120 mln criptovaluta, 230 mila risparmiatori danneggiati: chiesto processo imprenditore

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Per l’amministratore della società di criptovalute, i reati ipotizzati sono quelli di frode informatica, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e violazione del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria

La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per un imprenditore, amministratore unico di una società che gestisce criptovalute, indagato nell’ambito dell’inchiesta sul più grande attacco cyber-finanziario mai avvenuto in Italia. L’uomo, 34enne, sarebbe al centro di una maxi-truffa che ha prodotto un ‘buco’ di 120 milioni di euro sulla piattaforma informatica hackerata ‘Bitgrail’, con oltre 230mila risparmiatori danneggiati in tutto il mondo.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Gabriele Mazzotta e dai sostituti Sandro Cutrignelli e Fabio Di Vizio, sono partite a seguito di un esposto dello stesso 34enne, residente in provincia di Firenze. Nel 2018 lo stesso indagato denunciò l’ingente furto di criptovalute Nano Xrp (pari appunto a 120 milioni di euro), realizzato sfruttando un bug del protocollo Nano e attraverso illecite transazioni. Ma le sue contraddizioni e quelle dei suoi collaboratori hanno insospettito gli investigatori.

Con indagini sofisticate si è scoperto che le illecite sottrazioni di criptovaluta erano cominciate già nel giugno 2017 e che l’amministratore della società consapevolmente non le aveva impedite, omettendo di implementare la sicurezza della piattaforma, continuando in questo modo a percepire i profitti derivanti dalle commissioni e procurando agli hackers, non ancora individuati, un guadagno complessivo di 11.500.000 Xrb, equivalenti a circa 120 milioni di euro.

I reati ipotizzati sono quelli di frode informatica, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e violazione del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

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