🎧 “Agricultural Heritage Landscapes” una nuova cattedra UNESCO a Unifi

Firenze, si intitola “Agricultural Heritage Landscapes”, è dedicata al tema della conservazione e valorizzazione del patrimonio rurale ed è la terza cattedra UNESCO dell’Università di Firenze.

“Agricultural Heritage Landscapes”, nata per favorire lo scambio e la circolazione di conoscenze tra mondo accademico e società civile, conferendo una dimensione internazionale ad un programma universitario di insegnamento e ricerca, ha come titolare Mauro Agnoletti, docente di Pianificazione del Paesaggio e Storia del paesaggio e dell’ambiente, presso il Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali (DAGRI).

In podcast l’intervista al prof. Mauro Agnoletti a cura di Gimmy Tranquillo.

L’iniziativa è finalizzata a promuovere un sistema integrato di ricerca, formazione, e documentazione sui paesaggi del patrimonio agricolo mondiale, contribuendo positivamente al rafforzamento delle competenze regionali, nazionali e internazionali nell’ambito dell’istruzione superiore su questo tema. Fra gli obiettivi della cattedra anche la pianificazione, la conservazione e valorizzazione del patrimonio rurale, in linea con gli obiettivi internazionali di sviluppo sostenibile.

“Il titolo della cattedra riguarda i paesaggi del patrimonio agricolo mondiale, – spiega il Professor Agnoletti – quindi sarebbe questo poi il titolo tradotto correttamente, le cattedre UNESCO non vanno confuse con la lista dei siti iscritti nel patrimonio mondiale che appartiene al settore dell’ UNESCO, ma sono diciamo collegate al settore dell’educazione è al settore scientifico dell’Unesco, quindi sono istituzioni internazionali che si occupano di ricerca, di insegnamento e anche di comunicazione, networking, e insieme a tutti quei clienti e istituzioni che sostengono queste cattedre, come nel caso nostro, che è stata sostenuta dalla FAO dal Consiglio d’Europa, Regione Toscana, così ovviamente l’Univeristà di Firenze”.

“Diciamo che l’attività della cattedra si occupa di tematiche che oltre al fatto che l’agricoltura è una parte fondamentale del nostro patrimonio culturale, da un lato la parte economica – continua il prof.Agnoletti – in questo particolare momento nel mondo per esempio, abbiamo una situazione in cui l’agricoltura cosiddetta industriale, quindi ad alta produttività e con l’uso di molta chimica e meccanizzazione, non è riuscita a risolvere i problemi della fame nel mondo, né a far diventare più ricchi i contadini in generale, ma altri modelli di agricoltura di tipo più tradizionale sono praticamente andate un po’ fuori mercato. Quando succedono cose come in questo momento storico, in cui grandi paesi che producono gran parte della produzione di grano, produzione che è poi nelle mani di poche multinazionali, attravesro una serie di politiche, si creano degli shock dal punto di vista alimentare, ai quali non siamo più in grado di rispondere perché tutti gli altri tipi di agricoltura sono fuori mercato e abbandonati”.

Mauro Agnoletti, impegnato da anni sui temi della pianificazione del paesaggio rurale e della storia del paesaggio e dell’ambiente, è esperto scientifico della World Heritage List UNESCO e della Convenzione Europea del Paesaggio, coordinatore del Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici.  È stato presidente del Comitato Scientifico del programma mondiale della FAO sulla conservazione dei paesaggi agrari (Globally Important Agricultural Heritage Systems – GIAHS), ha coordinato la Convenzione per la diversità biologica delle Nazioni Unite e la Conferenza Interministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa. È stato presidente dell’Osservatorio del Paesaggio della Regione Toscana. È stato vicepresidente e cofondatore della Società Europea di Storia dell’Ambiente (ESEH), coordinatore del Dossier di iscrizione nell’UNESCO delle Colline del Prosecco e dei contenuti agroforestali del piano di gestione del sito UNESCO delle 5 Terre.

“Agricultural Heritage Landscapes” è la terza cattedra UNESCO dell’Università di Firenze, fra le 39 in Italia: risale al 2006 l’istituzione della cattedra in “Sviluppo Umano e Cultura della Pace”, diretta da Paolo Orefice e Paolo Federighi, e al 2016 quella della cattedra in “Prevenzione e gestione del rischio idrogeologico”, diretta da Paolo Canuti.

Il progetto delle Cattedre UNESCO è nato nel 1991 per rafforzare e contribuire a sviluppare rapporti di collaborazione e di scambio tra le istituzioni educative di tutto il mondo. Ha l’obiettivo di fare dell’UNESCO un laboratorio di idee ed un catalizzatore per la cooperazione internazionale, attraverso Università e altre istituzioni di alta educazione e ricerca.

L’Università di Firenze ha istituito tre Cattedre UNESCO: nel 2006 “Sviluppo Umano e Cultura di Pace”, nel 2016 “Prevenzione e gestione sostenibile del rischio idrogeologico” e nel 2022 “Agricultural Heritage Landscapes”.

🎧 “Peste suina, problema che si ripete ciclicamente”

Firenze, Mauro Agnoletti, docente della facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e responsabile scientifico del programma della Fao per la tutela dei paesaggi agricoli di interesse mondiale Giahs, è intervenuto sulla quella che definisce una “allegra gestione della biodiversità” che causerebbe il ritorno ciclico di epidemie, come la recente peste suina, nella nostra fauna.

La nuova epidemia di peste suina, problema che si ripete ciclicamente, ripropone, oltre alla emergenza alimentare, anche l’ormai eclatante squilibrio esistente nel nostro paesaggio e gli effetti di una politica dissennata riguardante la gestione della fauna”, “l’equilibrio non può essere gestito giocando con l’ecologia, come spesso si è fatto, ma intervenendo per regolare i rapporti fra specie animali e vegetali”.

In podcast l’intervista al Professor Mauro Agnoletti,  cura di Gimmy Tranquillo.

“E’ noto che con l’abbandono dell’agricoltura pari a circa 10 milioni di ettari – spiega Agnoletti in una nota – almeno 6 milioni di ettari sono stati occupati da boschi ricresciuti sui campi e sui pascoli abbandonati. Col contemporaneo incremento della superficie delle aree protette si è verificato un aumento di fauna animale, specialmente ungulati, in particolare cinghiali, portatori della peste suina, il cui numero è in oggetto di una crescita fuori controllo anche per la mancanza di nemici naturali”.

Per Agnoletti “teoricamente lupi e orsi sarebbero i grandi predatori in grado di contenere tale numero, ma è del tutto irrealistico pensare di affidare a tali specie il compito di ridurre in modo significativo le decine di migliaia di cinghiali che scorrazzano per le nostre campagne con sempre più frequenti incursioni anche nelle città”.

“In questa ‘allegra’ gestione della biodiversità di questi ultimi decenni – osserva ancora – non abbiamo considerato che abbiamo una densità di circa 190 abitanti per km2. A meno che non vogliamo continuare all’infinito ad accrescere le nostre aree urbane, con i problemi che tutti conosciamo, e incrementare il processo di abbandono delle aree rurali, si dovrà riflettere sul fatto che è necessario un equilibrio nel paesaggio e questo richiede di riequilibrare il rapporto fra uomo e fauna selvatica”.

Epidemia Covid-19 segue modelli sviluppo economico

Firenze, secondo un recente studio scientifico: “L’andamento dell’epidemia di Covid-19 presenta una forte relazione col modello di sviluppo territoriale. La correlazione è statisticamente significativa anche tenendo conto delle diverse caratteristiche demografiche, economiche ed ambientali: il virus non corre lungo i confini regionali, ma segue i modelli di sviluppo economico”.

Questa è la conclusione dello studio ‘Covid-19 and rural landscape: the case of Italy’, sulla seconda ondata dell’epidemia, condotto congiuntamente da Mauro Agnoletti, docente dell’Università di Firenze e presidente del programma della Fao per la tutela del patrimonio agricolo mondiale, Simone Manganelli, capo divisione della ricerca finanziaria alla Banca centrale europea (Bce), e Francesco Piras, ricercatore dell’Ateneo fiorentino, che è stato pubblicato su Landscape and Urban Planning e sulla Working Paper Series della Bce.

La ricerca, condotta dalla Scuola di agraria dell’Ateneo fiorentino, rileva il contagio in Italia analizzando le caratteristiche ambientali, industriali e rurali. Dallo studio emerge, si spiega, la presenza di una forte relazione tra modelli di sviluppo e diffusione del Covid-19: il virus corre di più nei territori dove si registrano elevati input energetici dovuti alle attività industriali e agroindustriali. Nel dettaglio l’Italia può essere divisa in due macroaree in base al modello di sviluppo: bassa e alta intensità.

Nelle aree a bassa intensità, meno industrializzate e dove resistono sistemi di agricoltura più tradizionale (e si concentra il 68% delle superfici protette) ci si ammala quasi tre volte di meno: 108 casi ogni 100 km quadrati, rispetto alle aree più industrializzate e ad agricoltura intensiva, dove la media è di 286 casi ogni 100 km quadrati. Entrambi i valori si discostano diametralmente dalla media nazionale, di 145 casi ogni 100km quadrati.

In particolare le aree più colpite risultano essere la Pianura Padana (289 casi per 100 km2 contro i 145 nazionali), il fronte adriatico dell’Emilia Romagna, la valle dell’Arno tra Firenze e Pisa, le zone intorno a Roma e Napoli.

“Emblematico” viene definito il caso delle province della Pianura Padana interessate dalle aree agricole (29% della superficie nazionale) dove si registrano il 70% dei casi Covid-19 in Italia: 36 province da est a ovest, da Torino e Alessandria passando per Pavia, Novara, Milano, Monza e della Brianza, Bergamo, Brescia e ancora Parma, Bologna fino ad arrivare a Venezia, Rovigo e Treviso, dove, oltre alle aree urbane e industriali si concentra anche il 61% delle aree ad agricoltura intensiva del territorio nazionale.

Così nella Pianura Padana si registrano 372 casi ogni 100 km quadrati mentre nelle meno intensive i casi sono 223 ogni 100 km quadrati. L’analisi si basa sui dati resi noti dalla Protezione Civile nel mese di ottobre 2020, a conferma di uno studio già effettuato nella scorsa primavera, sebbene non siano ancora disponibili dati disaggregati che consentirebbero una maggiore precisione. Le aree ad alta intensità sono anche quelle più soggette a inquinamento causato da nitrato, metano ed emissioni di ossido nitroso, che incide sulla qualità ambientale.

“Dallo studio – spiega Agnoletti – emerge che il virus non si diffonde secondo limiti amministrativi regionali, ma secondo le caratteristiche territoriali e non è la densità demografica il fattore più determinante.

È il momento di pensare a progetti mirati a rivitalizzare le aree rurali, in particolare quelle oggetto di abbandono e recessione economica, non solo tramite le nuove politiche agricole ma anche tramite lo strumento del Recovery Fund.

Ciò contribuirebbe da un lato a una diminuzione del rischio, riducendo la densificazione che riguarda solo limitate aree del Paese, e dall’altro allo sviluppo di un diverso modello economico per le zone meno industrializzate”.

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