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Doping e estorsione, chiesto processo per 10 a Pistoia

Chiuse le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per 10 persone dalla procura di Pistoia dopo un’inchiesta sul team ciclistico professionistico Vini Zabù con sede a San Baronto. L’indagine, condotta dai carabinieri del Nas di Firenze, ha svelato un presunto sistema di illeciti, tra cui doping sportivo ed estorsione. Tutto è partito nel 2021, dopo la positività di un ciclista a un controllo antidoping e dopo un report riservato dell’Agenzia antidoping della Svizzera (Stiftung antidoping Scheweiz) scaturito da segnalazioni anonime sulla piattaforma dedicata di quell’organizzazione.

Le segnalazioni descrivevano nel dettaglio pratiche di doping e presunte estorsioni ai danni degli atleti, costretti a restituire parte del loro ingaggio. Gli investigatori del Nas hanno identificato gli atleti che hanno confermato le accuse, rivelando un meccanismo per reclutare ciclisti di minor livello. Questi avrebbero dovuto pagare per ottenere un contratto, spesso tramite una società irlandese. Tra le dieci persone indagate, ci sono sette atleti e un direttore sportivo accusati di doping. Altri tre sono accusati di estorsione, legata alla pratica del ‘paga per correre’. Questa pratica, già nota in altre indagini, è vista come un modo per atleti meno dotati di accedere al doping, e per squadre con poche risorse economiche di attrarre sponsor. L’udienza preliminare è fissata il 29 settembre davanti al Gup del tribunale di Pistoia.

Le indagini della procura di Pistoia, col Nas di Firenze, culminarono il 27 marzo 2021 con l’esecuzione di 24 decreti di perquisizione a dirigenti del team e atleti, emessi proprio a seguito della positività di un atleta dopo un controllo antidoping effettuato ‘out competition’ dall’organismo internazionale Ita per conto dell’Unione Ciclistica Internazionale.Tale positività, ricostruiscono gli inquirenti, era l’ultima di una serie verificatesi negli anni; nella circostanza, peraltro, l’attività ispettiva antidoping era concomitante con un’altra indagine, del Nas sotto la guida della procura di Pistoia, a seguito di un report riservato della “Stiftung Antidoping Scheweiz” (l’Agenzia Anti-doping elvetica, ossia l’omologo della Nado italiana).

ll rapporto era scaturito da segnalazioni anonime fatte tramite la piattaforma di whistleblowing attivata da quell’organizzazione elvetica.Negli esposti, molto circostanziati, si lamentavano condotte di doping, forti pressioni psicologiche e pratiche vessatorie esercitate dal management per indurre i ciclisti a restituire parte degli ingaggi.Gli atleti, nonostante l’anonimato adoperato nei rapporti con l’agenzia svizzera, venivano comunque identificati dai carabinieri che ottenevano da loro le necessarie conferme degli esposti.

Le successive indagini del Nas hanno svelato un sistema criminoso che sarebbe stato organizzato dal team per reclutare atleti di minor valore o comunque rimasti per vari motivi senza ingaggio, contrattualizzandoli (attraverso una società di comodo con sede in Irlanda) solo a seguito di corresponsione di grosse somme di denaro, ovvero con l’impegno alla restituzione totale e parziale degli stipendi, sottoponendoli poi alla minaccia di esclusione della attività agonistiche in caso di mancato ritorno di quanto pattuito.In alcuni casi ai ciclisti veniva fornita a pagamento una licenza di professionista acquisita dalla squadra, con metodi corruttivi, da Federazioni sportive compiacenti, simulando anche trasferimenti di residenza all’estero mai avvenuti.Nelle investigazioni l’Unione Ciclistica Internazionale, che ha sede in Svizzera, ha garantito la totale collaborazione con l’autorità giudiziaria italiana e i carabinieri del Nas.

Infine il Nas sottolinea che – come già emerso in precedenti inchieste portate avanti dalla Federazione Ciclistica Italiana – la pratica del “paga per correre” è considerata in alcuni casi propedeutica al ricorso al doping, aprendo le porte del ciclismo professionistico ad atleti che altrimenti non avrebbero le doti fisiche per competervi.

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