C’è un nuovo indagato per la strage al deposito Eni di Calenzano. Lo scorso 9 dicembre l’esplosione causò la morte di cinque persone. Adesso il coordinatore operativo è accusato di omicidio colposo. E mentre gli indagati salgono a dieci, il deposito rimane sotto sequestro.
Era il 9 dicembre 2024. Presso l’impianto di stoccaggio carburanti di Calenzano, una struttura di 170.000 metri quadrati con 24 grandi serbatoi che ricevono carburante da oleodotti e lo distribuiscono a una decina di pensiline di carico per autocisterne, alle ore 10:22 una gigantesca esplosione. Avvenne durante le operazioni di carico delle autocisterne. La deflagrazione fu causata dalla dispersione di vapori di idrocarburi in prossimità dei camion parcheggiati ai punti di rifornimento. Causò cinque vittime, il ferimento di una trentina di persone, alcune in condizioni gravi. La Procura di Prato aprì aperto un’inchiesta per stabilire le cause precise dell’incidente, iscrivendo nel registro degli indagati dirigenti ed operatori tecnici dell’ENI e della ditta fornitrice Sergen, nonché la società ENI SpA stessa per reati ambientali e omicidio colposo. Oggi la novità. C’è un nuovo indagato, si chiama Andrea Straffellini ed era il coordinatore operativo giornaliero. L’accusa è di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Gli indagati salgono dunque a dieci. Al centro dell’inchiesta la catena di errori che segnò i lavori tra la baia 6 e la baia 7, lavori svolti durante la normale attività di carico di carburante. Per questa ragione – lavori di manutenzione e carico carburante nello stesso momento – secondo la Procura si trattò di un fatto prevedibile ed evitabile. Tutto accadde a causa di errori proprio nella pianificazione della manutenzione. In altre parole, durante i lavori il carico di carburante doveva essere sospeso. Nel frattempo il deposito Eni di Calenzano resta ancora sotto sequestro.