenza dell’ambiente e delle sue dinamiche, la mission dell’Agenzia.

Oggi ARPAT è sull’orlo del collasso, a causa di un quadro nazionale incerto, ma soprattutto per politiche regionali miopi e scelte aziendali incomprensibili, che hanno determinato un progressivo depauperamento di risorse umane e strumentali e disastri sotto l’aspetto organizzativo ed operativo.

Da anni, in un contesto già difficile per le politiche nazionali di rigore verso le pubbliche amministrazioni, la Regione impone ad ARPAT ulteriori vincoli di bilancio, che hanno pesantemente inciso sulla spesa di personale e che ancora limitano la possibilità di assumere: tra 2010 e 2018 il personale è diminuito del 17% (da 771 a 637 dipendenti); nei prossimi mesi, anche per effetto di “Quota 100”, la situazione si aggraverà ulteriormente visto che, nell’impossibilità di garantire un adeguato turn-over, sarà inevitabile l’ulteriore perdita di professionalità e competenze indispensabili per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia e continueremo ad assistere all’inesorabile incremento dell’età media dei lavoratori, già superiore ai 50 anni.

Critica è anche la carenza di dirigenti, il cui numero è ormai insufficiente per coprire la direzione di tutte le strutture e per garantire le funzioni tecnico-professionali caratteristiche della figura dirigenziale all’interno delle Agenzie di protezione ambientale.
Ogni anno il bilancio di ARPAT si chiude con attivi milionari che, magicamente, vanno a rimpolpare le casse della Regione invece di essere reinvestiti in attrezzature e nelle strutture, sempre più vetuste. I finanziamenti regionali, per giunta, diminuiscono (-4 milioni di euro negli ultimi 5 anni).
Senza un radicale cambiamento nelle politiche regionali, risulterà impossibile anche il mantenimento dell’attuale livello qualitativo e/o quantitativo delle attività.

Solo nell’ultimo anno (confronto 2017-18), i controlli sono così diminuiti:

  • acque di scarico (depuratori civili e industriali, ecc.): -18%,

  • analisi alle emissioni in atmosfera di impianti industriali: -30%,

  • controlli sull’inquinamento acustico (strade, aeroporti, esercizi pubblici, ecc.) -38%,

  • controlli elettromagnetismo (stazioni radio, TV e telefonia; elettrodotti; ecc.) -10%,

  • controlli su impianti di gestione rifiuti (discariche, inceneritoti etc.) -12%

I pareri tecnici (per autorizzazioni e valutazioni ambientali) resi alle amministrazioni locali segnano quasi -8% e, su recente decisione della Regione, vengono rimpiazzati da un “contributo” rilasciato agli Uffici regionali, liberi di decidere come recepirlo (posizione unica regionale), privando i Comuni e gli altri Enti locali del supporto specialistico garantito dall’Agenzia nelle Conferenze dei Servizi.

Tutto questo è possibile perché ARPAT non ha una reale autonomia, ma rimane un ente dipendente della Regione, che non solo impartisce indirizzi programmatici, ma interviene direttamente sull’organizzazione e ultimamente anche sull’operatività. Peraltro al contrario di quanto prevederebbe la recente Legge 132/2016, che ha potenziato il ruolo delle Agenzie Ambientali e che attende, invano, da oltre un anno e mezzo, di essere recepita dal legislatore regionale, forse intimorito dal regime di terzietà che dovrebbe riconoscere ad ARPAT.

Adesso la Regione ha deciso di tagliare anche una parte sostanziale delle risorse aggiuntive che servono per garantire lo stipendio dei dipendenti di ARPAT, disattendendo accordi consolidati da anni.

Infine, per completare l’opera, l’attuale Direzione di ARPAT si limita ad assistere al progressivo disastro, tentando di eludere il confronto sindacale, bloccando di fatto il processo di riorganizzazione ed evitando anche di procedere al rinnovo degli incarichi dirigenziali.

In questo contesto di fatto si scarica ogni responsabilità sui singoli lavoratori, sempre più soli e disorientati. E’ paradossale che tutto questo avvenga in un territorio che ha nell’ambiente la sua principale fonte di ricchezza: un’attrattiva che richiama visitatori da tutto il mondo e il presupposto che sorregge una filiera di straordinarie produzioni agro-alimentari. Lavoro e benessere anche per le generazioni future. Per non parlare dei positivi riflessi in campo sanitario – che sono anche economici – del poter vivere in un ambiente salubre ed armonioso.

Viadotto E45, sindacati: sostegno al reddito ad imprese e lavoratori

“Parziale riapertura al traffico leggero non risolve i pesantissimi disagi economici e sociali che stanno colpendo le imprese, i lavoratori ed i cittadini dei territori interessati”. Lo dicono i sindacati Cgil, Cisl e Uil a proposito del viadotto Puleto sulla E45, nella zona di Valsavignone, nell’Aretino.

“Dopo quasi un mese di blocco totale della E45, la parziale riapertura al traffico leggero” del viadotto “affievolisce, ma non rimuove i pesantissimi disagi economici e sociali che stanno colpendo le imprese, i lavoratori ed i cittadini dei territori interessati”. È quanto dichiarano i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Tania Scacchetti, Luigi Sbarra e Ivana Veronese, in una nota, sottolineando la “forte diminuzione delle attività” a discapito delle imprese e delle comunità locali e che gran parte dei lavoratori “non ha accesso agli ordinari strumenti di sostegno al reddito e rischiano seriamente di perdere il proprio posto”.

Per questo, proseguono Scacchetti, Sbarra e Veronese, “chiediamo al ministro Di Maio l’apertura di un tavolo di confronto che coinvolga i rappresentanti delle regioni con l’obiettivo di mettere in campo specifiche misure di sostegno al reddito che permettano alle imprese e ai lavoratori di poter affrontare i tempi necessari al completo ripristino della circolazione salvaguardando l’occupazione e i salari”.

Nello specifico, concludono, “chiediamo una misura ad hoc, simile a quella che è stata trovata per i lavoratori colpiti dalla tragedia del crollo del ponte Morandi a Genova, che ha istituito un’indennità in grado di garantire a tutti i lavoratori dei territori interessati un sostegno al reddito”.

Oggi il ministro dei trasporti e delle infrastrutture, Danilo Toninelli, era in visita al viadotto Puleto ed ha affermato: “Il viadotto Puleto è stato riaperto l’altro ieri, ed è una buona notizia anche se è stato riaperto parzialmente, e l’obiettivo è riaprilo anche ai mezzi pesanti. Le notizie sembrano essere buone, il cantiere di Anas sta andando avanti e, mi dicono, entro trenta giorni si potrà presentare alla procura un’altra perizia sulla tenuta del viadotto e probabilmente, dipende dalla procura, in poche settimane si potrà riaprire anche ai mezzi pesanti per tornare finalmente alla normalità”.

Tav Firenze, Toninelli: “E’ un grandissimo disastro”.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, che era oggi a Firenze per la cerimonia inaugurale della linea della tramvia T2, si è lasciato andare a dichiarazioni sul nodo fiorentino della Tav. La Cisl chiede celerità a Toninelli nel dare una risposta sull’analisi costi-benifici.

“Ho analizzato bene il dossier e penso che rappresenti, purtroppo, e sottolineo purtroppo, un grandissimo disastro perché tra inchieste giudiziarie, tra progetti fallimentari, sbagliati, che sono stati cambiati, imprese in crisi… io non so come peggio di così si poteva fare”. Così il ministro Danilo Toninelli oggi a Firenze parlando del nodo fiorentino della Tav. “Analizzeremo tutta l’opera, d’interesse principalmente regionale, se riusciranno ad andare avanti senza di noi andranno avanti”.

La relazione dell’analisi costi e benefici della Tav – continua Toninelli – “domani la pubblichiamo sul sito del Mit e oggi la consegniamo sia a Di Maio sia a Salvini. Finalmente si aprirà un dibattito pubblico talmente importante, a partire dai numeri”, e quindi si potrà capire “quanto ci costa, quanti sono i benefici e non si creeranno opinioni su giudizi ma su dati scientifici”.

“Cogliamo l’occasione per chiedere al ministro Toninelli quando pensa di dare una risposta sulla valutazione costi-benefici alla Tav Fiorentina?”. E’ quanto chiedono Stefano Boni, segretario generale Fit-Cisl Toscana e Simona Riccio, segretario generale Filca-Cisl Toscana, al ministro.

“La Fit e la Filca, sindacati rispettivamente dei trasporti e dell’edilizia della Cisl – affermano Boni e Riccio in una nota – chiedono risposte immediate per migliorare il servizio treni pendolari, eliminando le strozzature esistenti e favorendo anche l’alta velocità e la mobilità nazionale e nello stesso tempo rilanciare l’occupazione, dando futuro a circa 300 operai in maniera diretta senza poi considerare l’indotto”.

10mila toscani a Roma con sindacati il 9 febbraio

10mila toscani sabato 9 febbraio alla manifestazione a Roma Cgil-Cisl-Uil per chiedere al Governo un cambiamento su lavoro e sviluppo. La segretaria generale di Cgil Toscana: “non scendiamo in piazza contro qualcosa, ma per avanzare le nostre proposte”.

Oltre cento pullman (e se ne stanno cercando altri per rispondere a tutte le richieste che stanno arrivando), chi userà l’auto, chi il treno: sono 10mila i lavoratori, i cittadini e i pensionati che partiranno dalla Toscana per partecipare alla manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil prevista per sabato 9 febbraio a Roma (hashtag #FuturoalLavoro), a sostegno della piattaforma unitaria con la quale le tre confederazioni avanzano le loro proposte al governo in materia di lavoro e sviluppo. La manifestazione partirà da piazza della Repubblica alle 9 e proseguirà con un corteo verso piazza San Giovanni in Laterano dove, alle ore 11, sono previsti gli interventi conclusivi dei segretari generali Maurizio Landini, Annamaria Furlan, Carmelo Barbagallo.

“Noi non scendiamo in piazza contro qualcosa, ma per avanzare le nostre proposte, per dimostrare che siamo una forza di cambiamento vero e per riuscire ad aprire col Governo un confronto serio, perché questo Paese non si cambia senza il contributo di lavoratori e pensionati. L’economia rallenta e va invertito il trend degli ultimi anni: servono investimenti, infrastrutture materiali e sociali, interventi concreti per lavoratori e pensionati, per i giovani, la crescita ed i diritti sociali”, dice Dalida Angelini, segretaria generale di Cgil Toscana.

“Il limite maggiore di questa manovra è che non contiene niente per la crescita e lo sviluppo e questo penalizza anche la Toscana – aggiunge Riccardo Cerza, segretario generale Cisl Toscana -. La nostra regione è pronta per cogliere la ripresa, ma per farlo servono investimenti, serve innovazione, serve lavoro, non assistenzialismo. Invece questa manovra blocca le infrastrutture, taglia le risorse per gli investimenti, le ore di formazione di alternanza scuola-lavoro, le risorse sull’innovazione per impresa 4.0: fa cioè il contrario di quello di cui c’è bisogno”.

Conclude Annalisa Nocentini, segretaria generale di Uil Toscana: “Chiediamo un confronto serio e concreto con la piattaforma che Cgil, Cisl e Uil, unitariamente, hanno sottoposto al Governo. A pagare non possono essere sempre i soliti, cioè lavoratori, pensionati e giovani. Serve una grande presa di coscienza: questo Paese ha bisogno di un dialogo aperto con il mondo del lavoro,  sgomberando il tavolo da pregiudizi e conflitti ideologici. Noi saremo in piazza proprio per ribadire che solo attraverso gli investimenti, che oggi non sono sufficienti, si crea occupazione e sviluppo. Su questo il sindacato è pronto al confronto e al dialogo con il governo senza rinunciare al ruolo che gli è proprio: difendere il lavoro”.

Contratto sanità privata fermo da 12 anni, via alle mobilitazioni

Per Marco Bucci, segretario della Cisl Fp regionale, i salari mensili della sanità privata sono inferiori di 200 euro rispetto alla controparte pubblica ed è “una situazione non più tollerabile”.

I delegati toscani di Cgil, Cisl, Uil della sanità privata, provenienti da tutti i territori in rappresentanza degli oltre tremila operatori del settore, hanno chiesto alle tre organizzazioni sindacali di proclamare lo stato di agitazione e il rafforzamento della mobilitazione.

“E’ una situazione vergognosa e inaccettabile – ha detto Riccardo Bartolini, segretario Funzione Pubblica Cgil – che vede il contratto nazionale fermo dal 2007. E nonostante il rinnovo del contratto della sanità pubblica del 2018 prosegue il blocco e la melina da parte delle associazioni datoriali Aiop e Aris” per quanto riguarda quello della sanità privata.

Per Marco Bucci, segretario della Cisl Fp regionale, i salari mensili della sanità privata sono inferiori di 200 euro rispetto alla controparte pubblica ed è “una situazione non più tollerabile”.

Le categorie di Cgil, Cisl e Uil regionali chiedono un intervento anche al presidente della Regione Enrico Rossi e all’assessore alla Salute Stefania Saccardi, perché anche la politica si muova a sostegno dei lavoratori. Si tratta di servizi per i quali il grosso dei finanziamenti delle case di cura e dei centri di riabilitazione rimane pubblico.

Le segreterie regionali hanno pertanto chiesto un incontro per approfondire il problema e chiedere una rapida presa di posizione in Conferenza delle Regioni.

Prato: chiude sede de Il Tirreno

Rammarico dei Comuni pratesi e di Femca Cisl. Si teme impoverimento dell’informazione locale.

“Ho appreso con molto dispiacere la notizia dell’imminente chiusura della redazione giornalistica pratese del Il Tirreno. Spiace per i giornalisti che, giorno dopo giorno, si sono occupati di raccontare la politica, la cronaca e l’attualità del territorio pratese in prima persona, spiace per l’intera comunità che dal 1 febbraio perderà una presenza importante dell’informazione locale che da sempre contribuisce al pluralismo dell’informazione”. Lo afferma il sindaco di Poggio a Caiano (Prato) Francesco Puggelli in merito al trasferimento della redazione pratese del quotidiano Il Tirreno a Pistoia.

“Ho fiducia e sono convinto che questa scelta organizzativa, che potrebbe portare alla riduzione degli spazi dedicati a Prato, non andrà a discapito del lavoro giornalistico sul nostro territorio – osserva Puggelli in una nota – conoscendo bene la professionalità e la passione dei redattori del Tirreno di Prato”.

Sulla vicenda è intervenuto, ieri, anche il sindaco di Montemurlo (Prato) Mauro Lorenzini, esprimendo rammarico per “la chiusura della redazione di Prato, tra l’altro negli anni sempre più depotenziata nel personale giornalistico. Una scelta editoriale che non condivido e che fa male a tutta la comunità, perché così Prato e provincia perdono una voce importante nel quadro del necessario pluralismo dell’informazione locale”.

Per il segretario Femca Cisl Firenze e Prato Mirko Zacchei, “siamo preoccupati per l’impoverimento dell’informazione locale determinato da questa decisione; ci auguriamo almeno che ciò possa far nascere una riflessione, alla quale non ci sottrarremo, più ampia e di tutti i soggetti coinvolti nelle politiche di indirizzo del territorio , che possa finalmente rilanciare un confronto condiviso e strutturale sui temi del lavoro e delle caratteristiche del nostro distretto”.

Exit mobile version