Il MET inaugura la stagione con il Decameron 2.0 di Letizia Renzini

Da giovedì 25 a domenica 28 ottobre apre la stagione 2018/2019 del Teatro Metastasio di Prato la prima delle 14 nuove produzioni in cartellone quest’anno, DECAMERON 2.0The Stories We Sell Ourselves In Order To Live / Le storie che ci raccontiamo per continuare a vivere, uno spettacolo ideato e diretto da Letizia Renzini

Video artista, musicista, dee-jay, cantante e performer, con un passato di critico musicale per giornali e riviste e di speaker radiofonico per Rai Rai Radio 3 (Battiti), Letizia Renzini è un’autrice e regista dai poliedrici interessi che da tempo lavora con audio, video, corpo e testo in una costante fusione di linguaggi. Ha collaborato con numerose istituzioni straniere, e in Italia con festival e compagnie di ricerca (tra cui Romaeuropa Festival, Biennale di Venezia, le compagnie Virgilio Sieni Danza e Societas Raffaello Sanzio) Le sue produzioni, performance, spettacoli, istallazioni e proiezioni hanno confini di genere sfumati e si compongono di repertori antichi e nuovi, frammenti, iconografie, trasfigurazioni e nuove interpretazioni.

Con DECAMERON 2.0 la Renzini scioglie in una composizione multimediale immersiva la struttura del Decamerone di Boccaccio, componendo una nuova narrazione che rinnova il teatro musicale, in bilico tra filosofia e poesia, con lettura rispettosissima dell’originale in lingua volgare, testi in inglese e latino, linguaggio del corpo e utilizzo dei social. Al tempo del vagheggiamento boccacciano, il Decamerone era la favola secolare che distraeva le donne conducendole in un’altra dimensione, dove il sacro si annidava nelle miserie quotidiane. Oggi, nel tempo del ‘vagheggiamento espanso’, della rete e del virtuale, le storie che ci raccontiamo per continuare a vivere hanno forme nuove, ma nulla è cambiato nell’elevazione dell’uomo, quel gap tra realtà e sua mistificazione resta intatto, ora declinato con live camera, selfie, post, screenshot e app di messaggistica, con smartphone e pc accesi e fin anche con video Youtube di baby influencer a fornire il decalogo per il selfie più spontaneo. Il tentativo di DECAMERON 2.0 è ricucire lo iato temporale tra un trecento tardo, quando l’uomo si scopre primo e solo artefice della propria fortuna, e i giorni nostri, quando l’uomo si è espanso fino a sostituirsi a tutto e sconta il confronto con una solitudine assoluta, condannato dalla globalizzazione ad una eterna marginalità.

Liberando il Decamerone dalle griglie della narrazione verosimile, moltiplicando i suoi significati e sublimandoli in personaggi, simboli e racconti attuali, DECAMERON 2.0 prova a ricostruire un’epica contemporanea collettiva affrontando temi come il culto del sé, la tensione al successo, la dittatura dell’immagine nelle sue forme più feroci e quotidiane, la miseria del sentimento di prevaricazione e la paura del confronto umano, reale. La peste contemporanea si nasconde insidiosa nella paura stessa della vita, del mondo e dei suoi cambiamenti: il disprezzo come scudo, il cinismo e l’illusione delle scelte autonome, la protezione di ciò che crediamo di avere e l’equivoco della libertà come strumento di rivalsa, il paradosso che riduce tutti in schiavitù.

Sulla scena, in un’iconografia espansa che si ispira al mondo visivo e all’immaginario prerinascimentale, si animano i personaggi di alcune delle 100 novelle di Boccaccio (Guido Cavalcanti, Federigo degli Alberighi, Lisabetta da Messina) narrati, cantati e riletti in video dalle attrici Monica Piseddu e Monica Demuru e dalla soprano Lore Binon, e incarnati nei corpi dei danzatori Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Lucrezia Palandri sulle coreografie di Marina Giovannini.

Le storie sono intrecciate al testo originale in inglese della drammaturga e attrice Theodora Delavault e accompagnate dalla musica originale del compositore Yannis Kyriakides e dal chitarrista Andy Moor,che muovono da materiali musicali filologici (cacce, ballate e primi madrigali) per costruire nuove sonorità.

Spin-off dei personaggi e video social trasportano il racconto verso un immaginario contemporaneo, sottolineato anche dalla collaborazione della giovane rivelazione della musica trap italiana Drone 126, che firma il brano Muoviti, Amore, e vattene a Messere su testo di Boccaccio.

Intorno allo spettacolo sabato 27 ottobre alle ore 16 al Metastasio è previsto il primo incontro de LO SPETTATORE ATTENTO, un ciclo di 14 approfondimenti su altrettanti lavori presenti in cartellone e variati tra confronti con gli artisti, minilaboratori di ‘scrittura teatrale’ e excursus di poetica. Sul lavoro della Renzini, lo studioso Andrea Nanni condurrà un piccolo gruppo di spettatori (su prenotazione a cometa@metastasio.it o 0574/27683, dal lunedì al venerdì in orario 9.30/13.00) in un mini laboratorio di scrittura, accompagnandoli alla riflessione scritta dell’esperienza soggettiva della visione teatrale. L’approfondimento prevede una lezione introduttiva alla visione serale dello spettacolo venerdì 26 ottobre.

Inoltre, anche per questa stagione il Teatro Metastasio in collaborazione con l’Associazione Culturale Il Sicomoro onlus attiva gratuitamente il SERVIZIO BABYSITTING per 15 bambini dai 4 ai 10 durante le repliche della domenica pomeriggio di 9 spettacoli in programma. I possessori di biglietto o abbonamento per lo spettacolo avranno la possibilità di assistere agli spettacoli affidando i propri bimbi a educatori professionisti che li faranno divertire con laboratori e attività ludiche, presso il Ridotto del Metastasio (Sala Montalvo Casini). Per tutti i bambini è prevista una merenda biologica. Nel caso di DECAMERON 2.0 sarà possibile prenotare il servizio per la replica di domenica 18 febbraio, previa prenotazione obbligatoria entro martedì 23 ottobre a cometa@metastasio.it o 0574/27683 (dal lunedì al venerdì in orario 9.30/13.00).

La farsa moderna “Belve” debutta con Civica in prima assoluta al Metastasio

Da martedì 17 a domenica 22 aprile al Teatro Metastasio debutta in prima assoluta il nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, “Belve”, una farsa in un atto, con 10 personaggi per sei attori, prodotta dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, su testo di Armando Pirozzi.

Il sodalizio Civica e Pirozzi trova dunque nuova concretezza in questo spettacolo che – spiega Pierozzi – “racconta l’evolversi al limite del delirio di una cena tra due coppie diverse tra loro ma intimamente legate. In un clima di crescente tensione e violenza, tra frutti di mare, strane macchinazioni e improbabili convitati, la storia ribalta di continuo il folle gioco del dominio e del potere che ogni personaggio cerca di stabilire sull’altro, ma in realtà, alla resa dei conti, tende sempre a rivelarsi molto diversa da ciò che ci si aspetta. La farsa è, credo, – continua Pirozzi – l’unico vero genere teatrale, quello che rifiuta, più di tutti gli altri, ogni possibilità di trasformazione o ibridazione. Ha delle regole di ferro, che in pratica non sono mai cambiate, da Plauto a Billy Wilder. Il suo tema nascosto è sempre il denaro e il potere che ne deriva. Ed è forse proprio per questo che la farsa è sempre prossima all’incubo, alla follia e al thriller, anche se allegramente trasformati in un gioco paradossale, decisamente fuori di testa e più divertente possibile”

Massimiliano Civica è stato recentemente nominato consulente artistico alla direzione del Teatro Metastasio, e vincitore, con Armando Pirozzi, per la miglior regia e la miglior drammaturgia, all’ultima edizione dei premi Ubu con il poetico e intimo Un quaderno per l’inverno.

Il regista è sul concetto di farsa che insiste: “Credo negli attori e in un teatro che metta al centro gli attori. Per questo sono sempre stato affascinato dalla farsa, genere teatrale che storicamente ha costituito il “tempo dell’apprendistato” e il banco di prova dei grandi attori.

Verso la farsa mi ha spinto dunque il desiderio di inserirmi in una tradizione vitale, per compiere un confronto che fosse anche un apprendistato artistico: si tratta di una farsa moderna in grado di confrontarsi con la realtà.

Un primo confronto-apprendistato con la farsa – continua Civica – è sul piano della drammaturgia: ho chiesto ad Armando Pirozzi di tentare di scrivere una farsa moderna (impresa non facile, visto che in Italia, a differenza che in Francia, manca quasi totalmente la tradizione di una farsa in lingua, che non sia cioè scritta in dialetto e interpretata da attori dialettali).

Vogliamo immettere nelle regole compositive e nella griglia strutturale del genere il girotondo degli ingressi e delle uscite dei protagonisti, la trama fantasiosa ad un passo dal fiabesco, i colpi di scena e l’immancabile agnizione finale, temi e personaggi che siano vivi e “parlanti” per gli spettatori di oggi.

Il secondo, inscindibilmente legato al primo confronto-apprendistato con la farsa, – spiega ancora – è sul piano dell’arte dell’attore: la farsa richiede una tecnica recitativa basata su ritmi di dizione, tempi comici, atteggiamenti fisici, scatti mimici, capacità di “intonarsi” sulle reazioni del pubblico che solo un attore-artista è in grado di padroneggiare. Per questo abbiamo scelto un gruppo di attori che potessero, insieme a noi, riscoprire e reinventare un bagaglio di tecniche adatte a questo genere.

La farsa si occupa inoltre della lotta per il potere, che oggi come ieri è legata al possesso del denaro, ed è crudelmente classista. Il lieto fine d’obbligo avviene sempre grazie al meccanismo dell’agnizione: alla fine la fanciulla povera può sposare il figlio del ricco borghese che ama perché si scopre che lei è in realtà la figlia del principe, e quindi non ci sono più barriere di censo ad impedire il matrimonio. Con questa soluzione “da favola” dei contrasti, l’agnizione nella farsa (come il deus ex machina nel teatro greco) segnala allo spettatore lo scacco tra la realtà della sua condizione e la natura finzionale delle vicende dei personaggi sulla scena.

Proprio nel momento in cui sulla scena tutto si risolve per il meglio ed esplode la festa, lo spettatore diventa cosciente che queste cose avvengono solo in sogno o a teatro. Lo spettatore sa di non essere in realtà il figlio di un principe e che ci sarà sempre, tra lui e coloro che “hanno”, una barriera insuperabile.

Nella nostra stessa società di oggi, liquida, aperta, trasversale, non serpeggia la sensazione che l’unica differenza di classe rimasta sia quella dei soldi, e che il mito dell’uomo di successo che si è fatto da sé rappresenta l’eccezione alla legge dell’impermeabilità tra la classe sociale di chi, da generazioni, detiene i soldi e quella di chi non li ha mai avuti?

L’ultimo fatto che mi ha spinto poi verso la farsa – conclude Civica – è il gusto per una sfida pericolosa. A differenza di tutti gli altri generi teatrali, la farsa fornisce una prova del nove immediata della sua riuscita: la risata del pubblico. Non ci sono scuse con la farsa, o il pubblico ride, e ride tanto, oppure si è fallito: la risata è d’obbligo. L’unica cosa che un po’ mi tranquillizza nel camminare sulla corda di questo “o la va o la spacca” è quella di avere la fortuna e il privilegio di lavorare su un testo di Armando Pirozzi e con un gruppo di incredibili attori: Alberto Astorri, Salvatore Caruso, Alessandra De Santis, Monica Demuru, Vincenzo Nemolato, Aldo Ottobrino.

I costumi dello spettacolo sono di Daniela Salernitano (vincitrice del David di Donatello per i costumi del film Ammore e malavita), le luci di Roberto Innocenti.

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