Esposto di Greenpeace contro Regione Toscana, per plastica in mare

Greenpeace Italia ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana in merito al rilascio nel mar Tirreno di rifiuti in plastica diretti in Bulgaria, con 65 tonnellate finite nelle acque protette del Santuario dei Cetacei.

La notizia dell’esposto viene comunicata con una nota la stessa ong ambientalista, lanciando “Un Santuario di balle”, una nuova inchiesta per far luce sulle responsabilità della vicenda accaduta cinque anni fa nel Golfo di Follonica e “ancora irrisolta”.

L’episodio risale al 23 luglio 2015 – si legge – quando una nave cargo salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. Greenpeace specifica che “a causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il Comandante dà ordine di sversare in mare parte del carico pari a 56 balle”.

Per la Ong quindi “nessuna autorità marittima è a conoscenza dell’incidente fino al 31 luglio, quando una balla finisce accidentalmente nelle reti di un peschereccio nel Golfo di Follonica”.

Da qui per Greenpeace “parte l’inammissibile catena di omissioni, mancanze e negligenze delle istituzioni preposte che, invece di intervenire, si rimpallano ruoli, obblighi e inefficienze”.

“Nonostante l’identificazione della posizione di buona parte delle balle di plastica sui fondali – aggiunge – la nomina di un Commissario Straordinario, la dichiarazione dello stato di crisi ambientale decretato da Ispra lo scorso maggio, non c’è alcuna certezza sulla rimozione di questi rifiuti”.

Per Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace “i fatti noti e documentati” quindi “dimostrano che in una zona che il ministero dell’Ambiente include nell’elenco delle Aree Marine Protette si può impunemente inquinare, trasformando una area da salvaguardare in una grande discarica sottomarina senza che il principio ‘Chi inquina paga’ venga concretamente applicato”.

Delfini morti in Toscana, è il Mobillivirus la causa del decesso

Confermato il virus Cemv, il Mobillivirus dei cetacei, come causa dei decessi di delfini intensificatisi dall’inizio dell’estate nel mare della Toscana – a domenica scorsa 40 gli esamplari morti da inizio 2019 – ma le analisi hanno evidenziato anche la presenza di Ddt e Pct che potrebbero aver contribuito al diffondersi della malattia.

E’ quanto rende noto la Regione Toscana a cui è stata trasmessa la relazione circa le analisi fisiche, batteriologiche ed ecotossicologiche sulle carcasse di delfino rinvenute lungo le coste toscane. Il referto, sottoscritto da tecnici del dipartimento di scienze fisiche terra e ambiente dell’Università di Siena, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale per le Regioni Lazio e di Arpat, annuncia poi ulteriori indagini – già in corso sugli stipiti virali isolati dall’Izs – per stabilire eventuali correlazioni tra il fenomeno in corso ed i precedenti analoghi di Mobillivirus avvenuti sempre nel Santuario dei Cetacei nel 2013 e nel 2016. Il lavoro sarà portato avanti in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per la diagnosi dei Mammiferi marini spiaggiati (Credima), che sta analizzando i casi di altri delfini spiaggiati in Liguria.

“Le analisi che la Regione ha commissionato a ben tre importanti istituti – spiega l’assessore toscano all’ambiente Federica Fratoni – hanno confermato il Cemv come causa del picco nei decessi di delfini riscontrato da giugno nel Santuario dei cetacei. Il Cemv è patogeno solo per questi animali e quindi non rappresenta un pericolo per altre specie”.

“Siamo impotenti davanti a questo virus – continua l’assessore – ma potremmo fare molto circa un altro problema evidenziato dalle analisi di tessuti e degli organi prelevati durante gli esami autoptici dei delfini: la nota dei tre istituti evidenzia livelli elevati di Ddts e Pcbs, policlorobifenili organoclorurati di vecchia generazione utilizzati anche come insetticidi ed ancora presenti nel Mar Mediterraneo. Questi prodotti possono avere un effetto immunosoppressore e dunque possono aver contribuito al diffondersi della malattia ed ai suoi effetti. Per questo faccio un appello al Governo perchè finalmente l’Italia aderisca alla Convenzione di Stoccolma del 2001, che mette al bando gli inquinanti organici persistenti. Il nostro è l’unico Paese europeo a non aver ancora sottoscritto quel patto di civiltà ed è giunto il momento di rimediare a questo errore”.

Collisione navi tra Capraia e la Corsica: allarme inquinamento

Collisione tra Capraia e la Corsica: da Legambiente il sollecito a dare seguito alle operazioni di contenimento in maniera rapida ed efficace per tutelare la biodiversità e la fauna marina minacciate dallo sversamento di centinaia di metri cubi di olio carburante

La collisione tra la nave tunisina Roro Ulysse e la portacontainer cipriota CLS Virginia avvenuta domenica mattina nell’area del santuario dei cetacei, santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, dimostra per l’ennesima volta l’estrema vulnerabilità di questo prezioso triangolo di mare tra il nord della Sardegna, la Corsica, la Toscana e la Liguria, ricco di biodiversità marina.

La collisione è avvenuta a 28 km da Capo Corso e ha provocato uno sversamento in mare di 600 metri cubi di olio carburante enormemente tossico per l’ambiente marino, che ha generato in mare una chiazza estesa per circa 10 km quadrati che si è estesa per una lunghezza di circa 20 Km. Il fatto che l’incidente sia avvenuto in buone condizioni meteomarine dimostra che il santuario è quotidianamente esposto a rischi troppo alti e che evidentemente i controlli non sono sufficienti a metterlo in sicurezza. Sul luogo della collisione stanno intervenendo in queste ore mezzi anti-inquinamento francesi e italiani.

Com’è noto, le operazioni di disincagliamento possono essere causa di un ulteriore rischio di sversamento, inoltre occorre gestire al meglio questo delicato intervento per cercare di contenere il rischio incendi vista l’alta infiammabilità del carburante. Per tale ragione, è fondamentale che le azioni volte al contenimento avvengano in maniera rapida, al fine di limitare i danni sia nei confronti della fauna e della flora presenti nell’area che dei mammiferi marini e della tartaruga Caretta caretta che ha iniziato negli ultimi anni a nidificare lungo la costa toscana, all’Isola d’Elba e in Sardegna e per evitare che il carburante raggiunga la costa.

Piogge e venti forti stanno ostacolando le operazioni di pulizia della chiazza d’idrocarburi che galleggia sul mare e si sposta di ora in ora. Il rischio maggiore, proprio per l’alta densità del combustibile sversato, è che possa in parte finire sotto la superficie dell’acqua, rendendo più difficile il recupero e mettendo in pericolo un numero maggiore di animali. “L’aumento del moto ondoso – afferma l’Ispra – non permetterà un agevole recupero del combustibile che ingloberà goccioline di acqua (fino all’80% del volume totale) favorendone altresì lo spostamento sotto la superficie del mare, non vista dai sistemi di rilevamento in atto, e apparire solo quando in prossimità della costa”.

Se si è per fortuna evitata quella che poteva essere una tragedia con molte vittime, i danni ambientali rimarranno per molto tempo e nessuno sa davvero quali effetti avranno in un’area vitale per i cetacei, sia per le loro rotte migratorie che per il fenomeno della risalita delle acque fredde che fertilizzano il mare dando il via alla catena alimentare che li attira fino alle coste liguri.

Ci preoccupano anche le dichiarazioni del ministro dell’Environnement et de la Transition écologique della Francia, François de Rugy, secondo il quale la collisione tra la nave ro-ro tunisina e la portacontainer cipriota deriva da «Un comportamento della nave ro–ro totalmente anormale» e che ha aggiunto che «Non c’era nessuno sveglio al timone della nave ro-ro. Altrimenti la collisione si sarebbe potuta evitare». E’ chiaro che in questo come in altri incidenti marittimi ha svolto un ruolo anche la scarsa preparazione professionale lo sfruttamento degli equipaggi di navi come quella tunisina.

Il Santuario dei Cetacei rischia di restare un’istituzione importante e strategica solo sulla carta. Di fatto, infatti, è sempre più teatro di incidenti a causa dell’intenso traffico navale, a partire dal naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio e poi la caduta nel mare in tempesta al largo di Gorgona di decine di bidoni contenenti sostanze tossiche (molti dei quali mai recuperati), fino a naufragi sfiorati e collisioni, mentre nell’Arcipelago Toscano le navi cariche di sostanze pericolose continuano a passare vicinissime a Pianosa e ad altre isole protette”.

L’auspicio di Legambiente, dunque, è che i controlli aumentino in maniera sensibile in modo tale da garantire la necessaria sicurezza del sito. Nel tratto di mare in cui è avvenuta la collisione transitano circa un centinaio di navi al giorno che non solo disturbano balenotteri, capodogli, stenelle e delfini, ma costituiscono un pericolo per la biodiversità marina. Occorre, pertanto, attivare un sistema di protezione dell’area, facendo in modo che quello accaduto domenica non sia l’ennesimo incidente destinato a cadere nell’oblio. Non è pensabile che in una delle aree teoricamente più controllate del Mediterraneo, soggetta ad un trattato internazionale in cui la navigazione dovrebbe essere estremamente sicura e sita in prossimità dell’area protetta francese e del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, possa accadere un incidente di tale portata che avrà ripercussioni molto gravi a prescindere dal tempestivo intervento che ci auguriamo venga messo in atto.

Occhi sulla plastica in mare al Santuario dei Cetacei.

Santuario dei cetacei. Occhi puntati sulla Plastisfera, veicolo di prodotti chimici tossici e di microbi potenzialmente invasivi e dannosi per le specie marine.Legambiente e Expédition MED presentano: Pelagos plastic free, progetto mirato al monitoraggio e alla riduzione dei rifiuti plastici nel Santuario Pelagos. Parla il Responsabile nazionale Mare di Legambiente.

Exit mobile version