Al cinema Odeon di Firenze il film evento su Maria Callas

Quaranta anni dopo la sua morte, il documentario sulla vita e la carriera della più grande cantante d’opera del ‘900, con la voce narrante di Fanny Ardant. Lunedì 16, Martedì 17 (ore 16.30 – 18.30 – 21), Mercoledì 18 (ore 16.30 – 18.30) e Sabato 21 Aprile (ore 18.30) un importante evento speciale al Cinema Odeon di Firenze, che presenta il film-evento MARIA BY CALLAS (versione originale con sottotitoli in italiano, la voce narrante è in italiano)

Il documentario di Tom Volf dedicato alla vita e alla carriera di Maria Callas, a quarant’anni dalla sua morte: declinato in tre grandi decenni (1950, 1960, 1970), il film è una miniera di documenti (interviste, articoli, reportage, testimonianze, confidenze, registrazioni, foto rare di concerti, soirée di gala, viaggi e lunghi soggiorni a Parigi, New York, Londra, Milano), un archivio filmato che celebra un’artista “che ha vissuto d’arte e d’amore”.

Con la partecipazione straordinaria di Fanny Ardant (voce narrante), il film è il racconto di una vita memorabile ricostruito attraverso le parole della Callas e le storie intime dei protagonisti del suo tempo: Aristotele Onassis, Marilyn Monroe, Alain Delon, Yves Saint-Laurent, J.F. Kennedy, Luchino Visconti, Winston Churchill, Grace Kelly, Liz Taylor, Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini e molti altri.

Per tre anni il regista Tom Volf ha viaggiato in ogni angolo del mondo per trovare questo materiale d’archivio straordinario, per la maggior parte inedito: filmini privati in Super 8 o in 16mm, foto mai pubblicate, registrazioni pirata realizzate dai suoi ammiratori in occasione di alcune delle sue performance, lettere intime o interviste dimenticate. Gran parte di questo materiale è stato utilizzato per una grande mostra organizzata a Parigi (già prevenduta a New York e a Londra per il 2018 e in via di definizione in alcuni Paesi asiatici) e per tre libri di recente o prossima pubblicazione: uno a cura delle Editions Assouline, “Maria By Callas”; un libro delle Editions La Martinière, “Callas confidential”; e un terzo volume a cura delle Éditions Fayard, con le lettere e i diari, “Maria Callas, mémoires, lettres et écrits”. La colonna sonora è stata realizzata mettendo insieme registrazioni rare e inedite, ottenute da nastri rimasterizzati messi a disposizione da persone vicine alla Callas o da associazioni e club dei suoi fan: una raccolta incredibile di immagini e suoni d’archivio, il 50% dei quali assolutamente inediti.

Ancora oggi Maria Callas resta tra gli artisti di musica classica più venduti al mondo, e la più apprezzata per le emozioni che trasmette attraverso il canto. Eppure sappiamo pochissimo della vera Maria celata dietro ‘la Callas’. Per tutta la vita si è sentita incompresa. Conosciamo la Voce del Secolo, la Divina delle copertine patinate e degli scandali, il personaggio pubblico frequentatore del jet set, la sua vita straordinaria, talvolta simile a un romanzo, talvolta ad un’opera tragica. Eppure nessuno mai ha scavato più a fondo. Il regista Tom Volf lo ha fatto e ci rivela un lato di lei completamente sconosciuto, mostrandoci il conflitto tra due diverse personalità, l’una desiderosa di una vita semplice, l’altra alla continua ricerca della fama planetaria: Maria e la Callas.

Cinema Odeon | Piazza Strozzi | Firenze

Biglietto: euro 10 (i possessori di abbonamenti o biglietti del Maggio Musicale Fiorentino hanno diritto al biglietto ridotto a euro 8)

Tel. 055-214068

Il primo film documentario su Tabucchi allo Stensen

 “Se di tutto resta un poco. Sulle tracce di Antonio Tabucchi” sul grande schermo a sei anni dalla morte del grande scrittore nato in Toscana. Lunedì 16 aprile al cinema Stensen di Firenze, alle ore 21 (viale Don Minzoni, 25, ingresso 8 euro). Il film sarà poi al cinema Arsenale di Pisa dal 18 aprile e nelle principali città italiane.

Il film documentario, che si avvale della voce narrante dell’attore Giorgio Colangeli,  è un viaggio nella vita dello scrittore toscano e nelle sue opere, attraverso i luoghi della sua esistenza, divisa fra Italia e Portogallo e attraverso il racconto intimo e commosso di chi lo ha amato – la moglie Maria José e il figlio Michele – conosciuto e apprezzato, come gli amici e i colleghi, fra cui gli scrittori Paolo Di Paolo e Maurizio Bettini, il critico letterario Paolo Mauri e l’attore Massimo Popolizio.

A 6 anni dalla sua morte, avvenuta il 25 marzo 2012 nella sua amata Lisbona, il documentario, attraverso una ricerca letteraria e umana, rende omaggio alla figura di Tabucchi, scrittore tradotto in oltre 18 lingue e autore di capolavori come Notturno indiano e Sostiene Pereira, traduttore per l’Italia di molte opere di Fernando Pessoa, docente universitario a Siena, Genova, Bologna e intellettuale fra i più attivi e brillanti della nostra epoca.

Raccontare Tabucchi – afferma il regista Diego Perucci – significa perdersi in un viaggio ai quattro angoli del mondo, fra i luoghi della letteratura, nelle soleggiate strade bianche di Lisbona e nelle sue ampie piazze con il sole che dardeggia, nelle eleganti vie della Roma umbertina o della Parigi dei bouquiniste del lungosenna, per i vicoli stretti e tortuosi di Siena o di Firenze, o per i vecchi caruggi di Genova pieni di salsedine. Per raccontare un personaggio di questo calibro avremmo potuto percorrere migliaia di chilometri in tutto il mondo. Abbiamo scelto un percorso, un filo rosso che dalla provincia di Pisa, a Vecchiano, ci ha portato fino al Fondo Tabucchi della Biblioteca Nazionale di Parigi, dove sono custoditi gli appunti, gli autografi e alcuni oggetti personali a lui appartenuti, donati poco più di un anno fa dalla vedova all’istituto parigino, o fino alla Cappella degli scrittori portoghesi, nel Cemiterio dos Prazeres di Lisbona, dove Tabucchi riposa accanto ad un taccuino e a una penna, perché gli scrittori – come diceva lui – non possono andarsene in giro senza avere la possibilità di prendere appunti in ogni momento”.

“Se di tutto resta un poco. Sulle tracce di Antonio Tabucchi” (Italia, 55’), è un film documentario diretto da Diego Perucci, prodotto da Giuseppe Cassaro e Samuele Rossi per Echivisivi in associazione con Dottor Cardoso.

Il film è in programmazione lunedì 16 aprile alle 17.30, alle 19 e alle 21 e nei giorni successivi. INFO

Giovanisì Live: oggi alle 14.00 speciale diretta Facebook con “Mai in silenzio”

Puntata speciale giovedì 19 aprile, alle 14, della diretta Facebook di “Giovanisì Live”. In questo decimo appuntamento si parlerà infatti di ‘Mai in Silenzio: la musica contro la violenza di genere‘, il concorso rivolto a giovani artisti e gruppi musicali per la scrittura e la diffusione di brani originali composti sul tema della violenza di genere.

Il progetto è realizzato dall’emittente Controradio con il sostegno della Regione Toscana nell’ambito di Giovanisì e il contributo di Siae e Unipol.
L’idea è quella di innestare un circolo virtuoso ideale dove la musica non sia soltanto elemento di socializzazione e di comunicazione, ma divenga processo culturale al servizio di un’etica, contrastando idee e luoghi comuni spesso ispiratori di comportamenti di violenza di genere.

La diretta durerà circa 15 minuti, durante i quali la giornalista di Controradio Chiara Brilli, affiancata dallo staff di Giovanisì, fornirà informazioni sul bando ‘Mai in silenzio‘ (attivo fino all’8 maggio 2018) e risponderà ad eventuali commenti degli utenti.

L’obiettivo di “Giovanisì Live”, appuntamento mensile inaugurato nel 2017, è ampliare sempre più gli strumenti a disposizione dei giovani per aggiornarsi sul progetto regionale, affiancando canali tradizionali come Numero verde, mail e newsletter, a quelli più innovativi e youth friendly come Telegram, Facebook Messenger, o appunto Facebook Live.

 

Morto Taviani, Sindaco San Miniato: “Ci sentiamo orfani del nostro cittadino onorario”

“La scomparsa di Vittorio Taviani rende San Miniato orfana. Con il fratello Paolo, ha portato nel mondo il nome della nostra città e raccontato le loro origini, che sono anche le nostre. Con Vittorio se ne va un pezzo di quell’arte che solo una città straordinaria come la nostra può concepire”. Così il sindaco di San Miniato, Vittorio Gabbanini, esprime cordoglio per la morte del regista, che era nato nel paese del Pisano 88 anni fa e a cui aveva dedicato due film.

Tre anni fa i registi furono insigniti della cittadinanza onoraria. “Ho ancora vivo nella mente il ricordo dell’ultima volta che i fratelli Taviani sono venuti all”ombra della Rocca. Era il 2015 e l’amministrazione comunale volle, con entusiasmo, conferire loro la cittadinanza onoraria, un tributo doveroso che sancisce il profondo ed inscindibile legame con questa terra e con la nostra comunità – commenta il sindaco di San Miniato – Mi ricordo con grande affetto l’abbraccio tenero con Giuseppina Lotti, una dolcezza infinita. E sono molto felice di aver consegnato a Vittorio e Paolo, un anno fa, a Roma, le prime copie delle cartelle istituzionali in cui viene raccontato da quattro straordinari pittori sanminiatesi (Giorgio Giolli, Luca Macchi, Sauro Mori e Gianfranco Giannoni) il loro percorso artistico. Incontro che ricordo con affetto attraverso questo video”.
“San Miniato oggi piange la scomparsa di Vittorio e si stringe commossa al fratello Paolo e alla moglie Carla. Ciao Vittorio, grazie per tutto quello che ci hai regalato, San Miniato ti porterà per sempre nel cuore”, conclude il sindaco.

“Perdiamo la metà di un duo leggendario, che ha creato uno stile inconfondibile, a cavallo
tra epica popolare e poesia”. Così il regista livornese Paolo Virzì ha commentato la morte di Vittorio Taviani.  “La parola ‘fratelli Taviani’ evoca realismo magico, i loro film stanno al cinema mondiale come i romanzi di Garcia Marquez alla letteratura – ha spiegato Virzì -. E perdiamo un uomo adorabile, schietto, curioso, appassionato, simpaticissimo. Il
mio pensiero commosso va alle figlie, alla cara Giovanna, e a Paolo, al quale vorrei far giungere la mia ammirazione, il mio affetto e la mia speranza di vedere ancora altri bellissimi  film firmati Taviani”.

Vittorio Taviani, nato a San Miniato il 20 settembre del 1929 si è spento a Roma dopo una lunga e dolorosa malattia che lo scorso anno aveva costretto Paolo a “debuttare” per la
prima volta da solo come regista firmando “Una questione privata”.
Ultimo esempio del cinema e della politica così come i fratelli Taviani hanno sempre pensato e voluto insieme.

“Sono addolorato per la scomparsa di Vittorio Taviani, regista e uomo di cultura profondamente legato alla sua San Miniato come alla Toscana, che insieme al
fratello Paolo ha saputo reinterpretare il neorealismo italiano, declinandolo in racconti e immagini immortali. Ci resta il suo impegno sempre politico, attento alla storia e al sociale,
pervaso da una formidabile passione civile che ha attraversato tutto il suo percorso cinematografico e personale”. E’ con queste parole che il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ricorda il regista Vittorio Taviani, scomparso oggi a Roma.

Pergola, storia di un contrastato amore: il testo “smisurato” diretto da Sciaccaluga

Onore e disonore, povertà e ricchezza, libertà e tirannia: Marco Sciaccaluga dirige al Teatro della Pergola di Firenze, da martedì 17 a domenica 22 aprile, la storia drammatica di “Intrigo e amore” di Friedrich Schiller, l’ultimo spettacolo della stagione 2017/2018.

La storia di un legame profondo e impossibile, di intrighi e gelosie, verità e menzogne, corruzione e libertà: scritto, ambientato e rappresentato in Germania alla fine del Settecento, “Intrigo e amore” è un dramma costruito almeno su due livelli narrativi che evocano altrettante classi sociali: quella dei potenti notabili di un principato tedesco e quella dei borghesi.

“Di “Intrigo e amore” colpiscono veramente tante cose. Innanzitutto, che sia stato scritto da un ragazzo di poco più di vent’anni. Un ragazzo di genio, certo, ma anche con la voglia tipica dei giovani di dire tutto. Di qui, è nato un testo veramente “smisurato”, che procede per grandi sequenze messe una dopo l’altra, che infine però raggiungono la finalità di raccontare una storia compiuta: coinvolgente, emozionante, con al centro l’uomo e le sue contraddittorie passioni”.

Friedrich Schiller ha scritto “Intrigo e amore” nel 1783 a soli 24 anni. La modernità del dramma sta nell’attacco all’assolutismo del potere, nella difesa della libertà d’amare, nella giovanile volontà di ribellione, nella rabbiosa denuncia dei privilegi di casta. Raccontando il contrastato amore, Marco Sciaccaluga prende di petto i problemi sociali dell’età di Schiller e li mette a confronto con la spontanea purezza del sentimento amoroso nel quale, pochi anni prima della Rivoluzione francese, si possono già intravedere i segni d’inizio del mondo moderno.

Il nucleo di “Intrigo e amore” è dunque il conflitto tra il potere tirannico e il diritto alla felicità dell’essere umano, rappresentato nell’incontro-scontro fra due classi, la nobiltà e la borghesia.

“Da una parte – spiega Marco Sciaccaluga – c’è la storia d’amore tra il nobile Ferdinand e la borghese Luise Millerin, dall’altra c’è l’intrigo di corte che muove da una logica di dominio prima ancora che da un’ideologia di classe. Al fine di consolidare il suo potere, il Presidente Von Walter ha deciso di far sposare suo figlio Ferdinand con l’amante del Principe suo diretto superiore. Ma a mettere il bastone tra le ruote di questo intrigo, guidato da consuetudini sociali che s’illudono di poter governare a piacimento la vita stessa degli esseri umani, c’è poi la forza deflagrante dei sentimenti”.

Il padre del giovane cerca in ogni modo di ostacolare l’unione e di convincere Ferdinand a sposare Lady Milford, anche per ottenere una promozione, ma il sentimento sincero e profondo del ragazzo non lo fa desistere dal desiderio di sposare Luise. Il Principe e il suo Segretario Wurm (in italiano “verme”) escogitano allora un bieco intrigo, messo in atto con la complicità del Maresciallo Von Kalb, che conduce la vicenda a un epilogo drammatico.

“La legge dei padri ha insegnato a Luise che il suo è un amore proibito – interviene il regista – e anche Ferdinand è continuamente assalito dal dubbio. Loro non sono Romeo e Giulietta, il loro è vero amore, ma anche un continuo dubitare dell’amore. Ferdinand è un personaggio che rinvia sia ad Amleto, sia a Otello. Dubita ed è morso dalla gelosia: con queste premesse basta un nulla perché l’amore si tramuti in odio. Nel dramma di Schiller, poi, il vero organizzatore dell’intrigo è il segretario Wurm, una specie di Jago, ancor più impegnato qui a svolgere il ruolo del drammaturgo”.

“Intrigo e amore” è una miscela gotica. E malgrado gli sviluppi procedano tragicamente, c’è spazio anche per il comico e il grottesco.

“Innanzitutto, nel Maresciallo Von Kalb, che è un personaggio radicalmente ridicolo – conclude Marco Sciaccaluga – quasi un clown: tutto porta a vedere in lui un meraviglioso scemo inconsapevole. Poi c’è del comico in Miller e anche in sua figlia Luise, con tutta la sua voracità di ascesa sociale, mentre l’istrionismo del Presidente sfiora sovente il registro del grottesco. Se a questo aggiungiamo anche l’ironia che caratterizza quasi tutti i personaggi viene davvero da domandarsi come mai, con questo straordinario talento comico, Schiller non abbia mai scritto una commedia in vita sua”.

“Per Schiller Shakespeare è un modello, al quale guardare non tanto per copiarlo, quanto per reinventarlo – dice Sciaccaluga – quello che lo affascina è un teatro dove Bene e Male convivono nel magma dell’umano, un teatro che pone l’uomo al centro del mondo rappresentato. È da questo modello che nasce in “Intrigo e amore” quell’alternanza di alto e basso, di tragico e di comico che è tipicamente shakespeariana e sempre molto evidente nella scrittura di Schiller”.

Il giovane Schiller chiama in causa passioni smisurate, spettacolarmente colorate di forti toni teatrali melodrammatici, facendo di “Intrigo e amore” un classico che, riproposto ora nella nuova traduzione di Danilo Macrì, punta con decisione, per dirla con il critico letterario Ladislao Mittner, a “fondere compiutamente la tragedia politica e quella amorosa, perché erompono da un solo, indivisibile e disperato anelito giovanile di libertà e d’amore”.

Con Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Enrico Campanati, Andrea Nicolini, Orietta Notari, Stefano Santospago, Simone Toni, Mariangeles Torres, Marco Avogadro, Daniela Duchi, Nicolò Giacalone.

Una produzione Teatro Stabile di Genova.

 

 

 

 

 

 

 

 

La farsa moderna “Belve” debutta con Civica in prima assoluta al Metastasio

Da martedì 17 a domenica 22 aprile al Teatro Metastasio debutta in prima assoluta il nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, “Belve”, una farsa in un atto, con 10 personaggi per sei attori, prodotta dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, su testo di Armando Pirozzi.

Il sodalizio Civica e Pirozzi trova dunque nuova concretezza in questo spettacolo che – spiega Pierozzi – “racconta l’evolversi al limite del delirio di una cena tra due coppie diverse tra loro ma intimamente legate. In un clima di crescente tensione e violenza, tra frutti di mare, strane macchinazioni e improbabili convitati, la storia ribalta di continuo il folle gioco del dominio e del potere che ogni personaggio cerca di stabilire sull’altro, ma in realtà, alla resa dei conti, tende sempre a rivelarsi molto diversa da ciò che ci si aspetta. La farsa è, credo, – continua Pirozzi – l’unico vero genere teatrale, quello che rifiuta, più di tutti gli altri, ogni possibilità di trasformazione o ibridazione. Ha delle regole di ferro, che in pratica non sono mai cambiate, da Plauto a Billy Wilder. Il suo tema nascosto è sempre il denaro e il potere che ne deriva. Ed è forse proprio per questo che la farsa è sempre prossima all’incubo, alla follia e al thriller, anche se allegramente trasformati in un gioco paradossale, decisamente fuori di testa e più divertente possibile”

Massimiliano Civica è stato recentemente nominato consulente artistico alla direzione del Teatro Metastasio, e vincitore, con Armando Pirozzi, per la miglior regia e la miglior drammaturgia, all’ultima edizione dei premi Ubu con il poetico e intimo Un quaderno per l’inverno.

Il regista è sul concetto di farsa che insiste: “Credo negli attori e in un teatro che metta al centro gli attori. Per questo sono sempre stato affascinato dalla farsa, genere teatrale che storicamente ha costituito il “tempo dell’apprendistato” e il banco di prova dei grandi attori.

Verso la farsa mi ha spinto dunque il desiderio di inserirmi in una tradizione vitale, per compiere un confronto che fosse anche un apprendistato artistico: si tratta di una farsa moderna in grado di confrontarsi con la realtà.

Un primo confronto-apprendistato con la farsa – continua Civica – è sul piano della drammaturgia: ho chiesto ad Armando Pirozzi di tentare di scrivere una farsa moderna (impresa non facile, visto che in Italia, a differenza che in Francia, manca quasi totalmente la tradizione di una farsa in lingua, che non sia cioè scritta in dialetto e interpretata da attori dialettali).

Vogliamo immettere nelle regole compositive e nella griglia strutturale del genere il girotondo degli ingressi e delle uscite dei protagonisti, la trama fantasiosa ad un passo dal fiabesco, i colpi di scena e l’immancabile agnizione finale, temi e personaggi che siano vivi e “parlanti” per gli spettatori di oggi.

Il secondo, inscindibilmente legato al primo confronto-apprendistato con la farsa, – spiega ancora – è sul piano dell’arte dell’attore: la farsa richiede una tecnica recitativa basata su ritmi di dizione, tempi comici, atteggiamenti fisici, scatti mimici, capacità di “intonarsi” sulle reazioni del pubblico che solo un attore-artista è in grado di padroneggiare. Per questo abbiamo scelto un gruppo di attori che potessero, insieme a noi, riscoprire e reinventare un bagaglio di tecniche adatte a questo genere.

La farsa si occupa inoltre della lotta per il potere, che oggi come ieri è legata al possesso del denaro, ed è crudelmente classista. Il lieto fine d’obbligo avviene sempre grazie al meccanismo dell’agnizione: alla fine la fanciulla povera può sposare il figlio del ricco borghese che ama perché si scopre che lei è in realtà la figlia del principe, e quindi non ci sono più barriere di censo ad impedire il matrimonio. Con questa soluzione “da favola” dei contrasti, l’agnizione nella farsa (come il deus ex machina nel teatro greco) segnala allo spettatore lo scacco tra la realtà della sua condizione e la natura finzionale delle vicende dei personaggi sulla scena.

Proprio nel momento in cui sulla scena tutto si risolve per il meglio ed esplode la festa, lo spettatore diventa cosciente che queste cose avvengono solo in sogno o a teatro. Lo spettatore sa di non essere in realtà il figlio di un principe e che ci sarà sempre, tra lui e coloro che “hanno”, una barriera insuperabile.

Nella nostra stessa società di oggi, liquida, aperta, trasversale, non serpeggia la sensazione che l’unica differenza di classe rimasta sia quella dei soldi, e che il mito dell’uomo di successo che si è fatto da sé rappresenta l’eccezione alla legge dell’impermeabilità tra la classe sociale di chi, da generazioni, detiene i soldi e quella di chi non li ha mai avuti?

L’ultimo fatto che mi ha spinto poi verso la farsa – conclude Civica – è il gusto per una sfida pericolosa. A differenza di tutti gli altri generi teatrali, la farsa fornisce una prova del nove immediata della sua riuscita: la risata del pubblico. Non ci sono scuse con la farsa, o il pubblico ride, e ride tanto, oppure si è fallito: la risata è d’obbligo. L’unica cosa che un po’ mi tranquillizza nel camminare sulla corda di questo “o la va o la spacca” è quella di avere la fortuna e il privilegio di lavorare su un testo di Armando Pirozzi e con un gruppo di incredibili attori: Alberto Astorri, Salvatore Caruso, Alessandra De Santis, Monica Demuru, Vincenzo Nemolato, Aldo Ottobrino.

I costumi dello spettacolo sono di Daniela Salernitano (vincitrice del David di Donatello per i costumi del film Ammore e malavita), le luci di Roberto Innocenti.

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