🎧 Sanità e sociale, un patto tra Regione e sindacati sull’assistenza territoriale la digitalizzazione

L’accordo nasce dalla volontà di organizzare la sanità del prossimo futuro e il suo riordino. Un protocollo, quello illustrato oggi e stretto tra Regione e organizzazioni sindacali, che ribadisce la centralità della sanità pubblica. Che mette in evidenza l’importanza dell’innovazione, della ricerca scientifica e della digitalizzazione del servizio sanitario nazionale, ma anche della concertazione e contrattazione e del dialogo con i territori.

Ne esce fuori una prospettiva fatta di opportunità ma anche di criticità e nodi da sciogliere. Come la necessità per la futura tenuta del sistema di rivalutare le risorse economiche. Con l’obiettivo, condiviso, del potenziamento della sanità e dell’integrazione socio-sanitaria territoriale. Il patto a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze. Presente il presidente Eugenio Giani, gli assessori alla sanità e al sociale Simone Bezzini e Serena Spinelli e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali e delle sigle di categoria (funzione pubblica, poteri locali e pensionati).

“L’obiettivo – ha detto il presidente Giani – è concordare con le tre sigle sindacali le linee di indirizzo e la filosofia con cui la Regione si trova a gestire la sanità, che deve essere pubblica. Le organizzazioni sindacali attraverso questo patto trovano un’intesa su obiettivi e fini e concordano sul fatto che un sistema pubblico, e lo abbiamo visto con la pandemia, diventa determinante quando si entra nel vivo della tutela della salute dei cittadini. Il protocollo mette a regime e nero su bianco quelli che sono obiettivi condivisi. Si articola su più di venti punti e su questo ci muoveremo per dare risposte concrete”.

Il cuore delle riforme e dei percorsi di riorganizzazione che si svilupperanno nei prossimi anni sono la digitalizzazione e l’assistenza territoriale. Nel protocollo c’è il riferimento al nuovo modello futuro basato su case di comunità, ospedali di comunità per le cure intermedie e centrali operative territoriali – ma anche non autosufficienza, telemedicina, Rsa, cohousing e housing sociale e invecchiamento attivo – illustrato con un’iniziativa pubblica nelle settimane scorse e su cui si sta concludendo un percorso di ascolto con l’impegno a recepire il decreto ministeriale 77 dell’estate entro la fine dell’anno.

Un ruolo chiave, concordano tutti, in una sanità di prossimità che sia piena e concreta l’avranno sicuramente le tecnologie digitali. Ed anche questo trovano spazio nell’intesa. Va facilitata, si spiega, memoria e disponibilità dei percorsi assistenziali, o dei singoli episodi diagnostici o terapeutici. E il monitoraggio a distanza, ad esempio, con invio di parametri clinici direttamente da casa. La prospettiva è quella di una condivisione ancora più ampia e semplice di dati ed esami e l’esperienza delle visite a distanza per la presa in carico di pazienti cronici. Utilizzata nella prima fase della pandemia, sarà mantenuta e promossa.

Tra gli altri temi affrontati c’è il monitoraggio trimestrale sull’andamento dei bilanci, la tracciabilità per il trasporto sanitario dell’appropriatezza delle prescrizioni attraverso un percorso trasparente e più semplice nelle procedure tutto dematerializzato. La compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini in funzione della reale situazione economica e dunque utilizzando l’indicatore Isee anziché il redddito sottoposto ad Irpef, meno indicativo, e con l’impegno a rivedere le soglie per le esenzioni se non sufficienti a tutelare le fasce meno abbienti.

Si parla naturalmente anche delle liste di attesa e dei piccoli ospedali che dovranno trovare la loro vocazione attraverso lo svolgimento di attività a bassa intensità assistenziale. Come presidi ospedalieri di base. Si cita l’emergenza urgenza e la continuità assistenziale, con il via libera della giunta alla nuova riorganizzazione che c’è stata giusto nei giorni scorsi.

Ci sono ancora nel protocollo firmato impegni e riflessioni per un progetto dedicato alle nuove generazioni. Dalla prevenzione di problematiche come l’obesità, il disagio psicologico ma anche le nuove condizioni genitoriali. E l’equa istruzione alla necessità di rafforzare le equipe multidisciplinari e multiprofessionali dei servizi dei consultori, della salute mentale e delle dipendenze e della prevenzione. Non poteva mancare il nodo del personale. L’intesa richiama la previsione di una cabina di regia regionale, in collaborazione con tutte le aziende ed Estar, che monitori assunzioni e consistenza degli organici. Ma anche, tra le altre cose, l’attivazione di un sistema di mobilità attraverso procedure di livello regionale. E la stabilizzazione del personale precario assunto durante l’emergenza pandemica e necessario sulla base dei piani dei fabbisogni.

L’assessore al diritto alla salute Simone Bezzini ha sottolineato l’importanza di un metodo di lavoro, all’insegna del confronto e della condivisione con le organizzazioni sindacali confederali. Che è stato alla base dell’impegno di  aggiornamento e riscrittura del protocollo. Un lavoro resosi indispensabile, ha detto Bezzini, alla luce del nuovo scenario post pandemia. “Non si è trattato di un mero aggiornamento – ha spiegato l’assessore – ma della definizione di nuovi traguardi per la sanità. Da condividere fra Regione e sindacati confederali, con l’obiettivo di proiettare al futuro il carattere pubblico e universalistico del sistema sanitario. Nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale del cittadino e della collettività”.

“Ringrazio i sindacati – ha commentato Serena Spinelli – per aver voluto rinnovare questo accordo sulla sanità. Perché significa proseguire un percorso di confronto e discussione su temi cruciali. Dopo la fase pandemica restano ancora molti nodi da sciogliere e alcuni anche in eredità dalla pandemia stessa. Tanti quelli strettamente collegati alle politiche di cui ho la delega, come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della povertà e delle fragilità. Con tutte le questione riguardanti la presa in carico da parte del sistema socio-sanitario”.

Sanità: Asl toscane attivate per combattere il batterio New Delhi

La Regione riferisce che le Aziende sanitarie della Toscana (Asl) sono state attivate per fronteggiare l’aumento di positività al batterio Ndm rilevato tra fine 2018 e inizio 2019 tra i pazienti degli ospedali toscani. Il fenomeno è presente in tutto il territorio ma sta interessando in particolare l’Area Nord Ovest della Toscana. La Regione ha emanato un decreto con tutte le misure di intervento e monitoraggio per evitare la diffusione del batterio. 

L’Ndm (acronimo di New Delhi metallo beta-lattamasi) è un batterio tra i più resistenti agli antibiotici. Nell’area Nord-ovest della Regione al momenti ci sono 350 pazienti portatori di batterio Ndm di cui 44 infetti con presenza confermata di batterio nel sangue. Nel comunicato si legge come non tutti i soggetti che hanno un contatto con il batterio ne diventano portatori: solo una piccola percentuale potrebbe contrarre un’infezione.

Il decreto regionale del 26 luglio è stata la misura con la quale sono state formalizzate le indicazioni già a conoscenza delle strutture sanitarie della Regione. All’interno vi sono le modalità per effettuare lo screening in ingresso nel momento del ricovero e per individuare i tipi di strutture-degenze da monitorare. Si fissano inoltre indirizzi omogenei regionali per la gestione dei pazienti colonizzati/infetti, sotto il profilo igienico-sanitario.

In questi mesi la Toscana è stata in contatto costante con il Ministero della salute e l’Istituto superiore della sanità. Il tema è anche stato oggetto del Tavolo regionale relativo al Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), partito da marzo 2019. Il fenomeno è inoltre monitorato dall’Unità di crisi regionale grazie ad esperti in materia di infezioni.

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