Lavoro, Prato: vertici Texprint indagati per sfruttamento lavoratori

Lo ha reso noto oggi la coordinatrice pratese di Sì Cobas Sarah Caudiero, che ha mostrato la richiesta di proroga di sei mesi delle indagini consegnata alle parti lese, 15 persone – 14 pakistani e un senegalese – che negli anni scorsi hanno lavorato nell’azienda, e che in parte sono state licenziate e poi reintegrate, iscritte alla sigla sindacale.

I vertici della stamperia tessile Texprint di Prato, a conduzione cinese, sono indagati per sfruttamento di manodopera in stato di bisogno. Lo ha reso noto oggi la coordinatrice pratese di Sì Cobas Sarah Caudiero, che ha mostrato la richiesta di proroga di sei mesi delle indagini consegnata alle parti lese, 15 persone – 14 pakistani e un senegalese – che negli anni scorsi hanno lavorato nell’azienda, e che in parte sono state licenziate e poi reintegrate, iscritte alla sigla sindacale.

La procura di Prato conferma come lo scorso agosto i suoi uffici abbiano iscritto nel registro degli indagati due soci della Texprint, e una terza persona, considerata dagli investigatori uno dei gestori di fatto dell’azienda. L’indagine scaturisce dal verbale dell’Ispettorato del lavoro, che proprio sei mesi fa ha effettuato un’ispezione a seguito delle denunce dei lavoratori, sostenute dal sindacato, per sfruttamento del lavoro. La vicenda Texprint ha assunto un valore simbolico nel distretto dell’abbigliamento pratese, il più grande in Europa di questo tipo.

Dal 18 gennaio 2021 i lavoratori pakistani avevano promosso uno sciopero a oltranza, con un picchetto davanti ai cancelli della ditta durato 10 mesi e dove sono accaduti vari scontri con l’azienda, sostenendo di essere stati costretti a lavorare 12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza ferie. Nei mesi scorsi i primi tre licenziati dalla stamperia sono stati tuttavia reintegrati dal giudice del lavoro: oggi, spiega Cadiero, lavorano otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana alla Texprint, ma sono stati assegnanti a un reparto di campionatura, di cui solo loro farebbero parte, “senza avere contatti con gli altri dipendenti”. Il 31 marzo ci sarà un’altra udienza davanti al giudice del lavoro per decidere sul destino del ricorso di altri 15 operai licenziati.

Focolaio alla Gls di Campi Bisenzio: chiude lo stabilimento, fino a nuova disposizione

Gls e Coronavirus: chiude, fino a nuova disposizione, lo stabilimento di Campi Bisenzio dell’azienda di logistica al cui interno si è sviluppato un focolaio. 56 i dipendenti contagiati, all’esito dei tamponi, sui 115 esaminati, tutti ora a casa in isolamento.

Il provvedimento è stato adottato dal sindaco di Campi, Emiliano Fossi. Lo stabilimento – un centro di smistamento – non potrà riaprire “fino all’emanazione di successivo provvedimento di revoca che verrà adottato a seguito delle valutazioni della competente Azienda Usl Toscana Centro sulla base dei provvedimenti che il datore di lavoro intende adottare per il ripristino delle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro”. “Anche se ora i tamponi sono stati effettuati su tutti i lavoratori, tutto ciò si poteva evitare a seguito delle nostre denunce degli scorsi mesi alle Prefetture ed alle Asl dei Comuni di appartenenza verso alcune aziende della logistica, tra cui Gls. Bastava mettere in campo le necessarie azioni preventive per il contenimento del Covid19”. Così Elena Aiazzi (segreteria Cgil Firenze) e Monia Rialti (Filt Cgil area vasta).  Intanto oggi incontro stampa davanti al magazzino GLS di Campi Bisanzio da parte dei Cobas che hanno denunciato la vicenda sabato scorso. “Dopo i risultati dei tamponi, ai lavoratori negativi è stato richiesto di tornare a lavoro, senza premurarsi di effettuare una indagine epidemiologica per riscontrare eventuali contatti con i positivi sul posto di lavoro”. Denuncia Sara Caudiero dei Si Cobas.

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