Covid : “in aeroporti italiani controlli flop”

La testimonianza di Laura Lombardi, giornalista de ‘il giornale dell’Arte” e  docente all’ Accademia Brera in viaggio tra gli aeroporti di Parigi e  Bologna . “In Italia i controlli non esistono, non ti controllano nemmeno l’autocertificazione”.

 

Autocertificazioni, tamponi, scartoffie: ma poi, una volta a terra, in aeroporto, quali sono i controlli?
La storia che ci racconta Laura Lombardi  è paradossale. “Ci si interroga sulla quantità di carta e di procedure inutili che la pandemia impone, salvo poi non dare seguito a tanta esuberanza di norme, commi, allegati che ogni Dpcm e ogni dichiarazione da esso prodotto comporta. Nell’era del digitale e dell’immateriale mai vista così tanta carta. uno spreco inutile” premette.
“Per entrare in Italia, ad esempio -specifica- bisogna compilare e firmare un documento di 2 pagine, scritte fitte fitte, da compilare attentamente, promettendo di tutto, come ad esempio che lasceremo aeroporto di arrivo  solo con mezzo proprio”.
Invece “la dichiarazione per entrare in Francia è di una sola pagina stampata a carattere molto più grande e con pochi ma essenziali dati da comunicare2.
“Fin qui nulla di male” aggiunge Laura Lombardi “paese che vai usanza che trovi, però la situazione si colora di grottesco quando esamini la diversità di procedure. Per andare in Francia: 1) devi mostrare certificazione di tampone molecolare fatto prima di partire ( cioè quello più serio) e non sali in aereo se non la possiedi( ho visto illustri e svampiti signori e signore restare sul suolo di Malpensa) 2) all’arrivo ti viene richiesto di mostrare di nuovo lo stesso documento del tampone insieme a autocertificazione breve coi tuoi dati”. 
 
“Per tornare invece in Italia invece : 1) ti viene richiesto solo tampone rapido ( meno sicuro anche se più comodo) 2) NESSUNO ti chiede di mostrarlo all’aeroporto francese quindi sali comunque sul volo 3) quando sbarchi, come me oggi a Bologna, zona rossa oltretutto, ( perché a Firenze rifanno la pista), niente controlli, ovvero nessuno controlla se hai fatto il tampone e colmo dei colmi, la lunghissima autocertificazione dove hai promesso di tutto e che hai compilato con zelo TI RIMANE in TASCA. Unica domanda che il personale dell’aeroporto ti fa è : “da dove viene”? Senza ovviamente verificare. Tutto sulla fiducia”.
 
“Ma perché vessare allora la gente con tanta fasulla informazione di sicurezza? Perché riempire paginate di fogli tanto da sradicare intere foreste? Perché rompere le scatole ai disobbedienti se tanto il risultato è questo? Non ci sentiamo un pochino, dico solo un pochino, ridicoli” conclude Laura
 
 
 
 
 

 

 

Covid: “In Italia troppo terrore, in Francia se ne parla pochissimo e tutti sono molto più tranquilli”!

Mentre in Italia il governo chiede la proroga dello Stato d’emergenza e si avverte una grande apprensione per quello che potrà accadere in autunno, nel paese transalpino, le cose vanno in maniera molto diversa. INTERVISTA CON LAURA LOMBARDI, giornalista e docente d’arte che vive e lavora a Parigi

ASCOLTA L’INTERVISTA

Museo Novecento: la riscoperta degli etruschi con Martina Corgnati

Il mito etrusco ha avuto alterne fortune, vittima di un pregiudizio di inferiorità nei confronti della civiltà greco-romana, ma oggetto di un processo di riscoperta che ne ha fatto un concetto di “antico” alternativo all’ideale classico. Per approfondire questo tema, indagando l’eredità della cultura etrusca nel lavoro di artisti attivi tra la fine del XIX secolo e gli anni ottanta del Novecento, martedì 26 marzo alle 18 il Museo Novecento ospita la presentazione del libro di Martina Corgnati L’ombra lunga degli etruschi. Echi e suggestioni nell’arte del Novecento (Johan & Levi Editore) che per l’occasione sarà affiancata da Laura Lombardi e Mauro Pratesi e dal direttore artistico del Museo, Sergio Risaliti, che modererà l’incontro.

Se Leon Battista Alberti è stato tra i primi a rivalutare l’ordine tuscanico, riconoscendone la razionalità essenziale e la schiettezza formale, bisognerà aspettare l’Ottocento per parlare di una vera e propria “moda etrusca”, quando intellettuali, viaggiatori, archeologi e collezionisti, fra cui molti anglosassoni, danno vita a una serie di pubblicazioni e illustrazioni che documentano e rendono accessibile a un numero crescente di appassionati un patrimonio di sculture tombali oggi in buona parte scomparso.

Dalla fine del XIX secolo vengono predisposti anche i primi repertori fotografici, fra cui il fondo Moscioni, confluito poi nei Musei Vaticani, e le raccolte dei fratelli Alinari e Brogi: si tratta di un archivio visivo inestimabile, al quale si sommano presto importanti ritrovamenti archeologici, primo fra tutti quello di Giulio Quirino Giglioli che in piena guerra mondiale, il 19 maggio 1916, porta alla luce l’Apollo di Veio, terracotta policroma considerata uno dei capolavori dell’arte etrusca.

La passione per l’etrusco si nutre tuttavia di istanze talmente diverse da divenire opposte: da un lato c’è l’Etruria degli studiosi, dall’altro c’è l’Etruria dei letterati e degli artisti, quella evocata, immaginata, tanto favolosa quanto irrecuperabile.

È questa la patria di Enrico Prampolini, che presta la sua matita d’avanguardista per una rivista a tema; di Arturo Martini, Massimo Campigli e Marino Marini che, ognuno con accenti propri, arrivano a rivendicare un’autentica discendenza diretta; di artisti apparentemente lontani da quel mondo, come il francese Edgar Degas e l’inglese Henry Moore; di figure che battono territori considerati marginali come quello della ceramica, quali Gio Ponti e Roberto Sebastián Matta.

Immergendosi nella tradizione, gli artisti contemporanei la fagocitano e la reinventano: nelle loro mani e grazie al loro sguardo l’arte etrusca subisce altrettante radicali metamorfosi quante sono le personalità che le si avvicinano.

Le ricerche archeologiche e le poetiche d’avanguardia approdano quasi simultaneamente allo stesso risultato: la rottura del centrismo greco-romano e la riscoperta di linguaggi figurativi estranei a quella matrice, ovvero le culture extra-europee e quelle, appunto, mediterranee-arcaiche.

Gli etruschi si ritrovano così misteriosamente apparentati con cinesi e africani, con pittori di ex voto naïf e con umili, anonimi vasai: tutti complici necessari che hanno permesso agli artisti di rivisitare e riscrivere il passato secondo la propria personale sensibilità.

Martina Corgnati, storica dell’arte e curatrice, è docente di Storia dell’arte presso l’Accademia di Brera a Milano. Si è occupata in particolare di arte femminile e del periodo tra le avanguardie storiche e gli anni sessanta, oltre che di ricerche contemporanee nell’ambito del Mediterraneo.

Tra le sue pubblicazioni, L’opera replicante. La strategia dei simulacri nell’arte contemporanea (2009), I quadri che ci guardano. Opere in dialogo (2011), Impressioniste (2018). Con Johan & Levi ha già pubblicato Meret Oppenheim. Afferrare la vita per la coda (2014).

Ingresso libero. L’ingresso non consente l’accesso al percorso museale.

INFO:

Museo Novecento, piazza Santa Maria Novella 10, 50123 FI

www.museonovecento.it

 

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