Plautilla Nelli, l’Ultima Cena e la prima pittrice fiorentina.

Plautilla Nelli: la prima artista donna a Firenze?

 Plautilla Nelli, fiorentina, battezzata con il nome di Polissena de’ Nelli, nata nel 1524 e morta nel 1588, è stata una suora domenicana. E, sembrerebbe, la prima donna artista riconosciuta come tale in città.

Adesso dopo quattro anni di restauri l’Ultima Cena di Plautilla Nelli torna nel Complesso di Santa Maria Novella per essere permanentemente esposta nel museo.

Chi era Plautilla? Una suora domenicana che passò tutta la vita nel convento di Santa Caterina. Un edificio in quella che oggi è via Cavour e che è adesso la sede del Comando Militare per il Territorio dell’Esercito “Toscana”.

Essendo donna, Plautilla non poteva certo studiare arte, andare a bottega da qualche maestro, o praticare indipendentemente. Tanto più onore al merito allora a lei che pittora invece divenne.

E onore anche alla Fondazione Advancing Women Artists (AWA), che da anni persegue tenacemente una campagna di valorizzazione del suo lavoro, e che ha appena presentato al pubblico l’opera più grande di Plautilla.

Un’opera di tutto riguardo: Un Ultima Cena lunga quasi sette metri.  Pensateci: sette metri di quadro. Un’impresa importante e notevolissima anche per un qualsiasi pittore. E per una suora autodidatta tagliata fuori dai circoli artistici e dal mondo? Chapeau, Plautilla.

L’Ultima Cena di Plautilla

Tanto per cominciare, questa di Plautilla Nelli è l’unica Ultima Cena conosciuta di una pittrice d’età moderna. E uno. Poi, provate a immaginarvi di decidere di dipingere 13 figure di tredici uomini. Ovviamente senza aver mai studiato anatomia. E forse senza aver mai visto bene un corpo maschile. Come si fa? L’unica è studiare i quadri nelle chiese. Cercare di memorizzarli e poi disegnare tanto.

Chissà se Plautilla doveva disegnare di nascosto. O se le avevano dato un permesso.

Il fatto è che piano piano Plautilla Nelli riesce addirittura a mettere in piedi una bottega – ovviamente tutta al femminile – dentro il suo convento. E succede che le suore capiscono di poter raggiungere l’indipendenza economica vendendo opere. Di piccolo formato per la devozione privata della nobiltà fiorentina e più grandi per altari e cappelle.

Insomma Plautilla Nelli è stata non solo la prima pittrice riconosciuta come tale, ma anche una imprenditrice. Persino Giorgio Vasari si soffermò su di lei nella seconda edizione delle Vite (del 1568), affermando che Plautilla con le sue opere aveva “fatto maravigliare gl’artefici”.

Si è meravigliata anche Rosella Lari, la restauratrice responsabile dei lavori su l’Ultima Cena di suor Plautilla, perchè le pennellate di Plautilla “erano potenti e cariche di colore. La riflettografia ha rivelato la presenza di pochissimo disegno preparatorio… Plautilla sapeva cosa voleva e aveva abbastanza padronanza della propria arte per riuscirci”.

Il restauro è stato supportato dall’analisi diagnostica effettuata dall’Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali del CNR. Questo processo a 360 gradi, condotto da un team tutto al femminile di curatrici, conservatrici e ricercatrici, ha portato a svelare la composizione chimica dei pigmenti impiegati. E il restauro ha fornito la prova decisiva che l’Ultima Cena di Plautilla Nelli sia un’opera corale, creata secondo la vera consuetudine del lavoro della bottega, dato che sulla tela si rintracciano mani diverse con diversi livelli di esperienza.

Mani di donne sulle quali è calato il silenzio, ma che tornano prepotentemente a farsi apprezzare grazie alla Advancing Women Artists, che per questo progetto ha anche saputo mettere insieme una serie importante di donatori internazionali.

Dulcis in fundo, Plautilla ha voluto anche rivendicare la maternità del suo lavoro. In un’epoca in cui pochi artisti ancora firmavano le opere, lei capisce che è importante farlo. E che se non lo avesse fatto sarebbe scomparsa nell’oblio degli “artista anonimo”. Invece firma e aggiunge “Orate pro Pictora”.

Vai, Pictora!

 

Margherita Abbozzo

 

AWA, fondata nel 2009 dalla filantropa americana Jane Fortune (1942-2018), ha restaurato 65 opere d’arte fiorentine realizzate da artiste vissute nel corso di cinque secoli. La storia di Plautilla Nelli ha dato il via alla ricerca di altre opere, da scoprire e salvare, di ‘donne invisibili’ che la storia dell’arte ha trascurato.

Tutte le fotografie sono di Rabatti&Domingie.

 

 

Santa Croce: percorso in rosa per festa delle donne

Santa Croce in rosa, è un progetto di ricerca condotto dall’Opera di Santa Croce e dalla Fondazione Advancing Women Artists che si è concretizzato in una pubblicazione e nell’individuazione di un percorso di visita che vale la pena di scoprire. Magari proprio in occasione dell’8 marzo, ricordando che l’ingresso al complesso è sempre gratuito per le persone che risiedono nel territorio della Città metropolitana.

L’Opera di Santa Croce, antichissima istituzione a cui è affidata la cura e la valorizzazione del complesso monumentale che per secoli è stata guidata da uomini, da quindici anni ha presidentesse donne. Quella in carica è Irene Sanesi, economista della cultura.

Chi sono le donne di Santa Croce?  Prima di tutto innovatrici di spiritualità, umili e forti. Come la beata Umiliana de’ Cerchi, la prima terziaria francescana di Firenze, punto di riferimento spirituale della parte guelfa e del popolo. Come Vaggia Manfredi, immortalata da Taddeo Gaddi, nel ruolo di solito assegnato al committente uomo dell’opera, nell’Albero della vita affrescato nel Cenacolo, o come suor Maria Celeste, la mistica figlia di Galileo Galilei che lo stesso padre definisce donna di esquisito ingegno e singolar bontà.

In Santa Croce è custodita la memoria di intellettuali intelligenti e piene di fascino. Luisa Stolberg Gedern, tedesca, prima moglie di Carlo Edoardo Stuart e poi compagna di Vittorio Alfieri. Luisa, dopo il ritorno a Firenze dalla Francia, darà vita a uno dei salotti letterari più popolari della città.

Zofia Czartoryskich Zamoyska, esule polacca, cantante e musicista, celebrata come una delle donne più belle d’Europa e morta giovanissima (il suo monumento funebre è una delle ultime opere di Lorenzo Bartolini). Personaggi di primo piano frequentavano il salotto di Charlotte Bonaparte, donna irresistibile e dal destino tragico, che riuscì a conquistare perfino l’amicizia del riservato e timido Giacomo Leopardi. Anche per lei il monumento funebre è di Lorenzo Bartolini.

La passione per gli ideali risorgimentali e una eccezionale capacità di tessere relazioni contraddistinguono la personalità di Emilia Toscanelli Peruzzi, moglie di Ubaldino Peruzzi che fu sindaco negli anni di Firenze capitale d’Italia. Il salotto rosso di Emilia, così definito per il colore della tappezzeria, divenne uno dei più importanti luoghi d’incontro del Paese.

Il genio delle donne è celebrato dalla presenza di Felicie De Fauveau, la prima scultrice a vivere della propria arte. Visse tra Firenze e la Francia, la sua casa-studio nell’ex convento di Santa Elisabetta delle Convertite, divenne una vera e propria meta artistica per i viaggiatori stranieri del Grand Tour. In Santa Croce si trova una sua opera dai movimenti leggiadri: il sepolcro dedicato alla poetessa delle Indie Occidentali Louise de Favreau, morta a diciassette anni.

Creative e appassionate: queste le caratteristiche di altre donne che hanno il monumento funebre a Santa Croce: la poetessa Fortunata Sulgher Fantastici, la diva dell’opera Virginia De Blasis, l’artista Ida Botti Scifoni, protetta di Matilde Bonaparte.

A Santa Croce inoltre, come avviene ormai da qualche anno, una novantina di giovani infermiere fresche di diploma, sono arrivate alcuni giorni fa da Kyoto per Florence Nightingale, l’inglese nata a Firenze che ha fondato la prima scuola di infermieristica al mondo. Davanti all’elegante monumento che la ricorda, all’ingresso del chiostro, si sono fatte selfie e foto, e poi hanno appoggiato, in una lunga fila, decine di rose.

santa croce

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