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Due mamme in atto di nascita della figlia è legittimo, respinto ricorso della procura

atto di nascita

(Foto di repertorio)

Firenze, è legittimo che due donne unite civilmente, siano registrate entrambe come mamme nell’atto di nascita della figlia, avuta tramite procreazione assistita.

Lo stabilisce un decreto del tribunale di Pistoia che ha respinto come inammissibile un ricorso promosso dalla procura pistoiese contro l’atto di nascita emesso da un Comune della provincia dove risiedono le due mamme.

La notizia è riportata oggi dall’edizione locale de La Nazione. L’atto di nascita e anche il registro di stato civile del Comune indicano dal 2018 il riconoscimento della figlia anche da parte della mamma non biologica. Il decreto del tribunale, che conferma la validità dell’atto del Comune, è una momentanea vittoria per le due donne, che da anni lottano per il diritto alla genitorialità, perché la procura di Pistoia ha fatto ricorso in appello contro il decreto del tribunale.

Sul caso si dovrà pronunciare la Corte d’appello di Firenze la cui prima udienza è in programma il 20 gennaio. La vicenda interessa una famiglia “arcobaleno” costituita da due donne unite civilmente che hanno deciso di diventare genitori e hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Spagna, dalla quale è nata in Italia, nel 2015, la loro figlia, inizialmente riconosciuta solo dalla madre biologica e nel 2018 da entrambe le donne con apposita dichiarazione annotata nei relativi registri di Sato civile.

Nel giugno 2022 la coppia si è vista arrivare la convocazione in tribunale in seguito al ricorso della procura, volto a rimuovere la dichiarazione di riconoscimento della madre intenzionale (non biologica). Secondo la procura l’atto di nascita andrebbe rettificato perché il rapporto di filiazione sorgerebbe o in presenza di un legame biologico o in presenza delle condizioni di legge quali adozione o procreazione assistita da parte di coppie eterosessuali.

Il tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso della procura ritenendo prevalente in concreto l’interesse della bambina e la stabilità del rapporto di filiazione piuttosto che la verità biologica.

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