Non ci sarà un nuovo processo per la morte di Roberta Ragusa

Roberta Ragusa, scomparsa la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 da Gello di San Giuliano, in provincia di Pisa. Respinto il ricorso del  marito Antonio Logli   condannato in via definitiva a 20 anni per omicidio volontario e distruzione di cadavere

Roberta Ragusa scomparve la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 da Gello di San Giuliano, in provincia di Pisa. Oggi la  Corte di Cassazione, secondo quanto riporta  Nazione, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa del marito Antonio Logli, l’elettricista pisano condannato in via definitiva a 20 anni per omicidio volontario e distruzione di cadavere dopo essere stato riconosciuto colpevole del delitto della moglie.

Logli si è sempre dichiarato innocente,  ed aveva presentato un ricorso contro la decisione della corte di appello di Genova che aveva respinto l’istanza di revisione. Dunque non ci sarà nessun  nuovo processo per la morte di Roberta Ragusa. 

“Non solo i giudici ma anche gli avvocati devono parlare con le sentenze e noi abbiamo parlato – ha commentato sui social l’avvocato Nicodemo Gentile, presidente dell’associazione Penelope che tutela le famiglie di persone scomparse e si costituì parte civile al processo – ed è motivo di soddisfazione professionale constatare che, ancora una volta, la Suprema corte è stata pienamente in linea con le nostre osservazioni tecniche. Con la coscienza a posto archiviamo la vicenda giudiziaria con la consapevolezza di aver ‘mantenuto la promessa’ e di aver dato dignità alla memoria della nostra Roberta”.

Soddisfatta anche Maria Ragusa, cugina della donna scomparsa: “Finalmente è finita. E’ stato un lungo percorso, abbiamo mantenuto la promessa: giustizia è stata fatta”. 

Antonio Logli in carcere con condanna a 20 anni per omicidio della moglie Roberta Ragusa

Antonio Logli è stato condotto nel carcere Livornese delle Sughere su disposizione della procura di Pisa per evitare che il detenuto potesse essere esposto davanti alla piccola folla di curiosi che si era radunata davanti alla casa circondariale don bosco di Pisa dove c’erano anche decine di cameramen e giornalisti.

Il trasferimento in carcere arriva dopo che ieri sera era stata confermata dalla Cassazione la condanna a 20 anni di reclusione per Antonio Logli, accusato dell’omicidio e della distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa, scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello, nel comune di San Giuliano Terme (Pisa) e mai più ritrovata.

La Suprema Corte ieri sera aveva considerato inammissibile il ricorso della difesa dell’imputato e ha reso definitivo il verdetto emesso il 14 maggio 2018 dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze.

Sono disperato”. È quanto avrebbe detto in lacrime Antonio Logli, a riferire le parole di Logli non appena venuto a conoscenza della sentenza della Suprema Corte, è il suo legale, Roberto Cavani. “Antonio è comunque una persona forte, dobbiamo stargli vicino”,

Per quanto riguarda i parenti di Roberta Ragusa invece, hanno accolto in lacrime la sentenza della Cassazione, “Finalmente si smetterà di dire che mia cugina era in giro a divertirsi. Mia cugina è morta, lo ha detto anche la Cassazione. Giustizia è fatta”, dice commossa Maria Ragusa.

Caso Ragusa: “Logli uccise per motivi economici”

Secondo i giudici”temeva ‘contraccolpi economici’. Antonio Logli è stato  condannato a venti anni dalla corte d’Appello diFirenze per aver ucciso la moglie Roberta Ragusa. Rese note motivazioni sentenza.

In sostanza secondo i giudici logli temeva  la perdita della scuola guida, gestita in societa’ con la moglie, o delle casa di famiglia.   La Corte d’appello rileva infatti che ‘la coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito’ con Sara Calzolaio (la giovane dipendente dell’autoscuola di famiglia ed ex baby sitter dei figli della coppia) e che ‘gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attivita’ di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita’.
Inoltre la donna, secondo anche le testimonianze raccolte, ‘aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione’ che, concludono i giudici fiorentini, invece ‘era avversata dal Logli che ne temeva i contraccolpi economici nonostante fosse pressato anche dall’amante’. Ma non solo.    Secondo la corte ‘il diritto al silenzio’ di Logli in tutta la fase processuale ‘certifica semplicemente la sua rinuncia a fornire la sua versione ma non indice sulla assoluta assenza di alternative letture della vicenda’ e il mancato ritrovamento del corpo di Roberta Ragusa ‘impedisce di verificare con quale mezzo sia stato cagionato l’evento morte ma non esclude certo che l’omicidio si sia realizzato e a opera dell’imputato, anzi rafforza per quanto possibile il quadro indiziario’.
‘Certamente un processo di natura indiziaria’, scrivono i giudici, nel quale tuttavia ‘la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado’ ha resistito anche nel procedimento d’appello che ha confermato la condanna.
   Dopo oltre sei anni, quindi, dal giorno in cui Roberta Ragusa e’ sparita nel nulla per i giudici fiorentini e’ ‘del tutto fantasioso e illogico pensare a un allontanamento volontario’
della donna ‘che sarebbe improvvisato, non programmato o preparato in alcun modo neppure per garantirsi nell’immediato i mezzi e le risorse piu’ strettamente necessari per la
sopravvivenza e tanto meno per porre le basi di una, per quanto improbabile, parallela esistenza lontana dall’ambiente di provenienza’. Da qui la conclusione che non solo su Logli grava ‘una lunga serie di indizi convergenti e rilevanti in ordine all’omicidio della moglie’ ma anche che la sua difesa non ha formulato ‘alcuna alternativa ricostruzione globale della
vicenda che ne esclusa la responsabilita”.

Roberta Ragusa: processo indiziario ma prove reggono

Le prove del processo per l’omicidio di Roberta Ragusa reggono “certamente un processo di natura indiziaria” tuttavia  “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito, il movente omicidio è economico, marito aveva un amante e interessi finanziari con la moglie.

Quello ad Antonio Logli, condannato anche in appello a vent’anni di carcere per l’omicidio e la distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa è stato “certamente un processo di natura indiziaria” tuttavia “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito anche nel procedimento d’appello che ha confermato la condanna. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza appena depositate dai giudici fiorentini.

Secondo la corte d’appello, al di là di “talune inesattezze” ravvisabili tra le diverse testimonianze “il compendio probatorio non risulta significativamente sminuito, data la assoluta complementarietà e convergenza degli degli elementi indiziari e logici che nella doverosa osservazione globale del dato probatorio conducono a risultati di confortante certezza”.

Per i giudici fiorentini è “del tutto fantasioso e illogico pensare a un allontanamento volontario” di Roberta Ragusa “che sarebbe improvvisato, non programmato o preparato in alcun modo neppure per garantirsi nell’immediato i mezzi e le risorse più strettamente necessari per la sopravvivenza e tanto meno per porre le basi di una, per quanto improbabile, parallela esistenza lontana dall’ambiente di provenienza”.

Da qui la conclusione che non solo su Logli grava “una lunga serie di indizi convergenti e rilevanti in ordine all’omicidio della moglie” ma anche che la sua difesa non ha formulato “alcuna alternativa ricostruzione globale della vicenda che ne esclusa la responsabilità”.

Il movente che ha spinto Antonio Logli a uccidere la moglie Roberta Ragusa è sostanzialmente economico. Lo affermano i giudici della corte d’appello di Firenze nelle motivazioni della sentenza che in secondo grado ha confermato la condanna dell’uomo a vent’anni di carcere per omicidio e distruzione di cadavere.

La Corte d’appello rileva che “la coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito” con Sara Calzolaio (la giovane dipendente dell’autoscuola di famiglia ed ex baby sitter dei figli della coppia) e che “gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita”.

Inoltre, la donna, secondo anche le testimonianze raccolte, “aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione” che, concludono i giudici fiorentini, invece “era avversata dal Logli che ne temeva i contraccolpi economici nonostante fosse pressato anche dall’amante”.

Infine, secondo la corte “il diritto al silenzio” di Logli in tutta la fase processuale “certifica semplicemente la sua rinuncia a fornire la sua versione ma non indice sulla assoluta assenza di alternative letture della vicenda” e il mancato ritrovamento del corpo di Roberta Ragusa “impedisce di verificare con quale mezzo sia stato cagionato l’evento morte ma non esclude certo che l’omicidio si sia realizzato e a opera dell’imputato, anzi rafforza per quanto possibile il quadro indiziario”.

Logli: “Non ho mai fatto del male a Roberta, lo giuro sui miei figli”

Lo afferma dopo anni di silenzio, in un”intervista che andrà in onda questa sera al programma di Rete 4 ”Quarto Grado”, Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa, la 44enne di Gello di San Giuliano Terme (Pisa), sparita nella notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012 e mai più ritrovata

Logli il 14 maggio scorso è stato condannato dalla corte d”appello di Firenze che ha confermato  i vent”anni per l”omicidio della moglie e la distruzione del cadavere.
Assistito dai suoi avvocati, Roberto Cavani e Saverio Sergiampietri, il marito di Roberta Ragusa spiega alle telecamere che “Il dolore che provo e ho provato è lancinante, è il dolore di una persona che sa di non aver fatto niente e che si vede crollare il mondo addosso”, aggiungendo che “la cosa che mi fa più male è che non si sa dove sia
Roberta”.
Logli, insistendo sulla versione dell”allontanamento volontario della moglie, che ha caratterizzato le tesi difensive nei processi, aggiunge: “La cosa che mi fa più male è che non si sa dove sia Roberta. Magari si trova in un posto lontano. Mi auguro che stia bene.
Non vorrei che vivesse da segregata. A distanza di anni non sappiamo proprio cosa pensare”.

Parlando poi del rapporto con sua moglie, Logli ammette di averla tradita con un”altra donna, “non posso nascondermi, ma il nostro era un rapporto tra persone mature e non c”è mai stato nessun litigio”, e ribadisce che “non ho mai fatto male a nessuno, tanto meno
a Roberta, questo lo giuro sui miei figli”.

‘Caso’ Ragusa: Corte Appello conferma 20 anni a marito Antonio Logli

 Logli è  accusato dell”omicidio e della distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa, scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dal sua casa di Gello, nel comune di San Giuliano Terme e mai più ritrovata.

La corte d”assise d”appello di Firenze che questo pomeriggio ha confermato la sentenza a 20 anni di reclusione per Antonio Logli per l”omicidio della moglie Roberta Ragusa ha anche confermato per l”uomo l”obbligo di residenza nel comune di San Giuliano Terme (Pisa) e il divieto di allontanarsi dalla provincia di Pisa dalle 21 alle 6.
La pubblica accusa aveva chiesto alla corte invece che, in caso di condanna, fosse disposta la misura di custodia cautelare.
Nessuna parola di commento sulla sentenza, all”uscita del palazzo di giustizia di
Firenze , da parte di Antonio Logli.  “Ricorreremo in Cassazione” ha annunciato invece uno dei suoi legali, Roberto Cavani, spiegando che comunque si dovranno leggere prima le motivazioni.
Il processo d”appello si è svolto in camera di consiglio avendo Logli scelto il rito abbreviato. Presenti in aula hanno riferito che l”uomo non avrebbe manifestato alcuna reazione al momento della lettura della sentenza. In aula c”era anche uno dei figli, Daniele, diventato da poco maggiorenne, che prima dell”inizio del processo d”appello aveva presentato una memoria ai giudici chiedendo l”assoluzione del padre.
Siamo soddisfatti è la sentenza che ci aspettavamo. Il tempo che ha impiegato la corte per decidere è servito ai giudici per sviscerare bene la questione” ha commentato
l”avvocato Enrico Maria Gallinaro, difensore di parte civile.
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