Firenze: bocciato ricorso Viminale su caso anagrafe migrante

Il Ministero dell’Interno aveva impugnato la decisione dello scorso marzo di un giudice che autorizzò un somalo richiedente asilo a presentare domanda di iscrizione all’anagrafe del Comune di Scandicci. Il Tribunale di Firenze ha respinto il reclamo, ora il “Viminale paghi spese”.

Il Comune che aveva rifiutato l’iscrizione basandosi sulle recenti norme del ‘Decreto sicurezza’. Era la prima sentenza di questo genere seguita, poi, da altre decisioni dei Tribunali di Bologna e Genova.

Lo scorso marzo, il giudice Carlo Carvisiglia aveva stabilito che “ogni richiedente asilo, una volta che abbia presentato la domanda di protezione internazionale, deve intendersi comunque regolarmente soggiornante, in quanto ha il diritto di soggiornare nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda di asilo” e, quindi, è autorizzato a presentare domanda di iscrizione all’anagrafe.

Il Tribunale di Firenze, in composizione collegiale, ha di fatto confermato il primo verdetto, scaturito dal ricorso dell’avvocato Noris Morandi dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, bocciando il reclamo del Ministero che, secondo i giudici, non aveva “legittimazione” ad impugnare perché non partecipò al primo grado. “Avrebbe potuto intervenire volontariamente nel processo di prima fase, e in tal caso sarebbe stato legittimato a proporre il reclamo”, hanno scritto i giudici, chiarendo che il Viminale dovrà versare 2767 euro di spese legali allo Stato per il gratuito patrocinio del somalo.

Il sindaco di Scandicci, nel primo grado, si era opposto al ricorso del richiedente asilo e lo aveva fatto, scrive ora il Tribunale di Firenze, come “Ufficiale del Governo” che ha “interpretato una normativa anche alla luce delle istruzioni del Ministero dell’Interno”, il quale, invece, non ha partecipato alla “prima fase” e, dunque, non aveva titolo per presentare il reclamo contro la prima sentenza.

I giudici (Luciana Breggia, Luca Minniti e Federica Samà) ricordano nella sentenza che sia il primo giudice di Firenze, che poi i Tribunali di Bologna e Genova nelle scorse settimane, hanno emesso “provvedimenti” che hanno “offerto una lettura delle modifiche apportate” dal ‘decreto sicurezza’ “coerente con il complessivo quadro costituzionale e eurounitario, esercitando il potere, ma anche il dovere, di interpretazione orientata al rispetto delle norme costituzionali” ed europee.

Del resto, aggiungono i giudici, “anche l’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato civile e d’anagrafe ha evidenziato i problemi interpretativi della nuova norma auspicando un intervento della Corte costituzionale”. Per questi motivi, secondo i giudici, è stata “corretta” la decisione del Comune di Scandicci “di non proporre reclamo”.

Tribunale di Genova: ‘Ferrigno, l’amante-giudice, violò imparzialità’

Vincenzo Ferrigno, ex giudice a Firenze, chiese i domiciliari per l’ex marito della sua amante. Il tribunale di Genova: Ferrigni seguì una condotta “consapevolmente condizionata da criteri estranei a quelli previsti dalla legge”.

Vincenzo Ferrigno, condannato a otto mesi di reclusione con l’accusa di abuso d’ufficio per aver chiesto i domiciliari per l’ex marito della sua nuova amante quando era pm a Firenze, si comportò da “fidanzato magistrato”, venendo meno al dovere di astenersi in presenza di un interesse personale.

E’ quanto scrivono i giudici del tribunale di Genova nella motivazioni della sentenza. L’ex pm fiorentino, affermano i giudici, seguì una condotta “consapevolmente condizionata da criteri estranei a quelli previsti dalla legge”. Il magistrato conservò per sé il fascicolo che riguardava la sua nuova amante e l’ex marito, “al fine di “tutelare la persona che aveva cercato appoggio in lui” e violando dunque la necessaria imparzialità alla quale era tenuto.

In questo modo, le misure da lui assunte verso l’ex marito della donna risultato affette da “un vizio insanabile”, poiché messe in atto da “un magistrato che aveva interesse personale in causa”.

Condannato magistrato a 8 mesi per arresto marito amante

Il tribunale di Genova ha condannato a 8 mesi di reclusione, pena sospesa, il magistrato Vincenzo Ferrigno, accusato di abuso d’ufficio per aver chiesto gli arresti domiciliari per il marito della sua amante, quando era sostituto procuratore a Firenze. L’accusa aveva chiesto la condanna a 2 anni di reclusione. Assolta la donna, anche lei imputata nel procedimento.

Il tribunale ha inoltre condannato il magistrato al risarcimento della parte civile, da liquidarsi in separata sede civile, e al pagamento delle spese legali, quantificate in 2.500 euro. Nel 2015 Ferrigno aveva chiesto gli arresti domiciliari per un medico con la cui ex moglie aveva intrapreso una relazione sentimentale. Tempo addietro la donna aveva denunciato il marito per averla minacciata di morte, e il fascicolo era stato assegnato a lui.

Il magistrato per due volte chiese l’archiviazione ed entrambe le volte il gip respinse le richieste. Nel prosieguo degli accertamenti Ferrigno ebbe modo di conoscere i due, e nacque la relazione con la donna. Fu in questa fase che chiese gli arresti per il medico.

“Siamo molto contenti e soddisfatti, è una sentenza che ristabilisce la giustizia con la ‘G’ maiuscola”. Così l’avvocato Massimiliano Manzo, che insieme a Francesco Ceccherini assiste il medico dentista costituitosi parte civile nel processo a carico di Vincenzo Ferrigno, commentando la condanna a 8 mesi per il magistrato, accusato di abuso d’ufficio per aver chiesto gli arresti domiciliari per il professionista, marito della sua nuova amante. “A volte – ha proseguito Manzo – i magistrati possono essere colpiti da delirio di onnipotenza, questa è una sentenza che funzionerà da monito per il futuro. Il mio cliente – ha aggiunto – è commosso per la notizia della condanna”.

“Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza per poi impugnarla, convinti e fiduciosi della bontà dei nostri argomenti difensivi” ha commentato così il legale di Vincenzo Ferrigno, avvocato Sigfrido Fenyes, commentando la sentenza del tribunale.

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