Crollo porticato chiesa: indagato autista camion rifiuti

L’autista del camion compattatore per il trasporto dei rifiuti che ieri, dopo una manovra sbagliata, è rovinato sul portico della chiesa di San Francesco e San Michele a Carmignano (Prato), è indagato per “crollo colposo”.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Prato Egidio Celano ha aperto stamani un fascicolo a carico del dipendente di Alia, la società ambientale che si occupa della raccolta rifiuti. La procura ha disposto il sequestro del mezzo dell’ autista per gli accertamenti utili a individuare la dinamica dell’incidente.

“C’è stato un crollo parziale del porticato rinascimentale: la priorità del primo intervento adesso è la messa in sicurezza dell’immobile; di certo il danno riscontrato è molto consistente”. Così il soprintendente a Belle arti e paesaggio di Firenze, Pistoia e Prato Andrea Pessina si è espresso in merito all’incidente di stamani: sul posto, ha detto Pessina, “abbiamo mandato da stamani un architetto ed un assistente. Sono state date istruzioni perché venga puntellato il porticato, consolidati i sostegni, poi ci occuperemo di analizzare nel dettaglio l’entità del danno”. Pessina al riguardo ha anche detto di aver “avvisato i carabinieri del nucleo tutela beni culturali”.
“Di ferita nel cuore della storia del nostro territorio” parla il sindaco di Carmignano Edoardo Prestanti che con giunta e tecnici comunali ha effettuato un sopralluogo”: la chiesa di S.Michele e S.Francesco è un complesso che appartiene a tutta la comunità. Ci siamo subito attivati contattando la Soprintendenza alle Belle Arti e i vertici di Alia, la cosa da fare adesso è correre il più velocemente possibile per restituire a Carmignano il suo bene più antico e prezioso. La cosa più importante è che non ci siano stati feriti”.

Prato: donna di origine cinese sequestrata, arrestata coppia connazionali 

A Prato, nella notte tra domenica e ieri, una donna di origine cinese è stata sequestrata da una coppia di connazionali: il movente sembrerebbe essere legato a precedenti rapporti commerciali.

Rapita per due ore da una coppia di origine cinese, forse per questioni legate a precedenti rapporti commerciali. E’ quanto ha ricostruito la polizia di Prato il cui intervento, grazie anche ai messaggi inviati dalla vittima col cellulare che era riuscita a nascondere, ha portato alla liberazione della donna sequestrata, una trentenne immigrata regolare dalla Cina, e all’arresto di due coniugi, 28 e 30 anni, residenti a Prato, anche loro regolari sul territorio italiano, incensurati.

Tutto è accaduto nella notte tra domenica e ieri: la trentenne, in base a quanto spiegato, sarebbe stata prelevata con la forza da un’abitazione di San Donnino (Firenze) venendo poi rintracciata in un negozio a Prato.

A fare scattare le ricerche della polizia una telefonata alla centrale operativa da parte di una donna cinese. Quest’ultima riferiva che un amico aveva chiesto il suo aiuto perchè la fidanzata era stata sequestrata: voleva fosse lei a chiamare la polizia perchè parla bene l’italiano. La stessa donna si sarebbe poi accorta che sul suo cellulare erano comparsi diversi messaggi arrivati col sistema ‘Wechat’ dal telefono della trentenne sequestrata. Quest’ultima spiegava di essere stata prelevata con la forza da una coppia di connazionali che le avevano anche preso i documenti obbligandola a seguirli sulla loro auto, diretta poi a Prato. La sequestrata avrebbe anche riferito che la coppia pretendeva che lavorasse per loro in un esercizio commerciale estetico non meglio precisato. La rapita avrebbe continuato a inviare messaggi, dando indicazioni sull’auto su cui era stata costretta a salire, compreso parte della targa, e la posizione della vettura.

In base a queste informazioni la polizia si è diretta nel quartiere del Macrolotto a Prato, dove è stata trovata, parcheggiata, l’auto indicata dalla rapita. Durante il controllo un uomo di origine cinese, arrestato poi come l’autore del sequestro, si è avvicinato agli agenti, per chiedere cosa fosse successo. I poliziotti sono stati poi richiamati dalle urla provenienti da un vicino negozio, dove una volta entrati hanno trovata una cinese, poi fermata, che schiaffeggiava una connazionale risultata infine essere la trentenne rapita. Per la coppia di orientali, che non ha ammesso alcuna responsabilità, è scattato l’arresto per sequestro di persona e anche per rapina e furto con strappo.

Metastasio: la nuova stagione per un Teatro pubblico

La stagione 2018/2019 presenta 9 spettacoli al Metastasio, 7 al Fabbricone, 5 al Fabbrichino, mentre al Magnolfi verrà ripetuta la fortunata esperienza delle Piacevoli Conversazioni con 3 artisti e lo spettacolo del progetto Davanti al Pubblico. Complessivamente 22 spettacoli, di cui 13  nuove produzioni.

“Si tratta di una scelta coerente con il progetto triennale 2018/2020 dal titolo Per un teatro umano, preparato insieme a Massimiliano Civica, che si propone di fare del Metastasio il centro dei nuovi artisti, che possiamo considerare ormai maestri della scena italiana contemporanea, e di porre il nostro teatro in relazione con i più importanti teatri e festival internazionali e italiani”, ha affermato il direttore della Fondazione Franco D’Ippolito durante la presentazione di oggi al Museo Pretorio.

Tutte le info sul prossimo cartellone su www.metastasio.it

Di seguito l’intervento del consulente artistico Massimiliano Civica:

Il teatro è uno strumento di conoscenza dell’uomo attraverso l’uomo: è un libro sapienziale di storie e di racconti che, attraverso l’attore, si fanno corpo e voce davanti al pubblico. “Mettiti nei miei panni” chiede agli spettatori l’attore che sta recitando in scena, e quando ci mettiamo nei panni di qualcun altro e iniziamo a domandarci che faremmo al posto suo, ecco che nasce in noi una comprensione partecipe, empatica ed intrisa di perdono delle sue vicende, delle sue scelte, dei suoi dolori. Nessuno è razzista, egoista o cinico quando riesce a mettersi nei panni dei suoi simili. A teatro ci riconosciamo uomini, con tutti i nostri difetti, gesti di generosità e paure, e impariamo a comprenderci meglio, a perdonarci e provare compassione. Il Teatro è una delle forme più alte di umanesimo.
Questo è il teatro che alcuni di noi conoscono, che ci ha emozionati e divertiti. Lo conosciamo proprio perché l’abbiamo visto: abbiamo visto gli spettacoli di Danio Manfredini, Deflorian-Tagliarini, Anagoor, Roberto Latini, Oscar De Summa, Scimone/Sframeli, Babilonia Teatro, Claudio Morganti, Antonio Latella, Daniele Timpano e, fortunatamente, tanti altri ancora, vecchi e più giovani.
Ma nella percezione della media delle persone il teatro è solo noia. Direi, anzi, che è percepito, specialmente tra i più giovani, come il posto dove ci si annoia di più. Un luogo che sa di vecchio, pieno di tende e velluti, dove attori truccati troppo e male recitano in una maniera roboante ed enfatica storie che non ci riguardano minimamente. E solo quegli attori sul palco sembrano divertirsi e trovare divertenti le loro battute o credere che l’emozione che mostrano, gonfia e ‘strasottolineata’, possa emozionare gli spettatori. Andare a teatro per la maggioranza delle persone è fare un tuffo nell’800, vedere come agivano e parlavano i nonni dei nostri nonni, ascoltare storie tortuose di gente che si preoccupava di idee, principi e problemi oggi incomprensibili fino al ridicolo.
Personalmente non mi sento di smentire o criticare questa visione che la gente comune ha del teatro come qualcosa di ‘mortale’. Per esperienza comune è proprio quello che, la maggior parte delle volte, gli viene propinato. Anche gli spettatori più fedeli dei grandi teatri, gli abbonati (quelli che vanno a teatro per un sentito e genuino ‘obbligo’ culturale e sociale), richiesti di una risposta franca, probabilmente direbbero che la maggior parte delle volte, a teatro, si annoiano.

Di chi la colpa di questo stato delle cose? Anche di noi teatranti e direttori di teatro, della nostra inerzia e pigrizia mentale, del nostro tirare a campare, del ‘non voler problemi’ che ci porta ad accettare e lasciare le cose così come sono. Se il ‘popolo’ si accontenta, se gli va bene così, se è sempre andato bene così, perché rischiare e andare in cerca di guai? È difficile resistere alla tentazione di ormeggiarsi nel porto sicuro della mediocrità.
Con Franco D’Ippolito – che non ringrazierò mai abbastanza per avermi coinvolto nell’avventura pericolosa e splendida che sta portando avanti col MET – condividiamo la stessa idea su cosa debba essere un Teatro Pubblico. Perché lo Stato finanzia un teatro con soldi pubblici, con i soldi di noi tutti? Quale compito ci assegna insieme a quei soldi? Noi crediamo che lo Stato ci assegni il compito di scegliere gli spettacoli migliori, più coraggiosi, più culturalmente e umanamente avvincenti per i nostri spettatori. Lo Stato, attraverso gli spettacoli, ci chiede di far crescere umanamente, emotivamente e culturalmente i nostri spettatori, di contribuire a renderli cittadini migliori, più aperti e consapevoli, più compassionevoli, altruisti e felici.

Chi ricopre una funzione pubblica ha il dovere di essere migliore di quello che è, come uomo, nella sua vita. Chi governa – una regione, una città o un teatro – ha il dovere di essere migliore e più lungimirante dei cittadini che governa o dei suoi spettatori: ha il dovere di lottare per quei Valori che, al di là delle nostre meschinità e dei nostri opportunismi, sappiamo intimamente essere giusti. La responsabilità di ricevere soldi pubblici comporta il dovere di scegliere il meglio, e non ciò che conviene, di scegliere quello che è giusto, e non quello che non crea problemi. Chi dirige un teatro pubblico ha il dovere, in vista di un ‘superiore’ bene comune, di schierarsi e sostenere il teatro migliore, più ‘parlante’ ai nostri bisogni e paure di uomini di oggi; di supportare con coraggio anche il teatro più ‘difficile’, se per difficile non si intenda astrusa fumosità ma l’affrontare questioni complesse e vitali. Spettacoli complessi, mai noiosi.

Dunque il nostro dovere pubblico e il nostro dovere verso il pubblico è quello, secondo le nostre capacità ed intelligenze, di sostenere e rendere visibile gli artisti più coraggiosi e validi che ci sono oggi in Italia. Tenteremo di farlo non attraverso una rivoluzione (perché le rivoluzioni quasi mai sono durature) ma attraverso una riforma: gradualmente, passo passo, riformeremo il nostro pubblico e noi stessi, provando, attraverso il teatro, a diventare cittadini e uomini migliori.

Le interviste di Chiara Brilli a F. D’Ippolito, M. Civica e M. Bressan

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/05/180530_SPECIALE-METASTASIO.mp3?_=1

Tessile Prato chiede di snellire burocrazia su riciclo 

Prato guarda con attenzione al nuovo pacchetto di misure sull’economia circolare, convalidato martedì dai ministri dell’Ambiente Ue, che definisce obiettivi ambiziosi: gli stati europei dovranno riciclare almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025 e istituire una raccolta differenziata per i rifiuti pericolosi e i prodotti tessili.

A Prato, il tessile lo riciclano dal 1840, spiega all’ANSA Fabrizio Tesi, presidente dell’associazione Astri che riunisce 160 aziende, specializzate nel riuso del tessile, la maggior parte nel distretto pratese. I numeri parlano da soli: l’anno scorso, 142 milioni di Kg di vestiti vecchi e scarti sono stati trasformati in materia fibrosa pronta per confezionare nuovi abiti e prodotti. “Tutte le grandi firme – afferma – si riforniscono da noi. Prato è già la capitale del mondo del tessile riciclato, solo che prima non lo diceva nessuno, ora è di moda”.

Per Tesi le nuove norme europee sono un’opportunità per far crescere ulteriormente le settemila aziende che lavorano nel tessile nel distretto toscano, ma “bisogna vedere come le misure europee saranno recepite dall’ordinamento italiano” ha sottolineato l’imprenditore toscano che denuncia l’eccessiva burocrazia italiana, negli scambi commerciali sui rifiuti.

Prato importa molti scarti tessili dall’Europa, perché “in Italia, sembra sia più conveniente mandare in discarica o all’inceneritore”, ha dichiarato Tesi, che questa settimana ha fatto visitare all’europarlamentare Pd Simona Bonafé le aziende pratesi e il ciclo del riciclaggio dei tessuti. Secondo Bonafé, relatrice al Parlamento europeo del pacchetto sull’economia circolare, sono diverse le aziende in Italia all’avanguardia nel recupero dei materiali, ma “Bisogna lavorare di più sulla raccolta separata dei rifiuti e sui forti divari tra nord e sud. Siamo a 328 kg per abitante al nord, 266 kg di centro e 169 al sud”, ha spiegato all’ANSA, citando i dati di un rapporto preparato dal centro di ricerca della Commissione Ue di Ispra. Per l’europarlamentare è “importante che la normativa europea sia recepita al più presto dal nuovo governo italiano per ottenere una maggior efficienza nella gestione dei rifiuti. In Francia ci sono 60 decreti sullo smaltimento dei rifiuti, noi ne abbiamo tre”.

Spazio Aut, Prato: incontro con gli autori cileni della graphic novel “Gli anni di Allende”

Nella settimana del fumetto pratese, l’illustratore Rodrigo Elgueta e lo sceneggiatore Carlos Reyes, autori cileni della graphic novel “Gli anni di Allende”, pubblicata dalla casa editrice Edicola, saranno a Prato, da giovedì 17 maggio, ore 21, allo spazio Aut.

Dopo le tappe italiane a Torino, presso il Salone Internazionale del Libro, Milano e Parma la data esclusiva in Toscana sarà un’occasione da non perdere, per i due autori, per raccontare la sfida che hanno affrontato, nel tentativo di trasformare a fumetti uno dei capitoli più complessi ed emozionanti della storia moderna.

L’incontro è organizzato in collaborazione con Sentieri Partigiani e a dialogare con gli autori sarà la scrittrice Simona Baldanzi.

Attraverso gli occhi di John Nitsch, giornalista nordamericano inviato in Cile pochi mesi prima dell’elezione di Allende, il lettore conoscerà non soltanto il susseguirsi vertiginoso dei fatti politici che culminarono nel golpe di Pinochet, ma anche il contesto sociale e culturale nel Cile di quegli anni, dalla musica popolare di Victor Jara al cinema di Raúl Ruiz, dall’arte di strada della Brigada Ramona Parra, fino alle celebrazioni per il Nobel a Pablo Neruda, il figlio d’operaio che nella fredda Stoccolma del 1971 strinse la mano di un re.

Quando il 4 settembre 1970 Salvador Allende divenne il primo presidente socialista democraticamente eletto, i riflettori di tutto il mondo si accesero sul Cile.

Perciò “Gli anni di Allende” racconta con passione e rigore storico gli accadimenti politici, i fattori e gli attori che caratterizzarono la via cilena al socialismo, e la sua fine. Il libro ci riporta alle speranze e alle paure dei protagonisti di allora, persone che vissero con entusiasmo e dolore il modo in cui nacque e venne distrutto un esperimento unico nel XX secolo.

Fumetto storico, documentario per immagini, sceneggiatura fedele di una delle pagine più affascinanti e rivoluzionarie della storia moderna, il libro è, sia dal punto di vista dei contenuti che delle immagini, frutto di una ricerca storica e iconografica minuziosa e dettagliata da parte degli autori, che si traduce nel realismo grafico e nella ricchezza dei testi.

Vincitore in Italia del Premio Liberi di Scrivere, il libro è già stato tradotto in Turchia, Spagna e Francia.

In scena allo spazioK la “pièce-paso doble” tra noi tutti e la danza

Venerdì 11 maggio allo spazioK Paola Stella Minni e Konstantinos Rizos in “PA.KO DOBLE” all’interno di “is it my world? #16”, edizione del progetto a cura di Kinkaleri, dedicata ad artisti italiani che hanno sviluppato la propria ricerca all’estero.

La coreografa e interprete bolognese Paola Stella Minni è in residenza allo spazioK di Prato insieme a Konstantinos Rizos, artista con il quale collabora dal 2015, quando si sono incontrati durante il master in coreografia Exerce di Montepellier.

“PA.KO DOBLE” è una pièce costruita sulla base di una collaborazione, di un’amicizia, di una relazione di lavoro intima, iniziata come band neomelodic post punk.

Un duo, meglio: un paso doble. “Ci ha allora divertito l’idea di creare un paso doble, partendo proprio dal senso di fiducia e di squadra che nel nostro immaginario accomuna i partner di una coppia di ballo, permettendoci in fondo di osservarci al lavoro, rivedere le strategie di collaborazione, i ruoli, e porci domande anche banali sulla presenza, sullo sguardo, sulla composizione.”

Il paso doble diventa per il duo un riferimento a immaginari di lotta, di attese, di pathos, di apparizioni e gesti ridicoli, eventualmente, ma mai di un’economia d’intensità. La relazione toro/torero, alla base dell’immaginario del paso doble, è pensata non tanto come relazione tra Paola e Konstantinos, né tra gli artisti e il pubblico, quanto tra noi tutti e la danza che sfugge, davanti ai nostri occhi.

“Ci cerchiamo senza conoscerne il motivo, ma per qualche ragione abbiamo il presentimento che si tratti di una questione di sopravvivenza.”

Il progetto “is it my world?” conferma spazioK come punto attivo della città di Prato, un laboratorio d’interazione creativa in cui la residenzialità è concretamente praticata come un’azione complessa e continua.

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