IL CAFFE’ SCORRETTO 29 ottobre 2020 – L’ora delle scelte irrevocabili

La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

“Rinunciare al conflitto per dedicarsi alla Nazione e ritrovare quel senso di umiltà che proprio la politica sembra aver smarrito”  quando leggi parole così scritte da Luigi Di Maio,  una volta capo politico di un Movimento che proprio sulla delegittimazione dei partiti e della Caste ha costruito  la propria fortuna, capisci che siamo entrati in una fase inedita della nostra storia. Una fase delicatissima e come tale decisiva, in cui ognuno di noi sarà chiamato a fare scelte che avrebbe ritenuto inimmaginabili solo fino a poco tempo fa. 

Da una parte il richiamo all’unità Nazionale che comincia a farsi voce grossa trasversale agli schieramenti;  dall’altra una tensione sociale che cresce e diventa palpabile giorno dopo giorno. Nel mezzo la vera contesa: riuscirà cioè la democrazia, nelle forme che conosciamo, a sopravvivere al virus? In Italia ed in Europa. ovvero nel continente che attraverso il tentativo di cerare un equilibrio, dinamico ma il più possibile realistico, tra esigenze di governo, rappresentanza, partecipazione, contemperazione  degli interessi, ha prima sperimentato poi proposto al mondo come  modello. Il reiterarsi degli Stati  di eccezione, o di emergenza, degli stessi lock down,  gli equilibri  mai chiariti tra le vare tecnocrazie (in questo caso virologi e microbiologi, ma prima economisti, climatologi, geologi etc) e la politica,   che effetti avranno sulla tenuta democratica delle singole nazioni e del continente nel suo complesso?

Oggi il tema  vero è esattamente  questo. Più delle questioni economiche, più delle prospettive sanitarie. Perché ovviamente l’umanità, come sempre accaduto, sopravviverà anche a questa prova. Ma a che prezzo, e in che forme? Prendete il diritto a manifestare ad esempio: a rigore di DPCM, oggi si può  andare ammassati in un tram, ma non  si può fare un corteo.

Incanalare la rabbia sociale e trovare un equilibrio solido in un quadro politico quanto mai frastagliato, già in crisi ben prima del covid: questa la sfida che attende la politica. E come tutte le sfide ha bisogno di parole ed orizzonti chiari. Di una prospettiva, che, al momento non sembra balenare all’orizzonte. perché tutti abbiamo in fondo creduto, sbagliando, che ne saremmo usciti uguali. Mentre il virus sta riscrivendo il DNA degli stessi schieramenti politici. Verso cosa è ancora presto per dirlo. 

DG

Il CAFFE’ SCORRETTO 28 Ottobre 2020 – Cosa resta dell’umanità senza ‘il superfluo’?

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Possiamo metterla come ci pare ma, gira e rigira, la cultura ed il benessere fisico sono diventati nuovamente il ‘superfluo’, quello che si può togliere senza che questo nuoccia. O semplicemente perché rappresenta il male minore.  Stamattina non voglio parlare delle conseguenze economiche che questo determina: l’uno e l’altro mondo sono volani di economie e di lavoro con fatturati non secondari. Su questo speriamo possa agire ed in fretta il ‘ristoro’ promesso dal Governo;  ovvero quello che, con un bruttissimo termine, sarà girato alle aziende ed ai lavoratori per evitare che soccombano all’ennesima crisi. 

No, la riflessione che vorrei brevemente svolgere  è leggermente più alta, ed ha a che fare con la natura stessa della nostra civiltà,  che si sta allontanando a grandissime falcate dal suo fondamento classico, le cui radici hanno sempre affondato nella cultura greco romana, una delle cui architravi era il concetto di kalocagatia (bello e buono),  tradotto nel motto latino ‘mens sana in corpore sano’ .

Nutrire la mente ed allenare il corpo oggi è ‘ciò che non serve’ . Quello che si può eliminare. Per un mese, due , poi chi lo sà…. E  pace se la piena umanità secondo i latini si raggiungeva nell’otium delle lettere e della contemplazione,  mentre il puro utilitarismo strumentale  si  incarnava nella vita dello schiavo, chiamato a lavorare e basta. 

L’umanità ridotta a veicolo di produzione e trasmissione della forza lavoro, mentale o fisica: ecco quella che ci consegnano i DPCM. Tanto più se pensiamo  che, a differenza dello schiavo, ci viene preclusa oramai anche una socialità non finalizzata alla produzione,  Chiaramente sullo sfondo c’è il problema della morte e della malattia che non va banalizzato. Ma non di sola malattia si muore. E non di solo virus ci si ammala. Soprattutto se, come pare, ancora ad oggi, nessuno ci  ha saputo dire con esattezza quanti casi di covid, magari quanti casi severi, siano fuoriusciti dalle palestre e dai teatri. Mentre si continua a descrivere l’altro, il prossimo, come un nemico, o un pericolo da evitare.

IL CAFFE’ SCORRETTO 27 ottobre 2020 – Il coraggio di scommettere sul futuro

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Ieri per la prima volta sia l’edizione cartacea che quella on line di Repubblica sono state pensate progettate e realizzare in remoto, attraverso lo smart working di giornalisti, grafici, tipografi, segretariato di redazione. Una delle più grandi imprese editoriali  d’Italia dunque trasferisce il proprio lavoro tra Cluod, fibre, giga reti, VPN. Non era mai successo, ed in un certo qual modo è il segno di una nuova era.

Una nuova era alla quale come sempre arriviamo in affanno, sbalestrati, confusi ed un po’ inquieti, spinti dall’emergenza virale e non da una scelta programmata. Eppure si tratta di un’opportunità da cogliere. Certo va immaginata prima che strutturata. Dobbiamo pensare ad una società e a dei servizi completamente diversi. E qui il ruolo della politica, dei sindacati, delle imprese diventa centrale.

Serve evidentemente un nuovo patto sociale che rifondi le basi stessi del nostro vivere, compreso, tema che ribadiamo da tempo, quelle urbanistiche. Abbiamo bisogno di nuove figure lavorative, di nuove tipologie  contrattuali, di nuovo welfare, e nuovi diritti,  di infrastrutture all’altezza della sfida e di  contesti in cui realizzarla.

Una socialità che da passiva diventa elettiva presenta dei rischi indubbiamente. Ma anche dei vantaggi. Dobbiamo pensarla prima di realizzarla, e capirne le implicazioni affinché possa essere, migliorativa della nostra umanità. E soprattutto dobbiamo fare in modo che nessuno rimanga indietro.   Il breve volgere dell’estate in cui ci siamo convinti che si poteva tornare tranquillamente alle nostre vecchie abitudini, anche a quelle negative o  pessime,  ci ha lasciato con un pugno di mosche alle prime piogge. Ora è il caso di mettersi seriamente al lavoro. Disegnando orizzonti nuovi.

Ci vogliono investimenti, certo, ma soprattutto intelligenze e sensibilità. E la convinzione di potercela fare, che è l’esatto opposto della paura   quasi rassicurante  in cui molti, troppi, si crogiolano. Niente sarà come prima non può essere solo uno slogan. Dobbiamo volerlo.

DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 26 ottobre 2020 – Le domande non fatte e le risposte non date

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Per essere credibile la politica deve essere comprensibile. Sulla base di questo principio, la chiusura delle palestre, delle piscine, dei teatri, dei cinema e  delle sale da ballo prevista dall’ultimo DPCM risulta inesplicabile almeno  per un paio di motivi.

Il primo è che 7 giorni fa -non un mese o due- lo stesso presidente  Conte nella diretta televisiva -che per gli italiani oramai sta diventando una sorta di consuetudine del Week end alla stregua di domenica In-  aveva detto che per questi settori ci sarebbe stato un periodo di osservazione dopo il quale sarebbero state prese delle decisioni . Cosa è stato dunque osservato in questi 7 giorni di così terribile? Ci sono per caso evidenze di enormi, insormontabili, elusioni dei protocolli tali da giustificare la chiusura? Non ci è dato saperlo.

La seconda questione riguarda i numeri dei contagi: esiste uno studio scientifico che dimostri in maniera inoppugnabile come le sale di cultura e quelle del benessere fisico siano luoghi in cui si assiste ad una particolare proliferazione dei contagi? Nemmeno questo ci è dato sapere.

Come non è dato sapere perché prima delle 18 nei ristoranti è tutto sicuro e, alle stesse medesime condizioni, dopo quell’ora la sicurezza svanisce improvvisamente come la carrozza di Cenerentola.

Domande cui il Presidente del Consiglio, o i singoli ministri ridotti a ruolo ancillare, non hanno risposto. Anche perché di fatto, in una conferenza stampa surreale come tutte le precedenti, nessuno è stato in grado di chiedere almeno queste semplici cose.

Chiudere per chiudere insomma. Chiudere per fare qualcosa. Magari per nascondere quello che non si è fatto in otto mesi: non un  parola sui trasporti, non una sulla medicina territoriale o sulle RSA, ad esempio.

Chiudere e poi stiamo a vedere Non è quello che si chiede alla politica.

DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 23 ottobre – Una politica senza orizzonti, che rischia di soccombere a sé stessa

La rubrica a cura di Domenico Guarino  va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

Goffredo Bettini, l’uomo del dietro le quinte, il regista invisibile che ha imbastito trame e scritturato protagonisti fondamentali per le ultime stagioni del centrosinistra (da Veltroni a D’Alema da Rutelli a Zingaretti)  ha deciso di fondare una sua area politica all’interno del PD: socialista e cristiana. Uno nome evocativo che presto si correderà degli strumenti teorici (una rivista) e tecnici (una scuola politica) classici del fare politica in Italia. Ma hanno ancora senso certe definizioni in Italia? Dirsi socialisti appunto, o di sinistra o di destra o di centro? la realtà come ci dimostra un recente sondaggio pubblicato da Ilvo Diamanti su Repubblica, il partito più votato oggi in Italia sarebbe quello del né né. Cioè il partito che non si riconosce  in nessuna delle famiglie tradizionali. Poi la destra e la sinistra. Infine il Centro. Che, dopo essere stato il protagonista per decenni della nostra vita politica rappresenta un’area oramai marginale capace di coinvolgere solo il 7% dell’elettorato, contro il 33 abbondante dei né né.  La politica si è, da una parte, polarizzata, dunque, dall’altra frammentata e territorializzata, come dimostra  recente successo dei governatori viceré, sommersi dai consensi nella recente tornata elettorale. Una politica pret a porter incapace di quei tempi lunghi che la costruzione di modelli richiede.  Tuttavia, il rischio vero, quello più grosso, è che sia proprio la politica in quanto tale ad aver perso appeal. Con i cittadini che guardano piuttosto alla concretezza delle scelte immediate, che non alle proiezioni verso un futuro ideale. L’hic et nunc di una società che ha perso il senso escatologico del domani. Sia esso laico che religioso. Mancano insomma quei grandi contenitori capaci di fare sintesi, a destra come a sinistra. Salvini, a cui fa difetto il piano valoriale; il Pd che non riesce più ad attrarre le masse popolari. Manca cioè quella sintesi che DC da una parte e PCI dall’altra erano capaci di compiere. La scomparsa dei cosiddetti due blocchi, insomma, alla fine ha nuociuto ad entrambi. Lasciando sul tappeto un terreno balcanizzato, fatto come si vede, da una  miriade di liste che si compongono e scompongono alla bisogna. Senza un reale orizzonte che non siano le prossime, immancabili elezioni.

DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 22 ottobre 2020 – La Montagna sarà (di nuovo) la nostra Liberazione?

La rubrica a cura di Domenico Guarino  va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

Quella che vi abbiamo raccontato ieri sera in Senza Sconti -trovate il podcast sul nostro sito-  è una bellissima storia di resilienza e creatività  che traccia un sentiero verso un futuro in cui le ambasce e le sofferenze dell’oggi potrebbero indirizzarci verso traiettorie nuove, e paradossalmente migliori. Il tema è: e se il covid fosse una specie di avvertimento verso l’umanità a staccarsi dal percorso in gran parte senza via d’uscita nel quale si è cacciato? Se ad esempio il tema della residenza e quello del lavoro non debbano essere, anche grazie alle nove tecnologie, riviste profondamente? E’ quello che sta a accadendo a Belmonte Calabro, un paesino in  provincia di Cosenza, di duemila abitanti  scarsi e tante case abbandonate. Una storia comune a tantissimi nostri borghi, anche in Toscana. Da alcuni anni un gruppo di ragazzi calabresi,  ne hanno fatto il fulcro di un sogno che si è tramutato in realtà. Un Paese che rinasce attraverso progetti di accoglienza. Per i migranti certo. Ma ora anche  per chi vuole fuggire dalle aree più affollate, per cercare  una vita migliore e più sicura. E così, un gruppo di studenti di architettura della London Metropolitan University, ha deciso di passare il proprio periodo di quarantena forzato, ovvero la necessità di fare didattica a distanza, propio a Belmonte Calabro, che diventa così il monito di una nuova era. Dove, grazie alle nuove tecnologie che separano sempre più lavoro e residenza, si può pensare a decongestionare le aree urbane, e, insieme a questo, ricostruire un equilibrio territoriale e paesaggistico  nel segno della qualità della vita e della salute. Un monito, una bella storia, che in questi giorni foschi ci da qualche motivo di speranza. Certo, tra la domanda e l’offerta, manca il ruolo della consapevolezza e soprattutto della politica.  Che è chiamata, oggi come non mai, a scelte coraggiose ed in qualche modo visionarie: sgravi fiscali, incentivi, servizi, infrastrutture digitali, contributi a fondo perduto per chi decidesse di trasferirsi in Montagna. Che forse, ancora una volta, come durante la Liberazione dal nazifascismo, sarà la nostra Resistenza e la nostra Liberazione.

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