🎧 Casa: “Stop vincolo residenza 5 anni per stranieri”

Stop al vincolo di residenza di 5 anni in Toscana e all’obbligo per gli stranieri di presentare documenti sulle proprietà in patria (“basti una autocertificazione”): regolamento regionale per l’accesso alle case popolari, Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat e Unione Inquilini della Toscana scrivono alla Regione affinché adegui le norme alle sentenze della Consulta. “Vari Comuni non fanno i bandi per il rischio ricorsi, c’è emergenza abitativa e occorre un sistema di edilizia pubblica equo e accessibile”

Cancellare dal regolamento regionale per l’accesso agli alloggi pubblici il vincolo della residenza di cinque anni nella Regione e l’obbligo per gli stranieri di presentare documenti del Paese di origine attestanti l’assenza di proprietà immobiliari (per loro basti una autocertificazione, come per cittadini comunitari): sono le richieste che Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat e Unione Inquilini della Toscana avanzano, in una lettera, al Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, all’assessora regionale Serena Spinelli, al Presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, al Presidente della Terza Commissione del Consiglio regionale Enrico Sostegni, ai capigruppo del Consiglio regionale.

Una richiesta che prima di tutto si basa su tre sentenze della Corte Costituzionale, su tre leggi regionali sulla materia (di Lombardia, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia), che vanno in quella direzione (è ritenuto “illegittimo e incostituzionale” il requisito temporale della residenza ultra quinquennale come condizione di accesso per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, nonché “discriminatorio” il duplice onere documentale aggiuntivo per i cittadini stranieri di Stati non appartenenti all’Unione Europea).

In Toscana attualmente i requisiti della legge regionale in materia sono la residenza nella regione da almeno cinque anni e l’obbligo per i cittadini stranieri extra Unione Europea di presentare una dichiarazione del paese di provenienza che attesti di non possedere immobili, mentre per i cittadini italiani e dell’Unione è prevista solo una autocertificazione.
Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat e Unione Inquilini della Toscana ribadiscono “l’urgente necessità che il Consiglio regionale emendi la legge regionale nelle parti già dichiarate illegittime, conformandola alle prescrizioni della Consulta. Ciò al fine di evitare che i requisiti contenuti nei bandi comunali di prossima uscita per la assegnazione di abitazioni di edilizia residenziale pubblica possano essere oggetto di richiesta di declaratoria di incostituzionalità, il cui esito parrebbe scontato alla luce delle sentenze citate e comporterebbe una ricaduta negativa sui destinatari del bando, provocando quanto meno ritardi e blocchi nelle assegnazioni”.

Per conseguenza, spiegano i sindacati, “molte amministrazioni comunali continuano a rinviare l’indizione dei bandi di assegnazione di abitazioni di Erp adducendo come motivazione il rischio di potenziali ricorsi da parte dei concorrenti stranieri  dovuti proprio alla mancata conformazione della legge regionale alle prescrizioni della Corte Costituzionale. Nel frattempo, in maniera impropria, la gran parte delle assegnazioni vengono eseguite quasi esclusivamente attraverso le graduatorie speciali dell’emergenza e non attraverso il canale prioritario degli aventi diritto da graduatoria da bando”.
Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat e Unione Inquilini della Toscana concludono così: “Questa situazione di stallo sta causando gravi danni e preoccupazioni alle migliaia di famiglie toscane di lavoratori e pensionati che versano in stato di precarietà abitativa e che confidano in una soluzione abitativa pubblica a canone sostenibile. La pandemia e la conseguente crisi economica, occupazionale e sociale, la prossima scadenza del blocco degli sfratti eseguiti con la forza pubblica, stanno ulteriormente aggravando tali condizioni. Occorre continuare ad assicurare un sistema di edilizia pubblica equo e accessibile, a sostegno dell’emancipazione sociale ed economica di migliaia di famiglie toscane”.

Costo affitti a Firenze: firmato accordo per il social housing

Laura Grandi: affitti accessibili in un mercato degli affitti drogato dal turismo. E’ il primo Accordo integrativo Territoriale firmato in Italia.

Oggi è stato firmato l’Accordo Integrativo per determinare il livello degli affitti in social housing per 82 alloggi che saranno costruiti a Firenze in via Pistoiese e 90 alloggi a Sesto Fiorentino, in via della Pace.
Si tratta del primo Accordo integrativo Territoriale firmato in Italia, dopo l’entrata in vigore del Decreto ministeriale del gennaio 2017, tra la società di costruzione e i sindacati Sunia, Unione Inquilini, Sicet, Uniat.

“Oggi è un giorno importante per quanto riguarda il Social Housing, perché grazie all’attività dei sindacati inquilini, viene contrattato un affitto che corrisponde veramente alla missione del social housing”, afferma Laura Grandi, segretaria del Sunia di Firenze che aggiunge: “avremo così sicuramente affitti accessibili e veramente più vantaggiosi rispetto al mercato degli affitti dell’area fiorentina, purtroppo drogato dal fenomeno del turismo”.

L’obiettivo principale del ‘social housing’ è fornire alloggi, con buoni standard di qualità ed ad un canone accessibile, a quelle persone che hanno un reddito ma non riescono a sopravvivere al mercato malato degli affitti a Firenze.

Per l’intervento di Firenze è stato deciso un costo di 6,60 al metro quadro, mentre per Sesto Fiorentino un costo di 5,90 al metro quadro.

Casa in Toscana: 1 sfratto ogni 479 famiglie, sindacati propongono 42 emendamenti alla pdl regionale

Crollo dell’edilizia residenziale pubblica, 12mila richieste di sfratto, 2mila alloggi pubblici sfitti: in Toscana è emergenza casa, Cgil-Cisl-Uil e sindacati inquilini propongono 42 emendamenti alla proposta di legge regionale. Codice etico e corsi di formazione civica per gli inquilini contro l’aumento delle conflittualità

Ancora una volta i sindacati dei lavoratori CGIL, CISL, UIL, i sindacati degli inquilini SUNIA, SICET, UNIAT, Unione Inquilini, si ritrovano insieme nell’esprimere forti riserve riguardo la proposta di legge regionale sulla quale il consiglio regionale della Toscana si dovrà pronunciare nelle prossime settimane, che ridisegna le modalità di assegnazione di una casa popolare, definisce i canoni di affitto, le regole per la convivenza, permanenza nel sistema dell’edilizia pubblica e le modalità di gestione della stessa.

Attualmente, in Toscana sono presenti 5.916 fabbricati che contengono poco più di 49.700 alloggi di case popolari, abitate complessivamente da oltre 115,000 persone. Solo 256 sono gli alloggi occupati abusivamente e oltre 2000 rimangono ancora quelli sfitti, non assegnati in tempi celeri perché in corso di ristrutturazione (circa 300), o per la cronica mancanza di risorse necessarie alla ristrutturazione stessa. Sono oltre 26.000 le famiglie che hanno presentato presso i rispettivi comuni di residenza domanda per l’assegnazione di una casa popolare, ma solo il 4% di questi si vedrà effettivamente assegnato un alloggio dopo un tempo medio di attesa di circa sei anni. Da una media di mille fabbricati di edilizia pubblica costruiti in Toscana nel decennio 1990-2000 si e passati ai soli 157 dell’ultimo decennio e le previsioni non sembrano certo essere in controtendenza, anzi! Intanto, secondo gli ultimi dati disponibili, gli sfratti non accennano a diminuire con 12.109 richieste di sfratto, con 4.613 convalide di esecuzione da parte dei Tribunali e con 3.421 provvedimenti di sgombero forzato eseguiti con la forza pubblica. Uno sfratto ogni 479 famiglie, contro uno ogni 732 del livello nazionale.

“Le risposte che la Regione si appresta a dare con la revisione della legge appaiono  – sottolineano i sindacati – ancora una volta insufficienti a dare soddisfazione al crescente numero di famiglie toscane colpite da precarietà lavorativa e da una sempre più scarsa disponibilità di alloggi privati in affitto a canone sostenibile, soprattutto nelle grandi aree urbane. Anche questa volta la proposta di legge non prevede alcuna forma di finanziamento regionale costante del settore, ma si affida alle esigue e intermittenti risorse del governo nazionale di turno. Chiediamo invece che si reperiscano risorse anche dalla fiscalità generale regionale, mirando a colpire le rendite fondiarie esclusivamente speculative che stanno pesantemente condizionando in negativo il mercato della locazione ad uso di abitazione principale, in modo da consentire la predisposizione di un piano pluriennale di interventi per la ristrutturazione e conseguente assegnazione“in tempo reale” degli alloggi esistenti e per la costruzione di nuovi edifici, soprattutto nelle aree a più forte tensione abitativa. Preoccupa – aggiungono i confederali insieme ai sindacati degli inquilini –  una parte della legge che, se approvata, costringerà le famiglie che hanno redditi da lavoro e da pensione “normali”, ad uscire dal sistema delle case popolari perché considerate troppo ricche, o indurrà migliaia di inquilini non più giovani, rimasti soli per il naturale trasferimento o decesso dei familiari, a firmare una liberatoria al trasferimento in altro alloggio senza sapere né dove, né quando. In caso di rifiuto sarà previsto un aumento oltre il normale affitto di 56 euro al mese per ogni vano in più e la trasformazione del contratto di affitto da permanente a transitorio. Le ripercussioni sarebbero drammatiche, con le molteplici negative conseguenze di lasciare progressivamente gli alloggi quasi esclusivamente a famiglie con gravi disagi sociali, economici e socio-sanitari, ingenerando ghettizzazioni, conflittualità, abbandono, riducendo l’edilizia pubblica a “deposito” assistenziale e non più a strumento di emancipazione sociale e sostegno ai redditi delle famiglie. La razionalizzazione delle aziende di gestione del patrimonio di case popolari per conto dei Comuni proprietari le porterebbe da undici a tre, senza però avere in alcun modo chiaro quali saranno i benefici apportati da questo processo, tralasciando di fatto le reali esigenze di miglioramento del sistema di gestione come l’individuazione di una unica forma di contratto di servizio in modo da garantire prestazioni efficienti ed efficaci in maniera omogenea su tutto il territorio regionale, o come la destinazione degli utili prodotti dalle aziende da ridestinare obbligatoriamente solo al sistema di edilizia pubblica e non ad altre voci dei bilanci comunali come oggi quasi sempre avviene. La proposta sottovaluta anche il tema della coesione sociale, integrazione e rispetto delle regole di convivenza nelle case popolari. Il progressivo inserimento nel sistema dell’erp di famiglie con situazioni “delicate” seguite dai servizi sociali e sanitari, le diverse origini di provenienza e abitudini, stanno ingenerando un aumento delle conflittualità e delle intolleranze senza che le istituzioni preposte intervengano in caso di ripetute violazioni delle regole, con la conseguenza di alimentare il senso della certezza dell’impunità da un lato e dall’altro la rassegnazione e l’isolamento in chi, pur comportandosi correttamente, non trova risposte nelle istituzioni. A tal proposito, i sindacati prevedono l’ obbligo per tutti i componenti maggiorenni dei nuclei familiari a cui verranno assegnati alloggi popolari di impegni a sottoscrivere un codice etico di comportamento per la corretta convivenza frequentando corsi di formazione civica e informazione ad hoc, oltre a prevedere regolamenti operativi con tanto di sanzioni, per il cui rispetto e controllo dovrà essere impiegato personale adeguatamente formato”.

I sindacati di lavoratori CGIL, CISL, UIL e degli inquilini SUNIA, SICET, UNIAT, Unione Inquilini hanno presentato  oggi un corposo documento con ben 42 emendamenti di modifica sostanziale alla proposta regionale, che illustreranno nei prossimi giorni ai gruppi politici che compongono il consiglio regionale e alle commissioni competenti, prevedendo allo stesso tempo iniziative di informazione e mobilitazione pubblica.

Maurizio Brotini, Cgil Toscana intervistato da Chiara Brilli

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