Middle East Festival: opening night con il film Wajib

La 9ª edizione del festival dedicato al Medio oriente contemporaneo Middle East Now si apre martedì 10 aprile alle 21.00 al Cinema La Compagnia, dove la regista palestinese Annemarie Jacir introdurrà il suo ultimo lavoro “Wajib”. Premiato come Miglior Film al Festival Internazionale del cinema di Dubai, candidato agli Oscar 2018 per la Palestina, il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 19 aprile

Tra le voci più rappresentative del cinema medio orientale dei nostri giorni, che ha scritto, diretto e prodotto oltre 16 film, Annemarie Jacir torna a dirigere il celebre attore Saleh Bakri, protagonista insieme al padre Mohammed Bakri della pellicola Wajib in cui si raccontano le vicende di Abu Shadi, padre divorziato e insegnante ultra sessantenne che vive a Nazareth e di suo figlio Shadi, architetto che arriva da Roma dopo anni di assenza, per aiutare il padre a onorare il suo “wajib”: consegnare a mano le partecipazioni al matrimonio della figlia, secondo la tradizione palestinese. Un gesto solenne e culturalmente importante che dà vita a un road-movie toccante, per esplorare la complessità del rapporto tra padre e figlio, ormai quasi estranei, nel confronto tra liberà e dovere, modernità e tradizione.

Ad introdurre la serata l’attrice teatrale Laura Croce, che interpreta brani del poeta palestinese Mahmoud Darwish tratti dalla raccolta “Undici pianeti” (edizioni Jouvence), e l’anteprima europea di “The Best Life”(Kuwait, 2016) del giovane regista kuwaitiano Meqdad Al-Kout, divertente cortometraggio sull’ossessione contemporanea dell’essere connessi.

Fino a domenica 15 aprile al Cinema La Compagnia sarà visibile la mostra “Flying Boys” della fotografa Tamara Abdul Hadi con immagini di giovani uomini catturati mentre sono in procinto di tuffarsi o volano in aria, pronti a gettarsi nelle acque del mare intorno a Beirut, Akka, Tunisi e Gaza, in cui dove il mare sembra rappresentare la libertà, il sollievo e la calma, attraverso.

INFO: Opening Night del festival con “Wajib” di Annemarie Jacir
Martedì 10 aprile ore 21.00 – Firenze, Cinema La Compagnia, via Cavour 50/r

SITO FESTIVAL

 

“Appuntamento al buio” alla Pergola: girotondo di destini firmato Andrèe Ruth Shammah

Da martedì 10 a domenica 15 aprile Andrée Ruth Shammah dirige al Teatro della Pergola di Firenze la novità assoluta per l’Italia “Cita a ciegas” (Appuntamento al buio): un sorprendente girotondo di destini interpretato da Gioele Dix, Laura Marinoni, Elia Schilton, Sara Bertelà, Roberta Lanave.

“Cita a Ciegas (Appuntamento al buio) è un thriller appassionante – afferma la regista – un avvincente intreccio di incontri apparentemente casuali dove violenza, inquietudine e comicità serpeggiano dentro rapporti d’amore. E’ il testo di Mario Diament più rappresentato nel mondo: è stato per cinque anni in cartellone a Buenos Aires e in molti teatri in Sud America e negli Stati Uniti; in Europa è stato rappresentato a Parigi, Stoccolma e in Ungheria”.

Un uomo cieco, Gioele Dix, è seduto su una panchina di un parco a Buenos Aires. È un famoso scrittore, ispirato a Jorge Luis Borges, che era solito godersi l’aria mattutina; è a lui infatti che è ispirato il personaggio di Gioele che, insieme a Laura Marinoni (la Donna), Elia Schilton (l’Uomo), Sara Bertelà (la Psicologa), Roberta Lanave (la Ragazza), dà vita a uno spettacolo che svela il gioco del destino che gioca sempre allo stesso gioco. Quella mattina la meditazione dell’uomo cieco viene interrotta da un passante: da qui una serie di incontri e dialoghi svelano legami tra i personaggi sempre più inquietanti, misteriosi e a tratti inaspettatamente divertenti.

E’ stato un vero e proprio colpo di fulmine per la regista Andrée Ruth Shammah: Diament è uno scrittore interculturale, un emigrato e un esule che scrive della e sull’Argentina, l’identità e l’isolamento: “Cita a ciegas è un testo che richiede di andare dentro la vita – dice Andrée Ruth Shammah – l’abilità sta nel trasformare tutte quelle cose che non sono visibili, tangibili, che non hanno corpo, come i pensieri, le intenzioni del personaggio, in qualcosa di concreto, riconoscibile nei corpi, nell’intonazione. Bisognava trovare il modo di rivelare tutto quello che non si dice. Lo scrittore cieco, in cui è facile riconoscere il celebre Borges, parla delle realtà parallele, dei due mondi, fa teoria, ma parla di sé, della sua realtà. Quando non vedi, vedi altre cose, dunque c’è un’altra realtà e lui la abita nella sua cecità, che lo rende intuitivo”.

“Non bastava tradurre il testo dall’inglese – interviene ancora la regista – ho confrontato le varie versioni rappresentate nel mondo, le varie traduzioni in diverse lingue e poi ho rimesso insieme i pezzi. Cita a ciegas è stato ra

ppresentato ovunque. Mario Diament, che io amo chiamare “Diamante Diabolico”, ha costruito questa storia con un rigore assoluto, in un insieme di rimandi, coincidenze. Costruisce un meccanismo perfetto, un mondo che prende forma al di là delle parole, della pagina. Volevo sottolineare questa capacità del testo di andare dentro la vita e oltre la realtà”.

In scena c’è una panchina e di fronte a essa, dove il tempo determina giorni e stagioni, frammenti di vita. Lì è seduto il Cieco, il testimone attorno al quale la regia spinge da subito i personaggi che si raccontano attratti dal suo silenzio; lui, lo scrittore, che presta il suo corpo cieco all’avvicendarsi di racconti che denunciano lo stesso irrinunciabile desiderio. Panchina e testimone sono una sola cosa. Quello che deve succedere viene svelato come se non succedesse nulla oltre ai pensieri che si pensano. L’atmosfera è quella di una lunga meditazione. Andrée Ruth Shammah, oltre alla regia, ha curato anche la traduzione e l’adattamento.

Tutto può accadere dietro alle apparenze e nulla ha veramente importanza. Dare vita a cose destinate a essere buttate via, popolare un mondo fatto di pensieri che si ripetono. Fino a che il muro dietro alla panchina si apre come un libro: la panchina si sdoppia in un interno dove due donne si affrontano, tra verità e finzione accennate. La traduzione dallo spagnolo è di Maddalena Cazzaniga, le scene sono di Gian Maurizio Fercioni, i costumi di Nicoletta Ceccolini, le luci di Camilla Piccioni, le musiche di Michele Tadini.

“Per certi versi – riflette la regista – questa storia è anche, insieme, un elogio e un monito alla potenza dell’immaginazione che ci può portare altrove, in mondi paralleli, ma bisogna stare attenti a dove ci lasciamo condurre. Per questo, il muro alle loro spalle si apre e si richiude proprio come fosse un libro. Come se fosse il confine tra l’immaginazione e la realtà, quella realtà da cui un po’ tutti i personaggi tentano di fuggire e che può metaforicamente schiacciarli, richiudendosi”.

Siamo di fronte a una messinscena che non ha segreti da celare: lascia intuire un profondo, irrinunciabile rispetto per le diversità, rese simili da un destino che le unisce, una ruota che gira senza sosta. Ritorna la panchina, come all’inizio. E ci si domanda se l’uomo sia capace di arrivare a se stesso senza dover passare da montagne gelate, percorsi perversi, anni impietosi che annunciano la vecchiaia. Un inno al potere del teatro.

“Lavorare a Cita a ciegas è stata una vera e propria indagine nella psiche umana. Non volevo far vedere – spiega Andrée Ruth Shammah – un unico aspetto dei personaggi, dar loro un solo colore senza mostrarne le sfumature. È per questo che mi sono divertita anche a giocare con i colori dei loro costumi. Un colore esce e ne segue un altro che poi ritorna con una lieve differenza di tonalità. Tutti i personaggi hanno una ferita interiore e le loro azioni, anche le più abiette e pericolose, hanno delle motivazioni profonde, nascono da quella ferita. Ho tentato di dare loro una chance, una possibilità di riscatto”.

“Credo che questa storia sia molto vicina alla nostra esperienza quotidiana. Guardando lo spettacolo, chiunque può sentire in qualche modo che questa vicenda lo riguarda. In molte affermazioni e riflessioni dei personaggi si può intravedere qualcosa di sé, qualcosa in cui riconoscersi”, conclude la regista.

Una produzione Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana.

Mai in Silenzio: consigli live per partecipare al concorso!

Scade il 5 maggio prossimo l’iscrizione gratuita al concorso “Mai in Silenzio – La musica contro la violenza di genere” rivolto ad artisti toscani under 35.

In giuria, fra agli altri, Dario Brunori e Irene Grandi. Ai vincitori la possibilità di realizzare produzioni musicali e concerti ad iniziare dal Meeting dei Diritti Umani 2018 al Mandela Forum di Firenze. Il progetto è realizzato dall’emittente Controradio con il sostegno di Regione Toscana e il contributo di SIAE e Unipol.

Vi proponiamo un approfondimento con consigli utili per chi vuol partecipare ma non ha mai riflettuto su questa tematica o sulle prevaricazioni e distorsioni dei rapporti, intimi, affettivi, amicali, sociali, anche dal punto di vista del linguaggio.

Intervista alla prof. Eleonora Pinzuti, italianista, esperta di linguaggio di genere e formazione nell’ambito della Diversity e delle iniziative paritarie.

Una volta si chiamavano sceneggiati

Scrivere di serie tv?

“Già ne parli sempre, e poi ai nostri ascoltatori piacciono e interessano.”

Beh, si, l’argomento è divertente e sicuramente interessante però vasto, enorme… Ma ok, d’accordo. Accetto la sfida dei colleghi della redazione! Ma da dove partire? Come cominciare? Da una decina di anni a questa parte le serie tv sono il fenomeno più importante dell’intrattenimento di massa. Un fenomeno sociale e culturale che ha letteralmente monopolizzato il mondo televisivo, scardinando regole, linguaggio e formule dell’industria della fiction. Certo, parlare di “televisione” è sbagliato, o quantomeno riduttivo, le serie infatti non si seguono più esclusivamente sul tubo catodico con attese scadenze settimanali, come ai tempi di “L’Amaro Caso della Baronessa di Carini” o di “Spazio 1999”, anzi, potreste anche non possederlo più il “piccolo schermo”; ormai le serie tv si scaricano sui vari dispositivi, si seguono in streaming, lo si fa sui canali via cavo, a pagamento o su piattaforme più o meno specializzate. Si possono seguire in contemporanea con la messa in onda in prima visione, in lingua originale o sottotitolate o si può aspettare più comodamente la versione doppiata (anche se la scuola dei doppiatori italiani non è più all’altezza dei tempi d’oro). Si possono programmare in base ai nostri orari e tempi, insomma la vecchia cara televisione non è strettamente necessaria. Attorno alla produzione delle serie, una vera, enorme industria, esistono siti, blog e rubriche che settimanalmente inondano di notizie, anteprime sulle trame, gossip sui protagonisti. Quello che forse è bene sottolineare sin da subito per i più scettici, o per i meno introdotti all’argomento, è che ormai le serie televisive sono davvero un “prodotto di qualità” anzi, sono IL prodotto di qualità, visto che godono di più impegno, più investimenti e più sforzo creativo rispetto alla tradizionale industria cinematografica. Produttori, attori, sceneggiatori, registi e fotografi sono gli stessi che si alternano per le produzioni sul grande schermo. Sempre più frequente incontrare i big di Hollywood in una serie televisiva, magari nei ruoli di attori principali. Diversamente dagli anni settanta o ottanta quando le star in declino del grande schermo decidevano di “arrivare alla pensione” svernando in qualche sceneggiato televisivo oggi la partecipazione ai serial è un vezzo, o un obiettivo fortemente desiderato. Un esempio per tutti? La serie tv targata HBO True Detective. La prima (bellissima) stagione andava in onda nel 2014 (inferiore la seconda, stiamo aspettando con trepidazione la terza) ed era interpretata magistralmente da due attori molto noti come Matthew McConaughey e Woody Harrelson (visto recentemente agli Oscar nel pluripremiato “Tre manifesti a Ebbing Missouri”). La storia? In una umida e assolata Lousiana tra atmosfere sospese e inquiete due poliziotti dal carattere assai diverso sono alle prese con un efferato omicidio rituale. Una recitazione al limite della perfezione, dialoghi in continuo dibattito tra apocalittico e nichilista, una vicenda delittuosa cui si sovrappongono quelle umane, una fetta d’America, quella ai margini dell’American Dream, bikers violenti, predicatori evangelici, città di roulotte, una fotografia della “white trash” americana punteggiata da una superba soundtrack.

E’ la incredibile capacità di fotografare (al di là della narrazione della storia specifica) la civiltà contemporanea una delle caratteristiche principali delle più riuscite serie televisive contemporanee, e spesso la chiave per farlo è quella del thriller, dell’horror, della distopia, sentimento della paura e dell’inquietudine. E se per molti anni il genere horror in tv ha avuto scarsa fortuna, rimanendo confinato agli appassionati delle produzioni “di genere”, oggi è uno dei formati prediletti per raccontare la nostra società. Vampiri, streghe, zombie sono strumenti per indagare l’inconscio dell’uomo moderno. Una nuova prospettiva per descrivere la società contemporanea e le sue pulsioni più remote. Una serie su tutte? The Walking Dead (fulminante l’esordio, attualmente alla ottava -stanca- stagione per la Fox). Una serie televisiva di qualità sugli Zombie? Possibile? Si, certo, in The Walking Dead una società, ormai distrutta e invasa da orde di creature fameliche, che non è più’ quella che conosciamo, lontano dalle sicurezze e dalla forme organizzate di convivenza i superstiti dovranno destreggiarsi per sopravvivere e convivere con nuove regole e ahimè nuovi valori morali, perchè come disse un comune amico anni fa, Francesco Carpa Carpini “nella società statunitense per scovare l’umano, una qualsiasi traccia di vita interiore, bisogna scavare nei meandri di galere, manicomi, ospedali, ghetti… nella quotidianità wasp oramai non c’è vita da decenni. Zombificazione di massa. Psicofarmaci, etilismo, alienazione”. E Infatti gli zombi vanno alla grande.

Alla prossima puntata.

Giustina Terenzi

Europa Cinema, dall’8 al 15 aprile tra Lucca e Viareggio. Ospiti internazionali, anteprime italiane

Stephen Frears, Martin Freeman, Rupert Everett, Anton Corbijn, Sabina Guzzanti e Laura Morante saranno fra i protagonisti del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018. Ad arricchire questo red carpet stellare gli omaggi, le proiezioni, i premi e gli incontri con il pubblico. Si parte con l’attrice Sabina Guzzanti e le anteprime dei primi due episodi di Billions, il film documentario Storie di Altromare di Lorenzo Garzella e Isle of Dogs di Wes Anderson

Domenica 8 aprile, al Teatro del Giglio, alle 16.00, Sabina Guzzanti sarà la prima ospite del festival che terrà una conversazione su cinema e satira introdotta dalla giornalista Silvia Bizio. La prima giornata, prosegue, al Cinema Astra, con l’anteprima italiana dei primi due episodi della terza stagione di Billions, in onda in esclusiva su Sky Atlantic da venerdì 13 aprile. La proiezione dell’anteprima della serie tv si inserisce in una collaborazione con Sky Atlantic media partner dell’edizione 2018 del Lucca Film Festival & Europa Cinema. Il programma della prima giornata vede inoltre, alle 18.30, l’anteprima italiana di Storie di Altromare di Lorenzo Garzella, un film-ritratto che si propone di portare lo spettatore all’interno dell’universo visivo, visionario e umano dell’artista Antonio Possenti (1933-2016) e alle 20.30 si terrà l’anteprima italiana del film Isle of Dogs di Wes Anderson, USA (2018), ultima fatica del regista di culto americano. Il nuovo film di animazione vedrà come protagonisti un gruppo di cani messi in quarantena su un’isola-discarica, in cui capiterà anche un giovane avventuriero.

Martin Freeman, 9 aprile, ore 21, al cinema Astra (seconda giornata del festival). L’attore inglese riceverà il premio alla carriera e presenterà, insieme a Roberto Recchioni, in anteprima italiana il suo ultimo lavoro: Ghost stories. Il film, diretto da Jeremy Dyson e Andy Nyman, è l’adattamento dell’omonima opera teatrale in cui Freeman interpreta il personaggio Mike Priddle uscirà nelle sale italiane il 19 aprile, distribuito da Adler Entertainment. Dopo la proiezione Freeman incontrerà il pubblico. Divo dal percorso poliedrico, in vent’anni di successi sul grande e piccolo schermo Martin Freeman ha vestito i panni di personaggi indimenticabili come Bilbo Baggins nei tre adattamenti cinematografici del romanzo fantasy di J.R.R. Tolkien Lo Hobbit, il dottor Watson nell’acclamata serie televisiva Sherlock e Lester Nygaard in Fargo, pluripremiata produzione ispirata all’omonimo film dei fratelli Coen, senza dimenticare l’arguto addetto alle vendite Tim Canterbury nella serie che lo ha portato alla notorietà: The Office.

Anton Corbijn ospite della terza giornata il 10 aprile al cinema Centrale.  Noto in tutto il mondo per aver immortalato i giganti della storia del rock, dai Joy Division a Tom Waits, dagli U2 ai Rolling Stones, e per aver prodotto più di 60 videoclip tra cui capolavori come Heart-Shaped Box dei Nirvana e Personal Jesus dei Depeche Mode, il fotografo e regista olandese Anton Corbijn sarà a Lucca per raccontare più di quarant’anni di militanza dietro l’obiettivo in una masterclass che si terrà il 10 aprile al cinema Centrale (Via di Poggio Seconda 36) alle ore 11 e dedicata alla relazione tra cinema e musica. La masterclass sarà preceduta alle 9 dalla proiezione di Control, pellicola biografica dedicata al leader dei Joy Division Ian Curtis, premiata a Cannes 2007 e da lui stesso firmata. Corbijn riceverà poi il premio alla carriera alle 20.30 al cinema Astra e presenterà il film Life del 2015.

Prima italiana del film Lucky, 11 aprile (quarta giornata). Tra gli eventi speciali in programma dell’11 aprile al cinema Astra, alle 20.30, l’anteprima italiana del film Lucky di John Carroll Lynch con Harry Dean Stanton, David Lynch, Ron Livingston, Ed Begley jr, Tom Skerritt, Beth Grant.

Rupert Everett, 12 aprile (quinta giornata). Al Lucca Film Festival e Europa Cinema Everett presenterà il suo ultimo film The Happy Prince. L’ultimo ritratto di Oscar Wilde nei cinema d’Italia dal 12 aprile. L’appuntamento è per il 12 aprile alle 20.30 al cinema Astra in questa stessa occasione l’attore britannico incontrerà il pubblico e ritirerà il premio alla carriera. The Happy Prince, recentemente presentato al Sundance Film Festival  porta sul grande schermo gli ultimi giorni di vita di Oscar Wilde e vede Everett nel duplice ruolo di regista e protagonista accanto ad attori del calibro di Colin Firth ed Emily Watson.

Stephen Frears, 13 – 14 aprile (sesta e settima giornata)

Dopo David Lynch (2014), David Cronenberg (2015), George Romero (2016) e Oliver Stone (2017) sarà Stephen Frears il protagonista di una delle principali sezioni del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018. Il regista britannico, due volte nominato agli Oscar (nel 1991 per Rischiose abitudini e nel 2007 per The Queen), riceverà venerdì 13 aprile alle 20.30 al cinema Astra il premio alla carriera. Sabato 14, subito dopo la proiezione di Vittoria e Abdul il regista terrà una masterclass al cinema Centrale durante la quale risponderà alle domande del pubblico e incontrerà gli studenti in una vera e propria lezione di cinema.  In programma anche una retrospettiva che ripercorrerà i momenti salienti della carriera del cineasta: dal film d’esordio Sequestro pericoloso (1972) al recente Vittoria e Abdul (2017), passando per classici indimenticabili tra cui Le relazioni pericolose (1988) e Alta fedeltà (2000), senza tralasciare lavori meno conosciuti come Vendetta (1984), Rischiose abitudini (1990) e Florence (2016).

Omaggio a Bertrand Bonello (ultima giornata, 15 aprile). Al festival arriva anche il regista Bertrand Bonello a cui il festival dedicato una selezione dei suoi film, il 15 aprile, al cinema Astra, che insieme a Antoine Barraud, presenterà l’anteprima italiana di Le dos rouge e poi a seguire i suoi film Sarah Winchester, opéra fantôme e Nocturama.

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Piccolo Teatro Mauro Bolognini: gli Dei atterrano in una classe di ginnasio

 

 

Lo spettacolo, firmato Massimiliano Civica e dal gruppo pisano I Sacchi di Sabbia, approda, dopo una lunga serie di fortunate repliche, anche a Pistoia, al Piccolo Teatro Mauro Bolognini sabato 7 aprile alle ore 21, a conclusione della stagione di prosa 2017/2018: si tratta di un esilarante mix di riflessione e divertimento, che vede in scena Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano e Giulia Solano.

Lo spettacolo, proposto anche con due matinées, riservate agli studenti di “A scuola di Teatro”, il progetto di formazione e orientamento al teatro, curato dall’Associazione Teatrale Pistoiese, ha visto anche quest’anno  una grande partecipazione degli istituti di Pistoia e provincia, registrando oltre 4000 presenze.

Gli scontri ‘familiari’ tra Zeus e Era, le continue lagnanze per le malefatte di Eros, i pettegolezzi tra Dioniso, Ermes ed Apollo resistono alla sfida del tempo? Sembra proprio di sì, a giudicare dal successo dei Dialoghi degli dei: “il divertentissimo spettacolo – spiega Maria Grazia Gregori (Delteatro.it) – racconta con gradevole ironia e scatenata improntitudine di quanto avviene lassù sulle cime dell’Olimpo fra quelli che dovrebbero essere gli esempi di virtù e saggezza per i mortali. L’idea è quella di ambientare la storia ai giorni nostri e così gli spettatori sono sistemati di fronte a una scena minima, due banchi e una cattedra, dove i due allievi Carbone e Parrotto vivono il loro dramma di scolari poco ricettivi o furbi. A separarli dalla cattedra dove sta seduta la loro insegnate ci stanno, in costumi che citano la Grecia Zeus ed Era, i veri responsabili delle loro tribolazioni.”

E’ infatti in questo allestimento che atterrano gli Dei, in una classe di ginnasio, diventando oggetto concreto delle spietate interrogazioni di un’austera insegnante che  tormenta i suoi allievi. Seduti ai loro banchi di scuola e con i calzoni corti, i due maturi studenti, interrogati su tresche e malefatte degli immortali, sperimentano sulla propria pelle le ingiustizie della scuola, preludio alle future ingiustizie della vita….

La fortuna di Luciano, scrittore e retore greco, di origine siriane, nato a Samosata nel 125 d.C., è legata soprattutto alla serie dei cosiddetti Dialoghi degli dei: un divertissement squisitamente letterario, in cui l’autore, attingendo dal patrimonio del mito, offre una rappresentazione originale, ironica, sorprendentemente quotidiana della cosmogonia classica. Gli scontri ‘familiari’ continuando, quindi, a farci sorridere, ergendosi anzi a topos di molti meccanismi che animeranno poi la commedia moderna.

Due Premi Ubu, I Sacchi di Sabbia (di cui l’ ha coprodotto il divertente “I 4 moschettieri in America”) e Massimiliano Civica, si interrogano dunque sul senso profondo della parola “intrattenimento”, alla divertita ricerca di forme desuete per “passare il tempo”.

 

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