Matulli, il politico di lungo corso e il suo impegno per gli ultimi

È deceduto nella notte tra sabato e domenica Giuseppe Matulli, 85 anni, una vita in politica, dalla sua Marradi, di cui è stato Sindaco, fino a diventare Sottosegretario all’istruzione nei governi Amato e Ciampi. Numerosi gli incarichi ricoperti nel partito della Democrazia Cristiana, è stato vice Sindaco di Firenze e Presidente dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Le esequie si svolgeranno domani alle ore 11:00 presso la Basilica di San Miniato a Monte a Firenze. Sentiamo il servizio di Raffaele Palumbo.

Il servizio di Raffaele Palumbo
Raccontare in poche righe cosa ha rappresentato per la politica locale e nazionale Giuseppe Matulli è impresa impossibile. Da Sindaco del suo paese natale, Marradi, a Consigliere regionale, da Vice Sindaco di Firenze, Assessore alla cultura a Scandicci, Sottosegretario all’istruzione nei governi Amato e Ciampi, l’elenco sarebbe lungo. A raccontare il Matulli politico ci sono tante altre vicende, come aver inventato – più di 50anni fa – la Fidi Toscana, con una legge che fu votata anche dal PCI e dal PSI che governavano la Regione, oppure l’essere stato non l’inventore della tramvia di Firenze, ma l’uomo che venne chiamato dall’ex Sindaco Leonardo Domenici per sbloccare la situazione che si andava protraendo oltre misura. Matulli partecipò al completamento della linea 1, ma soprattutto riuscì a ricucire con la città, con quella parte di città che visse nove anni di lavoro, costruendo con i cittadini e gli esercenti una relazione che andava oltre la politica. Già, la politica. Demone inseguito per tutta la vita dentro i partiti – dalla DC al Pd – e le istituzioni, sicuramente. Ma anche dentro un spirito civile che lo ha portato ad essere Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana e poi dell’associazione di volontariato penitenziario “Pantagruel”. Impegnarsi per gli ultimi e i dimenticati. L’ultima cosa che verrebbe in mente ad un politico di lungo corso su come trascorrere gli anni della pensione. Perché Beppe Matulli era così. Politico per il bene comune, per impegno civile, per un’idea lapiriana di comunità. Ci lascia un politico d’altri tempi che a questi tempi avrebbe avuto ancora tanto da dire.

Ligresti se ne va, morto l’immobiliarista di Castello

E’ morto a 86 anni Salvatore Ligresti. Fondatore del gruppo Fonsai, è stato tra i protagonisti della finanza milanese e della vicenda dell’urbanizzazione di Castello (Fi). Da fine anni ’80 era stato coinvolto in numerose inchieste giudiziarie. Fu coinvolto nel processo sull’urbanizzazione dell’area di Castello in cui la corte di appello di Firenze lo condannò a 2 anni e mezzo per corruzione.

L’immobiliarista siciliano è mancato all’ospedale San Raffaele, dove era ricoverato da giorni. Nel capoluogo lombardo l’uomo d’affari ha fatto la sua fortuna cominciata dal settore  del mattone. Ha cavalcato l’onda della Milano da bere, dei socialisti di Bettino Craxi, entrando nei salotti della finanza sotto l’ala di altri siciliani, l’avvocato Antonino La Russa e il numero uno di Mediobanca Enrico Cuccia, per poi imboccare una parabola discendente con l’avventura di Fondiaria-Sai, finita come ultimo atto nelle mani di un’altra compagnia assicurativa, Unipol.

Una vicenda che oltre al carcere ha lasciato Salvatore Ligresti e i figli, Jonella, Giulia e Paolo, coinvolti in vicende giudiziarie in parte non ancora concluse.

Finisce coinvolto nello scandalo delle aree d’oro legate all’acquisto a caro prezzo da parte del Comune di Milano di terreni agricoli dell’ingegnere. Reduce dalle disavventure di Tangentopoli per le  quali si fa 112 giorni nel carcere di San Vittore, torna sulla cresta dell’onda acquistando Fondiaria, proprietaria dell’area di Castello nella piana fiorentina.

Fallita nell’89 per effetto dello storico no di Achille Occhetto, allora segretario del Pci, l’idea di costruire una città nella città  fu di nuovo sviluppata dalla giunta Domenici e dal nuovo padrone di Fondiaria.

Il 18 aprile 2005 il sindaco e Ligresti siglarono una convenzione per la realizzazione tra gli altri di un insediamento da un milione e 400 metri cubi ed un parco di 80 ettari. Secondo le accuse, nell’autunno 2008 la giunta comunale sarebbe stata pronta a sacrificare il polmone verde per far posto alla cittadella dello sport proposta da Diego Della Valle, patron della Fiorentina. Quando, dopo il sequestro dell’area, vennero pubblicate le intercettazioni nelle quali il sindaco dichiarava che il parco gli faceva schifo e che bisognava smitizzarlo, Domenici si incatenò per protesta davanti alla sede di “Repubblica” a Roma.

Nel 2015 nel processo sulla urbanizzazione di Castello la corte di appello condanna Ligresti a 2 anni e mezzo per corruzione insieme all’architetto Marco Casamonti e  all’ingegner Gualtiero Giombini,  all’ex assessore comunale (Pd) all’urbanistica Gianni Biagi e all’ex assessore alla sicurezza Graziano Cioni (Pd) che abbandona le primarie a Sindaco.

 

castelloLa procura di Firenze e i carabinieri del Ros ipotizzarono uno scambio di favori fra Fondiaria-Sai ed esponenti della giunta comunale: Fonsai avrebbe fatto scegliere il progettista (Casamonti) a Biagi, nel tentativo di ottenere il maggior numero possibile di permessi a costruire, e a sua volta Cioni avrebbe chiesto sponsorizzazioni per alcune iniziative, e favori personali. La vicenda che ha visto il sequestro dell’area fino al 2013,  si è chiusa nel 2016 con l’annullamento delle condanne per corruzione che la Corte d’Appello aveva pronunciato nei confronti, fra gli altri, proprio di Ligresti.
Nello stesso anno il tribunale di Torino lo ha condannato in primo grado a 6 anni per falso in bilancio nell’inchiesta sul crac di Fonsai, mentre per la vicenda dei titoli Premafin, holding di Fondiaria: a fine novembre 2017 il tribunale di Milano lo ha condannato sempre in primo grado a 5 anni per aggiotaggio.
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