Al Teatro Era La Compagnia Luca de Filippo con “Ditegli sempre di sì”

Sabato 22 e domenica 23 febbraio al Teatro Era (Pontedera), è di scena una delle opere più emozionanti di Eduardo: “Ditegli sempre di sì”. La regia, firmata dal magistrale Roberto Andò, ne mette in risalto i lati più affascinanti e imprendibili, grazie all’interpretazione degli attori della Compagnia Luca De Filippo: Carolina Rosi, Gianfelice Imparato, Edoardo Sorgente e tanti altri. 

Si tratta di una commedia in bilico tra la pochade e un vago pirandellismo, un congegno bizzarro, in cui Eduardo De Filippo si applica a variare il tema della normalità e della follia, consegnando al personaggio di Michele Murri, il protagonista, i tratti araldici della sua magistrale leggerezza. Via via che ci si avvicina al finale, il fantasma delle apparenze assume un andamento beffardo, sino a sfiorare, nel brio del suo ambiguo e iperbolico disincanto, una forma spiazzante.

“Ditegli sempre di sì” è uno dei primi testi scritti da Eduardo De Filippo. Si tratta di un’opera vivace, colorata, il cui protagonista, Michele Murri, è un pazzo metodico, con la mania della perfezione. Una commedia molto divertente che, pur conservando le sue note farsesche, suggerisce serie riflessioni sul labile confine tra salute e malattia mentale. Gianfelice Imparato interpreta il ruolo di Michele Murri, Carolina Rosi è sua sorella Teresa, la regia è affidata a Roberto Andò, qui alla sua prima esperienza eduardiana.

“L’intreccio è di una semplicità disarmante – afferma Andò – e si direbbe che l’autore si sia programmaticamente nascosto dietro la sua evanescenza, per dissimulare l’inquietudine e la profondità che vi stava insinuando. Come se ne avesse pudore o paura. Ecco la storia: un pazzo, erroneamente congedato come guarito dal manicomio che lo ha ospitato, torna a casa dalla sorella Teresa e inizia, lucidamente, furiosamente, a sperimentare e stravolgere gli effetti della cosiddetta normalità”.

La prima versione della commedia risale al 1925, ed è dunque la prima volta che in un lavoro di Eduardo compare il tema della follia. Nonostante il grande successo tributatole negli anni della compagnia Scarpetta prima e nelle stagioni del Teatro Umoristico poi, come altre commedie dei “giorni pari”, “Ditegli sempre di sì”, a un certo punto, venne messa da parte. Probabilmente, per attenuare, dopo la separazione artistica dei due fratelli De Filippo, il ricordo dell’interpretazione di Peppino nei panni di Luigi Strada, lo studente pazzo di teatro. Come il Bernhard di Minetti, anche Eduardo crede infatti che il rapporto tra l’attore e la pazzia sia insito nell’arte drammatica.

“È da notare – osserva Roberto Andò – come, pur facendo molto ridere, a partire da certi anni, “Ditegli sempre di sì” sia stata sempre definita una “commedia dolorosa”. Frutto di successive elaborazioni e, per un certo tempo, nel suo derivare dalla farsa scarpettiana, lasciata aperta all’improvvisazione, Eduardo provvide a darne una versione definitiva e italianizzata in occasione della sua regia televisiva del 1962, in cui, a mio parere, rivestendo ancora una volta i panni del protagonista, si produsse – commenta – in una delle sue più grandi interpretazioni”.

In “Ditegli sempre di sì”, la pazzia di Michele Murri è vera: è stato per un anno in manicomio, e solo la fiducia di uno psichiatra ottimista gli ha permesso di ritornare alla vita normale. Michele è un pazzo tranquillo, socievole, cortese, all’apparenza un uomo normalissimo, ma in verità la sua follia è più sottile, perché consiste essenzialmente nel confondere i suoi desideri con la realtà che lo circonda: eccede in ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge ogni cosa all’estremo.

“Il tema della pazzia ha sempre offerto spunti comici o farseschi, ma di solito – precisa Andò – è giocato a rovescio, con un sano che si finge pazzo. Invece, in “Ditegli sempre di sì”, il protagonista è realmente pazzo: da qui, il dolore e il senso di minaccia che pervadono l’opera. Tra porte che si aprono e si chiudono, equivoci, fraintendimenti, menzogne, illusioni, bovarismi, lo spettatore – continua – si ritrova in un clima sospeso tra la surrealtà di Achille Campanile e un Pirandello finalmente privato della sua filosofia, irresistibilmente proiettato nel pastiche”.

Tornato a casa dalla sorella Teresa, Michele si trova a fare i conti con un mondo assai diverso dagli schemi secondo i quali è stato rieducato in manicomio. Il luogo dove siamo convocati è il tipico interno piccolo-borghese di Eduardo, il salottino, che subito diviene lo specchio scheggiato della follia del protagonista, l’antro in cui la sua mente può elaborare, manipolare, distorcere i ragionamenti e i sofismi di chi gli viene a tiro, scardinandone la fragilità e la vanità.

Ditegli sempre di sì

“Sarebbe facile dire che Michele Murri ci è vicino, e affermare – continua Roberto Andò – che il suo continuo attentare alla logica, il suo modo di vigilare sullo sguardo degli altri, il suo deviare continuo dal senso delle parole e delle intenzioni, assumendone la letteralità, è un filtro che, prima o poi, ognuno di noi ha temuto o desiderato. Come sarebbe anche facile dire che Michele, come ogni pazzo che si rispetti, è un forsennato contestatore della vita e del suo senso. Alla fine – conclude – la questione è la stessa che, anni dopo, il genio di Thomas Bernhard riassumerà in una scarna e micidiale domanda: è una commedia? È una tragedia?”.

 

Tutti i dettagli su www.teatroera.it. Biglietti 20 euro intero, 18 euro ridotto.

Al Teatro della Pergola va in scena la commedia “Ditegli sempre di sì”

Da domani  fino al 5 gennaio, Roberto Andò dirige Gianfelice Imparato, Carolina Rosi e la Compagnia Luca De Filippo in “Ditegli sempre di sì”.

Si tratta di una commedia in bilico tra la pochade e un vago pirandellismo, un congegno bizzarro in cui Eduardo De Filippo si applica a variare il tema della normalità e della follia, consegnando al personaggio di Michele Murri, il protagonista, i tratti araldici della sua magistrale leggerezza.

Via via che ci si avvicina al finale, il fantasma delle apparenze assume un andamento beffardo, sino a sfiorare, nel brio del suo ambiguo e iperbolico disincanto, una forma spiazzante.

“Ditegli sempre di sì” è uno dei primi testi scritti da Eduardo De Filippo. Si tratta di un’opera vivace, colorata, il cui protagonista, Michele Murri, è un pazzo metodico, con la mania della perfezione. Una commedia molto divertente che, pur conservando le sue note farsesche, suggerisce serie riflessioni sul labile confine tra salute e malattia mentale.

Gianfelice Imparato interpreta il ruolo di Michele Murri, Carolina Rosi è sua sorella Teresa, la regia è affidata a Roberto Andò, qui alla sua prima esperienza eduardiana.

“L’intreccio è di una semplicità disarmante – afferma Andò – e si direbbe che l’autore si sia programmaticamente nascosto dietro la sua evanescenza, per dissimulare l’inquietudine e la profondità che vi stava insinuando. Come se ne avesse pudore o paura. Ecco la storia: un pazzo, erroneamente congedato come guarito dal manicomio che lo ha ospitato, torna a casa dalla sorella Teresa e inizia, lucidamente, furiosamente, a sperimentare e stravolgere gli effetti della cosiddetta normalità”.

Una scena di “Ditegli sempre di sì”, commedia diretta da Roberto Andò.

 

La prima versione della commedia risale al 1925, ed è dunque la prima volta che in un lavoro di Eduardo compare il tema della follia. Nonostante il grande successo tributatole negli anni della compagnia Scarpetta prima e nelle stagioni del Teatro Umoristico poi, come altre commedie dei “giorni pari”, “Ditegli sempre di sì”, a un certo punto, venne messa da parte. Probabilmente, per attenuare, dopo la separazione artistica dei due fratelli De Filippo, il ricordo dell’interpretazione di Peppino nei panni di Luigi Strada, lo studente pazzo di teatro. Come il Bernhard di Minetti, anche Eduardo crede infatti che il rapporto tra l’attore e la pazzia sia insito nell’arte drammatica.

“È da notare – osserva Roberto Andò – come, pur facendo molto ridere, a partire da certi anni, “Ditegli sempre di sì” sia stata sempre definita una “commedia dolorosa”. Frutto di successive elaborazioni e, per un certo tempo, nel suo derivare dalla farsa scarpettiana, lasciata aperta all’improvvisazione, Eduardo provvide a darne una versione definitiva e italianizzata in occasione della sua regia televisiva del 1962, in cui, a mio parere, rivestendo ancora una volta i panni del protagonista, si produsse – commenta – in una delle sue più grandi interpretazioni”.

In “Ditegli sempre di sì”, la pazzia di Michele Murri è vera: è stato per un anno in manicomio, e solo la fiducia di uno psichiatra ottimista gli ha permesso di ritornare alla vita normale. Michele è un pazzo tranquillo, socievole, cortese, all’apparenza un uomo normalissimo, ma in verità la sua follia è più sottile, perché consiste essenzialmente nel confondere i suoi desideri con la realtà che lo circonda: eccede in ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge ogni cosa all’estremo.

 

“Il tema della pazzia ha sempre offerto spunti comici o farseschi, ma di solito – precisa Andò – è giocato a rovescio, con un sano che si finge pazzo. Invece, in “Ditegli sempre di sì”, il protagonista è realmente pazzo, da qui, il dolore e il senso di minaccia che pervadono l’opera. Tra porte che si aprono e si chiudono, equivoci, fraintendimenti, menzogne, illusioni, bovarismi, lo spettatore – continua – si ritrova in un clima sospeso tra la surrealtà di Achille Campanile e un Pirandello finalmente privato della sua filosofia, irresistibilmente proiettato nel pastiche”.

Tornato a casa dalla sorella Teresa, Michele si trova a fare i conti con un mondo assai diverso dagli schemi secondo i quali è stato rieducato in manicomio. Il luogo dove siamo convocati è il tipico interno piccolo-borghese di Eduardo, il salottino, che subito diviene lo specchio scheggiato della follia del protagonista, l’antro in cui la sua mente può elaborare, manipolare, distorcere i ragionamenti e i sofismi di chi gli viene a tiro, scardinandone la fragilità e la vanità.

“Sarebbe facile dire che Michele Murri ci è vicino, e affermare – continua Roberto Andò – che il suo continuo attentare alla logica, il suo modo di vigilare sullo sguardo degli altri, il suo deviare continuo dal senso delle parole e delle intenzioni, assumendone la letteralità, è un filtro che, prima o poi, ognuno di noi ha temuto o desiderato. Come sarebbe anche facile dire che Michele, come ogni pazzo che si rispetti, è un forsennato contestatore della vita e del suo senso. Alla fine – conclude – la questione è la stessa che, anni dopo, il genio di Thomas Bernhard riassumerà in una scarna e micidiale domanda: è una commedia? È una tragedia?”.

(ore 20:45; domenica ore 15:45; riposo lunedì 30 dicembre; martedì 31 dicembre ore 20:30)

Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo, Fondazione Teatro della Toscana

Gianfelice Imparato, Carolina Rosi

DITEGLI SEMPRE DI SÌ

di Eduardo De Filippo

con (in ordine di apparizione) Paola Fulciniti, Massimo De Matteo, Edoardo Sorgente, Vincenzo D’Amato, Federica Altamura, Andrea Cioffi, Nicola Di Pinto, Viola Forestiero, Boris De Paola, Gianni Cannavacciuolo

scene e luci Gianni Carluccio

costumi Francesca Livia Sartori

aiuto regia Luca Bargagna

aiuto scene Sebastiana Di Gesu

aiuto costumi Pina Sorrentino

regia Roberto Andò

Durata: 1h e 35’, intervallo compreso.

 

055.0763333 –  biglietteria@teatrodellapergola.com.

Teatro della Pergola: Roberto Andò dirige “Bella Figura” di Yasmina Reza

Al Teatro della Pergola, da martedì 30 ottobre a domenica 4 novembre, Roberto Andò dirige per la prima volta in Italia Bella Figura di Yasmina Reza, una “tragedia divertente”, secondo la definizione che ne ha dato il regista inglese Matthew Warchus

“Non so se le commedie di Yasmina Reza siano leggere – riflette Roberto Andò – perché in lei rimane sempre qualcosa di difficile da definire: il suo è umorismo nero, tutto si gioca sul lato del cinismo in cui l’essere umano sicuramente parte svantaggiato nei meccanismi della vita e deve quindi muoversi.”

Un disguido tra due amanti in una macchina parcheggiata davanti a un ristorante: Boris confessa ad Andrea che il ristorante in cui intende portarla gli è stato consigliato dalla moglie. Bella Figura esplora la notte che segue a quell’errore fatale l’errore, i legami segreti con una seconda coppia, Eric e Françoise, le reazioni improvvise, i comportamenti irrazionali che si creano senza che ce ne rendiamo conto.

Non si tratta di inventare grandi storie, ma di estrarre dal tempo presente tutto ciò che contiene uno spazio drammatico. “Nelle mie opere – afferma Yasmina Reza – non racconto mai vere e proprie storie, a meno che non si consideri l’incerta e ondeggiante trama della vita, di per se stessa, una storia”.

Come i lavori precedenti della poliedrica Yasmina Reza (attrice, scrittrice, sceneggiatrice e drammaturga), anche in Bella figura, diretto per la prima volta in Italia da Roberto Andò, al Teatro della Pergola da martedì 30 ottobre a domenica 4 novembre, le contraddizioni e le nevrosi dei personaggi, interpretati da Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Lucia Mascino, David Sebasti e Simona Marchini, sono spinte all’eccesso, e si ribaltano a volte nel loro contrario, creando effetti capaci di provocare al contempo un disagio sottile e risate clamorose. La traduzione è di Monica Capuani, la scena e le luci sono di Gianni Carluccio, i costumi di Gemma Mascagni. Una produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo.

“Yasmina Reza afferma che il suo lavoro – racconta Roberto Andò ad Angela Consagra sul foglio di sala dello spettacolo – è quello di estrarre una trama dai suoi testi, un racconto che sostanzialmente sia un accostamento fortuito di momenti diversi generatori del sentimento della vita. In questo senso, una delle prerogative di Yasmina Reza si identifica con la creazione di pièce dove ci si trova davanti a situazioni estreme – penso sia a questo spettacolo che all’altro di questa autrice, Le Dieu du Carnage, messo in scena da me precedentemente – e in un luogo in cui si alternano il sarcasmo e il dramma, come anche la commedia per certi versi. Per un momento il percorso ordinato della vita deraglia; questo è un aspetto sempre presente nelle sue opere: c’è un momento in cui tutto salta, anche se ci si trova in un interno borghese come, per esempio, in un salotto o in questo caso un ristorante che diventa un luogo di ricapitolazione dei vari aspetti delle relazioni tra le persone lì radunate.”

Un uomo e una donna sono nel parcheggio di un ristorante fuori città. Lei, Andrea (Anna Foglietta), madre single e impiegata in una farmacia, è ancora in macchina. Il suo amante, Boris (David Sebasti), un piccolo imprenditore di verande, sta cercando di convincerla ad uscire, malgrado il passo falso che ha appena commesso: farsi scappare che quel ristorante gli è stato consigliato da sua moglie. Poco dopo, una seconda coppia entra in scena: Eric (Paolo Calabresi) e Françoise (Lucia Mascino), insieme a Yvonne (Simona Marchini), la madre di Eric. In breve emerge che sono legati alla prima coppia da un segreto imbarazzante. La pièce si svolge quasi interamente all’aperto, mentre il giorno volge al termine.

“Credo che Yasmina Reza – continua Andò – indiscutibilmente abbia la caratteristica di riuscire a stabilire un rapporto con il pubblico che non sia inerte: gli spettatori ridono o sono a disagio, seguendo quindi una vicenda senza noia, e da questo punto di vista è un’autrice, tra le poche di oggi, capace di scrivere dei testi. Inoltre, Yasmina Reza è stata anche attrice e questo si riflette nella sua opera: lei sa scrivere per gli attori, crea dei dialoghi che abbiano un senso in scena per gli attori che li pronunciano.”

Reza padroneggia in modo impareggiabile l’oscillare di tono della sua scrittura, e in particolare la sua cifra più originale, l’humor paradossale, quello che l’ha fatto amare da registi e scrittori come Milan Kundera e Roman Polanski. Bella Figura è stato scritto per il regista Thomas Osthermeier e la compagnia del teatro Schaubühne di Berlino, e ha riscosso, sia in Germania, sia in Francia, dove l’ha messo in scena la stessa Reza per l’interpretazione di Emmanuelle Devos, un grande successo di pubblico e di critica.

“Un punto fondamentale è l’orchestrazione delle voci e dei tempi, delle sospensioni come li chiama lei stessa – conclude Roberto Andò – soprattutto, in Bella figura il testo è scritto come se si trattasse di cinema: lo spettatore assiste a una dualità di luoghi che si intrecciano: all’inizio la vicenda si svolge in un parcheggio, poi ci si sposta su una specie di terrazza dove viene preso un aperitivo, di nuovo l’azione cambia e siamo in un bagno e alla fine si ritorna di nuovo al tavolo di un ristorante, in un’altra scena ancora nel parcheggio… Di solito ciò in teatro non avviene, mentre in questo spettacolo la dualità di ambientazione è diventata per me e lo scenografo Gianni Carluccio una possibilità per costruire delle azioni in contemporanea: si vede l’azione di un personaggio e nello stesso tempo altri personaggi si muovono in un altro luogo, creando una compresenza di avvenimenti.”

Un gioco di tensione, crudele e tenero, con una lucidità che non ammette soluzioni. Il disagio che vivono i personaggi è reale e tangibile. Ognuno di loro ha qualcosa di non risolto come succede nella vita di tutti.

Intervista a ROBERTO ANDÒ

di Angela Consagra

Yasmina Reza – l’autrice di Bella figura – dice che in genere non racconta storie, piuttosto si concentra sul racconto della vita. È questo l’aspetto forse che più l’ha convinta a mettere in scena questo spettacolo?

“Yasmina Reza afferma che il suo lavoro è quello di estrarre una trama dai suoi testi, un racconto che sostanzialmente sia un accostamento fortuito di momenti diversi generatori del sentimento della vita. In questo senso, una delle prerogative di Yasmina Reza si identifica con la creazione di pièce dove ci si trova davanti a situazioni estreme – penso sia a questo spettacolo che all’altro di questa autrice, Le Dieu du Carnage, messo in scena da me precedentemente – e in un luogo in cui si alternano il sarcasmo e il dramma, come anche la commedia per certi versi. Per un momento il percorso ordinato della vita deraglia; questo è un aspetto sempre presente nelle sue opere: c’è un momento in cui tutto salta, anche se ci si trova in un interno borghese come, per esempio, in un salotto o in questo caso un ristorante che diventa un luogo di ricapitolazione dei vari aspetti delle relazioni tra le persone lì radunate.”

È questo allontanarsi dall’ordinario che più l’attrae in questa autrice?

“È molto difficile per me dire perché mi piaccia il lavoro di Yasmina Reza: il suo è un tipo di teatro molto diverso da quello che ho amato e che ho sempre fatto. Io provengo da una generazione che ha contrastato il teatro tradizionale: i miei miti sono stati autori come Kantor o Bob Wilson, poi ad un certo punto mi sono imbattuto nel teatro di parola e ho cominciato ad amarlo. Credo che Yasmina Reza indiscutibilmente abbia la caratteristica di riuscire a stabilire un rapporto con il pubblico che non sia inerte: gli spettatori ridono o sono a disagio, seguendo quindi una vicenda senza noia, e da questo punto di vista è un’autrice, tra le poche di oggi, capace di scrivere dei testi. Inoltre, Yasmina Reza è stata anche attrice e questo si riflette nella sua opera: lei sa scrivere per gli attori, crea dei dialoghi che abbiano un senso in scena per gli attori che li pronunciano.”

Qual è l’idea originaria per la costruzione della sua regia?

“Un punto fondamentale è l’orchestrazione di queste voci e dei tempi, delle sospensioni come li chiama lei stessa; soprattutto, in Bella figura il testo è scritto come se si trattasse di cinema: lo spettatore assiste ad una dualità di luoghi che si intrecciano: all’inizio la vicenda si svolge in un parcheggio, poi ci si sposta su una specie di terrazza dove viene preso un aperitivo, di nuovo l’azione cambia e siamo in un bagno e alla fine si ritorna di nuovo al tavolo di un ristorante, in un’altra scena ancora nel parcheggio… Di solito ciò in teatro non avviene, mentre in questo spettacolo la dualità di ambientazione è diventata per me e lo scenografo una possibilità per costruire delle azioni in contemporanea: si vede l’azione di un personaggio e nello stesso tempo altri personaggi si muovono in un altro luogo, creando una compresenza di avvenimenti.”

È affascinante questa unione tra teatro e cinema: gli attori di questo spettacolo, infatti, sono attori di teatro identificabili anche molto con il mondo cinematografico…

“Sì, gli attori condividono teatro e cinema: fanno film e hanno un’educazione teatrale. Mi pare che ormai sia naturale questa frequentazione con il teatro da parte della gente del cinema ed è un fatto importante, qualcosa che serve agli attori ma anche al pubblico. Non ci possono essere barriere in questo mestiere, anzi, è la creatività che deve necessariamente esprimersi a trecentosessanta gradi.”

Yasmina Reza ha definito Bella figura come “una tragedia divertente”…

“Anche a me piace scoprire il lato comico e grottesco delle situazioni, per mescolarlo all’andamento drammatico dell’esistenza. E questo si ritrova nel mio lavoro, anche in opere completamente diverse tra loro, da film come Viva la libertà al recentissimo Una storia senza nome: il lato comico è sempre presente, anche se a volte si nasconde basta fissare lo sguardo per metterlo in evidenza. L’aspetto divertente delle cose rende più interessante la vita, secondo me, e in un certo senso ha molto a che fare con il sentimento della leggerezza. Detto questo, per quanto riguarda in particolare Yasmina Reza non so se le sue commedie siano leggere, perché in lei rimane sempre qualcosa di difficile da definire: il suo è umorismo nero, tutto si gioca sul lato del cinismo in cui l’essere umano sicuramente parte svantaggiato nei meccanismi della vita e deve quindi muoversi.”

 

Tournée

Empoli (FI) – Teatro Excelsior 5 novembre 2018

Salerno – Teatro Verdi dall’8 all’11 novembre 2018

Ancona – Teatro delle Muse dal 15 al 18 novembre 2018

Teramo – Teatro Comunale 20 e 21 novembre 2018

Pistoia – Teatro Manzoni dal 23 al 25 novembre 2018

Pontedera (PI) – Teatro Era 30 novembre 2018

Orvieto – Teatro Mancinelli 1 e 2 dicembre 2018

Fasano (BR) – Teatro Kennedy 12 dicembre 2018

San Severo (FG) – Teatro Verdi 13 dicembre 2018

Barletta – Teatro Curci dal 14 al 16 dicembre 2018

Roma – Teatro Ambra Jovinelli dal 9 al 27 gennaio 2019

Biglietti

Intero

Platea 34€ – Palco 26€ – Galleria 18€

Ridotto OVER 60

Platea 30€ – Palco 22€ – Galleria 16€

Ridotto UNDER 26

Platea 22€ – Palco 17€ – Galleria 13€

Ridotto Soci Unicoop Firenze

Platea 26€ – Palco 19€ – Galleria 14€

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