Ponte Vecchio : Tar conferma divieto vendita  borse gioiello

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana ha respinto il ricorso proposto contro il provvedimento del Comune di Firenze, che ha vietato a Ponte Vecchio la vendita di ‘borse di pregio artigianale impreziosite da gioielli’.

“In questa zona, rilevante quale ‘sito Unesco’, il regolamento comunale, all’art. 8, comma 1, consente la vendita di ‘oggetti preziosi’, intendendosi con tale dizione ‘gioielli e articoli di oreficeria legati da tradizione secolare al Ponte Vecchio. Il Tar sostiene che  le ‘borse gioiello’ non  siano assimilabili agli oggetti di cui è consentita la vendita”, e dunque  il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana ha respinto il ricorso proposto contro il provvedimento del Comune di Firenze, che ha vietato a Ponte Vecchio la vendita di ‘borse di pregio artigianale impreziosite da gioielli’

Grande la soddisfazione espressa da Confcommercio, che insieme all’Associazione Ponte Vecchio si era costituita come controricorrente nel procedimento. “Un esito forse scontato, visti i fatti, ma di straordinario significato politico – sottolinea il direttore generale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – Ponte Vecchio e la sua specificità commerciale rappresentano un patrimonio da difendere e tutelare. Anche nel rispetto di una vocazione e di una esclusività che non possono essere messe in discussione.

Se borse e complementi dell’abbigliamento come quelli proposti da Braccialini fossero stati vendibili nel luogo più iconico di Firenze” chiosa Marinoni “certamente lo avrebbero fatto prima molti altri brand del territorio e non. L’impegno di tutta la comunità è quello di rispettare le regole che essa stessa si è data. E chi si affaccia in questa comunità dall’esterno è ben accetto se queste stesse regole le rispetta al pari di tutti!”.

 “Siamo soddisfatti della decisione del Tar: è coerente e in linea con la nostra idea di commercio. Il nostro obiettivo è tutelare il commercio di vicinato, la qualità e la pluralità dei negozi, storici e non, sia in area Unesco che fuori. Rafforzando le tutele oggi previste dal regolamento Unesco ed estendendole ad altre zone della città a forte vocazione commerciale, vogliamo difendere i negozi e le botteghe storiche e la vivibilità della nostra città”. Questo invece il commento dell’assessora ala welfare e candidata sindaca per il centrosinistra, Sara Funaro.

Soddisfatta anche la Lega “La decisione del Tar in merito a Ponte Vecchio ci soddisfa per due motivi: finalmente viene tutelata l’attività di oreficeria e, in secondo luogo, viene data ragione a chi denunciava la stortura, a cominciare dalla Lega”. È quanto afferma, in una nota, il capogruppo a Palazzo Vecchio Federico Bussolin .

“Non dimentico che il tema è stato sollevato con un nostro question time e che, in quel periodo, l’amministrazione non ravvisava problemi – aggiunge Bussolin  -. Come se le borse equivalessero ai gioielli tipici della tradizione orafa fiorentina. Dobbiamo ringraziare l’omonima associazione di Ponte Vecchio e la società civile per aver tirato le orecchie all’amministrazione fiorentina”.

Tribunale Firenze dichiara fallita Braccialini

Il tribunale fallimentare di Firenze, presidente Silvia Governatori, ha proceduto alla dichiarazione di fallimento della maison Braccialini dopo aver revocato l’ammissione al concordato preventivo e rigettato la domanda di omologa.

Il penultimo cda aveva chiesto l’ammissione al concordato preventivo nel giugno 2016 ma il tribunale fallimentare ha ora concluso che “nel caso della Braccialini vi era l’impossibilità tecnica di una gestione che, pur sgravata da oneri finanziari, dall’ansia delle azioni esecutive e supportata dalla collettività tramite ricorso massiccio a cassa integrazione, era ormai decotta”.

Per il tribunale c’è “una notevole alea rispetto a partite essenziali di attivo e passivo” e “plurime incertezze gravano sul concordato” quindi “non può ritenersi ‘assicurato’ il pagamento del 20% minimo ai creditori”. I marchi Braccialini e Tua nel 2017 furono venduti a Graziella Group che ne prosegue l’attività, mentre alla società originaria Braccialini, fallita, restano immobili, magazzino e marchi rimasti dalla precedente operazione.

Oltre alle difficoltà tipiche delle crisi aziendali, il tribunale fallimentare di Firenze, nel decreto in cui respinge la richiesta di concordato preventivo, rileva anche un aspetto particolare, e cioè che la casa di moda Braccialini spa avrebbe preso accordi con quattro fornitori, tutte aziende cinesi.

Accordi “relativi a duplicazioni di fatture e pagamento ‘per spalmatura’” di debiti pregressi, già maturati con gli stessi quattro fornitori, rinnovando i rapporti con questi quattro creditori con nuove forniture. Si tratta di operazioni nell’ordine complessivo di alcune centinaia di migliaia di euro che vennero pattuite nel periodo che va da febbraio a luglio 2016, cioè in tempi vicini, prima e dopo, alla richiesta di concordato.

Il tribunale fallimentare giudica ostativo all’ammissione di concordato questa emissione di fatture per pochi, selezionati creditori, un aspetto di cui i giudici rilevano “la natura fraudolenta e antigiuridica dell’effettuazione di pagamenti di debiti già maturati attraverso l’emissione plurima di fatture, in differenti versioni, cambiandone la data, e l’inclusione di creditori chirografari anteriori al concordato in nuove fatture attraverso la spalmatura di crediti anteriori al fallimento”.

In generale, uno dei legali della Braccialini spa, l’avvocato Francesco D’Angelo commenta il decreto del tribunale sottolineando “la trasparenza e la correttezza di questo consiglio d’amministrazione che ha ottenuto risultati significativi perseguendo sempre e solo l’interesse di tutti i creditori e i lavoratori”. La continuità aziendale, cioè produzione e commercializzazione di prodotti a marchio Braccialini con le maestranze storiche, prosegue ora sotto Graziella Group a cui i marchi Braccialini e Tua sono stati ceduti nel 2017 come rami d’azienda.

Invece sono tutti da capire i riflessi che la dichiarazione di fallimento potrebbe avere sull’inchiesta per bancarotta della procura di Firenze: ci sono oltre 25 indagati, ossia i membri dei cda in carica tra il 2011 e il 2014 e i collegi dei revisori di quegli anni in cui maturarono le difficoltà dell’azienda. Tra gli indagati risultano i fratelli Massimo e Riccardo Braccialini, della famiglia fondatrice, poi usciti dall’azienda.

Braccialini, Riccardo: nostro operato corretto

L’ex amministratore delegato della rinomata casa di accessori d’alta moda, Riccardo Braccialini, ha rilasciato una dichiarazione sull’inchiesta della procura di Firenze sull’operato finanziario della ditta dal 2011 al 2016.

“Le indagini della magistratura sono un atto dovuto e opportuno in caso di dissesto finanziario e di conseguente accesso ad una procedura concorsuale. In questa sede posso solo confermare, anche a nome di mio fratello Massimo, quanto andiamo ripetendo da tempo: confidiamo nell’operato della magistratura e auspichiamo che gli esiti dell’indagine possano mostrare le origini profonde del dissesto e la correttezza del nostro operato di cui siamo assolutamente certi”.

E quanto dichiarato, come riporta una nota diffusa dall’avvocato Giovanni Flora suo legale, da Riccardo Braccialini, ad dell’azienda di faimiglia fino al 2016, tra gli indagati di bancarotta dalla procura di Firenze per il dissesto finanziario della casa di moda fiorentina. Le persone coinvolte nell’indagine sono oltre 25, fra cui i membri dei cda in carica tra 2011 e 2014 e i sindaci revisori dello stesso periodo.

Tra gli indagati, oltre a Riccardo, attualmente presidente dell’Associazione italiana pellettieri Aimpes, anche il fratello Massimo. La casa di moda della famiglia dei due fratelli, che produce borse, è stata fondata nel 1954 da Roberto e Carla Braccialini. Il 6 maggio 2016 il cda chiese il concordato e dall’anno scorso la società Graziella Group ha acquisito il ramo d’azienda.

Braccialini: oltre 25 indagati per bancarotta

La procura di Firenze ha aperto un’inchiesta sulle vicende finanziarie della casa doi moda Braccialini. In analisi i bilanci fra 2011 e 2014. Tra gli indagati i fratelli Riccardo e Massimo Braccialini, accusarti di bamcarotta societaria da falso in bilancio.

Durante l’inchiesta, in corso da qualche tempo, perquisizioni sono state eseguite da parte della Guardia di Finanza negli uffici di Braccialini nei mesi di settembre e ottobre 2017. Al centro delle indagini, presunte irregolarità nei bilanci degli anni 2011, 2012, 2013 e 2014, tali da aver contribuito a far crescere l’insolvenza verso i creditori.

Tra gli indagati ci sono i fratelli Riccardo e Massimo della famiglia fondatrice e proprietaria. L’accusa principale è di bancarotta societaria da falso in bilancio e poggia, secondo le indagini della guardia di finanza, sui bilanci relativi agli esercizi chiusi nel 2011, 2012, 2013 e 2014.

Sempre in base a quanto appreso, i componenti del Cda in carica al momento della richiesta di concordato preventivo sarebbero indagati invece in relazione ad alcune fusioni tra società controllate dalla Braccialini. Fusioni che avrebbero contribuito ad aggravare il dissesto finanziario della società e sulla cui regolarità sono ancora in corso accertamenti.

Inoltre, secondo fonti inquirenti, sarebbero indagati anche gli amministratori del cda in carica quando l’azienda fece richiesta di concordato preventivo: in questo caso l’ipotesi di reato è diversa, cioè bancarotta semplice per aggravamento del dissesto finanziario in atto.

Braccialini ha attraversato vari momenti di difficoltà e avrebbe cumulato un passivo di 37 mln di euro. Il 6 maggio 2016 il cda decise di chiedere il concordato. Dal 2017 la società Graziella Group ha acquisito il ramo d’azienda con i marchi Braccialini e Tua.

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