Al Marino Marini di Firenze al via la mostra “The library of encoded time”

Da domani al 3 marzo 2020, in esposizione nella cripta della Chiesa di San Pancrazio del Museo Marino Marini di Firenze, la mostra dal titolo “The library of encoded time”, con due installazioni dell’artista Michele Ciacciofera, curata da Angelo Crespi.

L’ambito di ricerca di Michele Ciacciofera interseca più campi – dalla politica alla storia, dalla filosofia alla sociologia, dall’archeologia alla psicologia – riuniti nello spazio ipogeo del museo Marino Marini in un percorso creativo artistico-semiologico, in cui l’indagine archeologica è vista come la chiave di accesso per la comprensione del presente, visto come risultato di un unico, incessante, processo di stratificazione.

Ciacciofera si interroga sull’evoluzione umana, individuale e collettiva, esplorando i modelli che stanno all’origine della nostra conoscenza e riconfigurando, tra passato e presente, le relazioni che sussistono nelle forme di conoscenza primordiali, a partire dal mito.

The Library of encoded time si compone di una serie di vecchi mattoni provenienti dalla distruzione di architetture del passato, che si ricompongono in forma di codici, per giungere a una rilettura della storia attraverso la simulazione di diversi alfabeti, paradigmatici della costruzione dell’edificio della cultura attraverso la trasmissione della conoscenza.

L’installazione, in precedenza esposta a Parigi, a Marrakech e a Guangzhou, è stata ricreata in una nuova versione per il museo Marino Marini, partendo dai mattoni rinvenuti in situ, durante la ristrutturazione del chiostro adiacente alla chiesa di San Pancrazio. Il processo di scrittura e smaltatura è avvenuto in Toscana. Attraverso un nuovo dispositivo progettato dall’artista, costituito da mensole metalliche, le tavolette vengono presentate come veri e propri libri che interrogano il tempo.

 

 

Lo spazio adiacente ospita invece l’installazione “The inner State”, composta da venti sculture verticali, totem stalagmitici in legno e materiali compositi, caratterizzati da un’ambiguità formale che compenetra forme organiche e inorganiche, umane e animali, minerali e vegetali, rimandando a una sorta di teriomorfismo poliedrico. La disposizione delle opere nello spazio rievoca una foresta arcaica, in cui gli alberi sembrano scorrere come in una processione o rito sciamanico. La pratica di collezionare e riunire frammenti, oggetti trovati, antichi quanto attuali, fa parte integrante del processo creativo, volto a dare nuova vita a questi materiali, che si trasformano così in feticci, conservando tuttavia la loro carica simbolica originaria.

Il reimpiego di ammoniti fossili del Paleocene o la riproduzione di trilobiti sulla superficie delle sculture non ha qui funzione puramente ornamentale, ma costituisce l’ultima tappa di un processo di stratificazione mentale e materiale, preceduto da una complesso procedimento che vede sovrapporsi materiali pittorici, patine, gomme lacche, foglie vegetali, frammenti di carta, etc., unitamente a una serie di segni e di simboli geometrici, o ancora, emoticon, disegnati o dipinti con colori naturali o fluorescenti, che indicano la complessa temporalità delle opere. Presi nel loro insieme, questi oggetti sono sottoposti a un processo di arricchimento per accumulazione, che completa la definizione archeologica dell’opera, costituendone una incarnazione plastica di un bisogno primordiale dell’uomo, quello, cioè, della creazione di segni.

Infine, l’installazione è accompagnata da un’opera sonora in cui rumori urbani e naturali, elaborati elettronicamente e ritmati, si sovrappongono per creare una sonorità che rappresenta l’anima vitale delle sculture stesse, che gradualmente diminuisce fino all’estinzione.

“Michele Ciacciofera – spiega il curatore Angelo Crespi– è uno degli artisti più interessanti sulla scena internazionale, muovendosi in quel vasto spazio dell’arte contemporanea tra pittura, scultura, installazione. Negli ultimi due anni ha esposto in Europa, America, Cina e Africa, in alcune prestigiose istituzioni museali, gallerie e fiere, presentando gli esiti della sua più recente ricerca, che muove soprattutto dagli studi di sociologia e antropologia e si esemplifica plasticamente in una serie di installazioni di grande potenza evocativa e poetica, e di immenso fascino visivo.

The Library of encoded time sublima nel duro resistere della materia – l’argilla e gli smalti – l’essenza del pensiero, per sua natura destinato a svaporare nel tempo, ma che l’uomo si inventò di trasmettere attraverso la scrittura. Proprio questa trasmissione “codificata” apre l’infinita narrazione della civiltà, quel labirinto quasi borgesiano, fatto di storie e contro storie in cui si perde e si ritrova il genere umano”.

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