Siena, sindaco De Mossi indagato per restauri Santa Maria della Scala

A darne notizia è stato ogi lo stesso De Mossi. I reati ipotizzati sono danneggiamento al patrimonio archeologico e concorso in reato. L’area di cantiere interessata è stata posta sotto sequestro.

Indagato il sindaco di Siena Luigi De Mossi per i restauri al complesso museale del Santa Maria Della Scala per i quali, dopo un esposto della Soprintendenza, è partita un’inchiesta. A darne notizia è stato ogi lo stesso De Mossi. I reati ipotizzati sono danneggiamento al patrimonio archeologico e concorso in reato.

L’area di cantiere interessata è stata posta sotto sequestro. “Mi è arrivato un avviso di
garanzia questa mattina in ordine a fatti che riguardano scavi archeologici al Santa Maria Della Scala”, ha annunciato il sindaco di Siena Luigi De Mossi incontrando i giornalisti.
“Francamente è la prima volta in carriera che per lavori edilizi, per reati contravvenzionali venga recapitato un avviso di garanzia come indagato al sindaco – ha aggiunto il primo
cittadino -.

È oltretutto ironico come il Comune di Siena sia anche parte offesa. Adesso ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Io mi sono assunto sempre le mie e continuerò a
farlo, ma devono farlo tutti”.

Tra i reati contestati, secondo quanto appreso, ci sarebbe anche la violazione di tre articoli
del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare, tra le contestazioni del pm senese Daniele Rosa, ci sono le opere illecite, violazioni in materia di ricerche archeologiche, e opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da
essa. I reati ipotizzati sarebbero stati accertati lo scorso settembre.

I lavori su cui la Soprintendenza ha effettuato l’esposto, prevedevano il restauro completo del tragitto del percorso che attraversa il Santa Maria della Scala denominato ‘la strada
interna’. Nell’informazione di garanzia sono indicate come parti offese il Comune di Siena e il Demanio culturale dello Stato.

Compravano banconote false per spenderle in casinò, 2 arresti

Arrestati due uomini dai carabinieri di Livorno perchè compravano banconote false a Napoli per poi spenderle nei casinò del Canton Ticino.

Compravano banconote false a Napoli e le spendevano nei casinò del Canton Ticino: in due sono stati arrestati dai carabinieri di Livorno in esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip livornese per aver esportato e speso in Svizzera denaro contraffatto. Una terza persona è indagata in stato di libertà.

L’indagine, denominata Solfa e coordinata dal pm di Livorno Daniele Rosa, si è sviluppata dall”arresto, effettuato nel dicembre 2017 dalla polizia cantonale ticinese alla dogana di Chiasso-Brogeda, di due degli indagati, uno dei quali arrestato nuovamente oggi: a bordo della loro auto furono trovate 300 banconote da 50 euro false.

Secondo quanto spiegato dai carabinieri, la polizia giudiziaria federale svizzera, in base a segnalazioni di alcune polizie cantonali, sarebbe poi riuscita a risalire a più episodi di spaccio di banconote false da 50 Euro, appartenenti allo stesso lotto delle 300 già sequestrate nel dicembre 2017, avvenuti sempre in Svizzera, e attribuibili ai due arrestati e ad altri complici che allora non erano stati rintracciati.

Attivati i canali della cooperazione internazionale, le successive indagini condotte dal nucleo investigativo di Livorno e di Cecina hanno consentito di identificare tra i coinvolti l’atro arrestato oggi e la persona indagata a piede libero. Sarebbe stato anche accertato che nel dicembre 2017 a turno si sarebbero recati almeno due volte nella provincia di Napoli per approvvigionarsi dei soldi falsi da fornitori al momento ignoti e che nei giorni immediatamente successivi avrebbero speso o cambiato le banconote false in diversi esercizi commerciali del Canton Ticino, perlopiù casinò e sale da gioco.

La stima degli inquirenti è che gli indagati si sarebbero approvvigionati di almeno un migliaio di banconote, valore nominale non meno 50.000 euro ma acquistate a un prezzo non superiore ai 10.000 Euro. I due arrestati a dicembre scorso sono già stati condannati dall’autorità giudiziaria elvetica a una pena detentiva di 16 mesi e a una multa di 1.500 franchi svizzeri.

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