Giugno Aglianese 1 – 30 giugno 2018

Il Giugno Aglianese 2018 sta per arrivare e le novità saranno davvero tantissime. Un insieme di esperienze, idee e passioni che porteranno ad Agliana ancora una volta tantissime persone dal primo al 30 giugno 2018

Musica Arte, Danza, Sport, Arti visive e molto altro.. Si parte il 6 giugno con i pratesi Fantasia Pura Italiana, il 7 giugno è invece atteso Bugo + Seawards, tra gli eventi da non perdere consigliamo Marina Rei e Paolo Benvegnù  (il 14 giugno ore 21.00 Parco Pertini di Agliana) presenteranno insieme  brani inediti, riletture di classici della canzone italiana e brani indimenticabili del loro repertorio. Il 17 giugno ospite del festival Massimo Ceccherini con uno spettacolo – cena pieno di gag, sketch, e cabaret, accompagnato  da Gianluca Calandrino. Oltre allo spettacolo, danza, sport, street food, arte per il programma completo vi rimandiamo al sito ufficiale

0574.75.03.33 info@giugnoaglianese.it

Peter Broderick in Sala Vanni, venerdì 8 giugno 2018

Musicus Concentus per Secret Florence presenta il concerto del multistrumentista Peter Broderick ospite della  Sala Vanni di Firenze,  venerdì 8 giugno, alle ore 21.15. Posto unico 10€ – ridotto in prevendita 5€

Peter Broderick, classe 1987, è un multi-strumentista e cantante nato e cresciuto in Oregon. Fin da giovanissimo rimane affascinato dalla scena folk e ben presto ne diventa partecipe, tanto che nel 2007 si trasferisce in Danimarca dove inizia la lunga e prolifica collaborazione con la band Efterklang in un tour quinquennale.
Nel frattempo registra diversi album in solo, che spaziano dalla musica classica, come l’album di debutto Float, alla folk di Home – sperimentando costantemente diversi generi musicali e ricevendo commissioni per colonne sonore di film e spettacoli di danza. Peter si trasferisce poi a Berlino, dove incontra e collabora con moltissimi artisti vicini alla sua stessa sensibilità come Nils Frahm e Greg Haines. Ora conosciuto come uno dei veterani della prestigiosa label Erased Tapes, Peter ha all’attivo ben undici release su questa etichetta, in compagnia di nomi come il già citato Nils Frahm, Lubomyr Melnyk, Ólafur Arnalds e Kiasmos. Del 2009 il capolavoro Music For Falling From Trees, a seguire Music For Congregation e Music For Confluence rispettivamente del 2010 e 2011, quest’ultima colonna sonora del documentario di Jennifer Anderson e Veronon Lott su cinque delitti irrisolti nello stato di Idaho. These Walls Of Mine del 2012 rivela i pensieri più intimi di Peter, in un’esplorazione che parte dal gospel, passando per soul e spoken word fino ad arrivare al rap. Inspirato da Mecostics di John Cage, nel 2016 esce Partners, una serie di brani voce e pianoforte, e il 2017 è la volta dello splendido All Together Agian dove Peter riunisce brani creati nei suoi primi dieci anni di carriera

 

Maggio Musicale: Mikhail Jurowski a tu per tu con Šostakovic

Appuntamento domani, giovedì 7 giugno alle 20, per il concerto che vedrà il maestro Mikhail Jurowski impegnato nel dodicesimo concerto del ciclo dedicato a Dmitrij Šostakovic: il direttore d’orchestra, considerato uno degli interpreti di riferimento delle musiche del compositore russo, salirà per l’occasione sul podio del Teatro del Maggio Musicale.

Mikhail Jurowski torna nuovamente a dirigere l’Orchestra del Maggio Musicale dopo il grande successo dei due concerti del ciclo Čajkovskij/Stravinskij del 12 e 15 aprile, in occasione dei quali aveva sostituito sul podio il maestro Zubin Mehta.
Il programma prevede i Quattro pezzi di Girolamo Frescobaldi, la Sinfonia n.1 in re maggiore op. 25 Classica di Sergej Prokof’ev e infine la Sinfonia n. 14 in sol minore op. 135 di Šostakovic.

Penultima opera del copioso catalogo sinfonico di Šostakovič, la Sinfonia n. 14 stupisce per struttura formale e organico scelti. Gli undici episodi vocali in cui è suddivisa e un’orchestra ridotta alla sola sezione degli archi e delle percussioni la avvicinano infatti a una sorta di ampia cantata per soprano, basso e orchestra da camera. I testi scelti per quest’opera, in cui Šostakovič rappresenta la morte nella molteplicità dei suoi aspetti, spaziano da Lorca, Apollinaire, Küchelbecker e Rilke. Ogni episodio sviluppa un proprio quadro espressivo ma fin dalle prime battute si impone un’atmosfera mesta e dolente, solo a tratti squarciata da accenti di tragica ironia.

La sinfonia si apre con il De Profundis su una poesia di García Lorca, seguito da Malagueña dello stesso autore, mentre Lorelei di Apollinaire introduce altri cinque testi musicati con toni ora buffi, ora strazianti: si passa dall’assolo di violoncello che introduce Il suicida ai toni scherzosi e irriverenti de La risposta dei cosacchi dello Zaporož’e al Sultano di Costantinopoli, un topos della cultura russa, per continuare con O, Delvig, Delvig di Wilhelm Küchelbecker, terminando con La morte del poeta e Conclusione di Rainer Maria Rilke. I solisti chiamati a interpretare i brani di Šostakovic sono il soprano Evelina Dobraceva e il basso Alexey Tikhomirov.

Mikhail Jurowski
Nato a Mosca nel 1945, è uno dei direttori più celebri della sua generazione. Cresciuto nell’Unione Sovietica, entra in contatto con gli artisti russi più famosi in campo internazionale, fra cui in primo luogo Dmitrij Šostakovič, la cui personalità esercitò una profonda influenza su di lui, tanto che oggi è considerato uno degli interpreti di riferimento delle musiche del grande compositore, come testimonia il Premio Internazionale Šostakovič ricevuto nel 2012 dalla Šostakovič Gohrisch Foundation. Prima di lasciare l’Unione Sovietica, Mikhail Jurowski ha studiato al Conservatorio di Mosca con Leo Ginsburg e Alexei Kandinsky, per poi iniziare una brillante carriera che lo ha portato più volte sul podio della Komische Oper Berlin, dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio Televisione di Mosca, del Teatro dell’Accademia di Musica Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca e del Teatro Bol’šoj. Nel 1989, lascia l’Unione Sovietica, dopo che gli era stato offerto un incarico stabile alla Dresden Semperoper: da allora dirige prestigiose orchestre in tutto il mondo e diviene General Music Director e Direttore principale della Nordwestdeutsche Philharmonie, Direttore principale della Leipzig Opera, della WDR Rundfunkorchester e della Deutsche Oper Berlin e Direttore principale ospite dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Berlino. Come direttore ospite collabora con le Orchestre Filarmoniche di Londra, Bergen, Varsavia, Lubecca, Monte-Carlo e San Pietroburgo, con la Leipzig Gewandhaus Orchestra, la Dresden Staatskapelle, l’Orquesta Sinfónica de Galicia e la Norrköppings Symfoniorkester. Attualmente è Direttore principale ospite della Sinfonia Iuventus di Varsavia. Nominato ai Grammy per i suoi 3 CD dedicati alle musiche di RimskijKorsakov con la Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, ha realizzato numerose incisioni.

Paolo Fresu Devil Quartet. Mercoledì 6 giugno a Poggibonsi (Siena)

Per celebrare “Il giorno di Poggio Imperiale”, un concerto che fa parte della nuova edizione del “Festival Piazze d’Armi e di Città 2018- XIVa edizione” nella programmazione di Jazz Cocktail Estate. Paolo Fresu Devil Quartet, mercoledì 6 giugno

Programma della giornata: ore 19:00 Archeodromo Visita guidata gratuita a cura dell’Associazione Culturale Started con la partecipazione “sonora” di Paolo Fresu.
Aperitivo con la “Birra di Carlo Magno” del Birrificio San Gimignano. ore 21:30 Cassero della Fortezza di Poggio Imperiale, Poggibonsi, (Siena) Paolo Fresu Devil Quartet

“Una buona invenzione dell’Italian Style”, così il compianto Vittorio Franchini in un suo articolo etichettò la proposta del quartetto di Paolo Fresu.
Dopo un’alba “elettrica” sulla scia della fortunata precedente esperienza del leader con il quartetto Angel, i nuovi “Devil” protagonisti di questa avventura hanno trovato nuova linfa creativa e macinato tanta esperienza e tanta strada nei territori della musica del nostro tempo. Fresu, Ferra, Dalla Porta e Bagnoli sorprendono ancora proponendo quello che sembrava essere stato il gruppo più “elettrico” del jazz italiano degli ultimi anni, in una versione completamente acustica, ribaltando canoni e abitudini.

Cassero della fortezza del poggio imperiale, Poggibonsi (SI), biglietto unico 18/16 € + d.p. Ore 21.30

Formazione:

Paolo Fresu ,tromba, flicorno

Bebo Ferra, chitarra

Paolino Dalla Porta, contrabbasso

Stefano Bagnoli, batteria

Disco della settimana: Roger Daltrey

Roger Daltrey ha appena pubblicato un nuovo album solista, dal titolo “As Long As I Have You”. Brani originali e qualche cover per un progetto che il frontman 74enne degli Who ha descritto come “un ritorno agli inizi, ad un tempo in cui eravamo un gruppo di adolescenti e suonavamo musica soul per piccole folle negli androni delle chiese”.

Tra le cover interpretate da Daltrey “Into My Arms” di Nick Cave, “You Haven’t Done Nothing” di Stevie Wonder, “How Far” di Stephen Stills e la title track originariamente registrata da Garnet Mimms nel 1964, anno in cui Daltrey, Townshend, Entwistle e Moon decisero di cambiare il nome del gruppo da The High Numbers a The Who.

Così ha accolto il disco Rockol, il primo ad occuparsi dell’album:

L’essere rocker (o qualcosa di simile, perdonate la definizione tagliata con l’accetta) con oltre 50 anni di esperienza sulle spalle ha un vantaggio non disprezzabile: un bagaglio di amicizie e conoscenze che si possono coinvolgere facilmente quando si fa una puntatina in studio. Ed è proprio quello che il buon Daltrey ha fatto per questo suo nuovo lavoro solista.

Roger per “As Long As I Have You” ha convinto a unirsi alle session il quasi inseparabile compare Pete Townshend e Mick Talbot (Style Council, Merton Parkas, Dexy’s Midnight Runners…): e scusate se è poco. Con loro in squadra ha assemblato quello che è in gran parte un album di cover, ma – per fortuna – un album di cover con un senso differente dal più tipico “mettiamo insieme una decina di pezzi, una cosa veloce che devo pagare l’affitto del monolocale al mare”.

Già, perché – fatta eccezione per una manciata di pezzi originali (“Certified Rose” e la ballata “Always Heading Home”) – questo disco è una sorta di omaggio di Roger alle proprie radici soul, ma non solo: anche ad artisti che lo hanno toccato (si veda la sua struggente versione di “Into My Arms”, originariamente di Nick Cave).

Il senso dell’operazione è ben riassunto dal protagonista stesso, che spiega:
“Questo è un ritorno alle origini, a prima che Pete [Townshend] iniziasse a scrivere le nostre canzoni, quando eravamo una teenage band che suonava musica soul per poche persone in una chiesa. Questo è quello che eravamo, una soul band. Adesso posso suonare il soul con tutta l’esperienza di cui c’è bisogno per farlo. La vita ti insegna cosa è il soul. Ho sempre cantato dal mio cuore ma quando hai 19 anni non hai abbastanza esperienza di vita, non hai ancora passato tutti i traumi, i problemi che fronteggi quando arrivi alla mia età. Quando canti metti nelle canzoni tutte le ferite emotive della vita, queste emozioni entrano nella tua voce. Senti il dolore di un amore perso. Lo senti e lo canti e questo è il soul. Per molto tempo ho voluto tornare indietro verso la semplicità di queste canzoni, per mostrare alle persone la mia voce, una voce che non avevano mai sentito prima. Credevo fosse arrivato il momento giusto. È qui che sono, guardo indietro a quel periodo, ripercorro tutti quegli anni per arrivare qui, dove sono adesso, in un momento pieno di profondità”.
Belle parole. E andando più a fondo, ossia puntando alla musica, l’impressione è decisamente positiva. I 74 anni di Daltrey sono ben portati a livello artistico e non solo fisico: è così che l’ascolto risulta molto piacevole in più di un frangente. Forse, e questo pare un paradosso, gli episodi meno elettrizzanti sono i due originali – ma solo per il fatto di essere accostati a classici con cui è difficile competere (specie, poi, dopo il trattamento di rilettura Daltrey/Townshend). Ma non c’è proprio di che lamentarsi. Anzi.

 

Paolo Benvegnù torna con lo spettacolo teatrale “H3+”

Questa estate Paolo Benvegnù, uno degli autori più raffinati e sensibili del panorama italiano, oltre al tour con Marina Rei dal titolo “Canzoni contro la disattenzione”, tornerà con il suo spettacolo teatrale “H3+” e con alcuni concerti in solo (chitarra e voce). Occasioni che porteranno la sua musica e le sue parole in vari festival ed eventi durante tutta l’estate. 7 giugno a Livorno, 23 giugno a Firenze, 2 agosto Arezzo

Lo spettacolo-concerto “H3+” è un viaggio ai primordi del mondo, alla scoperta di una terra distrutta e rinata sotto forma di pioggia, riossigenata dalla comparsa del mondo vegetale. A restituire la memoria di tutto questo, la coscienza e la visione dell’uomo che ne è stato testimone, le cassette di un vecchio registratore. La voce narrante è quella dell’ “Homo Selvaticus”, un ipotetico essere senza volto, capace di comparire e scomparire, esistere e morire al tempo stesso, attraversare epoche intere in una sola vita.  La musica e i testi sono quelle del collettivo Benvegnù e accompagnano il pubblico in quello che è in tutto e per tutto un  viaggio dalla Terra allo spazio interstellare, dal reale all’immaginato. In conclusione, un atterraggio dolce, sempre guidato dal filo rosso della narrazione teatrale.

CALENDARIO:

7/06 Livorno – Fortezza Vecchia

8/06 Cotignola (RA) Saluti da Cotignyork

22/06 Piove di Sacco (PD) – Piazza Vittorio Emanuele II

23/06 Firenze – Ex Manicomio di Firenze – Estate a San Salvi

2/08  Arezzo – Arena Eden – Festival delle Musiche

In “H3+ – Spettacolo Teatrale con Luca Ronga”, che partirà il 7 giugno da Livorno, Benvegnù riproporrà le canzoni del disco omonimo e i brani degli altri due album della trilogia “con l’H”, “Earth Hotel” ed “Hermann”. In scena, oltre ai brani, accanto al teatrino di marionette, un’autentica stanza delle meraviglie, ci sarà un registratore, con il racconto di quello che è stato, quello che è e quello che sarà.

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