‘Ndrangheta, Bombardieri: “L’omicidio dei carabinieri, fu attacco a Stato”

“L’attacco allo Stato in Sicilia e Calabria, Roma, Firenze e Milano, fino al progettato e non eseguito per cause fortuite, attentato contro i carabinieri di servizio allo stadio Olimpico del 1994, era in atto perché qualcuno voleva mettere lo Stato in ginocchio. Un disegno eversivo già avvalorato dai giudici di merito in cui si riconosce che l’assalto ai carabinieri in Calabria altro non era che un tassello della stagione delle stragi, frutto di una visione comune di Cosa Nostra e ndrangheta, che avevano tentato anche di coinvolgere la camorra”.

Lo ha detto il Procuratore capo della Dda, Giovanni Bombardieri, intervenendo a Reggio Calabria per ricordare, nel corso di una cerimonia alla scuola allievi carabinieri, l’omicidio dell’appuntato Antonino Fava e del carabiniere Vincenzo Garofalo, a 25 anni dall’agguato perpetrato da un commando della ndrangheta nei pressi dello svincolo di Scilla dell’autostrada Salerno Reggio Calabria. Bombardieri, ha ricordato il processo in Corte d’Assise con imputati Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano.

Il procuratore di Reggio Calabria ha parlato di “tre efferati attacchi per un unico disegno eversivo”. Oltre agli omicidi dei carabinieri Fava e Garofalo, Bombardieri ha ricordato, infatti, gli attentati del primo dicembre del 1993 all’appuntato Silvio Ricciardi e al carabiniere Vincenzo Pasqua, e l’agguato del primo febbraio del 1994 contro una seconda pattuglia del nucleo radiomobile composta dal brigadiere Salvatore Serra e dall’appuntato Bartolomeo Musicò, che scamparono miracolosamente alla morte.

“Le indagini su tutti e tre gli agguati – ha sostenuto ancora il Procuratore di Reggio Calabria – subirono un tentativo di depistaggio, con una versione di comodo secondo cui Fava e Garofalo furono uccisi da Francesco Calabrò, giovanissimo killer della ‘ndrangheta, per paura di essere controllato mentre trasportava con altri complici in auto un carico di armi e di stupefacenti acquistati nella Piana di Gioia Tauro. Tentativo però presto fallito poiché lo stesso Calabrò scelse di collaborare insieme ad un minorenne che si trovava con lui, Consolato Villani, confermando sin dai primi interrogatori di avere ricevuto l’ordine di aprire il fuoco contro i carabinieri e in qualsiasi circostanza.”

“Tesi, questa – ha proseguito Bombardieri -, sostanziata da almeno quattro sentenze definitive, ed a tutt’oggi, anche se le indagini non sono ancora concluse ma continuano per appurare le responsabilità dei mandati, confermata dall’apporto di Villani e di Gaspare Spatuzza, capo mandamento di Cosa Nostra della zona di Brancaccio, nonché esecutore di tutte le sentenze di morte ordinate da Giuseppe Graviano, compresa quella di don Puglisi”.

“Un disegno eversivo – ha detto ancora Bombardieri – già avvalorato dai giudici di merito in cui si riconosce che l’assalto ai carabinieri in Calabria altro non era che un tassello della stagione delle stragi, frutto di una visione comune di Cosa Nostra e ‘ndrangheta, che avevano tentato anche di coinvolgere la camorra”.

Nel processo contro Filippone, “uomo riservato al servizio dei Piromalli, e Graviano – ha ricordato ancora il Procuratore di Reggio Calabria – emergono incontestabilmente i rapporti costanti tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra, un ‘unicum’ inserito all’interno di una delle pagine più oscure e dolorose della Repubblica. E noi faremo di tutto per fornire quel contributo che tutta l’Italia si aspetta per giungere alla verità completa ed ai mandanti di queste tragedie.”

Il servizio di Lorenzo Braccini. 

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Oltre cento chili di cocaina pura diretta a Livorno scoperta in porto Gioia Tauro

Un carico di 115,61 chili di cocaina pura è stato intercettato dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e da personale dell’Agenzia delle dogane, nel porto di Gioia Tauro. La sostanza, divisa in 100 panetti, era in tre borsoni all’interno di un container che trasportava bobine di carta proveniente da San Antonio (Cile) e che, dopo aver effettuato uno scalo a Rodman (Panama), era diretto a Livorno.

La droga, una volta giunta a destinazione, e tagliata anche fino a 4 volte prima di essere immessa sul mercato ad un prezzo che oscilla dai 50 ai 100 euro al grammo, secondo la Guardia di finanza avrebbero fruttato 23 milioni di euro alle organizzazioni criminali di stampo ‘ndranghetistico che operano nel settore. L’operazione è stata condotta sotto il coordinamento della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

La ‘ndrangheta diversifica i porti in cui far giungere la cocaina dai Paesi del centro America, ma lo scalo di Gioia Tauro è sempre “attivo”. E’ la convinzione di inquirenti ed investigatori alla luce dei sequestri effettuati negli ultimi anni e di inchieste concluse recentemente. Dopo un 2017 nel corso del quale nel porto gioiese, grazie ai controlli della Guardia di finanza e dell’Ufficio Antifrode di Gioia Tauro, sono state sequestrate circa due tonnellate di cocaina, stimato dal rapporto della Direzione centrale per i servizi antidroga (DCSA) come l’80,98% del totale dei sequestri a livello nazionale, per il 2018 si è prospettato uno scenario ben diverso. Alcune analisi di recente pubblicazione, avvalorate da diverse operazioni – afferma la Guardia di finanza di Reggio Calabria – “sostengono che sia verosimile ritenere che le ‘ndrine, divenute oramai referenti quasi uniche a livello Europeo dei narcos sudamericani, siano alla continua ricerca di altri porti con un volume di traffico rilevante e, al tempo stesso, controlli più tenui. In particolare, i porti di Rotterdam e Anversa, rappresenterebbero oggi i maggiori hub utilizzati per il traffico di cocaina destinata al mercato europeo”.

Il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, il 16 dicembre scorso, in riferimento all’operazione “European ”ndrangheta connection”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e che ha visto la collaborazione delle autorità di Olanda, Germania, Belgio e Sud America e culminata con 90 arresti, ha affermato che “la ‘ndrangheta ha delocalizzato l’arrivo di sostanze stupefacenti dal porto di Gioia Tauro verso i porti di Rotterdam e Anversa che vengono preferiti perché i loro sistemi di controllo sono più blandi”. Ulteriore conferma, secondo la Finanza, viene dai sequestri in ambito europeo effettuati nel 2018, a Valencia (325 kg), Genova (300 kg), Barcellona (257 kg), Rotterdam (230 kg), Livorno (200 kg), Rijeka (100 kg) e, in particolare, ad Algeciras, dove il 25 aprile 2018, è stato messo a segno il più grande sequestro della storia spagnola: 8.740 chilogrammi di cocaina. Nonostante ciò, sottolineano ancora le Fiamme gialle, lo sforzo investigativo della Dda reggina diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, “non è venuto mai meno ed i controlli dei finanzieri e dai funzionari delle Dogane, sono addirittura aumentati nel numero” consentendo di mettere a segno nel corso dell’anno 3 operazioni che hanno portato al sequestro di oltre 100 kg di cocaina, “a testimonianza del fatto che la ‘ndrangheta non sembra aver completamente abbandonato l’idea di utilizzare lo scalo Gioiese per l’importazione della polvere bianca”.

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