Prato, Inail: risarcimento di 166mila euro per parenti Luana D’Orazio

Prato – Un risarcimento da 166mila euro, questo è quanto ha stabilito l’Inail per i familiari di Luana D’Orazio, vittima di un incidente sul posto di lavoro la scorsa primavera. A riportarlo è il quotidiano fiorentino ‘La Nazione’.

Luana D’Orazio è morta il 3 maggio del 2021 in un incidente mentre lavorava in un’azienda tessile di Montemurlo (Prato). L’Inail, L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in base alle sue tabelle ha stabilito un risarcimento di 166mila euro per i parenti della ragazza. Mentre per quanto riguarda il risarcimento dell’assicurazione dell’azienda è ancora in fase di calcolo.

“Non sapevo nulla di quella manomissione. Lavoro anche io in fabbrica, la mia colpa è stata quella di non aver vigilato abbastanza”, sottolinea Luana Coppini, titolare della ditta, tramite un’intervista rilasciata al settimanale ‘Oggi’ e riportata da ‘La Nazione’, ripetendo quello che aveva già detto al pm durante l’interrogatorio di garanzia e quello che hanno sempre sostenuto i suoi legali, Barbara Mercuri e Alberto Rocca.

“La mia è un’azienda a gestione familiare, ci si aiuta, si parla, si cerca di risolvere i problemi – ha spiegato la donna -. Non so chi abbia fatto la manomissione, fra l’altro non serviva a nulla sia in termini di produzione sia di guadagni”.

Lo scorso dicembre la procura di Prato aveva chiesto il processo per Coppini, per il marito Daniele Faggi, che l’accusa considera titolare di fatto dell’azienda, e per il tecnico manutentore esterno della ditta, Mario Cusimano. I reati di cui dovranno rispondere sono quelli di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche, fattispecie contestata per le modifiche tecniche apportate ai sistemi di sicurezza di cui il macchinario che ha ucciso la ragazza, un orditoio da campionatura, è dotato. Il processo si aprirà il 7 aprile. In vista dell’udienza preliminare Coppini ha fatto sapere di aver scritto una lettera all’assicurazione dell’azienda, che ancora non si è espressa sul risarcimento ai familiari della vittima.

Morte Luana: manomissione dell’orditoio non generava gaudagni per azienda

Lo sostiene la procura di Prato titolare dell’inchiesta sull’ incidente sul lavoro costato la vita a  Luana D’Orazio

L’approfondimento disposto dalla procura di Prato, tramite la Guardia di Finanza, per comprendere se fossero derivati guadagni dalla rimozione delle sicurezze nel macchinario tessile in cui morì per un incidente sul lavoro Luana D’Orazio, “non ha fornito riscontri tangibili dal punto di vista economico”.

Lo si apprende da fonti inquirenti a Prato dove si sottolinea che l’ottenimento dell’8% di produzione in più con eventuali modifiche all’orditoio “non avrebbe però generato alcun guadagno per l’azienda”. Si tratta, infatti, viene ancora spiegato, di un macchinario da campionatura, la cui quantità di produzione non influisce nel fatturato aziendale. Anche per questo aspetto emerso nelle indagini la procura non ha contestato alcuna aggravante sui reati addebitati ai tre indagati per la morte della 22enne.

Appena ieri la procura ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini a Luana Coppini titolare dell’azienda, al marito Daniele Faggi ritenuto dagli inquirenti amministratore di fatto dell’impresa e al tecnico manutentore Mario Cusimano. I reati ipotizzati sono omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche.

In base a quanto emerge dall’avviso di conclusione delle indagini, non ci sarebbero
variazioni rispetto a quanto conosciuto finora rispetto alle persone indagate (le stesse tre) e alle accuse individuate nell’inchiesta.
Secondo gli accertamenti tecnici effettuati dal consulente nominato dalla procura, l’ingegner Carlo Gini, l’orditoio per campionatura, che è il macchinario tessile al quale era addetta Luana D’Orazio e dentro cui la giovane operaia vi morì, aveva i dispositivi di sicurezza disattivati. Inoltre, sempre secondo le ricostruzioni peritali commissionate dalla procura, l’incidente sarebbe avvenuto mentre lo stesso macchinario viaggiava ad alta
velocità, una fase in cui le saracinesche di protezione devono rimanere abbassate per motivi di sicurezza e, invece, non lo sarebbero state.

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