“De Donno? Ho dato le carte agli avvocati” dice Rossi

Firenze, “Ho dato le carte all’avvocatura”. Lo ha detto a Radio24 Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, rispondendo a chi gli chiedeva se avrebbe querelato Giuseppe De Donno, direttore della pneumologia e terapia intensiva respiratoria dell’ospedale Carlo Poma di Mantova.

L’azione di Rossi arriva dopo le dichiarazioni di De Donno che aveva parlato di scelta politica per la scelta dello studio Tsunami di Pisa come capofila della sperimentazione italiana sulla plasmoterapia, da parte di Iss e Aifa su indicazione del ministero della Salute.

“Se continua a dire – ha aggiunto Rossi – che c’entra la politica… io non c’entro assolutamente, ho fatto visita al centro di Pisa per congratularmi per il progetto che stavano facendo, e soprattutto per la capacità di aver messo in rete tante regioni: questa è la particolarità, il successo che sta dietro alla scelta dell’Iss”.

Dunque, De Donno, ha concluso il governatore toscano, “a quale politica si riferisce, a quella regionale? Non c’entriamo assolutamente nulla. In questo paese chi perde un concorso dà la colpa alla politica. Non è sempre vero”.

Per i tamponi “abbondiamo di forniture di stick”, mentre riguardo ai reagenti “siamo abbastanza forniti di amplificatori, ma siamo assolutamente carenti di estrattori – ha detto poi Enrico Rossi – Cerchiamo di rimediare in mille modi – ha aggiunto – cercando rapporti con altre imprese, però la difficoltà è davvero grossa”. Rossi invoca inoltre un potenziamento delle terapie intensive e medie perché “la sospensione da oltre due mesi” della normale attività sanitaria negli ospedali “ha prodotto anche in tanti settori una mortalità che registreremo non essere stata affatto bassa”.

Per il governatore toscano, è quello che “noi in Toscana stiamo facendo, in modo che se dovesse riprendere la pandemia, e quindi ci fossero più malati, noi li potremmo curare senza evitare di ridurre la cardiologia, l’oncologia, e tutti gli altri settori.

Bigalli (Libera): la Trattativa con la Mafia fu la morte dello Stato

Condannati gli uomini delle istituzioni e i mafiosi per la trattativa Stato-mafia. Dodici anni per gli ex generali Mario Mori e Antonio Subranni, dodici anni per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, 8 anni per l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Ventotto anni per il boss Leoluca Bagarella. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino, perché il fatto non sussiste. Massimo Ciancimino, il supertestimone del processo, è stato condannato a 8 anni per calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, è stato invece assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. E’ scattata la prescrizione per il pentito Giovanni Brusca.

Intervista con Andrea Bigalli, Referente Libera Toscana

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